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Autore: HuGmyShadoW    03/05/2008    2 recensioni
E' una vita davvero fantastica, quella dei Tokio Hotel... Fra concerti, interviste, passaggi da un albergo all'altro, non hanno quasi il momento di riposare. Ma ecco che un giorno, proprio a Bill Kaulitz càpita l'incontro più importante della sua vita, che da quel momento, non sarà più fantastica: sarà meravigliosa, unica ed inimmaginabile. Non mancheranno però gli intrighi, le cospirazioni, le passioni e le gelosie... Perchè la vita, in fondo, non è mai solo rose e fiori....
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Due fari apparvero improvvisamente davanti a loro, incendiando la notte. Si muovevano velocemente, bagnando di luce i contorni di alberi e case e strade.
Erano vicini, sempre più vicini...
Bill e Jade si voltarono velocemente, e sgranarono gli occhi.
Poi, lo stridio di una brusca frenata e un tonfo raccapricciante gelarono le stelle.

-Ehi, fai più attenzione!-.
Il tassista si tolse la sigaretta di bocca e scocciato, esalò lentamente il fumo fuori dal finestrino, in faccia al ragazzo, che tossì e si allontanò velocemente.
-Scusa, ragazzino...-, gracchiò con una brutta voce sgraziata l’uomo. Era piccolo e tarchiato, sulla quarantina probabilmente, con due piccoli occhi da topo incastonati in un immenso viso color terra, mal rasato e coperto di cicatrici.
Il taxi al quale era al volante non era messo meglio: dal tubo di scappamento uscivano strani clangori, e il colore giallo si stava tutto scrostando.
Non era affatto il massimo, però...

Bill girava incredulo attorno all’auto che il tassista aveva appena tamponato non avendo frenato in tempo, e non riusciva a smettere di tormentarsi le mani.
Passava e ripassava davanti al fuoristrada nero, incapace anche solo di sfiorare l’evidente ammaccatura, che spiccava sul parafango posteriore come un’orribile deformazione.
Ogni tanto si passava le mani fra i capelli, e subito le lasciava cadere facendole oscillare con rabbia. Ripeteva ossessivamente:
-Tom mi ucciderà! Tom mi ucciderà! Tom...-.
La povera Cadillac, rassegnata, sembrava fissarlo con disperazione.
Nel frattempo, Jade confabulava animatamente con il tassista-attentatore, il quale, infine, fece un brusco cenno con la testa per farle intendere che aveva capito. Subito dopo, il motore di quella sgangherata caffettiera gialla si avviava, fra rombi e sputacchi.
Jade, con il sorriso, sul volto, si voltò:
-Bill! Vieni, torniamo in albergo!-, chiamò vivacemente, ma quello non si mosse, e continuò a fissare in modo assente, le spalle curve e le gambe larghe, la recente malformazione della povera Cilla.
-...Bill?-, invitò il più dolcemente possibile la ragazza, avvicinandosi con circospezione.
Un mugolio uscì dalle labbra contratte del ragazzo. Jade avanzò ancora, e finalmente poté vedere l’espressione del moretto: Bill aveva gli occhi sbarrati, e il suo mento tremava. Sembrava stesse per scoppiare a piangere da un momento all’altro.
Jade, confusa, abbassò lo sguardo sul paraurti dell’auto, e finalmente capì.
-Oh!...-, disse soltanto.
La muta Cadillac sembrò sospirare.
La ragazza alzò di nuovo il viso a guardare quello così delicato e allo stesso tempo forte del cantante. Sorrise dolcemente. Che tenerezza le faceva, quando si dimostrava così sensibile...
Lo abbracciò di slancio, insinuandosi subito nel suo giubbotto, arrivando a quel petto dall’apparenza così fragile che si alzava e si abbassava ritmicamente. Chiuse gli occhi, respirando quel profumo che non aveva niente di artificiale.
Avrebbe potuto addormentarsi, così, solo cullata dal suo respiro...

