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Autore: Alex Wolf    30/11/2013    7 recensioni
Ultima parte della storia di LegolasxElxSauron. Ispirata al film "Il ritorno del re".
Dal 13° capitolo:
"Mi sono sempre chiesto perché amore e sangue avessero lo stesso colore: adesso lo so.
- Alessandro D'Avenia"
« Stai lontano! Stai lontano da me! » Gli ordinai, facendo un passo indietro. I suoi occhi celesti mi guardarono stupiti dal mio comportamento e le sue labbra si socchiusero un poco. « Non voglio farti del male, ti prego. » Lo implorai, e per la prima volta dopo tanto tempo mi sentii fragile, distrutta e vuota dentro, con le lacrime che minacciavano di scendere. Ma non volevo piangere, perché non volevo mostrarmi debole, non volevo essere debole.
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio, Sauron
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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You must go. ‘Cause it’s time to choose
 



Andiamo, amore fragile, che è successo qui?

-Birdy. Skinny Love.”

 
 
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Il vento spettinò i miei capelli, costringendomi a fermarmi e legarli in una coda alta. Erano molto più lunghi di quando eravamo partiti, ora arrivavano ben sotto le spalle ed erano di un castano scuro. Solo una ciocca bionda era rimasta a indicare la presenza di Isil, che era svanita nell’aria sotto forma di quella luce azzurrognola. Ultimamente mi era capitato di pensare a lei e ogni qual volta succedeva l’anello frema al mio dito, come mosso da una scossa elettrica. Non davo più importanza a quel cerchietto d’argento, che come un succhia sangue si riprendeva le forze vitali che chiedevo in prestito. Avevo persino cominciato a pensare che il dono di re Erond, dopo che era stato nelle mani di Isil, avesse sviluppato una certa antipatia nei miei confronti.
Diedi un colpo di talloni ai fianchi del mio animale e questo nitrì tirando la testa indietro per poi gettarla in avanti e superare tutti gli altri. Mi piaceva la velocità, mi piaceva l’idea di essere in testa a un gruppo come se fossi stata la persona da cui tutto dipendeva, come se la mia vita contasse davvero come avrei voluto. Chissà come ci si sentiva realmente ad essere a capo di una compagnia, o di un esercito. Chissà se ci sentiva glorificati, fieri di se stessi… chissà. In lontananza riuscivo a vedere Rohan, e una donna che aspettava il nostro ritorno nel piazzale della reggia. Tirai un'altra tallonata al povero animale e entrai in città seguita da tutti gli altri. Alcuni cittadini furono costretti a gettarsi di lato della strada al mio passaggio, perché non avevo alcuna voglia di rallentare. Ci pensò Eomer a farmelo fare, prendendo le mie redini all’improvviso e tirandole contemporaneamente alle sue. Non l’avevo visto avvicinarsi, ne tanto meno raggiungermi, e il solo fatto che mi avesse fermato lo stavo prendendo come un affronto alla mia persona.
