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Autore: Nymeria90    30/11/2013    2 recensioni
– Di che cosa hai paura, Shepard?-
Fissò il cielo sopra di lui e all’improvviso le stelle parvero spegnersi, oscurate da un’ombra scura, enorme, dalla forma vagamente umana.
L’ombra nel cielo guardò giù, verso di lui, dentro di lui, si sentì invadere da un’oscurità che gli ghiacciò l’anima.
Chiuse gli occhi e quando li riaprì, un istante dopo, non c’era più nulla.
- Di cosa ho paura mi chiedi?- sussurrò con voce roca mentre qualcosa dentro di sé si contorceva, implorandogli di tacere, perché solo così avrebbe potuto dimenticare. Non lo ascoltò: – C’è un’unica cosa che mi fa paura: l’eternità.-
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashley Williams, Comandante Shepard Uomo, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Alexander Andrej Shepard'
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Normandy, 2186
 
Entrò nella cabina, lentamente, timorosa di quello che vi avrebbe trovato.
Era rimasto tutto uguale dall’ultima volta che l’aveva vista, ma adesso le sembrava di entrare in un altro mondo che apparteneva ad un’altra vita.
I pesci vorticavano piano nell’acquario e le numerose medaglie facevano mostra di sé sulla scrivania, appena sotto la vetrinetta coi modellini, unico vezzo di un uomo che aveva passato la vita a combattere.
Ashley si avvicinò al letto, ancora disfatto, le coperte aggrovigliate a testimonianza di quell’ultima notte passata insieme, tra ricordi, incubi e speranze.
S’inginocchiò accanto al letto, aggrappandosi alle lenzuola e affondandoci il viso dentro … riusciva ancora a sentire l’odore di Alex, ma sapeva che prima o poi sarebbe scomparso e non sarebbe più riuscita a ricordarlo.
Il suono della sua voce stava già lentamente sfumando e presto si sarebbe dimenticata della consistenza dei suoi baci e della delicatezza delle sue dita sulla pelle.
Ma il suo amore per lui, quello, non lo avrebbe mai dimenticato.
Si raggomitolò sul letto, avvolgendosi in quelle lenzuola che avevano l’odore di cose perdute; lasciò che la mente vagasse tra ricordi lontani e annebbiati, ma non ancora dimenticati: mai dimenticati.
Le ritornò alla mente il loro primo incontro, su Eden Prime, quando ogni sua certezza era crollata, quando aveva perso tutti gli uomini al suo comando senza riuscire a salvarne nemmeno uno. Riusciva ancora a sentire la paura e la disperazione di quel giorno, così diverse da quelle che provava ora: all’epoca era solo una sciocca ragazzina che credeva nelle “guerre giuste” e nell’umanità, convinta che la galassia fosse bianca e nera, senza niente in mezzo.
Invidiava gli ingenui ideali di quella ragazza ma odiava i suoi errori, quegli stramaledetti errori, che le avevano fatto perdere la via innumerevoli volte.
Rotolò sulla schiena fissando il cielo nero sopra la Normandy, diverso da qualsiasi cielo avesse mai guardato, con due lune enormi e nessuna stella. Non erano ancora ripartiti, anche se ormai la nave era quasi completamente riparata, la verità era che nessuno voleva andarsene, ognuno, a modo suo, aspettava che il comandante salisse in plancia e desse l’ordine di decollare.
Stavano aspettando un uomo che non esisteva più.
Torse le lenzuola, odiando quelle lacrime che le offuscavano la vista: far decollare la Normandy era compito su, adesso, ma dare quell’ordine avrebbe reso terribilmente reale ciò che era accaduto.
La Normandy sarebbe tornata nei cieli della galassia senza il suo comandante: Shepard non avrebbe più percorso i ponti della nave che era la sua casa, non sarebbe più sceso nell’hangar navette per fare a pugni con James e chiacchierare con Cortez, non avrebbe più fatto visita a Garrus nella batteria primaria per parlare di pistole e fucili di precisione.