Finalmente, Bill parve reagire a quel tenero contatto, e abbassò il volto, sorpreso. Jade non gli diede il tempo di dire nulla, perché si levò in punta di piedi, e sorridendo, gli schioccò un bacio a stampo sulle labbra. Sciolse l’abbraccio, gli prese la mano, e ridacchiando cominciò a strattonarlo verso il taxi, che, a motore acceso, li aspettava nel parcheggio di quell’ospedale.
-Sai, non ti credevo così melodrammatico! Fai sempre tante scene...-, esclamò d’un tratto Jade, sorniona, mentre apriva la portiera.
-Che cosa?! Io non faccio nessuna scena! Quando Tom sarà di nuovo in sesto, stai sicura che mobiliterà l’esercito per trovare chi gli ha graffiato la vernice!-, ribattè Bill sistemandosi sul largo sedile anteriore.  
Le portiere si chiusero all’unisono, e lo schiocco che fece la serratura risuonò per tutto il parcheggio.
-All’albergo in periferia, allora?-, domandò sgarbatamente il tassista, osservandoli dallo specchietto retrovisore.
Jade e Bill annuirono, e un momento dopo, l’uomo ingranava la marcia e partiva a razzo nella notte.
-Ma... E della Cadillac, che ne facciamo?-, chiese sottovoce il ragazzo.
-La recuperiamo domani, con Georg... La porterà a casa lui, e poi potremo occuparci del danno...-, rispose saggiamente lei.
Preoccupato, però, Bill rimase a spenzolarsi dal finestrino aperto finché l’auto sgangherata non si lasciò alle spalle il bianco, squadrato ospedale.
“A domani, Tomi...”, pensò il moretto rimettendosi seduto composto con un lungo sospiro.
Per tutto il viaggio, rimase a fissare il vuoto davanti a sé, lasciando che il vento, che fischiava addosso al taxi, gli animasse i capelli e gli accarezzasse il viso.
Arrivarono sani e salvi (incredibilmente!) all’albergo, e dopo essere scesi dall’auto, alzando lo sguardo all’insegna luminosa dell’hotel, provarono una sorta d’affetto per quel luogo, come per un vecchio amico, quasi...
Pagarono il tassista, che intascò i solidi senza una parola, e partì subito sgommando, lasciandosi dietro solo una scia di smog puzzolente.