« Forse dovresti correre di meno », mi suggerì Eomer quando ci fermammo. Gli rivolsi uno sguardo tagliente e affidai il mio cavallo a un garzone. L’uomo spostò i suoi capelli biondi all’indietro e sistemò la casacca che indossava, gli occhi marroni fissi su di me. « A Isengard sei stata poco bene, e a mio parere non avrebbero dovuto farti cavalcare da sola. Sei persino incinta, e ti comporti come se questo non fosse rilevante. Un bambino ti sta crescendo dentro, devi stare attenta se gli accadesse qualc… »
« Non mi conosci come loro. » Lo interruppi. « Sono molto più forte di quello che credi, e poi non succederà nulla al bambino, non permetterò che gli accada nulla. Nessuno lo metterà in pericolo. E se corro vuol dire che posso farlo.  » Affermai acidamente, congiungendo le braccia al petto furiosa. L’anello pulsò tremendamente, e io mi morsi l’interno delle guance pur di non fare strane smorfie. Sapevo che Eomer aveva ragione, che non avrei dovuto correre così tanto o stressarmi così tanto: ma mi serviva qualcosa per sfogarmi, scaricare le energie che il mio corpo aveva accumulato dopo la morte di Titano. Da quando lui se n’era andato non mi ero sentita diversa, solo più sola e scossa; sebbene io avessi accanto a me tutti quanti, Legolas compreso. Era come se mi mancasse qualcosa di tremendamente importane, ma non riuscivo a capire cosa.
« Tutto potrebbe accadere da un momento all’altro, perché sono proprio le cose che non crediamo possibili che avvengono all’improvviso. E se proprio lo vuoi sapere, tu sei il primo pericolo per tuo figlio. » Mi freddò con voce tagliente. Le mie labbra si socchiusero, ma non riuscii a rispondere. Ero fredda, immobile, spaventata da quella verità che mi aveva colpita con troppa violenza. Richiusi la bocca e sbattei le palpebre, per poi voltarmi e cominciare a salire le scale che portavano alla reggia. Eowyn mi venne incontro sorridente. Lei era sempre così bella, così perfetta anche dopo le disgrazie che le erano capitate. Lei riusciva a tenersi tutto dentro senza distruggersi: perché io no? Riusciva a sorridere nonostante tutto, riusciva a farsi amare anche quando era nel torto: perché io no? Riusciva sempre a vedere il bello nelle cose, anche quando non c’era: perché io no? Che diavolo avevo di sbagliato io?
« Mia signora! » Mi chiamò, e le sue labbra rosee s’incurvarono verso l’alto. Ricambiai il sorriso mentre dentro tentavo di tenere a bada la mia lingua, perché se avessi potuto l’avrei massacrata di insulti a causa del mio cattivo umore. « Mia signora, vi ho preparato un bagno caldo e un cambio di vestiti per la festa. Sono nelle vostre camere. » Mi strinse la mano e non smise un secondo di guardarmi dritta negli occhi.
« Grazie, mia signora. » Sputai fuori il più gentilmente possibile. Non vedevo l’ora di andarmene da li, perché sentivo gli occhi del fratello fissi sulla mia schiena e l’anello formicolare al mio dito, quasi volesse darmi la scossa di sua iniziativa.
 
