Film > Iron Man
Segui la storia  |       
Autore: Fragolina84    30/11/2013    1 recensioni
"Non c'era possibilità di vivere senza di lei, tanto che il primo impulso fu quello di staccare il reattore dalla piastra nel suo petto e lasciare che le schegge ancora nel suo corpo trovassero la strada verso il suo cuore. O quello che restava del suo cuore, perché Victoria l'aveva appena fatto a pezzi. Sarebbe bastata una settimana, poi tutto sarebbe finito"
Per il titolo di questo lavoro mi sono inchinata all’inglese. Trovo che I belong to you sia più musicale della sua traduzione in italiano: io appartengo a te.
Buona lettura!
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Tony Stark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
«Tesoro? Sei pronta? Faremo tardi» gridò Tony, aggirandosi inquieto in salotto. Victoria solitamente era puntualissima – ben altra cosa rispetto a lui – e pertanto quei pochi minuti di ritardo lo innervosivano.
Quella sera avevano una cena di gala offerta da Christopher Roberts. L’azienda di Roberts, la Ascam Limited, era la principale concorrente delle Stark Industries. Ogni anno, Roberts organizzava una serata di gala per pavoneggiarsi davanti ai clienti e, puntualmente, invitava anche i concorrenti, Tony Stark in primis. Nell’occasione, aveva organizzato una cena in grigio.
Tony vestiva un completo grigio chiaro, con la camicia bianca e la cravatta della stessa tonalità del vestito e indossava i gemelli di platino che Victoria gli aveva regalato in occasione dell’ultimo compleanno.
Mentre si allacciava il cinturino dell’orologio di Gucci, la sentì scendere le scale. Alzò lo sguardo e il fiato gli morì in gola. La osservò rapito mentre si avvicinava.
Anche la donna era in grigio. Quel vestito era costato tremilacinquecento dollari – Victoria non lo sapeva, ovviamente – ma Tony pensò che li valeva tutti addosso a lei. Victoria era fasciata di lucida seta grigia e il vestito lungo senza spalline scivolava sul suo corpo snello. Era arricchito da un delicato ricamo di luminosi strass e Victoria l’aveva impreziosito con la parure di brillanti che le aveva regalato lui. Aveva raccolto i capelli da un lato e le scendevano morbidi sulla spalla destra, lasciando scoperta l’altra e lo stelo perfetto del collo.
L’effetto era straordinario, pensò Tony, e quando Victoria gli si avvicinò, le baciò delicatamente la mano.
«Sembra senza parole, signor Stark» mormorò.
«Sei una dea, stasera».
Le girò attorno, ammirando la perfezione delle sue forme. «Farai perdere la testa anche alle statue in giardino» borbottò, con una punta di gelosia nella voce.
«Tranquillo» rispose lei, avendo colto la possessività del suo tono. «Tutto quello che c’è dentro questo vestito ti appartiene».
«Anche il vestito, se è per quello» scherzò lui.
Victoria si finse indignata. «Ah, è così? Me lo tolgo subito e te lo rendo allora».
«Dio, come speravo che lo dicessi!» esclamò lui, avvicinandosi per baciarla.
Lei gli posò una mano sul petto, tenendolo a distanza.
«Stai indietro, satana! Conosco quello sguardo! Sciuperai il vestito e il trucco. E comunque, non stavamo facendo tardi?»
«Stando così le cose potrei anche mandare Roberts a farsi benedire» ridacchiò.
E invece salirono a bordo della limousine che attendeva fuori della porta.
La cena di gala si teneva nella sede della Ascam a Los Angeles, nell’immensa sala riunioni che per l’occasione veniva allestita con tavoli e pista da ballo. Quando la limousine parcheggiò davanti all’ingresso, Victoria si girò verso di lui e gli sistemò il nodo della cravatta.
«Anche tu sei letteralmente irresistibile, Tony» disse, e lo baciò dolcemente sulle labbra.
Happy aprì la portiera e Tony scese, girandosi per porgerle la mano.
Non appena furono fuori dall’auto, i fotografi appostati dietro le transenne si scatenarono. Victoria non amava quel tipo di attenzioni, ma essere la fidanzata di Tony Stark le comportava. Il giorno seguente, su qualsiasi blog, ci sarebbero state le foto di loro due, con tutti i commenti del caso. Anche velenosi, nel caso in cui l’invidia avesse prevalso.
