Anime & Manga > Battle Spirits
Segui la storia  |       
Autore: HikariMoon    28/11/2013    2 recensioni
(Post-Dan il Guerriero Rosso e Pre-Brave) Vittoria contro il Re del Mondo Altrove e 30 agosto 2010, giorno in cui Mai porta Dan nel futuro: due anni separano questi due avvenimenti. Ma che cosa è successo veramente in questo lasso di tempo?
Mai, Yuuki, Hideto e Kenzo, riuniti alla villa di Elisabeth, non possono che constatare quanto le loro vite siano cambiate da allora. La vittoria contro il Re del Mondo Altrove aveva trasformato i Maestri della Luce in eroi lodati da tutti, rincorsi come star da televisioni e giornali. Erano tornati a casa, ma non avevano più la vita di un tempo e mal sopportavano quel successo che li stava cambiando. Ma alcuni avevano interesse a nascondere la verità di quello che era successo, a distogliere l’attenzione da ciò che avveniva nel mondo e il successo dei Maestri della Luce faceva al caso loro…
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Battle Spirits Resurgence - I Guerrieri della Luce'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 4

Hideto, mentre si dirigeva verso la scuola, si rese conto che non era così facile come aveva creduto. I segni di certe esperienze erano difficili da essere cancellati: dopotutto, dopo mesi in cui aveva avuto quasi paura di andare a scuola, era difficile non provare le stesse brutte sensazioni. Hideto si fermò. Sì, era decisamente teso. Sentiva i battiti del cuore accelerare. Calma, Hideto. Continuava a ripeterselo. Era il Guerriero Blu: era arrivato il momento di mostrare chi era veramente. E se quei quattro bulletti sarebbero tornati a dargli fastidio, li avrebbe affrontati senza paura. Hideto sorrise e alzò la testa con determinazione. Non aveva niente di cui vergognarsi. Che si preparassero: stava arrivando il nuovo, il vero Hideto. Incredibile come quei pochi mesi trascorsi a Gran RoRo e con gli altri lo avessero cambiato così tanto.

Sempre sorridendo, Hideto riprese a camminare sentendosi più leggero. Doveva scacciare tutta quella insicurezza, come quando duellava. Se sul campo di battaglia aveva imparato a fidarsi delle proprie capacità e a non fuggire di fronte alle difficoltà, lo avrebbe fatto anche nella vita di tutti i giorni. Bastava impegnarsi un po’…

Quando vide il cancello della scuola, Hideto prese un profondo respiro drizzando le spalle: doveva comportarsi come un Maestro della Luce. Senza esitazione, entrò nel cortile della scuola dove gruppetti di studenti chiacchieravano mentre si dirigevano verso l’edificio o aspettando ancora un po’ prima di entrare. Era tutto così tranquillo. Qualcuno si accorse di lui e si voltò a guardarlo. Sembravano indecisi se raggiungerlo o no. E di questo Hideto se ne sorprese. Ma non ebbe molto tempo per farlo, perché proprio in quel momento vide venire verso di lui le tre persone che meno di tutti avrebbe voluto incontrare quella prima mattina di scuola. Hideto maledisse la propria sfortuna: chi doveva incontrare se non quei tre che lo prendevano in giro e lo schernivano gli anni precedenti a scuola?

Hideto per un istante esitò e stava quasi per fermarsi e fare dietrofront a testa bassa. Quante volte era già successo in passato: un sacco di volte era entrato in ritardo proprio per evitarli. Rimaneva posato al muro esterno fino a quando il cortile si svuotava perché tutti erano già entrati. Solo a quel punto raggiungeva di corsa la propria classe, sorbendosi i rimproveri del professore o della professoressa di turno a cui rispondeva con un borbottio imbarazzato prima di sedersi a testa bassa nel proprio bianco. Quante volte era successo… basta. Hideto scosse la testa: non voleva più fare la figura del debole o ricevere sgridate a causa loro. E ricominciò a camminare a testa alta, proseguendo nonostante la paura che gli stingeva lo stomaco e il cuore che sembrava volergli uscire dal petto. Ma non avrebbe dato loro la soddisfazione di vederlo spaventato. Quei giorni erano passati.

Quando si ritrovò a pochi passi da loro, Hideto si fermò guardandoli deciso. Con una mano strinse la cinghia dello zaino e deglutì per mantenere la calma.

“Lasciatemi passare, devo andare in classe.”

I tre non gli risposero subito e guardarono Hideto con un’espressione che lui non riuscì a decifrare: sperava solo che non decidessero di picchiarlo. Quando uno dei tre fece un passo avanti, Hideto chiuse gli occhi ma non si mosse di un passo. La sua sorpresa fu enorme, tanto da fargli aprire gli occhi di scatto, quando sentì il braccio del ragazzo posarsi attorno alle sue spalle.

“Amico, è così che si salutano i vecchi amici?”

Hideto spalancò, se possibile, ancora di più gli occhi. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma l’unico suono che gli uscì dalla bocca fu un verso strozzato dalla sorpresa. Amico? Lui? Di loro? Ma da quando? Se gli avessero detto che il sole sorgeva ad ovest, sarebbe stato meno stupito.

“Cosa?”

Per un attimo si convinse, seppur fosse impossibile, che avessero sbagliato persona. Quando, però, anche gli altri due gli vennero vicino, capì che era tutto vero e non era impazzito: i tre bulli, che lo avevano tartassato da quando aveva messo piede per la prima volta in quella scuola, lo stavano chiamando amico.

