Capitolo 4
Hideto, mentre
si dirigeva verso la scuola, si rese conto che non era così
facile come aveva
creduto. I segni di certe esperienze erano difficili da essere
cancellati:
dopotutto, dopo mesi in cui aveva avuto quasi paura di andare a scuola,
era
difficile non provare le stesse brutte sensazioni. Hideto si
fermò. Sì, era
decisamente teso. Sentiva i battiti del cuore accelerare. Calma,
Hideto. Continuava
a ripeterselo. Era il Guerriero Blu: era arrivato il momento di
mostrare chi
era veramente. E se quei quattro bulletti sarebbero tornati a dargli
fastidio, li
avrebbe affrontati senza paura. Hideto sorrise e alzò la
testa con
determinazione. Non aveva niente di cui vergognarsi. Che si
preparassero: stava
arrivando il nuovo, il vero Hideto. Incredibile come quei pochi mesi
trascorsi
a Gran RoRo e con gli altri lo avessero cambiato così tanto.
Sempre
sorridendo, Hideto riprese a camminare sentendosi più
leggero. Doveva scacciare
tutta quella insicurezza, come quando duellava. Se sul campo di
battaglia aveva
imparato a fidarsi delle proprie capacità e a non fuggire di
fronte alle
difficoltà, lo avrebbe fatto anche nella vita di tutti i
giorni. Bastava
impegnarsi un po’…
Quando vide il
cancello della scuola, Hideto prese un profondo respiro drizzando le
spalle:
doveva comportarsi come un Maestro della Luce. Senza esitazione,
entrò nel
cortile della scuola dove gruppetti di studenti chiacchieravano mentre
si
dirigevano verso l’edificio o aspettando ancora un
po’ prima di entrare. Era
tutto così tranquillo. Qualcuno si accorse di lui e si
voltò a guardarlo.
Sembravano indecisi se raggiungerlo o no. E di questo Hideto se ne
sorprese. Ma
non ebbe molto tempo per farlo, perché proprio in quel
momento vide venire
verso di lui le tre persone che meno di tutti avrebbe voluto incontrare
quella
prima mattina di scuola. Hideto maledisse la propria sfortuna: chi
doveva
incontrare se non quei tre che lo prendevano in giro e lo schernivano
gli anni
precedenti a scuola?
Hideto per un
istante esitò e stava quasi per fermarsi e fare dietrofront
a testa bassa.
Quante volte era già successo in passato: un sacco di volte
era entrato in
ritardo proprio per evitarli. Rimaneva posato al muro esterno fino a
quando il
cortile si svuotava perché tutti erano già
entrati. Solo a quel punto
raggiungeva di corsa la propria classe, sorbendosi i rimproveri del
professore
o della professoressa di turno a cui rispondeva con un borbottio
imbarazzato
prima di sedersi a testa bassa nel proprio bianco. Quante volte era
successo…
basta. Hideto scosse la testa: non voleva più fare la figura
del debole o
ricevere sgridate a causa loro. E ricominciò a camminare a
testa alta,
proseguendo nonostante la paura che gli stingeva lo stomaco e il cuore
che
sembrava volergli uscire dal petto. Ma non avrebbe dato loro la
soddisfazione
di vederlo spaventato. Quei giorni erano passati.
Quando si
ritrovò a pochi passi da loro, Hideto si fermò
guardandoli deciso. Con una mano
strinse la cinghia dello zaino e deglutì per mantenere la
calma.
“Lasciatemi
passare, devo andare in classe.”
I tre non gli
risposero subito e guardarono Hideto con un’espressione che
lui non riuscì a
decifrare: sperava solo che non decidessero di picchiarlo. Quando uno
dei tre
fece un passo avanti, Hideto chiuse gli occhi ma non si mosse di un
passo. La
sua sorpresa fu enorme, tanto da fargli aprire gli occhi di scatto,
quando
sentì il braccio del ragazzo posarsi attorno alle sue spalle.
“Amico,
è così
che si salutano i vecchi amici?”
Hideto
spalancò, se possibile, ancora di più gli occhi.
Avrebbe voluto dire qualcosa,
ma l’unico suono che gli uscì dalla bocca fu un
verso strozzato dalla sorpresa.
Amico? Lui? Di loro? Ma da quando? Se gli avessero detto che il sole
sorgeva ad
ovest, sarebbe stato meno stupito.
“Cosa?”
Per un attimo
si convinse, seppur fosse impossibile, che avessero sbagliato persona.
Quando,
però, anche gli altri due gli vennero vicino,
capì che era tutto vero e non era
impazzito: i tre bulli, che lo avevano tartassato da quando aveva messo
piede
per la prima volta in quella scuola, lo stavano chiamando amico.
“Già,
Hideto…
cos’è, diventi famoso e non ci saluti
più?”
E stavano
anche
usando il suo nome senza storpiarlo. Hideto, ogni minuto che passava,
li guardava
sempre più sconvolto: perché non lo avevano
avvisato che il mondo stava andando
alla rovescia? La voce di uno dei tre lo riportò
all’assurda realtà in cui si
era ritrovato.
“Ma
perché non
ci hai mai detto che eri il Guerriero Blu? Quando ti abbiamo visto in
televisione non ci credevamo…”
“Già,
avresti
dovuto dircelo.”
Hideto li
guardava scioccato e non ebbe la forza di dire quello che gli era
passato per
la mente. Perché non ammettevano che non ci avevano creduto,
per il semplice
fatto che ritenevano impossibile che uno come lui fosse diventato un
Maestro
della Luce? Non sembravano più neanche loro.