Tony la cinse con il braccio e posò con lei per alcuni secondi. Poi salutò i fotografi con un cenno, la prese per mano ed entrarono.
La sede della Ascam era tutta acciaio e cromature, mobili bianchi e immense vetrate, che finivano per conferire all’ambiente un aspetto freddo e asettico. Tony la teneva per mano e avanzava deciso, salutando le persone che conosceva con il solito spirito e fermandosi a presentarle qualcuno.
«È la prima volta che ti porto a questo evento, vero?»
Victoria annuì. «L’anno scorso ci frequentavamo già, ma nessuno dei due era ancora pronto a dirlo al mondo».
«Avrei dovuto lasciarti a casa anche quest’anno» mormorò lui.
La donna sollevò un sopracciglio. «Grazie!» borbottò.
«No, scusami. Non mi sono spiegato bene. È solo che dovrò farti conoscere Christopher che è uno degli idioti più idioti che abbiano calcato questo pianeta. È un subdolo bastardo e so già che mi infastidirà il modo in cui poserà gli occhi su di te».
«Sono sicura che non oserà infastidire Ironman».
«Oserà, credimi. Infastidirà Ironman e anche Tony Stark» borbottò lui e Victoria sorrise, preparandosi al solito scontro tra maschi alfa.
«Tony!»
L’uomo si fermò, voltandosi verso chi l’aveva chiamato. «Andy! Vecchio mio, che piacere! Come stai?»
«Tutto bene. Non ci vediamo da un bel po’» disse l’uomo alto e biondo che Victoria non conosceva.
«Posso presentarti la mia fidanzata? Victoria, ti presento Andy Arkin, una delle menti più brillanti che io abbia conosciuto. Studiavamo insieme al MIT. Andy, lei è Victoria Johnson»
Andy le strinse la mano. «L’ho trovata fantastica in “A piedi nudi nel parco”» la complimentò. Si riferiva all’ultimo lavoro di Victoria, commedia con cui lei era ancora in tournée e che stava conseguendo molto successo.
«Grazie, signor Arkin» disse lei con cortesia.
«Ti prego, chiamami Andy e diamoci del tu». Poi fece avvicinare la sua famiglia. La moglie Lisa era una tipica bellezza del sud che a Victoria risultò subito simpatica. Teneva per mano un ragazzino che sgranò tanto d’occhi quando vide Tony, ma non disse nulla.
Scoprirono con piacere di essere stati assegnati allo stesso tavolo, al quale si diressero.
La serata fu piacevolissima. Andy e sua moglie Lisa erano una compagnia squisita e ben presto chiacchieravano come se si conoscessero da sempre.
Ad un certo punto qualcuno attirò l’attenzione dal palco in fondo alla sala, picchiettando leggermente sul microfono. Era un uomo magro vestito ovviamente di grigio. I capelli biondi gli ricadevano in un ciuffo sul viso, sopra algidi occhi azzurri. In generale non era una presenza che potesse restare impressa, era piuttosto anonimo.
Tony si chinò verso Victoria. «Ecco la star della serata: Christopher Roberts».
Roberts tenne un discorso piuttosto piatto, mettendo in mostra i punti di forza della compagnia, lodando i dipendenti, prendendo garbatamente in giro i competitors. Tony commentava ogni frase sottovoce con il suo spiccato senso dell’umorismo e al loro tavolo era difficile trattenere le risate.
Quando ebbe finito, sembrò che la sala intera tirasse un sospiro di sollievo. Fu servito il dessert, mentre l’orchestra iniziava a suonare e qualche coppia scendeva sulla pista per un ballo.
Lisa stava riprendendo il figlio: «No, Billy. Non si può» disse. Victoria notò che il ragazzino guardava Tony di sottecchi.
«Cosa vorresti, Billy?» domandò dolcemente. Billy non rispose e nascose il viso dietro sua madre.
«Ironman è il suo idolo» spiegò Lisa sottovoce.
«Ascolta, Billy: ti piacerebbe avere un autografo di Ironman?» chiese Victoria e il ragazzino si raddrizzò, gli occhi illuminati di gioia.
«Non voglio disturbare Tony» proruppe Lisa.