“Già, Hideto… cos’è, diventi famoso e non ci saluti più?”

E stavano anche usando il suo nome senza storpiarlo. Hideto, ogni minuto che passava, li guardava sempre più sconvolto: perché non lo avevano avvisato che il mondo stava andando alla rovescia? La voce di uno dei tre lo riportò all’assurda realtà in cui si era ritrovato.

“Ma perché non ci hai mai detto che eri il Guerriero Blu? Quando ti abbiamo visto in televisione non ci credevamo…”

“Già, avresti dovuto dircelo.”

Hideto li guardava scioccato e non ebbe la forza di dire quello che gli era passato per la mente. Perché non ammettevano che non ci avevano creduto, per il semplice fatto che ritenevano impossibile che uno come lui fosse diventato un Maestro della Luce? Non sembravano più neanche loro.  E, forse, stava cominciando a capire il perché lo stessero trattando improvvisamente come uno di loro: era sicuramente comodo per loro avere come “amico” uno dei Maestri della Luce. Ma, nonostante tutto, sotto sotto non riusciva a non esserne contento almeno un po’: quante volte aveva sperato che lo lasciassero in pace? Anche se, per essere sincero, non aveva mai voluto diventare amico loro.

Cogliendo di sorpresa Hideto, i tre ripresero a camminare accompagnandolo.

“Comunque ci devi raccontare tutto… lo sai che siete stati grandi tu e i tuoi amici? Ma come hai fatto a diventare il Guerriero Blu?”

“Ci devi insegnare a duellare come te!”

Ecco, decisamente qualcuno lo stava prendendo in giro. Probabilmente, da qualche parte, c’era una telecamera nascosta. Gli avevano appena chiesto di insegnare loro a… DUELLARE?!? Lui, Hideto Suzuri, insegnare a loro, i tre bulli che lo schernivano, come migliorarsi a BATTLE SPIRITS?!? Il mondo doveva star andando per forza al contrario. Improvvisamente i tre si fermarono e anche Hideto si bloccò, sempre con il braccio dell’altro attorno alle spalle. Subito dopo si voltarono verso i gruppi di studenti che li fissarono, mostrando anche loro l’impazienza di poter parlare con lui.

“Ehi, Hideto è un nostro amico. Quindi, chi gli da fastidio, dovrà vedersela con noi.”

Ok, quella era la goccia che faceva traboccare il vaso. Ora le aveva proprio viste tutte. Loro si stavano presentando come suoi “difensori”? Sembrava una ridicola presa in giro, considerando tutto quello che gli avevano fatto passare.

Ma le sorprese per Hideto, come avrebbe constatato successivamente, non erano finite. Anzi, quello era solo l’inizio. Una volta che i tre lo lasciarono perché dovevano parlare con un altro loro amico, Hideto si ritrovò circondato in pochi istanti da decine di studenti e studentesse che gli facevano i complimenti, uniti alle stesse domande che gli avevano fatto i tre e dalla richiesta di poter vedere la sua collezione di carte. E chissà, magari, anche ricevere da lui un consiglio sui propri mazzi… Hideto non ci voleva credere e si chiese se tutti fossero impazziti all’improvviso. Anche i suoi amici avevano incontrato una simile pazzia dilagante nelle loro scuole? Da un giorno all’altro, sembrava che i Maestri della Luce fossero diventati le star più famose della Terra. Beh, pensandoci l’avevano salvata la Terra… quello fu l’unico pensiero sensato che Hideto riuscì a formulare in quell’inaspettata baraonda che lo circondava. Anche le ore di lezione di quel primo giorno di scuola, passano senza quasi che lui se ne accorgesse.

E, al suono della campanella, di nuovo Hideto si ritrovò tra i corridoi, circondato da studenti e dai tre che, dal quel giorno, erano diventati suoi “amici”. Al pensiero Hideto quasi scoppiò a ridere, perché sapeva che la vera amicizia era qualcos’altro ed era grazie ai suoi veri amici che lo aveva scoperto: Dan, Clarky, Mai, Kenzo e Yuuki. Fu a quel punto che si ricordò del loro appuntamento del pomeriggio: Hideto sorrise. Non vedeva l’ora di andarci e di rivederli. Anche, soprattutto, per metabolizzare tutto quello che era successo quella mattina. E ovviamente per stare un po’ in santa pace a guardare la sua collezione di carte… rabbrividiva dall’orrore al pensiero di quanti quel giorno avevano toccato i suoi preziosissimi album: sperava solo che non glieli avessero rovinati. O non avrebbe saputo rispondere di lui…

Ma, purtroppo per lui, avrebbe dovuto rimandarlo. E se ne accorse non appena arrivò in cortile. Davanti al cancello, che lui poche ore prima aveva faticosamente attraversato, erano in attesa un gruppo di giornalisti. Hideto non si chiese neanche per che cosa fossero lì: lo aveva capito. Erano lì per il Guerriero Blu. Hideto sorrise stupito, chiedendosi per la prima volta se tutta quella fama gli piacesse. Era strano, ma non era così brutto. Ok, quelli che gli stavano vicino non erano proprio sinceri… ma aveva già i suoi amici, quelli veri su cui poter contare. E poi poteva anche essere un modo per far conoscere Gran RoRo.