E, forse, stava cominciando a capire il perché
lo stessero trattando
improvvisamente come uno di loro: era sicuramente comodo per loro avere
come
“amico” uno dei Maestri della Luce. Ma, nonostante
tutto, sotto sotto non
riusciva a non esserne contento almeno un po’: quante volte
aveva sperato che
lo lasciassero in pace? Anche se, per essere sincero, non aveva mai
voluto
diventare amico loro.
Cogliendo di
sorpresa Hideto, i tre ripresero a camminare accompagnandolo.
“Comunque
ci
devi raccontare tutto… lo sai che siete stati grandi tu e i
tuoi amici? Ma come
hai fatto a diventare il Guerriero Blu?”
“Ci
devi
insegnare a duellare come te!”
Ecco,
decisamente qualcuno lo stava prendendo in giro. Probabilmente, da
qualche
parte, c’era una telecamera nascosta. Gli avevano appena
chiesto di insegnare
loro a… DUELLARE?!? Lui, Hideto Suzuri, insegnare a loro, i
tre bulli che lo schernivano,
come migliorarsi a BATTLE SPIRITS?!? Il mondo doveva star andando per forza al contrario. Improvvisamente
i tre si fermarono e anche Hideto si bloccò, sempre con il
braccio dell’altro
attorno alle spalle. Subito dopo si voltarono verso i gruppi di
studenti che li
fissarono, mostrando anche loro l’impazienza di poter parlare
con lui.
“Ehi,
Hideto è
un nostro amico. Quindi, chi gli da fastidio, dovrà
vedersela con noi.”
Ok, quella era
la goccia che faceva traboccare il vaso. Ora le aveva proprio viste
tutte. Loro
si stavano presentando come suoi “difensori”?
Sembrava una ridicola presa in
giro, considerando tutto quello che gli avevano fatto passare.
Ma le sorprese
per Hideto, come avrebbe constatato successivamente, non erano finite.
Anzi,
quello era solo l’inizio. Una volta che i tre lo lasciarono
perché dovevano
parlare con un altro loro amico, Hideto si ritrovò
circondato in pochi istanti
da decine di studenti e studentesse che gli facevano i complimenti,
uniti alle
stesse domande che gli avevano fatto i tre e dalla richiesta di poter
vedere la
sua collezione di carte. E chissà, magari, anche ricevere da
lui un consiglio
sui propri mazzi… Hideto non ci voleva credere e si chiese
se tutti fossero
impazziti all’improvviso. Anche i suoi amici avevano
incontrato una simile
pazzia dilagante nelle loro scuole? Da un giorno all’altro,
sembrava che i
Maestri della Luce fossero diventati le star più famose
della Terra. Beh,
pensandoci l’avevano salvata la Terra… quello fu
l’unico pensiero sensato che
Hideto riuscì a formulare in quell’inaspettata
baraonda che lo circondava.
Anche le ore di lezione di quel primo giorno di scuola, passano senza
quasi che
lui se ne accorgesse.
E, al suono
della campanella, di nuovo Hideto si ritrovò tra i corridoi,
circondato da
studenti e dai tre che, dal quel giorno, erano diventati suoi
“amici”. Al pensiero
Hideto quasi scoppiò a ridere, perché sapeva che
la vera amicizia era qualcos’altro
ed era grazie ai suoi veri amici che lo aveva scoperto: Dan, Clarky,
Mai, Kenzo
e Yuuki. Fu a quel punto che si ricordò del loro
appuntamento del pomeriggio:
Hideto sorrise. Non vedeva l’ora di andarci e di rivederli.
Anche, soprattutto,
per metabolizzare tutto quello che era successo quella mattina. E
ovviamente
per stare un po’ in santa pace a guardare la sua collezione
di carte…
rabbrividiva dall’orrore al pensiero di quanti quel giorno
avevano toccato i
suoi preziosissimi album: sperava solo che non glieli avessero
rovinati. O non
avrebbe saputo rispondere di lui…
Ma, purtroppo
per lui, avrebbe dovuto rimandarlo. E se ne accorse non appena
arrivò in
cortile. Davanti al cancello, che lui poche ore prima aveva
faticosamente
attraversato, erano in attesa un gruppo di giornalisti. Hideto non si
chiese neanche
per che cosa fossero lì: lo aveva capito. Erano
lì per il Guerriero Blu. Hideto
sorrise stupito, chiedendosi per la prima volta se tutta quella fama
gli
piacesse. Era strano, ma non era così brutto. Ok, quelli che
gli stavano vicino
non erano proprio sinceri… ma aveva già i suoi
amici, quelli veri su cui poter
contare. E poi poteva anche essere un modo per far conoscere Gran RoRo.
Anche se, per
essere sincero, era leggermente in soggezione nel vedere i giornalisti
pronti
ad intervistarlo. Che cosa avrebbe detto loro? Doveva trovare un modo
per
andarsene. E non fu un’impresa facile, anche
perché i suoi nuovi “amici”
cercarono in tutti i modi di convincerlo a farsi intervistare. Hideto,
vedendoli, scoppiò quasi a ridere: avrebbe tanto voluto dire
che si facessero
intervistare loro se lo volevano tanto.
Ma alla fine,
per un motivo o per l’altro, Hideto si ritrovò
davanti ai giornalisti che
iniziarono a gridare a raffica decine di domande, cercando ognuno di
sovrastare
la voce del collega accanto. Domande che, ovviamente, Hideto non
riuscì a
capire. Hideto sospirò.
“Com’è
stato
diventare uno dei Maestri della Luce?”
Hideto si
voltò
verso il giornalista che gli aveva posto la prima domanda intellegibile
in
quella babele di voci.