Non avrebbe mai conosciuto suo figlio.
Ashley sospirò mettendosi seduta, le nausee che da qualche tempo la tormentavano, e che ora avevano una risposta, erano passate e quel vuoto che le era sbocciato dentro quando avevano abbandonato Shepard e la Terra, si stava lentamente riempiendo, man mano che realizzava ciò che il comandante le aveva lasciato.
Si chiese come avrebbe reagito alla notizia di quella vita che le cresceva dentro … le piaceva pensare che avrebbe sorriso, senza dire niente, gli occhi resi brillanti dalla consapevolezza di essere in grado di creare la vita oltre che di distruggerla.
Si alzò per sfuggire alla malinconia che minacciava di annientarla, di nuovo, continuò ad esplorare la cabina, immergendosi nel ricordo di lui.
Altri al suo posto avrebbero evitato quella stanza per sempre, terrorizzati all’idea di tutto il dolore racchiuso tra quelle pareti, ma Ash non voleva ripetere lo stesso errore fatto con Kaidan.
Shepard non sarebbe più tornato e fingere il contrario non avrebbe cambiato le cose, nell’infermeria aveva scelto di vivere e la vita ricominciava da lì, da quella stanza in cui aleggiava ancora il suo odore.
Riusciva quasi a figurarselo, addormentato sul letto, il viso finalmente rilassato, le labbra leggermente dischiuse, in pace, come non poteva più essere.
Non aveva importanza chi o cosa fosse diventato, cosa avrebbe fatto in futuro; Alexander Shepard era l’uomo raccontato in quella stanza: un uomo giusto, un uomo buono, un uomo morto.
Si fermò davanti alle fotografie appoggiate sulla scrivania, riconobbe quella scattata sulla Cittadella durante la festa che aveva concluso la loro licenza: c’erano tutti, quei compagni, vecchi e nuovi, che, in un modo o nell’altro, avevano reso grande il comandante Shepard.
Si chiese se fossero riusciti a sopravvivere, si augurò di sì: loro, più di tutti, meritavano di vivere in una galassia in pace, senza più guerre da combattere e mostri da annientare.
La foto accanto la conosceva bene, aveva passato mesi a rigirarsela tra le dita, odiando se stessa per essere sopravvissuta a entrambi gli uomini ritratti accanto a lei.
La prima volta che Shepard era morto l’aveva consolata il pensiero che, ovunque si trovasse, Kaidan sarebbe stato al suo fianco e si sarebbero coperti le spalle finché non fosse giunto anche il suo turno di raggiungerli e sarebbero stati di nuovo tutti insieme, i tre dell’Alleanza, come all’inizio.
Ma adesso sapeva che non c’era nessuno con Shepard, né Kaidan, né Thane, nemmeno Legion e non ci sarebbe stata neppure lei. Nulla sarebbe mai stato più come prima e Shepard sarebbe rimasto solo, per l’eternità.
Chiuse gli occhi, cercando di riprendere il controllo, contò fino a cinque, come le aveva insegnato suo padre e, quando la paura passò, riaprì gli occhi e posò lo sguardo sull’ultima fotografia rimasta: ritraeva uomini e donne che non aveva mai conosciuto, se non nei, rari, racconti di Alex.
Lui era lì, più giovane e spensierato, con gli occhi azzurri e i capelli troppo lunghi, inconsapevole di quanto duramente la vita gli si sarebbe scagliata contro.
Di quelle dieci persone che sorridevano all’obiettivo non rimaneva più nessuno: erano passati appena nove anni. L’Uomo Misterioso se li era presi tutti, l’uno dopo l’altro, e, alla fine, si era preso anche Shepard.
Sospirò mentre il suo sguardo si posava su un mucchio di datapad abbandonati in un angolo, li scorse distrattamente, ricordando che erano quelli che Shepard stava studiando quando era entrata nella cabina, prima dell’attacco alla base di Cerberus.
