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Autore: nutcracker    30/11/2013    3 recensioni
A Sam. Perchè è una cacca, ma è la mia cacca preferita.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sam




A Sam, perchè le voglio bene e questo è il mio modo per dirglielo.










 

 

Avete presente quella sensazione che si ha prima di scartare un regalo? Quel misto di curiosità, gratitudine, appagamento e allegria, il tutto condito da un pizzico di adrenalina?

Ecco. È così che mi sento quando sto con lei. Come se fossi costantemente sul punto di aprire un pacco sorpresa. In fondo, è proprio questo che è lei. Una continua sorpresa. La scatola è sempre la stessa, ma non sai mai quello che ci troverai dentro.

Un giorno c' è una zucca di Halloween, un altro un paio di calze di lana, un altro ancora un biglietto del treno. E qualche volta non c' è niente, solo il pacco.

È difficile spiegare cosa mi piace tanto di lei. Non lo so nemmeno io. Forse amo il fatto che legga tanto, oppure che indossi vestiti che la contengono tre volte, senza contare il fascino delle sue risposte scorbutiche quando è nervosa.

Lei è così diversa dalle altre.

Beh, in realtà ognuno è diverso dagli altri, solo che lei è così... così... così lei.

La prima volta che l' ho vista ero alla fermata dell'autobus. Lei era seduta due posti alla mia sinistra, cuffie nelle orecchie, muovendo le labbra e canticchiando la canzone che le risuonava nei timpani, di tanto in tanto scuotendo la corta chioma di ricci castani. Non c' era un cane di nessuno in giro, e la cosa non mi meravigliava affatto, dato che erano le cinque e mezzo di mattina e faceva un freddo porco. Eppure lei era lì.

“Things that stop you dreaming?” ho chiesto, tentando di non far udire il suono dei miei denti che battevano l' uno contro l' altro. Lei ha alzato la testa, accennando un sorriso.

“Passenger” ha annuito.

E abbiamo cominciato a parlare del più e del meno. A un certo punto le ho spiegato che dovevo andare al lavoro, ma non potevo usare la mia Volks Wagen, perché era in riparazione.

“Hai una Volks Wagen? La sua pubblicità non è un granché. Io adoro quella della Land Rover! Pensa che ci ho scritto su una... lascia perdere.” ha snocciolato tutto d' un fiato, cambiando tono ad ogni punto.

E non so ancora per quale cavolo di motivo questa sua frase mi abbia colpito, so solo che non mi sono più tolta la sua espressione dalla testa. E quando, anni dopo, l' ho intravista nel corridoio della ditta dove lavoravo, l' ho riconosciuta all' istante. Mi piacerebbe poter dire di averle fatto lo stesso effetto, ma ad essere sincero, quando le sono corso incontro chiedendo se si ricordava di me, ha scosso la testa chiedendomi scusa.

“Oh. Sì, beh, non importa, cioè, non preoccuparti, comunque, non fa niente, piacere, sono Louis” le ho teso la mano, che ha stretto presentandosi a sua volta. Lasciandomi finalmente conoscere il suo nome.

Inutile dire che ho passato la settimana successiva a chiedermi se fosse stato il destino ad assegnarle un posto nella mia azienda, e ancora adesso non ho trovato un risposta definitiva.

La prima volta che siamo usciti l' ho portata al cinema. Davano il nuovo film di James Cameron. Era inizio Dicembre e le vetrine dei negozi erano illuminate e decorate da luci natalizie.

“Odio il Natale” è stato il suo commento scocciato alla vista di un Babbo Natale gonfiabile davanti ad un centro commerciale. Sono rimasto sbigottito. Voglio dire, nessuno odia il Natale, soprattutto le ragazze. Tranne lei. Credo sia stato questo a spingermi a regalarle, per scherzo, un reggiseno succinto, il 25 Dicembre. E lei ha apprezzato, ha riso a crepapelle.

La prima volta che siamo andati in discoteca insieme un ragazzo c' ha provato con lei. Era oggettivamente bello, anche se forse un po' brillo. Si è avvicinato e le ha toccato il fondoschiena. Lei si è girata, ma quando lui ha provato a baciarla gli ha mollato un ceffone dritto in faccia. Credo che anche lei fosse un po' brilla, ma a maggior ragione avrebbe potuto starci. Invece l' ha rifiutato. Dopodiché mi è più o meno caduta tra le braccia, farneticando a proposito del suo tredicesimo Horcrux, che per sbaglio aveva impiantato in un unicorno rosa che vomitava arcobaleni profumati. Ha anche tentato di colpirmi, sostenendo che fossi il presidente Snow e dovesse uccidermi, altrimenti non avrebbe potuto essere infinito e sposare il giovane Holden. D'accordo, forse era un po' più che brilla. Ha sparato talmente tante sciocchezze in pochi minuti che ho dovuto trascinarla di peso a casa mia, dove ha rimesso cena, merenda e pranzo nel mio WC.