Anche se, per essere sincero, era leggermente in soggezione nel vedere i giornalisti pronti ad intervistarlo. Che cosa avrebbe detto loro? Doveva trovare un modo per andarsene. E non fu un’impresa facile, anche perché i suoi nuovi “amici” cercarono in tutti i modi di convincerlo a farsi intervistare. Hideto, vedendoli, scoppiò quasi a ridere: avrebbe tanto voluto dire che si facessero intervistare loro se lo volevano tanto.

Ma alla fine, per un motivo o per l’altro, Hideto si ritrovò davanti ai giornalisti che iniziarono a gridare a raffica decine di domande, cercando ognuno di sovrastare la voce del collega accanto. Domande che, ovviamente, Hideto non riuscì a capire. Hideto sospirò.

“Com’è stato diventare uno dei Maestri della Luce?”

Hideto si voltò verso il giornalista che gli aveva posto la prima domanda intellegibile in quella babele di voci.

“Beh… sicuramente molto impegnativo. Ehi…”

L’esclamazione improvvisa del ragazzo fece scattare sull’attenti tutti quelli che lo circondavano. Hideto sorrise soddisfatto e alzò la mano, puntando un dito verso un punto a caso della strada.

“Ma quella non è una carta rarissima?”

Non finì neanche la frase che tutti si voltarono di scatto, cercando di scrutare la strada e vedere ciò che Hideto indicava. Alcuni studenti erano già pronti a gettarsi a terra per prendere la presunta carta.

“Dove?”

A quel coro di voci impazienti, un altro sorrise si allargò sul volto di Hideto che cominciò ad arretrare lentamente, sempre indicando davanti a sé.

“Laggiù… non la vedete? È rarissima!”

Detto quello, Hideto si voltò mettendosi a correre lungo il marciapiede ridendo come un matto: c’erano cascati. Ora finalmente poteva andare alla “riunione” dei Maestri della Luce. Immaginava i volti stupiti e sconvolti di tutti nell’accorgersi che non c’era nessuna carta. Dietro alle sue spalle sentì versi di disappunto e di sorpresa. Fare la star poteva anche essere divertente, ma non così tanto da fargli rinunciare a mancare ad un appuntamento con i suoi amici. Soprattutto ora ne aveva di così speciali: i migliori amici che avrebbe mai potuto desiderare. E poi, se ci fosse stata veramente una rarissima carta per terra, non l’avrebbe certo detto a loro. Hideto rise di nuovo, sentendosi bene come non lo era mai stato. Gli sembrava di avere un nuovo mondo che gli spalancava davanti… e non perché i tre bulli erano diventati suoi “amici”. Ok, il fatto che non gli avrebbe più dato fastidio, lo rendeva felice. Ma quella sensazione derivava, soprattutto, dall’aver superato una delle sue paure. Non vedeva l’ora di raccontare tutto agli altri Maestri della Luce… chissà quante risate si sarebbero fatti! Sì, insieme si sarebbero veramente divertiti.

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

Kenzo finì di fare colazione e si alzò dal tavolo. I suoi genitori aveva già finito la loro veloce colazione, un caffè e una brioche. La madre stava camminando avanti e indietro per il salone parlando al telefono in un fluente inglese. Il padre, invece, usava il computer per controllare i resoconti del mercato. Dopo l’intero giorno passato con Kenzo, sembrava che la normale ruotine di casa Hyoudo avesse ripreso il sopravvento in quelle poche settimane trascorse da allora. Non che Kenzo si fosse illuso che tutto sarebbe cambiato di punto in bianco, dopotutto i suoi genitori avevano comunque due lavori piuttosto impegnativi. E poi, qualcosa era cambiato: i suoi genitori cercavano molto di più di ritagliare qualche momento, durante la giornata, per parlare con lui.

Kenzo uscì dal salone salutando la governante che stava sparecchiando e andò in salotto dove prese lo zaino. Un nuovo anno scolastico stava per iniziare e aveva tutta l’intenzione di portarlo a termine con lo stesso profitto degli anni precedenti: non a caso era il migliore del suo anno. Il ragazzino tornò nel salone, dove la madre era in attesa di un’altra chiamata.

“Mamma.”

La donna si voltò, continuando a camminare avanti e indietro.

“Sì, tesoro?”

Kenzo sorrise. “Ti ricordi che oggi ho invitato i miei amici alla casa in periferia, vero?”

La donna annuì, mentre dall’altra parte del cellulare partiva il segnale di avvio del contatto. “Certo, anzi salutameli. Però ora scusami, ho un’importante chiamata da fare… bonjour, sont Hyoudo Atsuko. Oui, exact...”

La donna sorrise facendo un cenno con la mano a Kenzo e si allontanò continuando a parlare. Nello stesso momento, il padre si alzò chiudendo il computer e mettendolo nella propria ventiquattr’ore. Poi si avvicinò a Kenzo passandogli una mano tra i capelli.

“Quando torni dobbiamo parlare."

Kenzo si voltò curioso verso di lui. “Di che cosa?”

L’uomo sorrise guardando l’orologio. “Visti i tuoi ottimi profitti, ci hanno proposto di iscriverti ad una scuola molto prestigiosa. Potresti imparare molte più cose e sarebbe molto più stimolante per la tua intelligenza.”

Kenzo sorrise orgoglioso, ma non riuscì a non chiedersi come mai non avessero chiamato prima: qualcosa gli diceva che il tutto aveva a che fare la storia della loro vittoria. La voce del padre lo riscosse dai suoi pensieri.

