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Autore: MandyCri    30/11/2013    14 recensioni
Ellen Mayer è la regina del liceo, l’idolo di tutte le ragazze della scuola.
Bionda con gli occhi azzurri e un fisico da pin up.
Tom Gore è invece il nerd della scuola.
Moro con gli occhi neri.
Grasso, brufoloso, occhialuto e con un vistoso apparecchio ai denti.
È ovviamente il bersaglio preferito della splendida, ma crudele Ellen.
Ma si sa, la vita riserva molte sorprese.
Cosa succederà quando i due si incontreranno, dopo sette lunghi anni dalla fine del liceo, per un colloquio di lavoro?
Scopritelo insieme a Ellen e a Tom, ma ricordatevi: non fate agli altri quello che non vorreste fosse fatto a voi!
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Grazie a PinkyCCh per avermi aiutata a sistemare il banner

Ehm... ciao!
Lo so, sono in ritardo spaventoso: è più di un mese che non pubblico questa storia, ma ho avuto davvero un sacco di problemi a lavoro e credo che continuerò ad averli per un bel po', quindi le pubblicazioni non saranno frequenti come lo sono state fin'ora.
Purtroppo la sera torno a casa tardi e dopo 11 ore e passa certe volte, non ho voglia di scrivere.
Tra l'altro ho anche scritto un'altra mini storia che mi ha assorbito completamente le poche volte che avevo voglia di buttare giù qualcosa.
Quindi perdonatemi.
Eravamo rimasti a Tom finito dentro al bidone della spazzatura, vediamo cosa è successo dopo.
Spero continuerete ad apprezzare la storia, perché sta entrando nel vivo.
Se volete il gruppo è sempre quello L'amore non è bello se non è litigarello
Buona lettura...
Besos MandyCri

PS: il motivo di questo banner, lo capirete alla fine. L'obrobrio l'ho fatto io :D e PinkyCCh me l'ha sistemato.

***

CAPITOLO 12

- Sei licenziata!
- Non puoi licenziarmi. Non ho fatto nulla per meritarlo!
Tom si fermò e si girò adirato verso Ellen, si mise le mani sui fianchi e la guardò spazientito – Non. Hai. Fatto. Nulla. Per. Meritarlo? – urlò fuori di sé – Ellen, Cristo Santo, sono finito dentro un cassonetto dell’immondizia, hai buttato via un mio effetto personale che, tra l’altro adoravo, senza chiedermi nemmeno il permesso e volgiamo parlare del fatto che l’altro giorno, mi hai quasi ammazzato con il giretto in vespa? E tu… tu… - disse con l’indice tremante dalla rabbia puntato verso la ragazza – Hai anche il coraggio di dire che non hai fatto nulla per meritarlo?
Si girò e avanzò verso lo stabile a grandi passi.
- Tom… - supplicò Ellen alle sue spalle – La penna l’abbiamo recuperata. È vero ho sbagliato, ma io non credevo fosse così importante per te. Ti prego…
- No Ellen! Ti ho già dato tante possibilità e non me ne frega un emerito cazzo se sei simpatica a tutti e ti sai arruffianare la gente. No, ti prego non metterti a piangere. Le lacrime a comando con me non funzionano! – disse adirato.
Non poteva perdonarla.
Il cassonetto era stata l’ultima goccia, quella che aveva fatto traboccare un vaso già straripante, secondo il suo personale punto di vista.
Non gliene fregava niente, se Wenda si sarebbe scagliata contro di lui e, tanto meno, se Ellen, effettivamente, si era dimostrata capace nel lavoro.
Ce ne erano tante di ragazze che potevano svolgere quei compiti bene quanto lei, ma erano praticamente nulle le possibilità di trovarne un’altra che lo faceva cadere dentro un bidone della spazzatura!
- Prendi tutte le tue cose e sparisci dalla mia vita.
Ellen scoppiò a piangere.
Tom si fermò un’altra volta e la fissò sgomento.
Quelle non erano lacrime a comando, Miss Mayer stava davvero singhiozzando disperata.
Si pentì subito di essere stato così duro, ma l’orgoglio gli impedì di dire o fare qualcosa.