Il nostro primo bacio è stato così assurdo che ancora faccio fatica a reputarlo reale. Eravamo al parco, ed era tutto il giorno che tentavo di far incontrare le nostre labbra, senza risultato. Non capivo se mi schivasse apposta o se fosse tutta quanta un' enorme fottuta coincidenza. La scarpa slacciata, il chiosco dei gelati, un conoscente incontrato per caso, il caldo. Camminavamo sull'erba, quando lei è scivolata in una pozzanghera, perdendo l' equilibrio. Cercando di mantenersi in piedi, si è aggrappata a me, facendoci invece cadere entrambi, il suo corpo sopra il mio. Mentre ci fissavamo negli occhi lievemente imbarazzati, è passato un ragazzino in monopattino, gridandoci ironico “Trattenetevi, scostumati!”. Lei è scoppiata a ridere. Dio, quanto amo la sua risata. Sembra un gorgheggio, un inno alla gioia, l' espressione sonora dell'allegria. È stato allora che l' ho rivoltata sul prato e le ho tappato la bocca con la mia. E quando le nostre lingue hanno iniziato a danzare l' una con l' altra, dapprima dolcemente, poi con passione crescente, in un contatto infrangibile, ho capito che ormai ero spacciato. Che ormai ero suo e lo sarei stato per sempre.

Lei è come lo yogurt. Sì, lo yogurt. E non datemi del poco romantico per questo paragone. Quando assaggi lo yogurt, il primo gusto che percepisci è acido. Ed è così che lei appare dall'esterno, a chi non sa com'è davvero; non proprio acida, piuttosto... difficile. Ma se non ti arrendi, se continui a mangiare lo yogurt, alla fine ecco che arriva il retrogusto dolce, la parte migliore, la parte che ti piace, la parte che vuoi ancora. E ora che sai com'è, mangerai di nuovo lo yogurt. Sopporterai la parte acida per arrivare a quella dolce. E dopo un po' finirai con l'amare anche la parte acida. La verità, però, è che io ho dei gusti un po' particolari. La parte acida mi è piaciuta da subito.

Ho letto tutti i libri che mi ha consigliato. Tutti. Ed erano tutti meravigliosi. Ho guardato un sacco di film insieme a lei, unendo la mia risata alla sua per le commedie ed asciugandole le lacrime nelle scene tristi o commoventi. Sono rimasto a guardare mentre mi tappezzava la camera di citazioni di romanzi, telefilm o persone famose, mentre entrambi ce ne infischiavamo di essere ormai adulti. Perché chi l' ha detto che solo gli adolescenti possono portare delle frasi nel cuore? Specie se quelle frasi sono fottute lezioni di vita. Lezioni di cui si ha sempre bisogno.

L' ho salvata da ragni ogni volta che ce n' era uno nei paraggi, ho sistemato l' antenna di casa sua ogni volta che funzionava male. Ho rifatto il letto di camera mia ogni volta che abbiamo fatto l' amore. E ogni volta che l' ho vista, questo me l' hanno detto tutti i miei amici, l' ho guardata come se fosse la cosa più preziosa e delicata che avessi mai visto. Come se volessi proteggerla con lo sguardo. E come se niente al mondo potesse farmi più felice che averla sotto gli occhi. Tutto maledettamente vero: prima, ora e per tutto il tempo che rimane.

A volte abbiamo abbiamo litigato, certo. Lei mi urlava cose terribili, il più delle volte inventate sul momento per esagerare, e io le urlavo cose terribili, il più delle volte inventate sul momento per esagerare. Ma alla fine, a stare lontani, non ce la facevamo. Tornavamo sempre l' uno dall'altra.

Lei sa che può contare su di me per qualsiasi cosa, e lo stesso vale per me. Entrambi siamo il confidente più intimo che l' altro abbia. È bellissimo sapere che, se uno dei due ha un problema di qualunque tipo, l' altro sarà sempre lì a condividerne il peso. E a condividere ogni altra cosa.

Amo come ascolta quando le spiego o le racconto una cosa, anche la più stupida, che però le interessa: mi fissa negli occhi e annuisce con convinzione, seguendo il discorso, facendomi sentire tremendamente intelligente, nonostante lei abbia almeno dieci volte il mio cervello.