“Io ora devo andare. Se sei pronto, ti accompagno.”

Kenzo annuì senza esitazione. L’uomo si voltò salutando la moglie che mimò con la mano il gesto di lanciargli un bacio. Anche Kenzo la salutò e poi i due si avviarono. Pochi minuti dopo, Kenzo e il padre si sedettero nella sua macchina dove l’autista mise in moto. Il signor Hyoudo, mentre prendeva il cellulare, si voltò verso di lui.

“Prima alla scuola di Kenzo.”

L’autista annuì e iniziò a percorrere il vialetto che portava all’uscita. Mentre il padre cominciava a parlare al telefono, Kenzo si voltò a guardare il paesaggio che sfrecciava oltre il finestrino. Gli sembrava di essere tornato a mesi prima, quando ancora non sapeva di essere il Guerriero Verde e non immaginava neppure l’avventura che avrebbe vissuto a Gran RoRo. E poi, la consapevolezza che lui e i suoi amici avevano salvato anche la Terra… sembrava troppo incredibile. Dopotutto, erano solo dei ragazzi… lui, in particolare, aveva solo nove anni. Sapeva di essere più maturo di quanto sarebbe dovuto essere per la sua età, ma sapeva di essere comunque ancora un bambino. E poi, era stata proprio la loro avventura a Gran RoRo che lo avevano veramente fatto maturare. Non riusciva a crederci, quando pensava che erano già passate delle settimane da quando era finito tutto. Gli sembrava ieri…

In quel momento, l’autista rallentò fermandosi vicino al marciapiede. Nel farlo, guardò Kenzo attraverso lo specchietto.

“Siamo arrivati.”

Kenzo annuì e aprì la portiera prendendo lo zaino. Una volta sceso, si fermò fissando il padre.

“Ci vediamo stasera. Alla fine delle lezioni vado subito alla casa al mare per preparare tutto in attesa degli altri.”

L’uomo annuì, posando una mano sul cellulare e allontanandolo leggermente dal viso.

“Sicuro che non vuoi un passaggio? Ti mando…”

Kenzo scosse la testa sorridendo. “Non preoccuparti. Prendo l’autobus o il tram.”

L’uomo, a quel punto, lo salutò e tornò a parlare al telefono. Kenzo chiuse la portiera e un istante dopo, l’automobile ripartì. Kenzo rimase fermò a guardarla, ripensando a quello che gli aveva detto il padre quella mattina. Doveva ammettere che gli sarebbe piaciuto poter andare in quella scuola… gli sarebbe stato d’aiuto, se voleva diventare uno scienziato da grande. Non lo aveva ancora detto a nessuno, ma era quello il suo più grande sogno. Era per quello che si impegnava al massimo a scuola. La macchina che svoltava all’angolo scomparendo alla sua vista, distolsero Kenzo dai suoi pensieri. Il ragazzino, a quel punto, si avviò per raggiungere la scuola. Mentre camminava, però, tornò a fantasticare. Sarebbe stato troppo bello diventare uno scienziato famoso in tutto il mondo, così famoso che un giorno il suo nome sarebbe apparso nei libri e tutti lo avrebbero conosciuto e avrebbero studiato le sue scoperte. A quel pensiero ridacchiò. Forse stava correndo un po’ troppo, ma che male c’era? Chissà che cosa avrebbero voluto fare da grandi gli altri… divertito, si accorse che c’erano un sacco di cose che non sapeva degli altri. Ma dopotutto la loro amicizia, su Gran RoRo, si era bastata su cose molto più importanti, come la fiducia. Con nessuno degli amici che aveva a scuola aveva mai instaurato un rapporto così speciale. Era proprio contento di essere diventato un Maestro della Luce.

In quel momento, Kenzo arrivò a scuola e attraversò il cancello. Venne quasi colto di sorpresa, quando un nutrito gruppi di compagni di scuola si diresse verso di lui quasi di corsa. Kenzo sgranò gli occhi nel trovarsi circondato dagli altri.

“Wow, troppo forte Kenzo! Sei uno dei Maestri della Luce!”

“Ma come hai fatto?”

“Sarei voluto essere io al tuo posto!”

Kenzo si sistemò gli occhiali senza neanche saper cosa rispondere. Anche perché tutto gli sembrava un po’ ridicolo… quando tutti lo chiamavano “secchione”, non erano così ammirati da lui. O meglio… tranne quando gli chiedevano un aiuto per studiare: in quei momenti, magicamente, aveva un sacco di amici più di prima. Kenzo scosse la testa sorridendo, con aria di profondo conoscitore di come andavano le cose nel mondo.

Fortunatamente, Kenzo fu salvato dall’arrivo delle maestre che severamente intimarono a tutti di entrare, dato che la campanella era già suonata. Tutti i ragazzi, seppur con esclamazioni e borbottii di disappunto, entrarono e anche Kenzo poté raggiungere la propria classe. Lì, i compagni di classe si raccolsero di nuovo attorno a lui, ma di nuovo l’arrivo della maestra spense tutto sul nascere. Il resto delle lezioni passò tranquillamente e anche durante l’intervallo non successe niente di particolare. Al suono della campanella, Kenzo avrebbe voluto andare via il prima possibile: doveva controllare che tutto fosse a posto e non voleva rischiare di far aspettare gli altri fuori dalla porta. Come ospite aveva dei doveri… ma tutti i progetti fatti la mattina, andarono miseramente in fumo. I compagni di scuola di Kenzo, volendo approfittare il più possibile del fatto di avere una star nella propria scuola, rallentarono di molto Kenzo. Quando finalmente il ragazzino raggiunse il cortile, vide quello che, senza che lui potesse saperlo, si erano visti davanti gli altri. Un gruppo di giornalisti era davanti al cancello, in attesa. E Kenzo capì subito che aspettavano lui. Un’espressione imbronciata apparve sul suo volto: decisamente avevano tutti deciso di fargli perdere tempo.

