Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: funklou    30/11/2013    18 recensioni
Al Norwest Christian College le cose vanno così: o sei popolare, o non sei nessuno.
Ma c'è anche chi, oltre ad essere popolare, è anche misterioso, quasi pericoloso. E nessuno sta vicino al pericolo.
Tutti sapevano quello che Luke Hemmings e i suoi amici avevano fatto.
Ricordatevi solo una cosa: le scommesse e i segreti hanno conseguenze.
___________________________________________________________________________
Dal secondo capitolo:
"A me, invece, non sembri un tipo così pericoloso. Forse strano" affermò Avril, senza distogliere l'attenzione dal suo libro.
"Due." Si guardò intorno, in cerca di un banco libero.
"Due?"
"Due."
"Cosa significa?" Alzò lo sguardo e lo guardò confusa.
"Sinceramente? Nulla. Quando non so cosa rispondere, o quando non voglio rispondere, dico due." Scrollò le spalle, come se fosse la cosa più ovvia e si allontanò.
"Questo conferma la mia teoria, Hemmings."
Doped!Luke
Scene di droga esplicite. Se ne siete sensibili, non aprite.
Il trailer di Two: http://www.youtube.com/watch?v=NE35nheHyZY
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Nuovo, personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 photo 9a16413e-3a34-4039-8043-50758685ef72_zps080950f2.jpg

Fire and water

"Dammi il braccio, Luke." ripeté Avril, avvicinandosi sempre di più. Lui, al contrario, tirò giù le maniche della felpa. 
"Avril..." parlò Calum al suo posto, con una voce triste, quasi sconfitta. Ma lei non poteva lasciar perdere un'altra volta. Fece un ultimo passo, più incerto rispetto agli altri, ritrovandosi a pochi centimetri di distanza. Gli esaminò ogni sintomo di paura negli occhi, e sentiva di star buttando giù tutti i mattoni che costituivano il loro strano rapporto. Avril, sempre più intimorita delle sue azioni, iniziò a far salire la manica sinistra di Luke, e questi le lasciò fare, guardandola fissa con occhi apatici. Non appena gli toccò il polso, percepì il freddo. Scoperto anche l'avambraccio, ciò che si notava subito erano i tre buchi, anche se non erano freschi. 
Non ebbe il coraggio di continuare quella tortura, così gli lasciò il braccio di scatto, come se fosse stata punta. Respirava affannosamente, con il petto che si alzava e si abbassava velocemente. 
Non poteva essere vero.
"Tu sei un drogato." affermò, come se fosse l'insulto più pesante al mondo. 
Gli occhi le si appannarono, colmi di lacrime. Luke ebbe un altro spasmo.
"Avril, penso che..." intervenne Calum. 
"Tu non devi pensare proprio niente!" lo interruppe lei. 
Fece un passo indietro. Le gambe e le mani erano un tremolio unico.
"È assurdo..." disse tra sé e sé. Poi alzò di nuovo lo sguardo, e volle cercare conferma nei suoi occhi. 
Improvvisamente quel suo azzurro era diventato un cielo tempestoso con fulmini e tuoni. 
"Dì qualcosa, Luke. Per favore."
Le lacrime si trasformarono in singhiozzi.
"È così."
Boom, il muro era stato demolito. 
Avril pianse ancora di più quando cominciò a sentire quella famigliare sensazione di dover vomitare. Iniziò ad aver seriamente paura, portandosi una mano al petto. I due ragazzi le si avvicinarono scandalizzati, ma poi realizzarono, riportando alla mente l'episodio accaduto tempo fa nell'aula vecchia della scuola.
Luke le posò le mani sulle spalle e "Guardami, Avril. È tutto okay." cercò di tranquillizzarla. 
Ma Avril sentiva solo crescere il panico dentro di lei e non riusciva a calmarsi, nonostante
continuasse a ripetersi mentalmente: "non vomiterai."
"Appoggiamola al muro." consigliò Calum, e così Luke fece. 