Erano informazioni sulla flotta e le difese della base, numeri e percentuali che ora non avevano più importanza, fece per posarli ma qualcosa attirò la sua attenzione.
Era un datapad in mezzo agli altri, ma riportava una data ben diversa: marzo 2185, subito dopo Horizon.
Rabbrividì, rendendosi conto di quale fosse il contenuto di quel datapad.
Con mano tremante, senza nemmeno sapere perché, lo accese.
Subito la sua voce registrata riempì il silenzio; c’era dolore nella sua voce, dolore per quell’uomo che aveva perso e ritrovato senza sapere più chi fosse, ma accanto alla malinconia e all’amarezza, c’era la speranza di potersi un giorno ritrovare. Una speranza che non poteva più provare.
L’idea che Shepard avesse conservato quella lettera la turbò, aveva sempre pensato che l’avesse buttata via, al suo posto, lei, lo avrebbe fatto.
E invece non solo l’aveva tenuta, ma l’aveva anche riascoltata poco prima di partire per una missione dal quale sapeva non ci sarebbe stato ritorno.
Ash si lasciò scivolare lungo la parete, il datapad abbandonato tra le mani, avvolta dalla sua stessa voce che rievocava quell’errore, quel terribile errore, che mai avrebbe potuto perdonarsi.
Sapere che Shepard aveva riascoltato quella maledetta lettera prima di andarsene, l’annientò: che cos’aveva pensato riascoltando quelle parole? Forse aveva scelto di sacrificarsi nella convinzione che lei sarebbe andata avanti comunque, come aveva fatto la prima volta, che avrebbe sopportato la sua morte un’altra volta.
Scagliò il datapad dall’altra parte della stanza, ma il silenzio che seguì fu più terribile di quel flusso di parole pronunciate con voce spezzata un anno e mezzo prima.
Appoggiò la testa contro la parete – Ti prometto che farò tutto bene questa volta!- singhiozzò verso quel cielo senza stelle, le braccia strette al ventre, come per proteggere il suo bambino da quel dolore che minacciava di distruggerla – Non farò gli stessi errori, non ti volterò le spalle. Torna da me, Alex: non sbaglierò più! Dammi solo una possibilità, non ti deluderò di nuovo.– si prese il volto tra le mano, le lacrime che le inzuppavano le dita – Mi dispiace così tanto per Horizon … -
Sarebbe rimasta lì, raggomitolata in un angolo della cabina del comandante, con la testa stretta tra la mani, per un tempo indefinito se la voce di IDA non fosse arrivata a riscuoterla – Qui è tutto pronto, tenente, aspettiamo solo te.-
Inspirò profondamente, per arginare lacrime che si era imposta di non versare, alzò leggermente il viso, asciugandolo con la manica – Arrivo subito, IDA.-
Appoggiò la testa contro la parete, sospirando, si ravviò i capelli e si rimise in piedi, imponendosi di non crollare più in quel modo: non poteva più permetterselo, non dopo aver fatto la sua scelta.
Attraversò la stanza e raccolse il datapad, fu mentre lo appoggiava sul tavolino che notò il libro, la raccolta di poesie che aveva regalato a Shepard.
Era aperto e in mezzo alle pagine era infilata una sua fotografia, non ricordava quando fosse stata scattata, ma la sua espressione seria e risoluta la riportò ai suoi primi giorni sulla Normandy quando la sua principale preoccupazione era dimostrare a Shepard il suo valore.
Non poteva tollerare l’idea di essere stata accolta sulla nave per pietà: era una Williams ed era un soldato.
Sollevò il libro, incuriosita: sembrava fosse stato lasciato lì apposta per lei. Quando lesse la poesia su cui era aperto, capì che era proprio così.
Scosse il capo – Lo sapevi, lo hai sempre saputo …- sussurrò, odiandolo per la sua follia.
Nessun dopo, nessuna salvezza: non per lui.
Chiuse il libro e uscì dalla cabina.
 