Lasciato dai compagni di classe che lo seguivano qualche metro indietro, Kenzo avanzò con passo deciso verso i giornalisti. Non si era fatto mettere i piedi in testa da segretari e primi ministri, non aveva intenzione di farlo succedere con una dozzina di giornalisti. Il gruppo, vedendolo, avanzò verso di lui tendendo davanti a sé i microfoni. Kenzo si fermò e prese un bel respiro. Prima che uno dei giornalisti potesse fargli una qualunque domanda, la voce di Kenzo gli zittì.

“In quanto minorenne, avendo solo io nove anni, per quanto in possesso di un’intelligenza più elevata della media, non posso rispondere alle vostre domande. E se cercate di obbligarmi, potreste anche essere accusati di plagio di minore. Per questo motivo, vi chiedo gentilmente di lasciarmi passare.”

A quel discorso, i giornalisti rimasero a bocca aperta e occhi sgranati a fissare Kenzo. Più di uno, continuando a tenere il microfono, si voltò verso i colleghi chiedendo con lo sguardo che cosa dovesse fare. Kenzo, soddisfatto, si rimise a camminare facendosi largo tra i giornalisti.

“Permesso… scusate… dovrei passare… grazie.”

Pochi secondi dopo, Kenzo si avviò sorridente verso la fermata dell’autobus. I giornalisti, rimasti con un pugno di mosche, abbassarono i microfoni continuando a non capirci nulla: ma poi, era vero che lui non poteva rispondere loro?

Nel frattempo, Kenzo arrivò alla fermata e poco tempo dopo arrivò l’autobus su cui salì. Una volta salito, Kenzo prese dallo zaino un succo di frutta e cominciò a berlo dondolando le gambe. Ripensando a quello successo pochi minuti prima, non poteva che sorridere divertito. Ogni tanto era davvero utile avere come genitori un dirigente di banca e la collaboratrice di un politico: ti rendeva molto più abile dal trarti fuori da simili impicci. Kenzo ridacchiò e finì il succo.

Quando finalmente arrivò a destinazione, il ragazzino percorse il più velocemente possibile la strada che lo separava dalla casa: sperava che nessuno fosse già arrivato. Che figura c’avrebbe fatto? Non appena vide in lontananza la casa, però, si rese conto che non era ancora arrivato nessuno.

Mentre infilava le chiavi nella serratura, Kenzo pensò che forse era ovvio. Se lui era stato trattenuto da giornalisti e compagni di classe, anche agli altri doveva essere successo. Chissà se sarebbero riusciti arrivare… Kenzo scosse la testa. Sarebbero venuti di sicuro. Anche se su Dan, aveva qualche dubbio… lui era sicuramente quello che i giornalisti avrebbero cercato di più. Kenzo scosse le spalle e posò lo zaino vicino al divano del salone. Subito dopo aprì le tende per far entrare la luce. Poi, si fermò in mezzo al salone. Cosa doveva sistemare ancora?

Il tè. Kenzo si diede una pacca sulla testa e si diresse verso la cucina. Subito, però, fece retro front e tornò nel salone dove tirò fuori da una credenza il necessario per giocare a Battle Spirits. E per validi motivi: erano i Maestri della Luce e c’erano Yuuki e, soprattutto, Dan. A quel punto, si diresse con decisione verso la cucina. Rapidamente prese la teiera e le tazze, mentre sul bollitore si scaldava l’acqua. Dopodiché, Kenzo guardò l’orologio. Era arrivata l’ora per cui si erano dati l’appuntamento. Chissà se avrebbero fatto tardi… ma perché si preoccupava? Erano i Maestri della Luce… se erano sfuggiti agli uomini del Re del Mondo Altrove, potevano benissimo tenere testa a un gruppetto di giornalisti. A quel punto, Kenzo abbassò la fiamma e iniziò a camminare avanti e indietro in attesa.

Passarono lunghi minuti, ma poi il rumore del motore di una moto sempre più vicina si sentì provenire da fuori. Era una zona molto tranquilla e non c’erano molti che giravano in moto. In quel momento, Kenzo si ricordò che Clarky gli aveva accennato che il fratello ne aveva una. Doveva essere per forza lui. sorridendo si diresse verso la porta e quando aprì si trovò davanti proprio Clarky, che cercava di nascondere uno sguardo sconvolto. Kenzo sorrise e lo fece entrare. Non restava che aspettare gli altri.

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -

Yuuki camminava lungo le strade di Tokyo sprofondato nei propri pensieri. Erano passate solo poche settimane dalla loro vittoria contro il Re del Mondo Altrove e tutto aveva ripreso ad andare avanti come prima. Era come se il tempo fosse tornato bruscamente indietro. E se gli altri Maestri della Luce avevano avuto qualche difficoltà a riprendere in mano la vita che si erano lasciati alle spalle per alcuni mesi, per lui era stato ancora più difficile. Yuuki, insieme a Kajitsu, si era lasciato quella vita alle spalle quasi due anni prima, convinto che Gran RoRo avrebbe potuto dare loro una seconda possibilità. Dare loro tutto quello che sulla Terra non avevano e non avrebbero mai potuto avere… ma era stato solo un sogno. E per ogni sogno, arriva il momento di svegliarsi. E lui era di nuovo lì, ma senza di lei. Doveva ricominciare da capo, ma non si sarebbe arreso, proprio come avrebbe voluto Kajitsu.