 
 


°    °
 
 
 


C’era caldo fuori, e i fulmini scendevano sulle cave con forza. I tuoni smuovevano l’aria carica di tensione, e la polvere cominciava a entrare dalle finestre, ma a Sauron non importava. Raccolse le mani sotto il mento e nascose le labbra in esse. I suoi occhi seguivano con attenzione la figura magra che si muoveva veloce nei corridoi della reggia di Rohan, prima che si rinchiudesse in una stanza. Allora la sua visuale si spostò nella camera dove la ragazza si era chiusa. Era di una normale grandezza, con un letto dalle lunghe colonne di mogano che salivano verso il soffitto ornato da coperte verdi con sopra cucito lo stemma dei signori dei cavalli, un armadio e quello che sembrava un bagno. Ma poco gli importava dell’arredamento, quanto invece gli importava della ragazza. Gli occhi rossi del signore di Mordor seguirono ancora i suoi spostamenti: si avvicinò al letto e passò le dita su un vestito bianco, impreziosito da un fermaglio posto al centro della scollatura, accanto ad esso c’era un mantello dell’ennesimo colore. Slegò i capelli e infine si spogliò immergendosi in una vasca da bagno. Rimase ferma qualche minuto a osservare il muro, poi si levò l’anello dal dito e con rabbia lo lanciò contro uno specchio dall’altra parte della stanza, frantumandolo in mille pezzi. Nascose il viso fra le mani e prese a singhiozzare. Il cuore di Sauron ebbe un sussulto.
Tu sei il primo pericolo per tuo figlio. Lesse nei suoi pensieri. Tu sei il primo pericolo per tuo figlio. Continuava a ripetersi, e Sauron non capiva. Sei il primo pericolo per tuo figlio, e mentre lo faceva sprofondava sempre di più nell’acqua, finché anche il suo mento non fu sommerso. Si stava nascondendo dentro di essa per nascondere le lacrime che gli macchiavano le mani, e macchiavano pure l’acqua. Evidentemente, non ricordava che lei piangeva cenere liquida.
Eppure, pensò Sauron, persino quando è sola è talmente orgogliosa da voler reprimere i propri sentimenti. Perché non si fida di se stessa?
L’oscuro signore prese un respiro profondo e si richiuse il volto fra le mani. Non sopportava l’idea di vederla così ma non poteva intervenire. Come l’avessero visto avrebbero cercato in tutti i modi di farlo fuori, eppure non gli importava. Voleva vederla e dirle che sarebbe andato tutto bene. Dirle che lei sarebbe stata bene, che non bisognava vergognarsi di piangere. Ma… l’avrebbero ucciso se solo avesse fatto un passo, e Mordor sarebbe crollata se lui si fosse allontanato troppo. Da quando l’unico non era più nelle sue mani il suo potere era venuto meno e persino la sua stessa dimora rischiava di crollare se fosse andato via per troppo tempo. Aveva rischiato molto andando a Isengard, sebbene ne fosse valsa la pena quando era tornato la torre  aveva cominciato a venarsi e crepare. Perciò, l’unica cosa che poteva fare era assistere in silenzio, impotente a quella scena che gli faceva solo del male. Il rumore dell’acqua che si muoveva gli fece alzare lo guardo. Coperta da un lungo telo per asciugarsi Eleonora si muoveva nella direzione del letto: Sauron distolse lo sguardo imbarazzato. Chi l’avrebbe mai detto che una semplice guerriera avrebbe potuto metterlo in quella condizione? Lui, il grande  e potente signore di Mordor, imbarazzato nel vedere una donna vestirsi. Voglioso di lasciarle la propria privacy. Dopo aver sbirciato e essere stato sicuro che si fosse vestita per bene riprese a osservarla. La superficie di ossidiana del portale, attraverso il quale la “spiava”, cominciava a brillare più debolmente, segno che la stanchezza del signore oscuro stava prendendo il sopravvento. Ma se avesse potuto Sauron non avrebbe smesso di guardarla: era così bella in quel vestito bianco. Le curve perfette del suo corpo erano evidenziate, e persino il poco seno pareva più marcato con quella scollatura. Si diresse verso lo specchio distrutto e ne raccolse da terra  un pezzo abbastanza grosso, lo poggiò su un mobile e si sedette per acconciarsi i capelli. Ogni tanto si bloccava e restava a fissarsi, mentre nella sua mente si susseguivano angoscia, tristezza, paura, timore verso qualcosa che nemmeno lei sapeva spiegarsi. Altre volte si fermava e sfiorava la pancia con le dita, lasciando Sauron perplesso ad osservarla. Poi prima che il portale scomparisse la vide un’ultima volta alzarsi e asciugarsi le lacrime nere con una maglia gettata a casaccio sul letto. Sorrise e tutto sparì.
 
 
 


°   °
 
 