«Oh, non preoccuparti, Lisa. Ci siamo abituati. Fa lo stesso effetto in qualsiasi posto andiamo e a qualsiasi ragazzino incontriamo». Poi si rivolse a Billy. «Allora, Billy: lo chiediamo a Tony?»
Billy annuì e, quando Victoria gli tese la mano, sconfisse la timidezza e si fece avanti.
«Tony, Billy avrebbe una cosa da chiederti».
«Ti ascolto!» esclamò Tony.
Billy tirò fuori dalla tasca un foglio ordinatamente piegato. Lo spiegò e lo poggiò sul tavolo, lisciandolo con le mani. Era un disegno di Ironman fatto a pennarello. Nella sua armatura rossa e oro, Ironman sconfiggeva orde di nemici.
«È fatto molto bene, Billy. Complimenti!» affermò Tony. «Allora, cosa volevi chiedermi?».
Billy guardò Victoria che lo incoraggiò con un cenno del capo e gli fece l’occhiolino.
«Vorrei un autografo, per favore» disse Billy.
«Ah, benissimo» proruppe Tony, cercando la stilografica nel taschino della giacca. «E da chi vuoi l’autografo? Da Ironman o da Tony Stark?»
Il ragazzino rifletté un solo istante. «Ironman» disse deciso.
«Sicuro?» indagò Tony e il ragazzino annuì. «Perché dentro l’armatura di Ironman c’è Tony Stark».
Billy ebbe un attimo di incertezza.
«E se firmassi per entrambi? Che ne dici?» domandò e Billy sorrise.
Tony firmò il disegno e glielo rese. Ebbro di gioia, Billy stringeva il disegno autografato come fosse una sacra reliquia e, dimentico della propria timidezza, si girò verso Victoria e le baciò la guancia. «Grazie, Victoria» mormorò.
«Ehi, guerriero! Hai perfino scroccato un bacio alla mia ragazza! Permetti che ti offra da bere?» chiese Tony, alzandosi in piedi e facendo cenno verso il banco del bar.
Billy guardò sua madre. «Per me va bene, se Tony promette di non farti bere qualcosa di alcolico» rise lei.
«Niente alcol nemmeno per me» assicurò Tony. «Qui tentano di fregarmi la fidanzata già da sobrio, devo stare in guardia».
Si chinò, baciò la guancia di Victoria e, prendendo Billy per mano, si diresse verso il bar.
«Che cambiamento ha fatto» affermò Andy e Victoria distolse lo sguardo da Tony e lo girò su di lui. «Qualche anno fa non avrebbe mai trattato un ragazzino di sei anni in quel modo. Credo che il merito sia tuo, Victoria».
Lei scosse la testa. «Io non c’entro. L’esperienza terribile vissuta in Afghanistan ha forgiato un tipo d’uomo diverso, più maturo e responsabile» spiegò.
«Di sicuro. Ma tu hai su di lui più influenza di quanto credi» evidenziò Andy.
«Che intendi?»
Andy sorrise. «Tony orbita intorno a te, mia cara. Dal poco che ho visto stasera, ha bisogno di te come del minireattore che lo tiene in vita. L’ho visto perdere la testa per molte ragazze, inutile negarlo. Ma non ha mai messo in gioco il suo cuore come sta facendo con te».
Billy, improvvisamente disinibito e ciarliero come non era stato durante tutta la sera, tornò al tavolo come un piccolo turbine. Tony lo seguiva ad un passo più dignitoso e tese la mano a Victoria.
«Mi concede un ballo, signorina Johnson?»
Sulla pista c’erano soltanto altre due coppie. Tony la prese fra le braccia e la strinse, mentre le languide note del lento li avvolgevano.
«Che pensi di questa sera?» chiese lui ad un certo punto.
«La cena era ottima, la compagnia al tavolo anche meglio. Ora sto ballando abbracciata al mio uomo, dentro un vestito che non voglio nemmeno sapere quanto ti sia costato. Cosa potrei volere di più?» rispose lei.
Lui rise e la fece piroettare. Il lento finì e l’orchestra ne attaccò un altro.
«Il prossimo anno metteremo una nuova regola: un solo ballo per cavaliere» disse una voce al loro fianco.
