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Autore: Cesca91    28/11/2013    2 recensioni
Dopo la fine della quinta stagione di Squadra Antimafia, ho pensato di ingannare l'attesa per la nuova stagione scrivendo un seguito della storia per chi, come me, sta immaginando e costruendo momenti e scene nella propria testa. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi, premettendo che sono una fan della coppia Rosy - Domenico quindi la mia storia si concentra principalmente su loro due, MA NON SOLO ;) Buona lettura!
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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2. Amici 

Calcaterra fa il suo ingresso plateale in commissariato. I suoi colleghi alzano la testa tutte le volte che lo vedono passare. Ha combinato un po’ di casini ultimamente, ma lo rispettano tutti. E’ dalla parte della giustizia, lui. Per quante regole abbia infranto, il suo obiettivo è sempre e soltanto uno: ripulire la Sicilia dal gioco schifoso dei mafiosi.
Ha combinato un po’ di casini ultimamente, ma adesso è di nuovo lui il capo. Lui che dirige le azioni, lui che dà gli ordini, lui che indica a tutti la direzione in cui guardare. Domenico Calcaterra è la mente della sua squadra. E anche del corpo di Catania, che all’inizio non esplodeva di felicità nell’accogliere a casa la Duomo di Palermo. Si trattava di dividere la stanza con un fratellastro, uno di quelli che ti ruba i giochi ma poi non ti lascia mai solo in disparte. Dopo un po’ di mesi, la squadra catanese si è innamorata dei suoi colleghi di fuori. Qualcuno, forse, anche troppo.
- Buongiorno! -, esordisce con un sorriso la Colombo, che lascia un bacio delicato sulle labbra del suo collega. Lui però, distratto e pensieroso, non sembra ricambiare. - Oggi è il gran giorno per la tua amica… Come si sente?
- La mia amica -, afferma Calcaterra in risposta a Lara - sta bene, grazie.
- Non so come fai tu ad essere amico dei mafiosi.
- Rosy non è più una mafiosa.
- Certo…
- E’ una donna che ha perso un figlio e tua sorella lo ha seppellito sotto un cumulo di terra lavica.
- Questo me lo ricordo.
- Era solo per rinfrescare la memoria alla sorella di una mafiosa.
- Grazie e buona giornata anche a te Domenico -, taglia corto lei e va via con un sorriso, per stroncare una sicura discussione col suo uomo. Lui non se ne cura e tira dritto per la sua strada, raggiungendo i colleghi alle loro scrivanie di servizio.
- Palla, Sciuto, ho bisogno di voi. Mi serve che seguiate passo passo il furgone che fra un paio d’ore accompagnerà Rosy dall’ospedale psichiatrico al carcere di Catania.
- Agli ordini capo -, sentenziano i due ispettori in coro.
- Ragazzi – dice Domenico indicandoli con l’indice arrabbiato della mano destra, - Attenti a voi, se qualcosa va male la responsabilità sarà solamente vostra.
- Non si preoccupi -, afferma Sciuto con serietà e con la consapevolezza di quanto stiano a cuore a Calcaterra le sorti della regina di Palermo.
Palladino e il suo collega non battono ciglio e si preparano al loro incarico, quindi di tutta risposta Sandro scatta in piedi con la speranza di rendersi utile. Calcaterra lo vede con la coda dell’occhio e, mano sulla spalla, lo invita a sedersi alla scrivania.
- Tu resti qua, Sandro, ho bisogno di te in ufficio.
- Magari potrei servire fuori, la Abate si fida di me.
- Non se ne parla Pientrangeli, ne abbiamo già discusso.
- Cazzo Domenico, è il mio lavoro.
- No Sandro, il tuo lavoro da ora in poi sarà qui dentro, seduto ad una scrivania. Ho bisogno di persone come te per mettere insieme i pezzi, per dirigere i fili…
- Ma…
- Niente ma. Fare il poliziotto non significa solo rischiare la vita tutti i giorni sul campo nel mezzo di una sparatoria. Hai avuto le tue occasioni, ci stavi lasciando, te lo ricordi questo vero?
- Certo che me lo ricordo.
- Non voglio avere sulla coscienza la vita di un padre. Non posso permettermi di perdere un altro uomo, non te. Adesso il tuo lavoro è qua dentro. Ho bisogno di uno in gamba che ci aiuti a capire cosa c’è dietro, uno che faccia un lavoro di testa - Domenico legge sul volto di Sandro perplessità e voglia di agire, di muoversi sul terreno e stanare la faccia mafiosa della Sicilia, quindi gli parla con tono protettivo - La caccia alle streghe là fuori non finisce mai, Sandro, è un continuo. Non riusciamo a metterne un paio dentro che ne troviamo altri dieci fuori, pronti a prendere il posto di chi è appena andato via. Dobbiamo riconoscere i nostri limiti, capire quando è il momento di fermarci. Il tuo momento è adesso, perché c’è un bambino in arrivo che ha bisogno di un padre, un padre vivo, e tu dovrai esserci nel corso della sua vita. Se decidi di scendere in campo, Sandro, potresti non tornare più a casa un giorno di questi. E chi è più importante adesso, un bambino che deve nascere nel meglio o un ragazzo testardo che vuole rischiare la sua vita per farsi ammazzare da qualcuno che corre più veloce?
- E’ una bambina…
- Ma dai… Avete scoperto il sesso?
- No, non vogliamo saperlo… Solo che io lo so, lo so che sarà una bambina, me lo sento. Un padre le sente queste cose…
- Sarà dura, domani più di oggi, ma io voglio vederti incollato a quella cazzo di scrivania tutti i giorni, tutti i minuti.