Entrai nella sala del trono e tutti i cittadini, reali e miai amici si voltarono a fissarmi. Mi sentivo inadeguata: il vestito che indossavo era stupendo, prezioso, mentre gli altri avevano addosso quelli di tutti i giorni. Come minimo Eowyn l’aveva fatta apposta a metterlo sul mio letto. Mi fermai in fondo alla sala e qualcuno mi porse un boccale stracolmo di birra, che accettai con un sorriso timido. Intanto ispezionai la stanza: non era cambiata dalla prima volta che c’ero stata: al mio risveglio dopo la morte di Boromir. Aveva le stesse colonne alte  che la dividevano in tre corridoio, accessibili attraverso archi lavorati. Al centro di essa stava un fuoco sul quale arrostiva un maiale, e notai che tutti erano seduti su delle panche di fronte a dei tavoli. Io ero l’unica in piedi, poggiata con le spalle a una colonna. Theoden scambiò a Eomer un’ultima occhiata e poi si alzò in piedi, così fecero anche i compaesani.
« Stasera ricordiamo chi ha versato il proprio sangue per difenderci. » Il mio pensiero andò ad Haldir, e a Titano. Non avrei mai dimenticato quella sera, mi dissi. « A VOI, MORTI VITTORIOSI! » Gridò il re.
« A VOI, MORTI VITTORIOSI! » Gli fecero eco i contadini e i guerrieri.
« A voi, Haldir e Titano », mormorai solo io. Non ero in vena di festeggiamenti quella sera, non perché non stessi bene fisicamente, ma perché stavo male sensibilmente come non mai. Io non ero mai stata una di quelle che piangevano per tutto. Ero sempre stata una di quelle che se doveva piangere lo faceva in una stanza da sola e mi vergognava pure, ma nel mentre speravo che qualcuno mi guardasse negli occhi e vi leggesse tutto. Perché portare i sentimenti che stavo provando era un peso - come un grosso stormo rinchiuso in una gabbia troppo piccola – e sentivo il bisogno che qualcuno arrivasse e mi liberasse da essi. Ma nessuno ne era in grado, neppure Legolas. Oppure aspettava fossi io a dirglielo, per non sembrare troppo appiccicoso.
Qualche ora dopo la gente si muoveva in lungo e in largo o restava seduta a mangiare finché non gli saltavano i bottoni delle bluse. I bambini correvano da una parte all’altra e alcuni uomini facevano gare di bevuta. L’odore nella stanza era pesante e vario: cibi grassi, birra, fumo e sudore. Per non parlare della musica e dei due piccoli hobbit che stavano dando spettacolo su un tavolo, davanti a tutte le persone che ridevano divertite. Sorrisi per la prima volta e presi a camminare fra la folla.
 
« Ah, ma non sei troppo vecchio per queste cose? » Domandai arrivando accanto a Gandalf. Il mago mi fissò continuando a battere le mani e sorrise.
« Non si è mai troppo vecchi. » Mi strizzò l’occhio. Finsi una risata, e pescai dalla mano di un uomo che passava il secondo boccale di birra. Questo mi fissò aggrottando le folte sopracciglia bionde, fece per dirmi qualcosa ma poi venne trascinato via. Gli feci la linguaccia e presi a bere a lunghe sorsate. Forse, dopo tutto dovevo smetterla di autocommiserarmi e iniziare a divertirmi. Haldir avrebbe voluto così, e anche Titano.
« Vacci piano, ragazza. » Mi consigliò Aragorn, spuntando alle mie spalle. « Sei incinta, devi stare atten… » Gli spinsi il boccale contro il petto e sbuffai adirata. Decidevo di divertirmi e qualcuno subito mi rovinava la festa.
« Sono incinta, non in punto di morte. So da sola quando fermarmi, grazie. » Sibilai, andandomene via. Proprio non capivo perché ogni uomo che incontrassi dovesse tirare in mezzo la storia del bambino.
Vorrei non aver mai fatto quello che ho fatto! Mi gridai da sola. Vorrei non essere mai rimasta incinta!
 
 
 

Hy everyone!
I'm here for you, with the next capter from my trilogy. 


Ora che ho finito con le cazzate, ricomincio:

Holaaaaaa!
Come state? Io Pe... Bene, bene. Il capitolo è osceno, ma dobbiamo capire che i cambiamenti d'uomore di El sono normali, dopo tutto è incinta. Fa parte della cosa, no? Che ne dite di Eomer e la sua frase fatale? E di Sauron? 

P.s: il vestito di Ele è questo, siccome mi piaceva e volevo usarlo - ma non sapevo dove - l'ho scelto per questo captiolo.



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