«Non è lo stesso cavaliere. Prima ballava con Ironman, ora con Tony Stark. Poi ballerà con il presidente delle Stark Industries» replicò Tony senza scomporsi più di tanto. Poi si fermò. «Buonasera, Chris» mormorò, ben sapendo quanto il diminutivo lo irritasse. Victoria fece per scostarsi, ma Tony la bloccò contro di sé. «Stavi cercando qualcosa? Non so, il senso della vita, magari?»
«Sei sempre così burlone, Tony». Roberts nascose l’irritazione dietro un sorriso mellifluo. «Ma non fare il maleducato. Non mi presenti la signorina?»
Victoria sentì un’innaturale rigidezza nel corpo di Tony, nel braccio che la cingeva. Si chiese il perché di quella manifestazione: Tony, di solito, era talmente sicuro di sé.
«Victoria, ti presento Christopher Roberts, presidente della Ascam» disse infine, rassegnato. «Chris, la signorina Victoria Johnson, la mia fidanzata» concluse, calcando bene sull’ultima parola. La donna faticò a trattenere un sorriso: i maschi sapevano essere talmente immaturi!
Victoria gli strinse la mano. «È un piacere, signor Roberts. La sua festa è davvero magnifica». Quando ritirò la mano, Tony si interpose con disinvoltura tra lei e Roberts, quasi a volerla nascondere. Ci doveva essere qualche motivo per il quale Tony non voleva che lei entrasse in contatto con Roberts. Victoria si rifiutava di credere che fosse mera gelosia.
«Le va di ballare, signorina Johnson?» chiese Roberts senza guardarla, tenendo lo sguardo fisso su Tony. Victoria ci mise ben poco a capire che era stata lanciata una sfida.
Tony era teso come una corda di violino, quasi fosse pronto a colpire Roberts. Victoria alzò lo sguardo e vide che intorno a loro si era creato un capannello di persone che li stava osservando. Non sapevano cosa fosse successo, ma capivano che era in atto un qualche tipo di scontro e non volevano perderselo.
Poi la donna incrociò lo sguardo di Andy che le fece un cenno con il capo. Si ricordò di quello che le aveva detto poco prima: tu hai su di lui più influenza di quanto credi. E la sfruttò.
Gli posò una mano sulla spalla, scendendo ad accarezzargli il braccio. Lo sentì rilassarsi al suo tocco, nonostante non si fosse mosso e continuasse a coprirla con il proprio corpo.
«Non possiamo deludere il nostro ospite, non credi, Tony?» mormorò dolcemente. Si mise di fronte a lui e lo guardò negli occhi. «Per favore, dì al presidente delle Stark Industries che sarò onorata di ballare con lui tra pochi minuti» concluse, sfiorandogli il petto con la mano affusolata.
Tony la fissò immobile per qualche secondo. Poi annuì e sorrise. «Due minuti soltanto» disse, rivolto a Roberts. «Poi vengo a riprendermela». E si allontanò.
La piccola folla che si era radunata si disperse in pochi secondi, delusa ma ancora senza capire cosa fosse successo. Roberts la portò al centro della pista e la prese fra le braccia.
«Sempre focoso il nostro caro Tony, eh?»
La donna rispose con un sorriso, senza raccogliere la provocazione. Voleva capire chi aveva davanti.
«Sembra un tantino geloso di lei» proseguì.
«Non ne ha motivo, ma Tony è fatto così».
«E non la infastidisce il suo comportamento?»
Victoria non capiva il senso di tali domande, non riusciva ad intuire dove volesse andare a parare.
«Lo fa solo perché tiene a me».
«E come dargli torto». Mentre giravano sulla pista, Victoria osservò intorno e scorse Tony, appoggiato al bancone del bar con un bicchiere pieno di ghiaccio e di liquido ambrato in mano. Non le staccava gli occhi di dosso. «Ma io, fossi in lei, sarei un tantino preoccupato».
Victoria aggrottò le sopracciglia. «Non la seguo».
«Non la preoccupa cosa potrebbe combinare nei panni di Ironman, nel caso in cui lei lo lasciasse?»
La donna rise. «È un’eventualità che non è da prendere in considerazione, mi creda. Primo perché non ho intenzione di lasciare Tony, secondo perché lui è assolutamente in grado di gestire la sua seconda identità». Poi inclinò la testa da un lato. «Ma non le sembrano argomenti un tantino pesanti per un ballo?»