Le strade erano affollate dal via vai mattutino della città: studenti diretti a scuola, impiegati diretti all’ufficio, donne che accompagnavano i figli o andavano a fare la spesa prima di andare a lavorare. E Yuuki era uno di loro, vestito con quella stessa uniforme che indossava il giorno che aveva incontrato Dan per la prima vola. Quel pensiero lo riportò con la mente a quello che era successo poco tempo dopo aver salutato gli altri Maestri della Luce, un paio di settimane prima. Sorrise ripensando al momento in cui Dan si era offerto di ospitarlo a casa sua. Ma lui lo aveva ringraziato e aveva rifiutato. Dan doveva tornare alla sua vita e lui doveva ricostruirsi la sua. Ma sapere di avere, comunque, amici su cui contare, lo avrebbe aiutato. Era per questo che aveva deciso di tornare, un’ultima volta, nel luogo dove aveva vissuto da quando era scappato con Kajitsu dalla loro casa distrutta a quando era andato a Gran RoRo…

Yuuki, immobile, fissava il profilo dell’edificio di fronte a lui che si stagliava contro il cielo arrossato dall’imminente tramonto. Lo conosceva molto bene. Come avrebbe potuto dimenticarlo? Ci aveva trascorso quasi dieci anni. Sulla targa accanto al cancello, campeggiava il nome dell’istituto. Ma non importava il nome, bastava sapere che era un orfanotrofio. Un orfanotrofio dove ragazzi e ragazze, se non venivano adottati, rimanevano fino a quando diventavano maggiorenni. Yuuki sorrise amaramente. Fu in quel momento che una voce lo distrasse dai suoi pensieri.

“Momose Yuuki.”

Il ragazzo si voltò e vide a qualche metro da lui una donna di mezza età che lo fissava con una vaga aria sorpresa, che non mascherava, però, la pacata espressione che aveva sempre avuto. Yuuki sorrise.

“Direttrice…”

La donna sorrise e si avvicinò di qualche passo, voltandosi anche lei a guardare l’edificio, le cui finestra cominciavano ad illuminarsi. Non era difficile immaginarsi la confusione dei ragazzi prima della cena.

“Mi chiedevo se saresti tornato… quando vi ho visto in televisione, quasi non vi riconoscevo. Kajitsu è cresciuta molto. E anche tu.”

Yuuki annuì a labbra strette. La donna, sorridendo, gli lanciò uno sguardo di rimprovero.

“Allora lo conoscevate il vostro cognome…”

Yuuki sorrise divertito. Il giorno in cui lui e Kajitsu erano stati portati lì, avevano fatto finita di non ricordare chi erano i loro genitori, per impedire che qualcuno indagasse e scoprisse ciò che era successo: Yuuki, anche se bambino, era stato più che deciso a impedire che qualcuno cercasse di nuovo di fare test sulla sorella. E fortunatamente, anche negli anni successivi, nessuno lo aveva scoperto. Alla fine, Yuuki sospirò.

“Avevamo validi motivi per non farlo, si fidi.”

La donna non gli chiese spiegazioni: tanti anni ad avere a che fare con situazioni familiari molto difficili, le avevano accresciuto la capacità di parlarne sempre con molto tatto. Fu per questo che un triste sorriso comprensivo comparve sul suo volto.

“Tu come stai?”

Yuuki non fece molta fatica a capire a che cosa si riferisse. Pensando a Kajitsu, Yuuki non rispose subito. Alla fine sospirò sorridente tristemente.

“Vado avanti. Non penso possa fare altro.”

La donna non disse altro e attese qualche secondo prima di fargli la seconda domanda.

“Vorrei parlare un attimo con te. Posso?”

Yuuki annuì facendole, però, capire con lo sguardo che non aveva intenzione di rientrare nell’istituto. La donna sorrise e i due si avviarono lungo il marciapiede. Dopo qualche minuto di silenzio, raggiunsero uno dei ponti che passavano su un largo canale. Fu lì che si fermarono. La donna fissò l’acqua in silenzio per qualche secondo, poi si voltò verso Yuuki.

“Mi sono sempre chiesta una cosa… dal giorno in cui siete scomparsi senza lasciare traccia. So che per dei bambini non è mai bello stare in un orfanotrofio, non lo dubito. Ma posso anche affermare con orgoglio che il mio è uno dei migliori. Avevate un tetto, andavate a scuola con un ottimo profitto… mancavano solo pochi anni perché tu diventassi maggiorenne, Yuuki. A quel punto avresti potuto trovare una casa tua e avresti anche ottenuto l’affidamento di tua sorella. Avreste potuto ricostruire la vostra famiglia fino al giorno in cui non avreste preso le vostre strade, magari creando le vostre famiglie. Perché ve ne siete andati? Senza contare che avrete affrontato sicuramente molti più pericoli nel mondo dove siete andati.”

Yuuki non rispose subito. Fissando il canale che proseguiva avanti, il ragazzo posò le mani al parapetto. La donna attese pazientemente. Dopo qualche istante, la voce di Yuuki ruppe il silenzio.