Col respiro irregolare alzò lo sguardo per incontrare quello del ragazzo che aveva davanti e quando "Non vomiterai." pronunciò, sentì come se quelle parole, dette da lui, fossero molto più convincenti rispetto a quelle che continuava a ripetersi nella mente. 
Prolungò un respiro, facendolo piano piano diventare sempre più regolare. Quando però Luke le prese la sua mano e la accarezzò piano col pollice, si ritrasse subito al tocco. Lui la guardò stralunato, con ancora il viso imperlato di sudore ghiacciato.
"No, Luke." proferì tristemente a voce bassa. 
Avril era solo sconvolta. La delusione era ciò che prevaleva in lei, insieme alla rabbia e alla paura. Perché sì, sapere di avere davanti un drogato le incuteva a dir poco terrore. Non importava che fosse Luke. 
Non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, continuando ad osservare quanto si fosse distrutto a sua insaputa. 
Gli guardò le mani: tendenti al viola, con le vene pronunciate. Rabbrividì, capendo quanto quel ragazzo stesse male. Nello stesso momento Luke ebbe un altro spasmo.
"Come stai?" gli chiese.
"Sto bene." ma la voce gli tremò. 
Avril sentiva ogni colpa caricata sulla propria schiena, rendendola sempre più pesante, sempre più difficile da sopportare. E non era riuscita ad accorgersene prima. 
Ricominciò a piangere sotto gli occhi dei due, distrutta da tutta quella nuova situazione, che si era aperta come una voragine, inghiottendola alla sprovvista. 
Ma proprio quando Calum stava per ribadire le sue scuse, la porta di emergenza che si apriva sul giardino si spalancò, rivelando la figura di un bidello. Tutti e tre si girarono al rumore di quel suono. 
"Porca troia." imprecò Luke quando lo vide avvicinarsi.
"Cosa state facendo voi tre?" domandò con fare accusatorio. 
"Ce ne stavamo giusto andando in classe." tentò Calum, facendo comparire un finto sorriso in volto. Poi prese Avril per mano e "Vero?" chiese.
"Sì, sì." 
Il bidello storse il naso. "Tornateci subito, o sarò costretto a segnalarvi al preside." ordinò minaccioso, per poi richiudere la porta e scomparire tra i corridoi.
Avril sospirò: era esausta. Ritrasse la mano da quella di Calum e si asciugò le lacrime con la manica della felpa.
"Non può stare qui, deve assumere la sua dose o non starà bene." l'avvertì Calum, rivolgendosi a Luke. Lei diede un'altra occhiata a quest'ultimo, percependo il bruciore che quella novità le procurava. Non poteva accettare che si drogasse, non voleva. Sentire quelle parole pronunciate dal moro era come ricevere diecimila pugni nello stomaco, non riuscendo più ad alzarsi. Allora, a quel punto annuì soltanto.
Era arrivata in ritardo, non poteva fare niente. 
"Cosa fai, vieni con noi? Io e lui qui non ci stiamo. Ora lo porto a casa, potrebbe anche peggiorare." parlò come se la presenza del biondo fosse nulla, come se non potesse realmente sentire i loro discorsi. Ma era lì, erano lì, ed era tutto così assurdo. 
"Non potete andarvene senza avvisare."
"È quello che facciamo da tre anni, questo è l'ultimo dei problemi." 
Avril sapeva di essersi immersa in un gran casino. Voleva ancora aiutare Luke, ma in quel momento lo stava, in poche parole, accompagnando a iniettarsi eroina nel braccio. 
Nonostante tutto, accettò. Corsero per attraversare il giardino e per uscire furtivamente dal cancello e rallentarono quando ormai erano per la strada. 
Era folle. Luke si drogava: questa era la sola frase che rimbombava nella testa di Avril. Doveva salvarlo, e non sapeva come. 
Camminarono come se fossero tre vecchi amici di infanzia per le vie alberate, uno di fianco all'altro, con le mani tra le tasche, le teste abbassate e diversi tipi di pensieri in testa. Quando poi arrivarono, Luke aprì cancello, porta e corse sulle scale per arrivare in camera. Avril lo seguì col cuore pesante e pieno di rimorso, fino ad arrivare nella sua stanza. Lo vide alzare i libri in un cassetto e buttarli da ogni parte, recuperando una siringa, una bustina, un accendino, un cucchiaio e un elastico, posando il tutto sul letto.