Forse aveva esagerato, magari se le diceva che non l’avrebbe più licenziata, avrebbe fermato tutta quella disperazione.
Si avvicinò cauto – Ellen… - sussurrò dispiaciuto.
Ellen soffocò un altro singhiozzo e stizzita si asciugò gli occhi – Lasciami stare Mr. Gore. Ho capito benissimo. Appena arrivo in ufficio, prendo tutte le mie cose e vedrai che nel giro di cinque minuti, vi sarete dimenticati di me – detto questo lo superò astiosa e si avviò decisa verso la porta di servizio che dava sul retro dello stabile.
Tom rimase basito a guardarla mentre camminava a passo veloce.
Poi realizzò che le chiavi le aveva lei e si mise a correre per non essere sbattuto fuori.
No! Non poteva fargli anche questo.
Non voleva entrare dalla porta principale, tutto sporco e, soprattutto, con quell’odore addosso.
- Ellen! – gridò con il fiatone – Aspettami.
La ragazza si voltò un attimo, giusto per fargli vedere il dito medio alzato e poi aprì la porta e la lasciò andare dietro di sé con furia.
Tom corse a tutta velocità con uno sprint degno di un velocista, ma quando arrivò la porta si chiuse, inesorabilmente, davanti alla sua faccia.
- ELLEN APRI! – sbraitò, dando dei vigorosi pugni sul ferro.
- ARRANGIATI! Non sono più una tua dipendente, mi hai licenziata! – la voce della ragazza gli arrivò stridula e indispettita.
Maledetta Ellen Mayer!
Questa gliel’avrebbe pagata, altroché!
Avvertì una stretta allo stomaco.
Come avrebbe potuto vendicarsi, se non l’avrebbe più vista?
Sospirò e si avviò verso l’entrata principale.
Entrò incazzato nero. Jordan gli corse in contro – Tutto bene, Mr. Gore? – chiese apprensivo.
- Sarebbe andata meglio se non avessi distratto Ellen! – non riuscì a frenarsi.
Jordan, dopo la sua caduta rovinosa, l’aveva aiutato ad uscire dal bidone della spazzatura e poi gli aveva chiesto mille volte scusa, finché lui, arrabbiatissimo, l’aveva cacciato, ordinandogli di ritornare al suo posto di lavoro, se non voleva incorrere in grane.
- Mi dispiace davvero tanto Mr. Gore, non avrei mai creduto che sarebbe successa una cosa del genere… – mormorò afflitto il ragazzo.
Tom sentì la bile salirgli al cervello – Senti Jordan, preferirei che tu non facessi il cascamorto con Ellen. Non mi va che le fai gli occhi dolci. Intesi?
Jordan lo fissò deluso – Ho capito, Mr. Gore. Non mi farò avanti con Ellen, anche se mi piace un sacco… non credevo che voi due, sì… insomma… - alzò le braccia sconsolato e abbassò lo sguardo – Come non detto, Mr. Gore.
Tom spalancò gli occhi sorpreso.
Non era quello che intendeva!
Stava per replicare, ma si zittì subito, che pensasse quello che voleva, anzi meglio!
Se credeva che tra lui ed Ellen ci fosse del tenero, non avrebbe fatto il pesce lesso con lei.
Si avviò verso l’ascensore soddisfatto.
Fuori uno!
Adesso si doveva occupare di Miss Mayer.
Non capiva perché, nonostante Ellen non fosse più la bellissima ragazza di un tempo, tutti gli uomini cadevano lo stesso ai suoi piedi.
Ok, aveva ancora un viso stupendo anche se paffuto e quel sorriso che ti arrivava dritto, dritto al cuore e te lo feriva peggio di un pugnale.
Gli dava fastidio questa cosa.
Gli rodeva proprio che gli uomini la guardassero.
In fin dei conti, lei era stata pur sempre il suo primo grande amore. Ci aveva perso anni ed anni ad ammirarla ed amarla, per Dio!
Aveva qualche piccolo diritto solo per questo.
Bloccò un attimo il corso dei suoi pensieri e si rimproverò: era geloso di Ellen Mayer.
Non era possibile!
Dovevano esser state le esalazioni moleste del cassonetto della spazzatura che gli erano arrivate al cervello e gliel’avevano in qualche modo danneggiato.