“Lei non può capire. Siamo andati a Gran RoRo perché speravamo di poter cambiare il nostro futuro, perché speravamo di poter avere ciò che qui non avremmo mai potuto avere. Abbiamo scommesso con il destino, ma abbiamo perso. Ed ora sono di nuovo qui. A volte il destino sa essere ironico…”

Alla donna non sfuggì l’amarezza del suo tono. Yuuki aveva ragione, lei non riusciva a capire che cosa intendesse. Ma, guardandolo, capì anche di non aver diritto di far altre domande a proposito.

“Che cosa farai adesso?”

Yuuki si voltò verso di lei e non rispose. La donna sorrise.

“Perché non finisci gli studi? Eri un ottimo studente… e avere un diploma di aiuterà di sicuro in futuro. Anche per trovarti un lavoro. Sai che non puoi tornare all’istituto… e penso che neanche lo vorresti. Il preside della scuola che frequentavi è mio amico. Potrei parlare con lui per vedere cosa si può fare. Hai perso due anni… ma in qualche modo troveremo una soluzione. Che ne pensi?”

L’espressione di Yuuki rimase impassibile. Dopo alcuni istanti annuì.

“Penso sia la cosa migliore… se voglio riiniziare una vita.”

La donna sorrise. “Dove stai? Da qualcuno dei tuoi amici?”

Yuuki sorrise e scosse la testa. “Non voglio approfittare della loro ospitalità.”

La donna sorrise un’altra volta e iniziò a rovistare nella borsa. Yuuki la guardò senza capire. Alla fine, la donna tornò a voltarsi verso di lui porgendogli un mazzo di chiavi. Yuuki rimase immobile.

“Sono dell’appartamento di mio nipote. Ora lui sta in America per lavoro… ci deve rimanere per un paio di anni. Mi ha chiesto di controllarglielo… ma non penso avrebbe nulla in contrario se te lo presto. Yuuki, non lo faccio per compassione. Puoi restarci quanto vuoi… ma te ne puoi andare solo se trovi un altro posto dove stare.”

Yuuki abbassò lo sguardo e guardò le chiavi che aveva in mano. Alla fine era riuscita a convincerlo a stare in quell’appartamento, fino a quando non avesse avuto la possibilità di averne uno suo. Improvvisamente, una voce conosciuta quanto inattesa lo distrasse dai suoi pensieri. Yuuki si fermò e si voltò di lato. Davanti a lui c’era una vetrina di televisori che trasmettevano tutte le stesse immagini. Doveva essere una diretta: si vedevano giornalisti che spingevano avanti i microfoni, studenti che da lontano che guardavano stupiti e il portone di una scuola. E, al centro dello schermo, un inconfondibile ragazzo con i capelli rossi che guardava con determinazione le telecamere.

“Gran RoRo non è un luogo pericoloso. Anzi, è un luogo bellissimo con tante persone gentili e simpatiche. Non ci sono mostri, se non quelli del Re del Mondo Altrove. E chi voi chiamate mostro, si chiamava Kajitsu. Era mia amica e una ragazza dolce e gentile con tutti. È grazie a lei e a suo fratello Yuuki, il Guerriero Bianco, se sono potuto andare a Gran RoRo e conoscere tanti amici. Quelle del Re del Mondo Altrove sono solo bugie strumentalizzate!”

Yuuki sorrise, mentre un uomo che dava l’impressione di essere un professore spingeva Dan dentro la scuola. Poi la telecamera passò sul volto di una giornalista che iniziò a parlare. Ma a Yuuki non importava quello che aveva da dire. Niente sarebbe potuto essere più incisivo delle parole di Dan. Parole che da lui ci si sarebbe potute aspettare.

“Dan, sei un vero amico…”

In quel momento gli tornò in mente l’appuntamento del pomeriggio. Dan e gli altri avevano organizzato una specie di “riunione” dei Maestri della Luce. Lo avevano avvisato, ma lui non aveva ancora confermato. Ma ora non aveva più nessun dubbio se andare oppure no. Anzi, ora aveva un motivo in più: oltre a ringraziare Dan, voleva duellare con lui. Gli doveva ancora un rivincita.

A quel punto, Yuuki riprese a camminare e pochi minuti dopo arrivò alla scuola che aveva frequentato fino ad un paio di anni prima. Molti studenti si voltarono a guardarlo, cominciando subito a parlottare tra loro. Si vedeva che molti avrebbero voluto avvicinarsi ad uno dei Maestri della Luce, ma in un certo senso erano intimoriti. Fu in quel momento che Yuuki si rese conto dei giornalisti stipati davanti all’entrata. Scosse la testa: come erano prevedibili… probabilmente avevano riservato lo stesso trattamento a tutti gli altri Maestri della Luce. Chissà come se l’erano cavata gli altri… avrebbe avuto modo di chiederlo dopo. Ora doveva preoccuparsi dei giornalisti davanti a lui: aveva affrontato cose peggiori nella sua vita. Sperava solo che nessuno tirasse fuori una domanda come quella che aveva fatto a Dan e che nessuno avesse investigato sul suo passato… non era completamente certo di come avrebbe reagito.