Calum era proprio sullo stipite della porta, con le braccia incrociate e lo sguardo spento. A quel punto, Avril non ci vide più. 
"Non puoi ridurti così!" urlò, quando Luke aveva già ormai in mano la siringa. Gli si precipitò addosso, strappandogliela dalla mano. Provò una sensazione di dominio sul mondo, in quella frazione di secondo: era la prima volta che teneva in mano quell'oggetto. 
Subito Luke le strinse forte il polso.
"Lasciala. Lasciala subito, Avril."
Ma lei non ne era intenzionata. Anzi, la strinse di più fra le dita, come se tutto dipendesse da essa.
Anche Calum si fece avanti, restando comunque più distante.
"Dagli la siringa, Avril."
La ragazza era accecata dall'adrenalina, dalla rabbia mescolata alla paura e "Se ti buchi, mi pianto l'ago nella vene." affermò con durezza.
"Non dire cazzate, ragiona. E lascia la presa." l'ennesimo spasmo attraversò il corpo di Luke. Questo le bastò per alleviare la forza con cui impugnava la siringa, e in un solo secondo l'altro se ne appropriò. Calum, velocissimo, la prese da dietro, allontanandola dal ragazzo che si stava uccidendo con le sue stesse mani.
Le lacrime le rigavano le guance, così come Luke stava rigando la sua vita. 
"Bucati e non mi rivedrai più." lo ricattò. All'istante i loro occhi si incontrarono, come se fossero stati chiamati. Si osservarono per un tempo indeterminato, ed Avril ringraziò Calum che la stesse tenendo, perché sentiva di poter cadere sulle proprie ginocchia da un momento all'altro. 
"Vattene." le disse. 
Avril udì chiaramente i pezzi del suo cuore infrangersi, taglienti come lame appuntite sporche di dolore. Chiuse gli occhi due, tre volte. Trattenne il respiro per qualche secondo. Poi abbassò lo sguardo, spinse via Calum ed uscì da quella maledetta casa.
Sei convinto di avere sempre di più, giorno dopo giorno, e invece quello che ti ritrovi è sempre meno. Perdi tutto. In un anno, in un mese, o in un secondo, con una sola frase, o con una sola parola. Ma non importa a nessuno se hai l'anima tagliata a fettucce, non importa a nessuno perché sono tutti troppo sbadati per accorgersene. E così, Avril, veniva macchiata un'altra volta dalla sofferenza. 
Non appena uscì sul viale, sentì una mano afferrarle il braccio, facendola voltare, incontrando il colore nocciola delle iridi di Calum. 
"Lasciami." ordinò autoritaria.
"Come puoi salvare una persona andandotene?" 
La voce rotta dal pianto non le consentì di dare una risposta sensata, forse perché in realtà non c'era. Allora Calum intrecciò la mano nella sua, conducendola un'altra volta nell'abitazione e percepì il calore sciogliere tutto il ghiaccio formatosi dentro di lei. La fece sedere sul divano nel salotto di casa Hemmings, come se fosse di sua proprietà e le portò un bicchiere d'acqua, che Avril non esitò ad accettare. Aveva smesso di tremare e di piangere, regolarizzando anche il respiro. Vide Calum afferrare il telecomando e la tv si accese su uno stupido programma che nessuno avrebbe mai seguito. Poi si sedette di fianco ad Avril, allungando un po' le gambe, e lei lo imitò. Sentì un braccio cingerle il fianco e una mano che la accarezzava lentamente. Sorrise per quel gesto, rendendosi conto di quanto Calum fosse forte a sopportare la realtà e a confortarla in una situazione così drammatica. 
Luke era al piano superiore ad infilarsi un fottuto ago nel braccio mentre lei era semplicemente lì, aspettando che continuasse a rovinarsi la vita. Il moro le asciugò una lacrima della quale non si era nemmeno accorta, e poi cercò solo di soffocare la tristezza col sonno.