“Beh…
sicuramente molto impegnativo. Ehi…”
L’esclamazione
improvvisa del ragazzo fece scattare sull’attenti tutti
quelli che lo
circondavano. Hideto sorrise soddisfatto e alzò la mano,
puntando un dito verso
un punto a caso della strada.
“Ma
quella non è
una carta rarissima?”
Non
finì
neanche la frase che tutti si voltarono di scatto, cercando di scrutare
la
strada e vedere ciò che Hideto indicava. Alcuni studenti
erano già pronti a
gettarsi a terra per prendere la presunta carta.
“Dove?”
A quel coro di
voci impazienti, un altro sorrise si allargò sul volto di
Hideto che cominciò
ad arretrare lentamente, sempre indicando davanti a sé.
“Laggiù…
non la
vedete? È rarissima!”
Detto quello,
Hideto si voltò mettendosi a correre lungo il marciapiede
ridendo come un
matto: c’erano cascati. Ora finalmente poteva andare alla
“riunione” dei
Maestri della Luce. Immaginava i volti stupiti e sconvolti di tutti
nell’accorgersi che non c’era nessuna carta. Dietro
alle sue spalle sentì versi
di disappunto e di sorpresa. Fare la star poteva anche essere
divertente, ma
non così tanto da fargli rinunciare a mancare ad un
appuntamento con i suoi
amici. Soprattutto ora ne aveva di così speciali: i migliori
amici che avrebbe
mai potuto desiderare. E poi, se ci fosse stata veramente una rarissima
carta
per terra, non l’avrebbe certo detto a loro. Hideto rise di
nuovo, sentendosi
bene come non lo era mai stato. Gli sembrava di avere un nuovo mondo
che gli
spalancava davanti… e non perché i tre bulli
erano diventati suoi “amici”. Ok,
il fatto che non gli avrebbe più dato fastidio, lo rendeva
felice. Ma quella
sensazione derivava, soprattutto, dall’aver superato una
delle sue paure. Non
vedeva l’ora di raccontare tutto agli altri Maestri della
Luce… chissà quante
risate si sarebbero fatti! Sì, insieme si sarebbero
veramente divertiti.
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Kenzo
finì di
fare colazione e si alzò dal tavolo. I suoi genitori aveva
già finito la loro
veloce colazione, un caffè e una brioche. La madre stava
camminando avanti e
indietro per il salone parlando al telefono in un fluente inglese. Il
padre,
invece, usava il computer per controllare i resoconti del mercato. Dopo
l’intero giorno passato con Kenzo, sembrava che la normale
ruotine di casa
Hyoudo avesse ripreso il sopravvento in quelle poche settimane
trascorse da
allora. Non che Kenzo si fosse illuso che tutto sarebbe cambiato di
punto in
bianco, dopotutto i suoi genitori avevano comunque due lavori piuttosto
impegnativi. E poi, qualcosa era cambiato: i suoi genitori cercavano
molto di più
di ritagliare qualche momento, durante la giornata, per parlare con lui.
Kenzo
uscì dal
salone salutando la governante che stava sparecchiando e
andò in salotto dove
prese lo zaino. Un nuovo anno scolastico stava per iniziare e aveva
tutta
l’intenzione di portarlo a termine con lo stesso profitto
degli anni
precedenti: non a caso era il migliore del suo anno. Il ragazzino
tornò nel
salone, dove la madre era in attesa di un’altra chiamata.
“Mamma.”
La donna si
voltò, continuando a camminare avanti e indietro.
“Sì,
tesoro?”
Kenzo sorrise.
“Ti ricordi che oggi ho invitato i miei amici alla casa in
periferia, vero?”
La donna
annuì,
mentre dall’altra parte del cellulare partiva il segnale di
avvio del contatto. “Certo, anzi salutameli. Però
ora
scusami, ho un’importante chiamata da fare… bonjour,
sont Hyoudo Atsuko. Oui, exact...”
La donna
sorrise facendo un cenno con la mano a Kenzo e si allontanò
continuando a
parlare. Nello stesso momento, il padre si alzò chiudendo il
computer e
mettendolo nella propria ventiquattr’ore. Poi si
avvicinò a Kenzo passandogli
una mano tra i capelli.
“Quando
torni
dobbiamo parlare."
Kenzo si
voltò
curioso verso di lui. “Di che cosa?”
L’uomo
sorrise
guardando l’orologio. “Visti i tuoi ottimi
profitti, ci hanno proposto di
iscriverti ad una scuola molto prestigiosa. Potresti imparare molte
più cose e
sarebbe molto più stimolante per la tua
intelligenza.”
Kenzo sorrise
orgoglioso, ma non riuscì a non chiedersi come mai non
avessero chiamato prima:
qualcosa gli diceva che il tutto aveva a che fare la storia della loro
vittoria.
La voce del padre lo riscosse dai suoi pensieri.
“Io
ora devo
andare. Se sei pronto, ti accompagno.”
Kenzo
annuì
senza esitazione. L’uomo si voltò salutando la
moglie che mimò con la mano il
gesto di lanciargli un bacio. Anche Kenzo la salutò e poi i
due si avviarono.
Pochi minuti dopo, Kenzo e il padre si sedettero nella sua macchina
dove
l’autista mise in moto. Il signor Hyoudo, mentre prendeva il
cellulare, si
voltò verso di lui.
“Prima
alla
scuola di Kenzo.”