Non c’era altra spiegazione.
Lui, Tom Gore, non poteva trovare interessante quella Ellen Mayer!
Entrò in ufficio con il piede di guerra.
Ellen stava discutendo in lacrime con una rossa niente male, almeno vista di spalle.
Aveva lunghi capelli rossi naturali e un corpo decisamente da purosangue.
Tom si schiarì la voce per attirare l’attenzione.
La rossa si girò e Tom ne fu abbagliato.
Era incredibilmente bella!
- Tom! – squittì giuliva la ragazza, come se lo conoscesse – Ho sentito parlare tantissimo di te dalla nostra Ellen. Ciao! Io sono Sophie Rousseau. La coinquilina di Ellen, piacere! – allungò la mano verso di lui e Tom indietreggiò titubante.
Sophie? La finta sorella malata di Ellen?
Quella con i pidocchi?
Si portò inconsapevolmente la mano sui capelli e indietreggiò di un altro passo per paura di essere contagiato, poi si diede dello stupido.
Rimaledetta Miss Mayer che gli inculcava certe cose nella mente!
Si avvicinò alla ragazza e le diede la mano – Tom Gore. È un piacere conoscerti – disse ammaliato.
Sophie sorrise fascinosa.
Tom intravvide sul canino destro una luce abbagliante.
Sophie aveva un brillantino incastonato sul dente.
Intrigante!
Per carità il sorriso di Sophie non poteva essere minimamente paragonato a quello di Miss Mayer, però doveva ammettere che quella piccola luce era sessualmente stimolante.
- Sono venuta per chiedere ad Ellen di prestarmi la macchina. La mia ha deciso di morire all’improvviso e sono qui in vespa… - Sophie cominciò il suo discorso con voce lamentosa, portandosi la mano al fianco, facendola scorrere casualmente prima sul seno – Non posso andare in giro con quel trabiccolo! Oggi ho un importante colloquio di lavoro. Cosa penserebbe il mio futuro titolare se mi vedesse arrivare con quella cosa rosa? Non è professionale, non trovi?
Tom ebbe uno spasmo agli occhi.
Li aprì per poi richiuderli dopo qualche secondo. Assottigliò lo sguardo e lo fece scorrere sul corpo di Sophie.
- Certo… certo… sono completamente d’accordo – balbettò, non capendo esattamente cosa gli stava dicendo.
- Non posso prestarti la macchina! – sbuffò proprio in quel momento Ellen – Devo liberare la scrivania e mi serve per portare via le mie cose. Se non vuoi andare in giro con la vespa che, per inciso, hai deciso tu di comprare, chiama un taxi! – sibilò inviperita tra le lacrime.
Sophie si girò di scatto verso l’amica, come se si fosse ricordata solo in quel momento che c’era anche lei. Mise le mani sulla vita in una posizione alquanto autoritaria – Lo fai apposta! Perché non vuoi che mi vada bene! Sei solo invidiosa!
- Invidiosa? – sbraitò l’altra – Devo raccogliere tutte le mie cose, come faccio a portarle in vespa?
- Cosa potrai mai avere qui? Ci lavori solo da pochi giorni. Tu vuoi farmi un dispetto. Questa è la verità.
Tom osservò la scenetta tra l’incuriosito e l’affranto.
Perché le donne dovevano mettere tutto sul piano personale?
Perché c’era quella sorta di amicizia-rivalità?
Se ci fossero stati lui a Gaccio al posto di Ellen e Sophie, era sicuro al cento per cento che non solo entrambi avrebbero fatto lo scambio senza battere ciglio, ma più probabilmente, avrebbero anche fatto in modo di sgomberare insieme la scrivania e poi, sempre uniti come una squadra, recarsi al colloquio. Chiunque dei due fosse stato il licenziato o il probabile assunto.
Ma le donne no!
Certo che no!
Il sistema femminile pensava diversamente.
Era un mondo sconosciuto e imprevedibile che ragionava a seconda della vicinanza o meno del ciclo, del piede con cui si scendeva dal letto la mattina o dalla colazione fatta.
Un esempio lampante erano i biscotti.