- Ci proverò.
- Ci devi riuscire, non provare. Tieniti in collegamento telefonico con Palla e Sciuto per sapere se il trasferimento di Rosy va a buon fine.
- Domenico?
- Eh?
- Grazie, sei un amico…
- Lo mettevi in dubbio? -, dice lui stringendo la mano di Sandro e tirandolo verso di sé. Poi si scambiano un sorriso complice, fraterno. Perché per essere un buon poliziotto sul campo o alla scrivania devi fare dei colleghi i tuoi migliori amici, devi saperne captare le azioni e le intenzioni e devi lasciare che sfoghino su di te tutto ciò che è un impedimento al lavoro. E sì, Calcaterra e Sandro sono come due fratelli, con la stessa missione di pace e giustizia che scorre nel sangue.
Il cellulare di Domenico squilla, sul display compare il nome di Palladino.
- Cosa succede Palla?
- Tutto apposto dottore, Rosy è stata portata nella sua cella. Non era molto contenta.
- Tu lo saresti, Palla?
- No, ma io non sono un mafioso.
- Aridaje co sta storia della mafiosa. Va bene ci rivediamo in centrale.
Domenico riattacca il telefono, quindi sale in macchina e Lara fa per seguirlo, ma lui stronca le sue intenzioni.
- E’ una cosa che devo fare da solo, ci vediamo dopo ok?
- Come vuoi -, sentenzia lei non proprio soddisfatta della risposta di Domenico.
Nella sala visite della casa circondariale di Catania, Rosy Abate si prepara a ricevere la sua prima visita, senza alcun dubbio di chi possa essere.
- Non mi aspettavo fossi tu - dice lei con ironia.
- E chi ti aspettavi?
- Nessuno, non c’ho nessuno fuori che mi viene a trovare.
- Ah no? A me sembra che facciano la fila - scherza lui, girandosi di spalle e indicando un’immaginaria fila di persone al di là della porta; Rosy sorride. – Caspita, sono riuscito a farti ridere.
- Difficile di questi tempi. Cosa vuoi Domenico?
- Che c’è, non posso venire a trovare una vecchia amica?
- No è che tu quando vieni da me è perché vuoi qualcosa.
Lui abbassa la testa sorridendo, colpevole di opportunismo.
- Volevo sapere se qui, dalle tue parti, si parla di un certo De Silva.
- Sono appena arrivata… E poi ti ricordo che sto in una cella di isolamento, da sola.
- Beh meglio, no? Sai che noia dividere la stanza con qualcuno.
- Non ci provare Calcaterra, non cado nelle tue trappole.
- Quali trappole? - sorride lui, fingendo di guardare sotto il tavolo in cerca di qualcosa.
- Oggi sei in vena di scherzare o sbaglio?
- Diciamo che mi sono svegliato con una certa allegria.
- E la scarichi addosso ad una mafiosa chiusa in galera per il resto della sua vita?
- Ah ma oggi vi siete messi d’accordo con la storia della mafiosa?
- Perché, chi altri ha parlato di me?
- Un po’ di gente… Sei sulla bocca di tutti, Rosy.
- Tranne su quella di chi vorrei essere.
Rosy sorride torturando le dita di una mano fra i denti bianchi, la testa bassa e lo sguardo alto verso Calcaterra. Lui accoglie il chiaro riferimento e sorride. E, Dio, quanto è bello. Ha la bellezza del ragazzo di strada trascurato, il fascino del ribelle, ma in fondo dentro di sé ha un grande animo da bambino, da cucciolo sulla difensiva. Calcaterra è un bonaccione, con chi riesce a tirar fuori la parte migliore di lui. Che poi ce l’ha scritto sulla faccia, porta la tenerezza appesa al collo e la mostra solo a chi davvero la merita. E’ la dolcezza di un ragazzo che ha scelto di vivere fra le strade pericolose di una nuova città, la dolcezza che si nasconde dietro un velo di sicurezza e di sfacciataggine. Solo che la vedi, la percepisci, la riconosci quando lui vuole tirarla fuori e dedicarla a qualcuno. E’ un sorriso delicato, è una piccola ruga fra le pieghe del viso e la barba. E’ una leggera depressione degli occhi. E Rosy resta come incantata, affascinata. E’ un sottilissimo filo leggero, quello che li lega. E’ un’alchimia di pensieri, sensazioni. E’ un legame di testa.
- Grazie per essere venuto, Mimmo.
- Volevo solo farti sorridere un po’ e a quanto pare per oggi ci sono riuscito.
- Dovresti stare alla larga da una come me, io sono una brutta malattia. Mi attacco alla pelle della gente buona e porto solo rovine, disastri…
- Io, invece, ho conosciuto una persona diversa. Sai a volte capisco perché Claudia ci tenesse così tanto a proteggerti - Rosy non stacca lo sguardo dal poliziotto e una parte di sé vorrebbe abbracciarlo per ringraziarlo di tutto, di qualsiasi cosa, semplicemente del fatto che lui è ancora presente nella sua vita sebbene la madre di suo figlio sia morta su una bomba che doveva essere per Rosy. - Beh, vado, ho da distruggere un po’ di mostri cattivi. Tu riguardati, Rosy.
Lei gli sorride, senza dar pace alle dita che continua a mangiucchiare. Poi, quando Mimmo lascia la stanza, prende a picchiarsi la testa con le mani, con la speranza di spegnere il fuoco di pensieri e intenzioni che arde nel suo cervello. 
  
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