L’autista
annuì
e iniziò a percorrere il vialetto che portava
all’uscita. Mentre il padre
cominciava a parlare al telefono, Kenzo si voltò a guardare
il paesaggio che
sfrecciava oltre il finestrino. Gli sembrava di essere tornato a mesi
prima,
quando ancora non sapeva di essere il Guerriero Verde e non immaginava
neppure
l’avventura che avrebbe vissuto a Gran RoRo. E poi, la
consapevolezza che lui e
i suoi amici avevano salvato anche la Terra… sembrava troppo
incredibile.
Dopotutto, erano solo dei ragazzi… lui, in particolare,
aveva solo nove anni.
Sapeva di essere più maturo di quanto sarebbe dovuto essere
per la sua età, ma
sapeva di essere comunque ancora un bambino. E poi, era stata proprio
la loro
avventura a Gran RoRo che lo avevano veramente fatto maturare. Non
riusciva a
crederci, quando pensava che erano già passate delle
settimane da quando era
finito tutto. Gli sembrava ieri…
In quel
momento, l’autista rallentò fermandosi vicino al
marciapiede. Nel farlo, guardò
Kenzo attraverso lo specchietto.
“Siamo
arrivati.”
Kenzo
annuì e
aprì la portiera prendendo lo zaino. Una volta sceso, si
fermò fissando il
padre.
“Ci
vediamo
stasera. Alla fine delle lezioni vado subito alla casa al mare per
preparare tutto
in attesa degli altri.”
L’uomo
annuì,
posando una mano sul cellulare e allontanandolo leggermente dal viso.
“Sicuro
che non
vuoi un passaggio? Ti mando…”
Kenzo scosse
la
testa sorridendo. “Non preoccuparti. Prendo
l’autobus o il tram.”
L’uomo,
a quel
punto, lo salutò e tornò a parlare al telefono.
Kenzo chiuse la portiera e un
istante dopo, l’automobile ripartì. Kenzo rimase
fermò a guardarla, ripensando
a quello che gli aveva detto il padre quella mattina. Doveva ammettere
che gli
sarebbe piaciuto poter andare in quella scuola… gli sarebbe
stato d’aiuto, se
voleva diventare uno scienziato da grande. Non lo aveva ancora detto a
nessuno,
ma era quello il suo più grande sogno. Era per quello che si
impegnava al
massimo a scuola. La macchina che svoltava all’angolo
scomparendo alla sua
vista, distolsero Kenzo dai suoi pensieri. Il ragazzino, a quel punto,
si avviò
per raggiungere la scuola. Mentre camminava, però,
tornò a fantasticare.
Sarebbe stato troppo bello diventare uno scienziato famoso in tutto il
mondo,
così famoso che un giorno il suo nome sarebbe apparso nei
libri e tutti lo
avrebbero conosciuto e avrebbero studiato le sue scoperte. A quel
pensiero
ridacchiò. Forse stava correndo un po’ troppo, ma
che male c’era? Chissà che
cosa avrebbero voluto fare da grandi gli altri… divertito,
si accorse che
c’erano un sacco di cose che non sapeva degli altri. Ma
dopotutto la loro
amicizia, su Gran RoRo, si era bastata su cose molto più
importanti, come la
fiducia. Con nessuno degli amici che aveva a scuola aveva mai
instaurato un
rapporto così speciale. Era proprio contento di essere
diventato un Maestro
della Luce.
In quel
momento,
Kenzo arrivò a scuola e attraversò il cancello.
Venne quasi colto di sorpresa,
quando un nutrito gruppi di compagni di scuola si diresse verso di lui
quasi di
corsa. Kenzo sgranò gli occhi nel trovarsi circondato dagli
altri.
“Wow,
troppo
forte Kenzo! Sei uno dei Maestri della Luce!”
“Ma
come hai
fatto?”
“Sarei
voluto
essere io al tuo posto!”
Kenzo si
sistemò gli occhiali senza neanche saper cosa rispondere.
Anche perché tutto
gli sembrava un po’ ridicolo… quando tutti lo
chiamavano “secchione”, non erano
così ammirati da lui. O meglio… tranne quando gli
chiedevano un aiuto per
studiare: in quei momenti, magicamente, aveva un sacco di
amici più di prima.
Kenzo scosse la testa sorridendo, con aria di profondo conoscitore di
come
andavano le cose nel mondo.
Fortunatamente,
Kenzo fu salvato dall’arrivo delle maestre che severamente
intimarono a tutti
di entrare, dato che la campanella era già suonata. Tutti i
ragazzi, seppur con
esclamazioni e borbottii di disappunto, entrarono e anche Kenzo
poté raggiungere
la propria classe. Lì, i compagni di classe si raccolsero di
nuovo attorno a
lui, ma di nuovo l’arrivo della maestra spense tutto sul
nascere. Il resto
delle lezioni passò tranquillamente e anche durante
l’intervallo non successe
niente di particolare. Al suono della campanella, Kenzo avrebbe voluto
andare
via il prima possibile: doveva controllare che tutto fosse a posto e
non voleva
rischiare di far aspettare gli altri fuori dalla porta. Come ospite
aveva dei
doveri… ma tutti i progetti fatti la mattina, andarono
miseramente in fumo. I
compagni di scuola di Kenzo, volendo approfittare il più
possibile del fatto di
avere una star nella propria scuola, rallentarono di molto Kenzo.
Quando
finalmente il ragazzino raggiunse il cortile, vide quello che, senza
che lui
potesse saperlo, si erano visti davanti gli altri. Un gruppo di
giornalisti era
davanti al cancello, in attesa. E Kenzo capì subito che
aspettavano lui.
Un’espressione imbronciata apparve sul suo volto: decisamente
avevano tutti
deciso di fargli perdere tempo.