Se un qualsiasi uomo trovava le ciambelle, i croissant, un uovo sbattuto, una frittata o anche un pollo arrosto per colazione, non batteva ciglio. Mangiava, faceva un bel rutto e poi andava a lavoro contento.
Una donna? Mai!
Se il giorno prima avesse finito i biscotti (la maggior parte dietetici e senza gusto) e, pe caso, si fosse dimenticata di comprarli e non avesse avuto quindi, quei determinati biscotti per colazione, sarebbe stato un disastro colossale.
Il mondo ce l’aveva con lei.
La sfortuna la perseguitava.
Perché succedevano tutte a lei?
Cosa aveva fatto di male per meritarsi tutto questo?
Quando bastava che si mangiasse un altro cazzo di biscotto che quel giorno passava il convento e si fosse ricordata, al ritorno a casa, di comprare quegli altri cazzo di frollini per la colazione successiva.
Tom sbatacchiò la testa per eliminare quegli insani pensieri sull’universo femminile – Ragazze… calma. Risolvo io il problema – disse, ricordandosi all’improvviso che aveva una donna da urlo davanti e lui puzzava come un cassonetto della spazzatura – Ellen tu rimani qui! Prima ero arrabbiato e non pensavo a quello che stavo dicendo e tu Sophie non ti preoccupare. Per forza di cose devo andare a casa – si fermò un istante e lanciò un’occhiataccia sulla sua rediviva impiegata, che, prontamente, abbassò la testa avvilita – Se hai un po’ di pazienza, ti accompagno io a questo colloquio. Vieni a casa con me, mi faccio una doccia, prendiamo un aperitivo e poi ti porto dove devi andare – disse rivolgendosi direttamente a Sophie e sfoderando uno dei suoi sorrisi più scintillanti.
La ragazza lo guardò estasiata, sbattendo ripetutamente le ciglia. – Davvero faresti questo per me?
Annuì – Certo che sì! Dammi solo un attimo. Ellen vieni in ufficio. Ti devo parlare.
Si avviò quindi felice verso la sua stanza.
Ellen lo seguì sbuffando.
- Chiudi la porta – ordinò non appena la ragazza entrò.
Ellen ubbidì e vi si appoggiò con le braccia conserte – Cosa vuoi? – chiese con un tono alquanto duro.
- Ho una proposta da farti – dichiarò con un largo sorriso.
Ellen inarcò il sopracciglio dubbiosa – Sentiamo – disse scocciata.
- Allora, tu potrai continuare a lavorare qui, nonostante tutti i danni che hai provocato - diede un rapido sguardo alla stanza e ammiccò eloquente.
Ellen grugnì – Ma? – chiese, intuendo che c’erano delle condizioni.
- In cambio voglio due o tre cosucce…
- Non faccio favori sessuali! – disse indignata.
Tom spalancò gli occhi sorpreso e poi scoppiò a ridere – Scusa Miss Mayer, senza offesa, ma non ho bisogno di comprare una donna per avere certe cose e, sinceramente, se un giorno fossi costretto a farlo, potrei permettermi qualcosina di più di te…
Gli occhi di Ellen divennero lucidi all’improvviso.
Ok, non era stato un gentiluomo, però cavoli, gliel’aveva proprio tirate fuori dalla bocca quelle parole!
Insomma, questa Ellen Mayer non era certo una fotomodella!
Aveva una ventina (e anche, anche) di chili in più dall’Ellen dei suoi ricordi e, per giunta, distribuiti malamente e bè…
Scrollò nuovamente la testa per riprendere il punto della situazione – Dicevo… io non ti licenzio, ma tu potresti spianarmi la strada con la tua amica…
Ellen lo fissò sgomenta, poi sibilò qualcosa di astioso tra le labbra che lui non capì, cosa di cui fu immensamente grato a Dio – Mr. Gore non hai bisogno di me. Basta solo che tu le dica: apri le gambe e lei lo farà! – soffiò acida – L’hai appena invitata a casa tua perché ti devi fare una doccia e lei non ha minimamente protestato, più chiaro di così…
- Uhm... amiche per la pelle… - borbottò.