Jade e Bill rimasero a fissare per qualche secondo con sguardo vitreo la strada che si srotolava silenziosamente davanti a loro. Infine, si voltarono l’uno verso l’altra, e senza un parola, si presero per mano e spinsero con decisone le porte a vetri.
Passando per la reception, Bill afferrò le chiavi della loro stanza e se le mise in tasca. I due piani di scale non erano mai stati così lunghi e faticosi!
Davanti alla porta, Bill sciolse per un momento le dita da quelle di Jade e si mise a trafficare con i jeans. Infine, da una tasca tirò fuori una chiave con un pesante numero d’ottone attaccato: 327.
La infilò deciso nella serratura. Girò. La sfilò, abbassò la maniglia ed entrò.
La stanza era ancora illuminata dalla solita abat-jour, dimenticata accesa molte ore prima.
Fuori dalla finestra la notte ancora regnava, padrona del mondo, ma già qualche pennellata di blu più chiaro si intravedeva all’orizzonte.
Bill si buttò a faccia in giù sul letto con un sonoro sbuffo, senza nemmeno avere la forza di spogliarsi: era davvero stanco. Rimase così, il viso affondato nel morbido piumone, finché Jade non ebbe finito di cambiarsi ed indossò la tuta azzurra che usava come pigiama.
Quando la ragazza si sedette sul letto, accanto a lui, alzò la testa strizzando gli occhi alla luce diretta della lampada, e sussurrò lamentosamente.
-Perché quando tutto sembra andare bene, quando la tua vita è perfetta così com’è... Boom! Tutto ti esplode addosso, e ti ritrovi con un fratello all’ospedale, una macchina mezza distrutta, stress a palate e bugie e inganni ovunque?!-.
I suoi enormi occhi nocciola si erano fatti lucidi.
Jade, accigliata, si stese accanto a lui, e con il caldo arancione della luce che le ombrava il volto, mormorò dolcemente:
-... Perché è la vita... Che nonostante tutto, nonostante tutto il male, tutto il dolore e le angosce, può sempre tornare ad essere unica e meravigliosa... A volte basta poco...-, e alzò una mano ad accarezzare dolcemente il viso di Bill, che si rilassò e si distese. -... una vita fantastica...-.
Bill abbassò piano le palpebre, quasi concentrandosi mentre le prendeva la mano e la baciava. E quando riaprì gli occhi un sorriso era tornato ad accendergli lo sguardo, di nuovo vivo, sempre il suo, dopo tante avversità affrontate in silenzio e a testa alta.
Ricambiò la carezza, e osservando con intensità il volto del suo angelo custode, bisbigliò solo:
-Sì... Fin quando avrò te al mio fianco...-.
Jade sorrise di un sorriso così bello, così reale, che tutto il suo corpo, non solo il suo viso, e la stanza, parvero illuminarsi.
Stesa sulla candida coperta, rotolò verso Bill. Abbracciò il suo magro torace e cominciò a baciarlo piano, misuratamente, ma con un’intensità mai avuta. E desiderio. E tenerezza. E felicità.
E amore.
I due corpi iniziarono ad accarezzarsi dolcemente, sempre più audaci, e ben presto, i due ragazzi si accorsero con meraviglia che tuta, jeans e maglietta non servivano più, e li gettarono lontano, sul pavimento.
Ma non andarono oltre. Perché nonostante il momento ideale, nonostante i loro cuori battessero talmente forte da assordarli, nonostante il desiderio di entrambi, sapevano che il loro “attimo magico” avrebbe dovuto essere ancora più speciale, ancora più perfetto...
Avrebbero aspettato. D’altronde, avevano una vita intera, davanti.

Le coccole, le carezze e i teneri bisbigli... I due ragazzi andarono avanti così per un periodo infinito e bellissimo, fatto di baci al sapore di menta e vaniglia l’una fra le braccia dell’altro, e di una pace, una serenità che nessuno dei due sapeva di poter provare.
Ora come prima, erano solo questi piccoli e semplici prove d’amore che nutrivano il rapporto di Bill e Jade. E a nessuno dei due serviva altro...
L’alba avanzava. Il cielo, ora, era di un bel colore turchese pallido, i primi uccellini cominciarono a cantare, e l’orizzonte era color dell’oro.
All’improvviso, nel dormiveglia, Bill spalancò gli occhi, completamente sveglio, e si alzò bruscamente a sedere sbalzando di lato Jade, che protestò con un: -Ehi!-.
La ragazza si sfregò gli occhi, e nonostante non ce ne fosse gran che bisogno, accese la lampada. Immediatamente due mani forti la afferrarono per le spalle.
Bill era nel panico e respirava affannosamente:
-David non sa nulla di Tom! E nemmeno gli altri!-.
-Glielo dirai domattina! ... cioè fra poco! Sono quasi le sette...-, disse confusa, gettando un’occhiata alla radiosveglia. -... adesso mettiti giù e dormi ancora qualche altra ora...-, mugolò assonnata cercando con la mano la coperta.
-No, no, no! Fra qualche ora sarà già troppo tardi!-, esclamò istericamente Bill.
-Ma perché?!-, chiese con una nota esasperata nella voce la ragazza.
Bill spalancò gli occhioni, che alla luce arancione dell’abat-jour sembrarono ancora più grandi e spaventati. Deglutì, ma la voce gli uscì comunque un po’ roca:
-... Perché fra qualche ora, come dici tu, abbiamo un servizio fotografico e un’intervista con il più importante magazine di gossip della Germania!-.  


   
 
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