Lasciato dai
compagni di classe che lo seguivano qualche metro indietro, Kenzo
avanzò con
passo deciso verso i giornalisti. Non si era fatto mettere i piedi in
testa da
segretari e primi ministri, non aveva intenzione di farlo succedere con
una
dozzina di giornalisti. Il gruppo, vedendolo, avanzò verso
di lui tendendo
davanti a sé i microfoni. Kenzo si fermò e prese
un bel respiro. Prima che uno
dei giornalisti potesse fargli una qualunque domanda, la voce di Kenzo
gli
zittì.
“In
quanto
minorenne, avendo solo io nove anni, per quanto in possesso di
un’intelligenza
più elevata della media, non posso rispondere alle vostre
domande. E se cercate
di obbligarmi, potreste anche essere accusati di plagio di minore. Per
questo
motivo, vi chiedo gentilmente di lasciarmi passare.”
A quel
discorso, i giornalisti rimasero a bocca aperta e occhi sgranati a
fissare
Kenzo. Più di uno, continuando a tenere il microfono, si
voltò verso i colleghi
chiedendo con lo sguardo che cosa dovesse fare. Kenzo, soddisfatto, si
rimise a
camminare facendosi largo tra i giornalisti.
“Permesso…
scusate… dovrei passare… grazie.”
Pochi secondi
dopo, Kenzo si avviò sorridente verso la fermata
dell’autobus. I giornalisti,
rimasti con un pugno di mosche, abbassarono i microfoni continuando a
non
capirci nulla: ma poi, era vero che lui non poteva rispondere loro?
Nel frattempo,
Kenzo arrivò alla fermata e poco tempo dopo
arrivò l’autobus su cui salì. Una
volta salito, Kenzo prese dallo zaino un succo di frutta e
cominciò a berlo
dondolando le gambe. Ripensando a quello successo pochi minuti prima,
non
poteva che sorridere divertito. Ogni tanto era davvero utile avere come
genitori un dirigente di banca e la collaboratrice di un politico: ti
rendeva
molto più abile dal trarti fuori da simili impicci. Kenzo
ridacchiò e finì il
succo.
Quando
finalmente arrivò a destinazione, il ragazzino percorse il
più velocemente
possibile la strada che lo separava dalla casa: sperava che nessuno
fosse già
arrivato. Che figura c’avrebbe fatto? Non appena vide in
lontananza la casa,
però, si rese conto che non era ancora arrivato nessuno.
Mentre
infilava
le chiavi nella serratura, Kenzo pensò che forse era ovvio.
Se lui era stato
trattenuto da giornalisti e compagni di classe, anche agli altri doveva
essere
successo. Chissà se sarebbero riusciti arrivare…
Kenzo scosse la testa.
Sarebbero venuti di sicuro. Anche se su Dan, aveva qualche
dubbio… lui era
sicuramente quello che i giornalisti avrebbero cercato di
più. Kenzo scosse le
spalle e posò lo zaino vicino al divano del salone. Subito
dopo aprì le tende
per far entrare la luce. Poi, si fermò in mezzo al salone.
Cosa doveva
sistemare ancora?
Il
tè. Kenzo si
diede una pacca sulla testa e si diresse verso la cucina. Subito,
però, fece
retro front e tornò nel salone dove tirò fuori da
una credenza il necessario
per giocare a Battle Spirits. E per validi motivi: erano i Maestri
della Luce e
c’erano Yuuki e, soprattutto, Dan. A quel punto, si diresse
con decisione verso
la cucina. Rapidamente prese la teiera e le tazze, mentre sul bollitore
si
scaldava l’acqua. Dopodiché, Kenzo
guardò l’orologio. Era arrivata l’ora
per
cui si erano dati l’appuntamento. Chissà se
avrebbero fatto tardi… ma perché si
preoccupava? Erano i Maestri della Luce… se erano sfuggiti
agli uomini del Re
del Mondo Altrove, potevano benissimo tenere testa a un gruppetto di
giornalisti. A quel punto, Kenzo abbassò la fiamma e
iniziò a camminare avanti
e indietro in attesa.
Passarono
lunghi minuti, ma poi il rumore del motore di una moto sempre
più vicina si
sentì provenire da fuori. Era una zona molto tranquilla e
non c’erano molti che
giravano in moto. In quel momento, Kenzo si ricordò che
Clarky gli aveva
accennato che il fratello ne aveva una. Doveva essere per forza lui.
sorridendo
si diresse verso la porta e quando aprì si trovò
davanti proprio Clarky, che
cercava di nascondere uno sguardo sconvolto. Kenzo sorrise e lo fece
entrare.
Non restava che aspettare gli altri.
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Yuuki
camminava
lungo le strade di Tokyo sprofondato nei propri pensieri. Erano passate
solo
poche settimane dalla loro vittoria contro il Re del Mondo Altrove e
tutto
aveva ripreso ad andare avanti come prima. Era come se il tempo fosse
tornato
bruscamente indietro. E se gli altri Maestri della Luce avevano avuto
qualche
difficoltà a riprendere in mano la vita che si erano
lasciati alle spalle per
alcuni mesi, per lui era stato ancora più difficile. Yuuki,
insieme a Kajitsu,
si era lasciato quella vita alle spalle quasi due anni prima, convinto
che Gran
RoRo avrebbe potuto dare loro una seconda possibilità. Dare
loro tutto quello
che sulla Terra non avevano e non avrebbero mai potuto
avere… ma era stato solo
un sogno. E per ogni sogno, arriva il momento di svegliarsi. E lui era
di nuovo
lì, ma senza di lei. Doveva ricominciare da capo, ma non si
sarebbe arreso, proprio
come avrebbe voluto Kajitsu.
