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Autore: Artemisia_Amore    30/11/2013    3 recensioni
La trama di questa storia si svolge su due piani temporali.
{I fili del presente si intrecciano continuamente con il passato dove è ambientata la maggior parte della narrazione.}
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Break riapre gli occhi dopo una sanguinosa battaglia. Ha da tempo perso l’uso della vista, e il suo cuore stanco vortica inesorabilmente intorno a quel ricordo che lo ha a lungo perseguitato. Nel frattempo, Reim ripercorre i passi che lo hanno portato alla scoperta di un sentimento inconfessabile, mentre Sharon rivive il giorno in cui cessò per sempre di essere una bambina.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Reim Lunettes, Sharon Ransworth, Xerxes Break
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ingranaggio
 
 
La guardo scostare un velo di seta dorata, e sorrido, lanciandomi un’occhiata intorno. Lampade dalla luce soffusa che riflettono sulle pareti le ombre dei numerosi tessuti che ricadono dal soffitto formando curve sinuose, mentre un avvolgente profumo di spezie aleggia nell’aria, inebriante, unito a qualcosa di dolce, che mi porta alla mente il miele. Oro, nel complesso. Oro ovunque. E bronzo, e calore.
 
“Vedo che ti sei sistemata bene, Annalie. Le nuove stanze sono di tuo gradimento?”.
 
Lei ride, civettuola, e ruota la testa per guardarmi, con una sapiente cascata di morbidi riccioli bruni che in un attimo scivola dalla sua spalla, scoprendole la pelle chiara.
 
“Avresti dovuto vedere la sua faccia, Brea—“
 
Mi guarda, si copre le labbra con una mano, e sorride, facendomi l’occhiolino, le ciglia lunghe, scure, che mettono in risalto il nocciola brillante delle sue iridi.
 
“Ops… Volevo dire... Vincent…", si corregge in fretta, usando il falso nome con cui le ho imposto di chiamarmi in quel luogo: si sa, le pareti hanno orecchie. La guardo annuire, e lanciarmi un'occhiata ammiccante, prima di tornare a raccontarmi la causa di tanta eccitazione. "Oh, dovevi vederla! Quella smorfiosetta insulsa! E’ diventata verde di rabbia, ti dico, e ha protestato con Madame Bourgogne, ma niente! Mi sono aggiudicata il mio premio, le mie nuove stanze, il mio bel camerino, e… Oh, Vincent! Bal-le-rò! Basta servire ai tavoli, basta alcolizzati puzzolenti! Ballerò, al posto di quella cagna!”.
 
In punta di piedi, inizia a volteggiare, lasciando che la seta bronzea della sottoveste che indossa le accarezzi le gambe con delicatezza. E’ tutto molto interessante, ma adesso passiamo ai fatti. Avanzo di un paio di passi, le afferro i polsi, la guardo.
 
“Non ti sei dimenticata qualcosa, Annalie?”
 
Si imbroncia per un istante, poi mi sorride: “Grazie?”
 
Socchiudo gli occhi e la lascio andare, guardandola tornare al mobiletto delle candele. Ne accende una, e il profumo di cannella in breve tempo riempie la stanza.
 
“Oh, Vincent. Sei diabolico, lo sai? Sono arrivata a questa conclusione… Non puoi aver calcolato tutto, mi darebbe i brividi! L’unica risposta sensata è che tu sia tanto carino quanto diabolico. Sai predire il futuro, vero?”.
 
Non ci crede, glielo leggo in faccia, ma non pare minimamente interessata alle ragioni delle mie richieste, per quanto assurde le possano sembrare. E’ per questo che ho scelto di usare la sua carta: è una donna pratica, mira al suo scopo e si disinteressa del contesto. E in fondo ognuno ha un prezzo. Quello di Annalie è la vanità.
 
“Non mi inviti a sedermi?”, domando, posando lo sguardo sui morbidi cuscini ricamati con filo d’oro. Sono nuovi. Un regalo, forse? Ad ogni modo mi muovo, e prendo possesso di un divanetto, posandovi il soprabito e il bastone. Mi siedo, e subito la ragazza prende posto sul pavimento, su uno dei cuscini, tra le mie gambe, e si solleva appena, posando le mani sulle mie ginocchia. Non muovo un muscolo, e mi limito a guardarla. D’altro canto, possiedo io le redini. Sembra ricordarsene, perché inclina la testa, e mi osserva con gli occhi grandi, simili a quelli di un cagnolino che trattiene l’eccitazione.
 
“Che buon cliente che mi hai procurato, Vincent… Mi ha fatto dei regali, sai? Ti piacciono i miei orecchini? Me ne farà altri, se tornerò. E tu vuoi che torni, vero?”, ride, e preme la guancia sul mio ginocchio, lanciandomi un’occhiata complice.
 
“Dipende. Ne vale la pena, Annalie?”. Le rivolgo uno sguardo severo, pratico, in contrasto con il tono che uso. Modulo la voce per sembrare scherzoso, ma comincio ad averne abbastanza. Voglio i fatti. E lei pare intuirlo, perché si solleva e si siede più composta, abbandonando il contatto con le mie gambe e fissando lo sguardo su uno dei veli di chiffon dorato che scivolano giù dal soffitto.
 