Quel giorno Avril dormì fino al tardo pomeriggio. Si svegliò solo quando non sentì più la presenza di Calum a fianco, annullando tutto il calore. Un brivido le percorse tutta la spina dorsale e, quando aprì gli occhi, fu invasa dalla preoccupazione.
Aveva dormito in una casa che non era la sua, e chissà se i genitori di Luke l'avessero vista.
Vide il moro sparire in una stanza e poi riapparire con un paio di pantaloni della tuta. Avril si mise a sedere e "Come sta?" si informò subito. 
"Ora vado a vedere, mi sono appena svegliato anche io." sbadigliò e si stropicciò gli occhi stanchi e salì le scale. 
Avril, impotente, rimase lì inerme. Le sembrava di essere in un film, dove tutto andava sempre più precipitando. Poi la voce ovattata di Calum le arrivò bassa, quasi inesistente, ma si alzò e raggiunse il piano superiore. Varcò la soglia della porta e indirizzò tutta la sua attenzione a Luke, che in quel momento era avvolto sotto le coperte. Voleva sorridere a quella vista così improbabile, ma non poteva: era tutto uno schifo, in realtà. E non c'erano spazi per i sorrisi.
"Mi ha detto di chiamarti." spiegò l'altro "Ed io ora vado, ci vediamo domani a scuola!" 
Entrambi lo salutarono e, quando furono rimasti soli, Avril si sentì in imbarazzo, stando lì in piedi.
"Volevo chiederti un favore." Luke si mise a sedere, e solo in quel momento poté notare che fosse a petto nudo. Dio, era bellissimo con i capelli scompigliati, gli occhi lucidi di stanchezza e il petto scoperto. Si alzò dal letto e con un'estrema lentezza le si avvicinò. 
"Dimmi." deglutì, spaventata dalle mosse di lui. Ogni passo che faceva, sperava che si fermasse.
"Volevo chiederti" la inchiodò alla porta, posando le mani vicino alle spalle, senza smettere un secondo di far fondere l'azzurro col verde "di non parlare a nessuno di tutto ciò che hai visto."
Non ebbe il coraggio di rispondere, ma avrebbe tenuto il segreto anche se non glielo avesse chiesto esplicitamente. Passò lo sguardo sui bicipiti di Luke, poi lo guardò negli occhi, col respiro pensante. Erano vicinissimi. Quando ormai le loro fronti stavano per scontrarsi, il cellulare di Avril suonò. Sobbalzò, come se fosse stata riportata sul pianeta Terra solo in quel momento. 
Luke sbuffò, tolse le mani dalla porta e lasciò rispondere alla ragazza. Questa tornò a inspirare aria e non più il respiro di lui, prendendo il cellulare e rispondendo.
Mamma.
"Pronto, Avril?"
Sensi di colpa.
"Mamma?"
Luke si allontanò, riandandosi a sedere sul letto, cercando probabilmente la sua maglietta.
"Tutto bene? Dove sei?" 
Il cd dei Beatles.
"Io... Sì, tutto bene. Sono a..." si guardò intorno, "A casa di una mia compagna di classe."
Luke rise.
"Vicky mi ha detto che non c'eri all'uscita della scuola. Ci siamo un po' preoccupate." la sentì armeggiare con le pentole "Però devo chiederti di tornare a casa, stasera c'è papà a cena." 
Per poco non le cadde il cellulare dalla mano. Suo padre? Lo stesso uomo che aveva abbandonata lei e sua madre per un'altra famiglia? Non poteva essere vero. 
"Io non vengo." 
"Avril..." la delusione nel suo nome pronunciato "Per favore. Ti chiedo solo questo, non complicare la situazione."
Avril sbuffò, si passò una mano fra i capelli, appoggiandosi completamente alla porta. Guardò Luke indossare una maglia nera ed aderente, che vagava nel suo sguardo per cercare di captare quanti più segnali per capire di cosa stesse parlando.
Non voleva vedere suo padre. Preferiva che quell'abbandono rimanesse chiuso con un lucchetto in una stanza piena di ricordi. Avrebbe voluto anche disperdere quella chiave nel posto più lontano al mondo.