Le strade
erano
affollate dal via vai mattutino della città: studenti
diretti a scuola, impiegati
diretti all’ufficio, donne che accompagnavano i figli o
andavano a fare la
spesa prima di andare a lavorare. E Yuuki era uno di loro, vestito con
quella
stessa uniforme che indossava il giorno che aveva incontrato Dan per la
prima
vola. Quel pensiero lo riportò con la mente a quello che era
successo poco
tempo dopo aver salutato gli altri Maestri della Luce, un paio di
settimane
prima. Sorrise ripensando al momento in cui Dan si era offerto di
ospitarlo a
casa sua. Ma lui lo aveva ringraziato e aveva rifiutato. Dan doveva
tornare
alla sua vita e lui doveva ricostruirsi la sua. Ma sapere di avere,
comunque,
amici su cui contare, lo avrebbe aiutato. Era per questo che aveva
deciso di
tornare, un’ultima volta, nel luogo dove aveva vissuto da
quando era scappato
con Kajitsu dalla loro casa distrutta a quando era andato a Gran
RoRo…
Yuuki,
immobile, fissava il profilo dell’edificio di fronte a lui
che si stagliava
contro il cielo arrossato dall’imminente tramonto. Lo
conosceva molto bene.
Come avrebbe potuto dimenticarlo? Ci aveva trascorso quasi dieci anni.
Sulla
targa accanto al cancello, campeggiava il nome dell’istituto.
Ma non importava
il nome, bastava sapere che era un orfanotrofio. Un orfanotrofio dove
ragazzi e
ragazze, se non venivano adottati, rimanevano fino a quando diventavano
maggiorenni. Yuuki sorrise amaramente. Fu in quel momento che una voce
lo
distrasse dai suoi pensieri.
“Momose
Yuuki.”
Il ragazzo si
voltò e vide a qualche metro da lui una donna di mezza
età che lo fissava con
una vaga aria sorpresa, che non mascherava, però, la pacata
espressione che
aveva sempre avuto. Yuuki sorrise.
“Direttrice…”
La donna
sorrise e si avvicinò di qualche passo, voltandosi anche lei
a guardare
l’edificio, le cui finestra cominciavano ad illuminarsi. Non
era difficile
immaginarsi la confusione dei ragazzi prima della cena.
“Mi
chiedevo se
saresti tornato… quando vi ho visto in televisione, quasi
non vi riconoscevo.
Kajitsu è cresciuta molto. E anche tu.”
Yuuki
annuì a
labbra strette. La donna, sorridendo, gli lanciò uno sguardo
di rimprovero.
“Allora
lo
conoscevate il vostro cognome…”
Yuuki sorrise
divertito. Il giorno in cui lui e Kajitsu erano stati portati
lì, avevano fatto
finita di non ricordare chi erano i loro genitori, per impedire che
qualcuno
indagasse e scoprisse ciò che era successo: Yuuki, anche se
bambino, era stato
più che deciso a impedire che qualcuno cercasse di nuovo di
fare test sulla
sorella. E fortunatamente, anche negli anni successivi, nessuno lo
aveva
scoperto. Alla fine, Yuuki sospirò.
“Avevamo
validi
motivi per non farlo, si fidi.”
La donna non
gli chiese spiegazioni: tanti anni ad avere a che fare con situazioni
familiari
molto difficili, le avevano accresciuto la capacità di
parlarne sempre con
molto tatto. Fu per questo che un triste sorriso comprensivo comparve
sul suo
volto.
“Tu
come stai?”
Yuuki non fece
molta fatica a capire a che cosa si riferisse. Pensando a Kajitsu,
Yuuki non
rispose subito. Alla fine sospirò sorridente tristemente.
“Vado
avanti. Non
penso possa fare altro.”
La donna non
disse altro e attese qualche secondo prima di fargli la seconda domanda.
“Vorrei
parlare
un attimo con te. Posso?”
Yuuki
annuì
facendole, però, capire con lo sguardo che non aveva
intenzione di rientrare
nell’istituto. La donna sorrise e i due si avviarono lungo il
marciapiede. Dopo
qualche minuto di silenzio, raggiunsero uno dei ponti che passavano su
un largo
canale. Fu lì che si fermarono. La donna fissò
l’acqua in silenzio per qualche
secondo, poi si voltò verso Yuuki.
“Mi
sono sempre
chiesta una cosa… dal giorno in cui siete scomparsi senza
lasciare traccia. So
che per dei bambini non è mai bello stare in un
orfanotrofio, non lo dubito. Ma
posso anche affermare con orgoglio che il mio è uno dei
migliori. Avevate un
tetto, andavate a scuola con un ottimo profitto… mancavano
solo pochi anni
perché tu diventassi maggiorenne, Yuuki. A quel punto
avresti potuto trovare
una casa tua e avresti anche ottenuto l’affidamento di tua
sorella. Avreste
potuto ricostruire la vostra famiglia fino al giorno in cui non avreste
preso
le vostre strade, magari creando le vostre famiglie. Perché
ve ne siete andati?
Senza contare che avrete affrontato sicuramente molti più
pericoli nel mondo
dove siete andati.”
Yuuki non
rispose subito. Fissando il canale che proseguiva avanti, il ragazzo
posò le
mani al parapetto. La donna attese pazientemente. Dopo qualche istante,
la voce
di Yuuki ruppe il silenzio.