“Non ho trovato chiavi, Vincent. Ho cercato ovunque, mi sono anche inventata di aver bisogno di preparare la camera da letto con speciali aromi afrodisiaci per rendere il suo amplesso più coinvolgente, ma niente. Ho guardato nei cassetti, dietro i quadri, ovunque. Ma di una cosa sono sicura. Ha una biblioteca, come avevi detto tu”.
 
Inclino la testa e la osservo. E’ un bene che racconti i dettagli. Ho avuto buon occhio: è una donna precisa.
 
“Quando sono arrivata alla villa, ho finto di essere una signora per bene… Ho rubato uno dei vestiti di Cynthia, tanto per farle capire da subito che i suoi tempi d’oro sono finiti, e sono iniziati i miei!”.
 
Che espressione volgare sul viso di una donna. Quanta malizia. Ma è esattamente ciò che mi serve.
 
“Beh, quindi ho chiesto a Gyre di farmi vedere la casa. L’ho inquadrato dal primo momento: è uno di quelli con quei complessi d’inferiorità, sai? Quelli che si eccitano come cagnolini scodinzolanti quando si sentono adorare da qualcuno. Con un paio di moine l’ho convinto a raccontarmi della sua grande famiglia e di una… Com’è che ha detto? Ah! ‘Una biblioteca in nostro possesso da generazioni da far invidia a quella dei Barma, glielo assicuro!’ – Mi guarda, sinceramente dubbiosa – Barma? Ho detto bene? Beh, comunque, ho finto di sapere di che cosa stava parlando e ho cercato di solleticare il suo ego per spingerlo a portarmi là, ma niente. Il grassone voleva passare al sodo, e il lavoro è lavoro, Vincent…”.
 
Notevole. La faccenda è interessante, ma questa sua testolina è furba. Capisco il suo gioco e la guardo, gli occhi brillanti accesi di una luce di sfida. Sollevo una mano, la lascio ricadere dolcemente sui suoi capelli. Scivolo piano sulla sua guancia, e lentamente l’accarezzo, costringendola un attimo dopo a sollevare il viso, con una lieve pressione sul suo mento.
 
“Non lo biasimo. Avrà fatto appello a tutta la sua forza di volontà per non portarti subito nel suo letto. Così bella, così seducente. Mi chiedo ancora come abbia fatto quella Cynthia a detenere il titolo di più bel Fiore del Deserto. Dovrebbe appartenere a te, al tuo bel viso, e alla tua giovinezza… - Le pizzico leggermente il naso, giocoso, e le sorrido, buttando là, tra le belle parole, la mia richiesta – Ma dimmi… Non ricordi se Gyre ha detto altro, sulla sua biblioteca? Magari quando ha nominato i Barma?”.
 
Mi guarda, con le labbra socchiuse, i seni morbidi che si alzano e si abbassano più velocemente, stretti nel corpetto, a ritmo col respiro. Oh, ti ho turbata? Ottimo. Adesso canta.
 
“Lui… Fammi pensare… Mh… Può aver detto qualcosa su degli ar—Archivi?”.
 
Annuisco. Oh, sì. Decisamente quello che voglio sapere. Mi avvicino un po’, fingo di lasciarmi estasiare dal suo profumo. Parla, ragazzina.
 
“Vediamo… Ha… Mh… Ha detto che i Barma – Ride, distraendosi – Questo nome mi fa ridere ogni volta! Non ti ricorda una gallina?”.
 
Stringo i denti, e allo stesso tempo i suoi capelli tra le dita, costringendola a reclinare la testa, a scoprire il collo. Avvicino le labbra alla sua pelle, e vi respiro sopra aria calda, raggiungendo l’orecchio.
 
“Con-cen-tra-ti”.
 
Lei socchiude gli occhi, si morde le labbra scure di rossetto. Poi finalmente mi guarda.
 
“Dice che quelli… Si vantano di avere i più antichi archivi in circolazione. Ma in realtà quelli dei Gyre risalgono ad ancor prima della tragedia di Sabrie… Non… Non ricordo altro…”
 
Oh, è abbastanza. Tu non lo sai, e non occorre che tu lo sappia. Ma è decisamente abbastanza. Mi alzo, quindi, e recupero le mie cose.
 
“Brava, Annalie. Sono piuttosto soddisfatto. Ti farò avere indicazioni, e farò sapere a Madame Bourgogne quanto i tuoi… servigi… Mi appaghino”.
 
Faccio per indossare il soprabito e uscire, ma sento le sue mani, all’improvviso, sulle mie spalle. E le sue labbra scure e morbide sul mio collo.
 
“Hai pagato per la notte. Non ti va del vino caldo speziato?”.
 
Fisso la porta di fronte a me, facendo due brevi calcoli. La sua mente distratta potrebbe avere ancora qualcosa da dirmi, se ben guidata.
 
 Va bene, ragazzina. Giochiamo al tuo gioco.




   
 
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