http://www.youtube.com/watch?v=UDm_x_7xT3M

Erano tutti lì, raccolti davanti al memoriale, come una grande e strana famiglia. E lo erano davvero, una famiglia.
Ognuno su quella nave doveva a Shepard tutto. Lui aveva dato ad ognuno di loro una possibilità, quando nessun altro era disposto a farlo.
Era questo che avrebbero ricordato di Shepard: non il coraggio o la forza, non la tenacia o l’orgoglio, ma la generosità con cui li aveva accolti sulla sua nave, dando un senso alle loro vite.
Ognuno di loro era un eroe, adesso, e lo dovevano a lui, solo a lui.
Si avvicinò al memoriale, con quella maledetta targa stretta tra le dita, le mani le tremavano talmente forte che temette di farsela sfuggire, ma non avrebbe permesso a nessun altro di apporre quella targa al posto suo.
Si fermò davanti a quella parete che aveva guardato troppe volte e che non avrebbe più avuto il coraggio di guardare ancora … tutti quei nomi, tutti quei morti … forse il prezzo della salvezza era stato davvero troppo alto, e lei continuava a sopravvivere, nonostante tutto.
Si girò a guardare gli amici ritti alle sue spalle, Liara piangeva sommessamente, le mani strette a pugno, Tali e Garrus si tenevano per mano, sostenendosi a vicenda e Joker la fissava così intensamente che dovette distogliere lo sguardo. Erano di nuovo lì, al funerale del loro comandante, senza un corpo da seppellire e tutte le speranze frantumate. Ma questa volta tutti sapevano che non c’era più niente da fare, che Shepard non sarebbe più tornato.
Incontrò gli occhi di Liara e chinò piano il capo, come a chiederle il permesso e l’Asari, stringendo le labbra e i pugni, annuì: era tempo di lasciarlo andare.
Ashley si voltò nuovamente verso il memoriale, sollevò la targa e l’aggiunse a tutte le altre, sopra quella dell’ammiraglio Anderson.
Fece un passo indietro ed aprì il libro che aveva preso dalla cabina del comandante, lo aprì alla pagina che Alex aveva segnato - E ricordati, io ci sarò. Ci sarò su nell’aria. Allora ogni tanto, se mi vuoi parlare, mettiti da una parte, chiudi gli occhi e cercami. Ci si parla. Ma non nel linguaggio delle parole. Nel silenzio.-*
 
http://www.youtube.com/watch?v=Vzr6zn318PY

Attraversò con sicurezza il ponte, al suo passaggio la specialista Traynor si mise sull’attenti e, come lei, anche tutti gli altri.
Il tenente Ashley Williams raggiunse la cabina di pilotaggio, mettendosi alle spalle di Joker, il pilota la guardò, sorrise e annuì – Qui è tutto pronto, tenente, aspettiamo solo il tuo ordine.-
- Accendi il comunicatore.-
- Subito, tenente.- intervenne IDA con un cenno d’assenso.
Ashley si raddrizzò, le mani dietro la schiena, fissando dritto davanti a sé il cielo che si apriva davanti alla Normandy – Qui è il tenete Williams, come Primo Ufficiale assumo il comando della nave.- comunicò con voce ferma, decisa – I portali galattici sono stati distrutti e siamo molto lontani dalle nostre case. Non importa: la rotta finale della Normandy è la Terra, ma lungo la strada per ritornare vi porterò in qualunque luogo voi chiamiate casa. Non importa quanto lungo sarà il viaggio: torneremo a casa, tutti quanti.- chiuse gli occhi - È stato un onore vivere al vostro fianco. Tenente Williams: chiudo.-
Sentì i motori della Normandy accendersi e la plancia tornare a vibrare, come un corpo che si risveglia dopo un lungo sonno. Per un istante le sembrò che tutto fosse tornato a posto. Lentamente la nave si sollevò nei cieli di quel pianeta sconosciuto e poi volò. Di nuovo.
Ashley appoggiò le mani sul sedile del pilota, lasciandosi sfuggire un piccolo sorriso – Riportaci a casa, Joker.-
 




Note


Ringrazio Shadow_sea per avermi dato, inconsciamente, l'ispirazione per questo capitolo e per la gentilezza con cui continua a sostenermi.

P.s. Spero perdonerete la piccola discrepanza tra il video e la mia storia. Non ho trovato nessun tributo in cui Shepard scegliesse il Controllo ... chissà perché XD

* Tiziano Terzani “La fine è il mio inizio”.
  
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