“Lei
non può
capire. Siamo andati a Gran RoRo perché speravamo di poter
cambiare il nostro
futuro, perché speravamo di poter avere ciò che
qui non avremmo mai potuto
avere. Abbiamo scommesso con il destino, ma abbiamo perso. Ed ora sono
di nuovo
qui. A volte il destino sa essere ironico…”
Alla donna non
sfuggì l’amarezza del suo tono. Yuuki aveva
ragione, lei non riusciva a capire
che cosa intendesse. Ma, guardandolo, capì anche di non aver
diritto di far
altre domande a proposito.
“Che
cosa farai
adesso?”
Yuuki si
voltò
verso di lei e non rispose. La donna sorrise.
“Perché
non
finisci gli studi? Eri un ottimo studente… e avere un
diploma di aiuterà di
sicuro in futuro. Anche per trovarti un lavoro. Sai che non puoi
tornare
all’istituto… e penso che neanche lo vorresti. Il
preside della scuola che
frequentavi è mio amico. Potrei parlare con lui per vedere
cosa si può fare.
Hai perso due anni… ma in qualche modo troveremo una
soluzione. Che ne pensi?”
L’espressione
di Yuuki rimase impassibile. Dopo alcuni istanti annuì.
“Penso
sia la
cosa migliore… se voglio riiniziare una vita.”
La donna
sorrise. “Dove stai? Da qualcuno dei tuoi amici?”
Yuuki sorrise
e
scosse la testa. “Non voglio approfittare della loro
ospitalità.”
La donna
sorrise un’altra volta e iniziò a rovistare nella
borsa. Yuuki la guardò senza
capire. Alla fine, la donna tornò a voltarsi verso di lui
porgendogli un mazzo
di chiavi. Yuuki rimase immobile.
“Sono
dell’appartamento di mio nipote. Ora lui sta in America per
lavoro… ci deve
rimanere per un paio di anni. Mi ha chiesto di
controllarglielo… ma non penso
avrebbe nulla in contrario se te lo presto. Yuuki, non lo faccio per
compassione. Puoi restarci quanto vuoi… ma te ne puoi andare
solo se trovi un
altro posto dove stare.”
Yuuki
abbassò
lo sguardo e guardò le chiavi che aveva in mano. Alla fine
era riuscita a
convincerlo a stare in quell’appartamento, fino a quando non
avesse avuto la
possibilità di averne uno suo. Improvvisamente, una
voce conosciuta quanto
inattesa lo distrasse dai suoi pensieri. Yuuki si fermò e si
voltò di lato.
Davanti a lui c’era una vetrina di televisori che
trasmettevano tutte le stesse
immagini. Doveva essere una diretta: si vedevano giornalisti che
spingevano
avanti i microfoni, studenti che da lontano che guardavano stupiti e il
portone
di una scuola. E, al centro dello schermo, un inconfondibile ragazzo
con i
capelli rossi che guardava con determinazione le telecamere.
“Gran
RoRo non
è un luogo pericoloso. Anzi, è un luogo
bellissimo con tante persone gentili e
simpatiche. Non ci sono mostri, se non quelli del Re del Mondo Altrove.
E chi
voi chiamate mostro, si chiamava Kajitsu. Era mia amica e una ragazza
dolce e
gentile con tutti. È grazie a lei e a suo fratello Yuuki, il
Guerriero Bianco,
se sono potuto andare a Gran RoRo e conoscere tanti amici. Quelle del
Re del
Mondo Altrove sono solo bugie strumentalizzate!”
Yuuki sorrise,
mentre un uomo che dava l’impressione di essere un professore
spingeva Dan
dentro la scuola. Poi la telecamera passò sul volto di una
giornalista che
iniziò a parlare. Ma a Yuuki non importava quello che aveva
da dire. Niente
sarebbe potuto essere più incisivo delle parole di Dan.
Parole che da lui ci si
sarebbe potute aspettare.
“Dan,
sei un
vero amico…”
In quel
momento
gli tornò in mente l’appuntamento del pomeriggio.
Dan e gli altri avevano
organizzato una specie di “riunione” dei Maestri
della Luce. Lo avevano
avvisato, ma lui non aveva ancora confermato. Ma ora non aveva
più nessun
dubbio se andare oppure no. Anzi, ora aveva un motivo in
più: oltre a
ringraziare Dan, voleva duellare con lui. Gli doveva ancora un
rivincita.
A quel punto,
Yuuki riprese a camminare e pochi minuti dopo arrivò alla
scuola che aveva
frequentato fino ad un paio di anni prima. Molti studenti si voltarono
a
guardarlo, cominciando subito a parlottare tra loro. Si vedeva che
molti
avrebbero voluto avvicinarsi ad uno dei Maestri della Luce, ma in un
certo
senso erano intimoriti. Fu in quel momento che Yuuki si rese conto dei
giornalisti stipati davanti all’entrata. Scosse la testa:
come erano
prevedibili… probabilmente avevano riservato lo stesso
trattamento a tutti gli
altri Maestri della Luce. Chissà come se l’erano
cavata gli altri… avrebbe
avuto modo di chiederlo dopo. Ora doveva preoccuparsi dei giornalisti
davanti a
lui: aveva affrontato cose peggiori nella sua vita. Sperava solo che
nessuno
tirasse fuori una domanda come quella che aveva fatto a Dan e che
nessuno
avesse investigato sul suo passato… non era completamente
certo di come avrebbe
reagito.
Fortunatamente,
per i giornalisti, tutto filò liscio. Solo in
un’occasione, un giornalista più
coraggioso degli altri aveva accennato alla pericolosità di
Kajitsu, ma era
subito stato zittito da un’occhiata gelida di Yuuki. Il resto
della giornata
passò con manifestazioni “ammirate”
molto simili a quelle affrontate dagli
altri Maestri della Luce. All’uscita, Yuuki dovette di nuovo
affrontare di
nuovo i giornalisti, ma non si fece bloccare più che tanto e
riuscì a
liberarsene dopo poco tempo.