Sono inebriato dai suoi maglioni di due taglie in più, dalla sua calligrafia tondeggiante, dalle sue ciglia particolari, dalle sue Dr Martens, dai suoi innumerevoli anelli, dai poster sulle sue pareti, dai suoi libri ovunque, dai suoi attori e cantanti preferiti, dalle sue matite, dalle sue foto, dall'odore del suo shampoo, dalle sue pantofole, dalla sua risata piena, dal suo sguardo color cioccolato, dai suoi vasetti di cioccolato, dai suoi ricci soffici, dalla sua voce incantevole, dalla sua schiena china sul tavolo mentre fa contorcere la penna, dal tatuaggio che vuole imprimersi sul braccio da un vita ma che alla fine ancora non si è fatta imprimere, dal suo amore per Londra, dal suo bisogno spasmodico di caffè almeno una volta al giorno, dalla sua voglia di coccole contemporanea alla mia, dal suo - come lo definisce lei - “fangirlismo acuto” che porta avanti ormai da anni, da come difende le sue opinioni, dal modo in cui è capace di amare, dalle sue dita che corrono veloci sulla tastiera del computer, mentre è intenta a incastrare le parole come solo lei sa fare, facendo acquisire loro molta più magia. Voglio dire, qual è il fascino del vocabolo “scarpe”? Nessuno. Cioè, se sono un paio di Converse cominciamo a ragionare, ma... beh, se invece ti dico “La gente ama mettersi nei propri panni e inciampare nelle proprie scarpe.”, la bocca ti si spalanca fratturandoti la mascella. Lei compone le parole in una magia. Un giorno tutti lo sapranno, ne sono sicuro.

Com'è che dicevano Paul McCartney e John Lennon? “Let it be”, lascia che sia. Lascia che ciò che deve essere sia. Lascialo essere. E com'è che diceva Parmenide? “L' essere non può non essere e il non essere non può essere.” Ah, lascialo perdere quello lì, aveva sbattuto la testa da piccolo su una culla di marmo. Dai retta ai Beatles, invece, lascia accadere le cose, lascia venire fuori ciò che provi. Io l' ho fatto. Lascia che sia.

Non è stato semplice farle capire che mi amava. Che mi amava davvero, intendo. Era troppo abituata alle cottarelle, alle delusioni, a un cuore spezzato. Così timorosa dell'amore che, quando quello vero le ha suonato il campanello, non riusciva a persuadersi che fosse davvero ciò che aspettava.

Non è stato semplice farle schiudere l' anima. Aiutarla ad abbandonarsi a me. A fidarsi, a riporre in me tutto di lei. La sua fiducia era stata tradita troppe volte perché riuscisse a concederla senza tanti sforzi.

Non è stato semplice farsi accettare per come ero, farle vedere il vero me stesso, e non una figura costruita sulla sua idealizzazione di me. Almeno, non lo è stato all' inizio. Poi però mi ha riconosciuto per come ero ed è rimasta con me, sorbendosi tutti i miei difetti.

Non è stato semplice adattarsi l' uno all'altra, diventare così affini da essere come una cosa sola. Riempire gli spigoli dell'altro con i propri. Incastrarli perfettamente, comporli magicamente come fa lei con le parole.

Non è stato semplice perdonarsi. Non è stato semplice per niente. Perdonarsi ogni stupido errore, ogni maledettissima, sconsiderata cazzata commessa. Ma abbiamo imparato a fare anche quello.

Non è stato semplice farle cambiare idea. Ha sempre detto che il matrimonio non la convinceva, che non credeva di volersi sposare, che non voleva, che non era sicura, che non credeva, che non voleva, che non era sicura, che non credeva. Non è stato semplice convincerla. Ma un giorno, ad un tratto, ha voluto, è stata sicura, ha creduto. E io sono stato l' uomo più felice che possa essere mai esistito. Lo sono ancora. E lo sarò ancora di più quando lei sbucherà da quella porta, là in fondo, al braccio del padre, vestita di bianco, bella più che mai. Quando camminerà fino a me, quando mi guarderà negli occhi, quando ci scambieremo uno sguardo così innamorato che dovranno metterlo nei Guiness World Records, quando forse le scapperà qualche lacrimuccia di felicità e commozione, quando sicuramente mi scapperà qualche lacrimuccia di felicità e commozione. Quando leggeremo l' uno nell'espressione dell'altra l'incredulità di un desiderio realizzato, la voglia di cominciare al più presto la nostra nuova, magnifica, vita insieme.

E non datemi del melenso. Semplicemente, io la amo.

Io amo Sam alla follia.

 












Buon compleanno, Samolina
  
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