- Senti Mr. Gore… vuoi scoparti Sophie? Ok, ti aiuterò. Spenderò qualche buona parola per te – si portò una mano alla fronte e assunse un’aria estasiata e riconoscente - Oh Sophie sapessi! Tu non hai nemmeno idea di quanto Mr. Gore sia un uomo caritatevole e altruista. Nonostante abbia buttato nella spazzatura la sua adorata, vecchia e inutilizzabile Mont Blanc, mi ha perdonato, solo perché vuole mettere il suo coso al caldo dentro di te!
Tom riuscì a trattenere a stento un sorriso – Magari evita l’ultima frase, per il resto mi sembra che ci siamo – la prese in giro.
- Ok, tutto qui? – chiese Ellen ansiosa.
- Certo che no, Miss Mayer. Dovrai far sparire tutta questa roba colorata da questa stanza e poi con il tempo ti chiederò altre cose a cui non potrai dire di no, altrimenti… - aprì la mano compatta e la puntò verso la porta, alzandola ritmicamente su e giù – Raus! (*). Ahn… e soprattutto, rivoglio il mio adorato tavolo di vetro nero, entro oggi!
Ellen si staccò dalla porta confusa e si avvicinò a lui – Non ti piace così? Guarda quanto belle sono le stelle. Hai mai giocato da piccolo al gioco dei puntini? – chiese stupefatta.
Tom la fissò senza capire – Gioco dei puntini? – domandò sorpreso.
- Sì, “unisci i puntini”. Questo è il firmamento – disse decisa – Con la fantasia puoi vedere tutto ciò che vuoi. Io lo facevo sempre da piccola. Me l’ha insegnato la mia tata. Vedi, qui ci siamo io e te.
Tom scrutò il tavolo blu, ma non vide assolutamente nulla, se non un ammasso di puntini che magari, a chi faceva del romanticismo il suo scopo di vita, sarebbero anche potuti piacere. A lui sembravano solo una gran seccatura e un probabile mal di testa se li avesse fissati per più di un minuto – Miss Mayer apprezzo tutto, ma non vedo assolutamente niente e se devo essere sincero, questa carta mi irrita parecchio.
Ellen, come al suo solito, non l’ascoltò, prese un uniposca bianco, anche quello nuovo acquisto di cancelleria e cominciò a disegnare sul tavolo.
- Vedi – disse, mentre faceva scorrere il pennarello tutta impegnata – Questo sei tu…
Tom osservò la mano candida e affusolata che si muoveva rapidamente.
Ellen non portava anelli o alcun tipo di gioielli. Aveva notato che indossava solo due piccoli brillantini alle orecchie, che risaltavano i lobi carnosi e perfetti.
Aveva delle orecchie perfette. Proporzionate e all’apparenza morbide. Sembravano fatte su misura per essere mordicchiate.
Quando finì il suo capolavoro, Ellen scrisse “Tom” sopra il disegno che poteva essere paragonato, tranquillamente, a quello fatto da un bambino di cinque anni.
- È un orso! – protestò contrariato.
- Tu sei un orso, Mr. Gore! – ribadì lei convinta.
- Ah sì? E tu dove sei in questo firmamento? – chiese curioso.
- Eccomi! – annuì lei e riprese a disegnare.
Quando terminò, scrisse sopra le forme di una principessa “paffutella” con tanto di corona il nome “Ellen”.
Poi sorrise compiaciuta.
- Quindi io sarei un orso e tu una principessa? – domandò ironico.
Per un attimo il sorriso svanì sul volto di Ellen – Una volta lo ero… - bisbigliò a voce bassissima, ma lui captò le parole come un grido implorante.
Lo sapeva, certo.
Lei era stata la reginetta del liceo per cinque anni consecutivi, lei era stata la regina del suo cuore per un’eternità.
- Vai Ellen e mi raccomando non fare più casini e intrattieni Sophie… arrivo tra cinque minuti.
Miss Mayer uscì dal suo ufficio in silenzio.
Tom fissò il disegno e poi avvicinò l’indice al colore, ormai asciutto.
Seguì i tratti con il polpastrello e ridisegnò astrattamente prima la principessa Ellen e poi seguì i contorni dell’orso Tom e uno strano nodo gli si formò sulla bocca dello stomaco.


(*) Raus in tedesco significa “fuori”.

   
 
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