Fortunatamente, per i giornalisti, tutto filò liscio. Solo in un’occasione, un giornalista più coraggioso degli altri aveva accennato alla pericolosità di Kajitsu, ma era subito stato zittito da un’occhiata gelida di Yuuki. Il resto della giornata passò con manifestazioni “ammirate” molto simili a quelle affrontate dagli altri Maestri della Luce. All’uscita, Yuuki dovette di nuovo affrontare di nuovo i giornalisti, ma non si fece bloccare più che tanto e riuscì a liberarsene dopo poco tempo.

Preso il tram, Yuuki raggiunse la periferia che si stendeva lungo la riva del mare. Mentre camminava lungo il marciapiede, diretto verso la casa di Kenzo, dove si sarebbe tenuta la loro “riunione”, Yuuki non poté però non fermarsi a guardare la spiaggia. In basso, la distesa del bagnasciuga era ancora popolata da chi cercava di godere dell’ultimo sole della stagione. E fu così che a Yuuki tornò in mente uno dei ricordi felici della sua infanzia…

Era una splendida giornata di fine maggio. Il sole, splendente nel cielo azzurro, non era ancora così caldo da permettere lunghi bagni, ma molte famiglie avevano comunque deciso di passare in spiaggia quella domenica pomeriggio. Una piacevole quiete permeava la spiaggia, percorsa da una leggera brezza. Yuuki era inginocchiato per terra e con secchio e paletta stava cercando di creare un castello di sabbia. Poco lontano la madre stava leggendo un libro e il padre stava leggendo il giornale.

“Fratellone!”

Il bambino alzò lo sguardo e vide venire verso di lui una bimbetta di neanche tre anni che correva verso di lui sorridente, una corta treccia verde si muoveva alle sue spalle. Anche Yuuki sorrise. La bambina lo raggiunse e si sedette accanto a lui sulla sabbia.

“Che c’è, Kajitsu?”

La bambina sorrise e allungò una mano. “Guarda!”

Yuuki abbassò lo sguardo e vide nella mano della sorella una piccola conchiglia rosata. Il bambino sorrise.

“È molto bella, Kajitsu.”

La bambina sorrise felice. Poi il suo sguardo fu attratto da quello che stava facendo Yuuki. Un’espressione curiosa apparve sul suo viso.

“Che fai?”

Yuuki sorrise e prese in mano il secchiello. “Un castello di sabbia… se vuoi mi puoi aiutare. Così poi possiamo mettere la tua conchiglia sulla cima.”

Il viso di Kajitsu venne illuminato da un enorme sorriso. “Sì!”

I due bambini cominciarono ad affondare le mani nella sabbia per raccoglierne abbastanza da riempire il secchiello. Attimo dopo attimo, sia Yuuki che Kajitsu si ritrovarono sempre più sporchi di sabbia, ma non sembrarono farci molto caso e anzi ridevano sempre di più. Avrebbero fatto il più bel castello di sabbia: insieme.

Salve a tutti……… Sì, lo so. Sono in mostruoso ritardo!!!! >.< Spero mi possiate perdonare… ma non sono proprio riuscita ad aggiornare prima, causa “vuoto d’ispirazione”: non riuscivo proprio a scrivere le parti su Kenzo e Yuuki! >.< Non sapete che fatica ho fatto… mi mettevo al computer e non riuscivo a scrivere niente e se scrivevo qualcosa lo cancellavo. Nel week-end ero in piena crisi isterica! XD Ma alla fine ci sono riuscita… non sono soddisfatta al 100%, ma credo che nel complesso sia riuscito tutto abbastanza bene. Aspetto le vostre recensioni per sapere che ne pensate… soprattutto su ciò che ho accennato del passato di Yuuki (maledetta Sunrise… ma non poteva dirci qualcosa oltre che mostrare Yuuki e  Kajitsu quando erano bambini e poi *puff* quando ormai sono più grandi: e negli anni taciuti dove sono stati? Per strada? Vabbè… U.U). Per Hideto mi sono ispirata a quello che lui stesso aveva raccontato nell’episodio 25 di Brave. ^-^

Poi… cos’altro devo dire? Ah sì. ;) Siamo arrivati alla fine di questo secondo episodio: il prossimo capitolo sarà l’ultimo e sarà incentrato proprio sulla “riunione” dei Maestri della Luce, ovvero il minuto e mezzo che concludeva Gekiha… ovviamente integrato dalla mia fantasia! ^-^ E… faranno la loro breve ricomparsa alcuni personaggi (riapparizione necessaria per ciò che succederà dopo) che non vi farà per niente piacere rivedere. Avete già indovinato, vero? ^-^

Detto questo, passiamo ai ringraziamenti:

Per le preferite: chicca12lovestory, Lacus Clyne e ShawnSpenstar

Per le seguite: martinacaboni, Osaki Kitsune e Reb e Ju

Per le recensioni del capitolo 3: chicca12lovestory, Lacus Clyne e ShawnSpenstar (e un grazie anche a Osaki Kitsune per la recensione al capitolo 1)

E ovviamente grazie anche a tutti coloro che soltanto leggono (però, visto che ci siete, se vi va lasciatemi una recensione… così so che ne pensate. Vi assicuro che non mordo… XD).

In conclusione, vi prometto che cercherò di rimettermi in regola per poter tornare ad aggiornare nel week-end… farò il possibile. Ancora grazie e vi do appuntamento (sperando che mi abbiate perdonato) alla prossima volta.

Hikari/D’Artagnan… XD

P.S. per chi sperava in una reazione un po’ diversa di Yuuki… abbiate pazienza. ^-^

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Battle Spirits / Vai alla pagina dell'autore: HikariMoon