Christopher scosse la testa per allontanare i capelli e sorrise. «Ha ragione. Sa che l’ho trovata splendida su US Weekly, il mese scorso?»
Victoria accettò il cambio di argomento con sollievo, e quando la musica finì e Tony comparve al suo fianco, si sentì come liberata dall’untuosa influenza di Roberts. Tony la prese per mano e di nuovo si mise tra lei e Christopher.
«È stato un piacere, Chris. Ora, se permetti, vorrei farla ballare sul serio».
L’uomo sollevò le labbra in un sorriso insolente. «Molto lieto, signorina Johnson. Alla prossima». Girò sui tacchi e se ne andò.
«Ho bisogno di uscire» disse Tony e, cingendola con un braccio, la accompagnò fuori.
All’esterno della sala c’era un favoloso giardino in stile orientale: fontane che chioccolavano dolcemente, alberi dai tronchi attorcigliati, fiori esotici. Tony sedette sul bordo di una delle fontane e respirò a pieni polmoni l’aria profumata. Victoria rimase in piedi davanti a lui.
«Si può sapere che ti è preso?» chiese, dopo un momento di silenzio.
Lui non rispose e batté la mano accanto a sé, invitandola a sedersi al suo fianco.
«Non voglio sporcarmi il vestito» obiettò, ma lui l’attirò a sé e la fece sedere sulla sua gamba. La donna avvertì la rigidità e il nervosismo nei muscoli contratti delle spalle e della schiena.
«Allora? Vuoi dirmi che succede?» disse, accarezzandogli il viso.
Lui si strinse nelle spalle. «Non mi piace vederti fra le braccia di altri uomini. È un reato?»
«No. Ma non ti sei mai comportato così. Sembravi un bambino cui avessero rubato il giocattolo preferito».
«Ma tu sei il mio giocattolo preferito» mormorò lui, alzando il viso per baciarla. Fu dolce e tenero e alla fine fu lei a staccarsi per prima.
«Stai cercando di confondermi le idee, Stark?»
Lui sorrise in modo irresistibile.
«Una donna non è mai al sicuro quando sei nei paraggi» esclamò e lui rise, finalmente rilassato. «Ad ogni modo, devo darti ragione» proseguì.
«Come sempre. A proposito di cosa, comunque?»
«Roberts è proprio un idiota».
Tony ridacchiò. «Di cosa avete parlato?» domandò, ma la donna fece un gesto noncurante con la mano.
«Lasciamo stare e torniamo dentro. Devo ancora ballare con il presidente delle Stark Industries».
«Servo suo, incantevole signora» disse lui, facendola alzare.
La serata si protrasse a lungo e le tre di notte erano già passate da un po’ quando raggiunsero Malibu Point dove era situata villa Stark. Happy li fece scendere davanti all’ingresso e Jarvis aprì la porta.
«Bentornati» li salutò. «Com’era il party?»
«La solita sbruffonata di ogni anno per dimostrare che Christopher Roberts è il più macho del mondo e ha l’azienda migliore sulla piazza. Peccato che il Pentagono abbia un contratto con le Stark Industries, non con lui» sghignazzò Tony.
Victoria roteò gli occhi e salì in camera. Tolse i gioielli che ripose nella loro custodia e sciolse i capelli, scuotendoli per ravviarli.
«Ti ho detto che eri bellissima stasera?» disse, scostando i capelli per baciarle la schiena nuda. Sfiorò la pelle vellutata con le labbra, aspirando il suo profumo che ebbe, come sempre, l’effetto di un afrodisiaco.
La fece voltare, spingendola con irruenza contro i pannelli di legno che rivestivano la parete. Trovò la sua bocca e la baciò, stringendosi a lei, sentendo che si lasciava andare, abbandonandosi alla passione.
Senza smettere di baciarlo, Victoria gli sciolse il nodo della cravatta e gli sbottonò la camicia. Le sue mani morbide e vellutate lo accarezzavano sul petto e sul dorso, scatenando la sua eccitazione.
Tony le accarezzò la schiena e armeggiò con i laccetti sul retro dell’abito. Non riuscendo a scioglierli, interruppe il bacio: «Mi dispiacerebbe strappati il vestito, che ti sta d’incanto. Ma lo farò, se non si toglie di mezzo».