Preso il tram,
Yuuki raggiunse la periferia che si stendeva lungo la riva del mare.
Mentre
camminava lungo il marciapiede, diretto verso la casa di Kenzo, dove si
sarebbe
tenuta la loro “riunione”, Yuuki non
poté però non fermarsi a guardare la
spiaggia. In basso, la distesa del bagnasciuga era ancora popolata da
chi
cercava di godere dell’ultimo sole della stagione. E fu
così che a Yuuki tornò
in mente uno dei ricordi felici della sua infanzia…
Era una
splendida giornata di fine maggio. Il sole, splendente nel cielo
azzurro, non
era ancora così caldo da permettere lunghi bagni, ma molte
famiglie avevano
comunque deciso di passare in spiaggia quella domenica pomeriggio. Una
piacevole quiete permeava la spiaggia, percorsa da una leggera brezza.
Yuuki
era inginocchiato per terra e con secchio e paletta stava cercando di
creare un
castello di sabbia. Poco lontano la madre stava leggendo un libro e il
padre
stava leggendo il giornale.
“Fratellone!”
Il bambino
alzò
lo sguardo e vide venire verso di lui una bimbetta di neanche tre anni
che
correva verso di lui sorridente, una corta treccia verde si muoveva
alle sue
spalle. Anche Yuuki sorrise. La bambina lo raggiunse e si sedette
accanto a lui
sulla sabbia.
“Che
c’è,
Kajitsu?”
La bambina
sorrise e allungò una mano. “Guarda!”
Yuuki
abbassò
lo sguardo e vide nella mano della sorella una piccola conchiglia
rosata. Il
bambino sorrise.
“È
molto bella,
Kajitsu.”
La bambina
sorrise felice. Poi il suo sguardo fu attratto da quello che stava
facendo
Yuuki. Un’espressione curiosa apparve sul suo viso.
“Che
fai?”
Yuuki sorrise
e
prese in mano il secchiello. “Un castello di
sabbia… se vuoi mi puoi aiutare.
Così poi possiamo mettere la tua conchiglia sulla
cima.”
Il viso di
Kajitsu venne illuminato da un enorme sorriso.
“Sì!”
I due bambini
cominciarono ad affondare le mani nella sabbia per raccoglierne
abbastanza da
riempire il secchiello. Attimo dopo attimo, sia Yuuki che Kajitsu si
ritrovarono sempre più sporchi di sabbia, ma non sembrarono
farci molto caso e
anzi ridevano sempre di più. Avrebbero fatto il
più bel castello di sabbia:
insieme.
Salve a
tutti……… Sì, lo so. Sono in
mostruoso
ritardo!!!! >.< Spero mi possiate perdonare…
ma non sono proprio riuscita
ad aggiornare prima, causa “vuoto
d’ispirazione”: non riuscivo proprio a
scrivere le parti su Kenzo e Yuuki! >.< Non sapete che
fatica ho fatto…
mi mettevo al computer e non riuscivo a scrivere niente e se scrivevo
qualcosa
lo cancellavo. Nel week-end ero in piena crisi isterica! XD Ma alla
fine ci
sono riuscita… non sono soddisfatta al 100%, ma credo che
nel complesso sia
riuscito tutto abbastanza bene. Aspetto le vostre recensioni per sapere
che ne
pensate… soprattutto su ciò che ho accennato del
passato di Yuuki (maledetta
Sunrise… ma non poteva dirci qualcosa oltre che mostrare
Yuuki e Kajitsu
quando erano bambini e poi *puff*
quando ormai sono più grandi: e negli anni taciuti dove sono
stati? Per strada?
Vabbè… U.U). Per Hideto mi sono ispirata a quello
che lui stesso aveva
raccontato nell’episodio 25 di Brave. ^-^
Poi…
cos’altro devo dire? Ah sì. ;)
Siamo arrivati alla fine di questo secondo episodio: il prossimo
capitolo sarà
l’ultimo e sarà incentrato proprio sulla
“riunione” dei Maestri della Luce,
ovvero il minuto e mezzo che concludeva Gekiha… ovviamente
integrato dalla mia
fantasia! ^-^ E… faranno la loro breve ricomparsa alcuni
personaggi (riapparizione
necessaria per ciò che succederà dopo) che non vi
farà per niente piacere
rivedere. Avete già indovinato, vero? ^-^
Detto questo,
passiamo ai
ringraziamenti:
Per le
preferite: chicca12lovestory,
Lacus Clyne e
ShawnSpenstar
Per le seguite: martinacaboni,
Osaki Kitsune e Reb e Ju
Per le
recensioni del capitolo 3: chicca12lovestory,
Lacus Clyne e
ShawnSpenstar (e un grazie anche a Osaki Kitsune
per la recensione al
capitolo 1)
E ovviamente
grazie anche a tutti coloro
che soltanto leggono (però, visto che ci siete, se vi va
lasciatemi una
recensione… così so che ne pensate. Vi assicuro
che non mordo… XD).
In conclusione,
vi prometto che cercherò
di rimettermi in regola per poter tornare ad aggiornare nel
week-end… farò il
possibile. Ancora grazie e vi do appuntamento (sperando che mi abbiate
perdonato) alla prossima volta.
Hikari/D’Artagnan…
XD
P.S. per chi sperava in
una reazione un
po’ diversa di Yuuki… abbiate pazienza. ^-^