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Autore: Vox animae    28/11/2013    0 recensioni
Il primo giorno di scuola raccontato a distanza di tre mesi da un tredicenne. Scritto su una frase della mia prof. di religione:" Che cosa avete pensato il primo giorno di scuola?". Titolo banale, ma le parole contenute nel testo rispecchiano pienamente i miei primi pensieri, al rientro dalle vacanze.
Buona lettura, spero vi piaccia.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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la domanda mi martellava nella testa, senza tregua, nonostante più volte cercai di scacciarla, ma era più forte della mia volontà, nel mentre un susseguirsi di risposte vorticavano come le foglie in una giornata ventosa d’ autunno. Forse le solite cose. Anzi quasi sicuramente.
“Come sono andate le vacanze?” e le solite risposte vuote e monotone, che si sbilanciavano tra l’ euforia e la timidezza, oppure:“ Quest’ anno sarà più difficile, dovrete lavorare e sudare di più” E la solita risposta :”Certo professoressa”, pronunciata con un pizzico d’ ironia in un mare di falsità; si sapeva che al rientro dalle vacanze nessuno voleva lavorare, ne tanto meno chiudersi in quell’ edificio simile ad una prigione. Perché? Perché la scuola è simile ad una prigione? Perché invece di un pozzo, anzi di un mare di sapienza , trovi un lago scandagliato da famelici animali, pronti a cogliere ogni tua distrazione? Perché quelle persone non t’ insegnano a pensare o a sorridere sulle disgrazie, senza cattiveria perché sai che chi è vittima delle disgrazie ne ha tratto vantaggio? Perché non t’ insegnano a trarre dalla scuola insegnamenti vivi, non solo quelli morti?
Bene, forse a queste domande non troverò mai risposta, perché le persone si tengono gli insegnamenti dentro, cinsi dalla rabbia e dalla gelosia. Però fra queste persone qualcuno sa vivere, qualcuno sa insegnare con focosa passione, che li arde dentro e li fa svegliare la mattina con la voglia di rendere la scuola non solo un obbligo?
Io forse mi voglio sentir dire ciò che non si può pronunciare, ciò che non si scopre se qualcuno non te lo rivela , perché è talmente evidente che per te è celato, lo riescono a vedere solo le persone che ti stanno intorno, ma loro non ti aiutano, perché non gli interessa degli altri.
Vorrei sentirmi dire perché ogni giorno sono chiuso in una stanza, ad ascoltare persone che rivelano nozioni senza sentimenti, o perché pretendono che io le apprenda e me ne appassioni, se neanche loro ne sono appassionati. Vorrei sentirmi dire la motivazione per la quale dovrei credere in un Dio. Vorrei sapere chi sono, senza che gli altri me lo indichino, ma che mi dicano come cercarlo nel mio “me stesso”, perché il vero me, è sotterrato dai pensieri e dai sentimenti, che mi impediscono di sapere chi sono veramente. Inoltre vorrei sapere se vado a scuola per conoscere chi sono o cosa sono gli altri. Vorrei sapere infine, se qualcuno sa veramente chi è Dio. Ma tutte queste domande non sono considerate da nessuno, è probabile che rimarranno con un punto interrogativo.
E in quei pensieri mi persi, fino a quando il professore non entrò in classe. Era una giornata come le altre.
 
  
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