 Victoria ridacchiò e lo allontanò. Lo spinse sul letto e rimase in piedi, lasciando che lui la guardasse.
«Ingegnere laureato al MIT e non riesce a togliere un vestito ad una donna» lo canzonò.
«Sono sicuro che se provo con i denti ci riesco benissimo» rispose.
«Mettiti comodo, ci penso io».
Tony si sollevò su un gomito. «Jarvis, abbassa le luci e metti un po’ di musica».
Le luci della stanza calarono d’intensità, creando un’atmosfera romantica e sognante. Atmosfera che fu subito infranta dalle aspre note rock di Another brick in the wall dei Pink Floyd.
«Jarvis, meglio se peschi nella playlist di Vicky» borbottò Tony.
Le note dolcissime di Everything I do I do it for you di Brian Adams riverberarono nella stanza.
«Meglio, signore?» chiese l’incorporea voce del computer.
«Decisamente meglio. Buonanotte, Jarvis».
I movimenti di Victoria si fecero languidi ed estremamente sexy. Con movenze lente e calcolate, slacciò il cinturino dei sandali e li tolse. Poi fece scivolare a terra il vestito che scese con un fruscio sommesso. Sotto indossava soltanto un perizoma di pizzo e Tony si rovesciò all’indietro, fingendo di essere stato colpito al petto.
Victoria si avvicinò al letto sorridendo maliziosa. Lui si sollevò a sedere e le baciò il ventre, appena sopra l’ombelico. Victoria gli accarezzò i capelli e si abbassò per sederglisi in grembo. Gli sfilò lentamente la camicia, gettandola da parte. Tony la fece alzare leggermente e le sfiorò il seno con le labbra.
Mentre la sua bocca si chiudeva sul capezzolo, la donna rovesciò la testa all’indietro, infilando le mani fra i capelli di Tony. L’uomo continuò a passare da un seno all’altro finché non la sentì gemere sommessamente. Allora la cinse con entrambe le braccia e si alzò in piedi.
Victoria gli si appoggiò alle spalle e sentì i muscoli guizzare sotto le mani. La mise a terra, prendendole il viso tra le mani e continuando a baciarla. La playlist proseguì con She’s like the wind, il volume molto basso, appena udibile.
La donna fece scivolare le mani verso il basso, slacciandogli la cintura e sfilandola dai passanti. Le mani di Tony sostituirono le sue. Aveva pensato di fare tutto con calma, di portarla al culmine lentamente, ma già sapeva che non ce l’avrebbe fatta.
Tra i suoi impegni e quelli di Victoria, non stavano insieme da una settimana e Tony la desiderava da che l’aveva vista scendere le scale con quel vestito addosso.
Le infilò profondamente la lingua in bocca e Victoria avvertì subito il cambio di ritmo. Si fece spingere indietro, verso il letto. Tony la fece coricare, sostenendola con un braccio, senza smettere di baciarla. Era vorace e famelico e la sua urgenza contagiò anche Victoria, sicché quando lui si abbassò per toglierle il perizoma, l’unico indumento che ancora resisteva, gemette, reclamando di nuovo la sua bocca.
La musica cambiò ancora. Lo splendido assolo iniziale di Nothing Else Matters dei Metallica riempì la stanza.
«Perfetta» mormorò Tony, baciandole il collo. Poi la guardò negli occhi. «Ti amo» sussurrò.
Poi Tony la penetrò lentamente, al ritmo della canzone, mormorando le parole al suo orecchio.
«Trust I seek and I find in you, everyday for us something new [1]».
In quel momento di estasi, il mondo si contrasse intorno ai loro corpi avvinti. E niente ebbe più importanza [2]. Non esisteva nient’altro che la necessità primitiva e al tempo stesso attuale di fondersi l’uno nell’altra.
Per Tony l’atto fisico, che molto spesso aveva ripetuto senza sentimento prima di incontrare Victoria, aveva assunto un significato completamente diverso. Non una delle tante donne che aveva avuto gli aveva mai ispirato lo stesso coinvolgimento emotivo. Erano distrazioni, strumenti per il suo piacere. Victoria no.
Lei era la sua metà, il suo complementare. Dell’innumerevole schiera di donne pur bellissime che avevano giaciuto fra le sue braccia non ricordava i nomi né i tratti somatici, neanche dieci minuti dopo che erano uscite dal suo letto. Ma di Victoria conosceva ogni sfaccettatura e, quando gli impegni di lavoro li tenevano lontani anche per giorni interi, gli bastava chiudere gli occhi per evocare la sua immagine, talmente perfetta che avrebbe potuto contare le folte ciglia che incorniciavano gli splendidi occhi verdi.
Era stata quell’immagine a sostenerlo nei tre mesi di prigionia in Afghanistan. Era per lei che valeva la pena lottare, per lei aveva fatto di tutto per tornare.
La canzone raggiunse il culmine e il sentimento esplose nell’intimo di Tony, con la stessa intensità del potentissimo reattore che gli brillava al centro del petto. Victoria si morse il labbro inferiore e lo strinse a sé, mentre entrambi assaporavano il momento sublime in cui un uomo e una donna diventano una cosa sola.
Mentre la voce ruvida di Springsteen intonava Streets of Philadelphia, i respiri affannosi si calmarono, i loro cuori ripresero a battere normalmente e Tony si scostò con delicatezza. Si coricò al suo fianco, attirandola vicina a sé.
Rimasero immobili a lungo, in silenzio sotto il lenzuolo, ascoltando la musica che continuava a diffondersi dall’impianto stereo. Tony le sfiorava la schiena con una mano e lei disegnava piccoli cerchi sul suo petto con la punta delle dita. Quando sentì Into dust di Mazzy Star, Tony ruppe il silenzio.
«La tua playlist è fenomenale» esclamò.
La donna girò il capo e lo baciò. «Mi sei mancato in questi giorni».
«Anche tu, dolcezza» rispose lui. «Dovresti smettere di lavorare».
Victoria sorrise. «Sono troppo superiore per raccogliere questa provocazione».
Avevano già sfiorato il discorso e non era stato un bel momento. Dopo che era tornato dall’Afghanistan, Tony pretendeva che lei abbandonasse la sua carriera.
Il suo rapimento aveva lasciato segni indelebili, profonde ferite in un carattere già difficile. Aveva visto la morte in faccia e si era reso conto di non avere nulla. Possedeva ville, auto di lusso, poteva avere tutte le donne che voleva, il nome Stark apriva qualsiasi porta… ma non aveva nulla.
Il fatto che Victoria fosse rimasta ad attenderlo era stata quasi una sorpresa: Tony Stark era abituato a fare tutto da solo. Aver ritrovato Victoria gli aveva fatto capire che era giunto il momento di una svolta: aveva bisogno di lei, di averla vicina.
La cosa però aveva rischiato di assumere contorni morbosi: e Victoria aveva dovuto fargli capire con tatto che non poteva e non voleva rinunciare alla sua carriera. Il punto era, innanzitutto, che non erano sposati: era vero che si comportavano come se lo fossero e che lei viveva quasi esclusivamente a spese di Tony. Ma non erano legati ufficialmente e, se Tony avesse deciso di scaricarla, lei si sarebbe ritrovata con un pugno di mosche.
E, in secondo luogo, non voleva rinunciare al suo sogno, a quello per cui aveva studiato a lungo e sputato sangue. Voleva mantenere la sua indipendenza e lasciare un segno nel mondo, non essere ricordata in eterno come la fidanzata di Stark. Già non poteva impedire che l’ombra di Tony si stendesse su di lei: quando partecipava ad un provino, non appena la vedevano, la riconoscevano. E lei non sapeva mai se veniva presa (o scartata) per ciò che mostrava sul palco o per il suo legame affettivo.
Alzò il capo per ricordargli di quella volta che era stato ad un passo dal rilevare un’intera compagnia teatrale solo perché l’avevano respinta ad un provino, ma si accorse che dormiva. Rimase ad osservarlo per qualche istante, ringraziando Dio per averle fatto scegliere quel bar per festeggiare con i suoi amici e per aver spinto Tony a parcheggiare la sua R8 in maniera tanto sconsiderata.
Poi gli posò la testa sulla spalla e si addormentò, cullata dalle note dolci e malinconiche di When I was your man di Bruno Mars.
 
[1] Cerco fiducia e la trovo in te, ogni giorno per noi qualcosa di nuovo
[2] Che è la traduzione di “Nothing else matters” titolo della canzone dei Metallica.
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Iron Man / Vai alla pagina dell'autore: Fragolina84