"Ok, arrivo."
...Ma da quel mondo non era riuscita a scappare in tempo. 
Voleva mettersi da parte e lasciare spazio alla felicità di sua madre, per una buona volta. Infatti sentì un sospiro di sollievo, che la fece sorridere.
"Grazie."
"Ti voglio bene."
"Anche io, torna presto."
Chiamata terminata.
Avril osservò per altri secondi lo schermo nero del cellulare, per poi riporlo in tasca. Scosse la testa, rendendosi conto di aver davvero accettato. Aveva paura dell'effetto che avrebbe provato rivedendo l'uomo che l'aveva cresciuta, ed era anche rabbiosa per ciò che le aveva fatto passare. Paura e rabbia, se mescolate insieme, non portavano mai a qualcosa di buono.
"Devo andare." annunciò, riaprendo la porta.
"Dove vai?"
"A casa."
Luke annuì, ed Avril non aspettò oltre ad uscire da quell'abitazione, così silenziosa da fare inquietudine, come se nessuno ci avesse mai vissuto. 

Quando arrivò davanti alla sua casa, sperò soltanto che il tempo si fermasse. Entrare significava solo riaprire una di quelle porte del passato, che Avril chiuse così saldamente che non avrebbe mai creduto che potessero riaprirsi un giorno. 
Non era pronta per vedere suo padre. Ma doveva farlo per sua madre: era questo ciò che continuava a ribadire nella sua testa.
Per sua madre.
Abbassò lentamente la maniglia, impiegando i secondi più mostruosi della sua vita. Non appena entrò, sentì subito delle voci provenienti dalla cucina. La prima cosa che notò fu la risata di sua madre, così bella e rara ultimamente. E poi la sua voce. Le venne immediatamente l'impulso di urlare, di dimenarsi per scacciare via tutte quelle sensazioni contrastanti, e invece si limitò a seguire quelle voci. Entrò in cucina, attirando a sé le due teste. Smise di respirare quando, dopo ben due anni, rivide le iridi verdi di suo padre.
"Ciao." esordì lui, ma Avril si ammutolì. 
Aveva qualche capello bianco in più, l'aria allegra, rilassata. Le sorrise, e non ricambiò. Prese posto a tavola, sotto lo sguardo attento dei due. 
"Tutto bene?" cominciò la madre.
Avril annuì, tenendo gli occhi bassi. La cena era già in tavola e tutto era già apparecchiato: la stavano aspettando. Ma non sapeva nemmeno che cosa ci facesse lì, con quell'uomo davanti, dopo tutto questo tempo. Non lo considerava più neanche suo padre, non se lo meritava. Era Derek, ora. Derek e basta. 
"Beh, ora che sei arrivata, direi che possiamo cominciare a mangiare." 
Non capiva come quella donna potesse essere così felice in presenza dell'uomo che l'aveva distrutta, e questo le dava i nervi. 
Servì le porzioni a tutti e tre, e quando iniziarono a mangiare, "Allora, Avril, vedo che sei cresciuta parecchio." incalzò Derek. 
La figlia smise di mangiare per alcuni secondi, per poi "Già." concedergli. 
Lui sorrise ancora, Avril strinse forte la forchetta. 
"Ti trovi bene qui?" continuò la sua stupida e finta sfilza di domande. 
Respirò profondamente, cercando di calmarsi e di non deludere sua mamma. "Direi di sì."
"Mi fa' piacere! E la scuola?"
Esaminò l'espressione di sua madre, trovandola piuttosto ansiosa di ciò che sarebbe uscito dalle labbra di sua figlia. 
Doveva farlo per lei.
"Anche quella va bene." asserì, per poi mettere un altro boccone in bocca.
Derek emise un verso di soddisfazione, e poi lo vide scambiarsi uno sguardo con la madre. Seriamente, stava cercando di trattenersi. Era nervosa, troppo nervosa per la leggerezza con cui le parlava. Stava solo facendo finta di niente, come se fossero un padre ed una figlia normali, come se non si fossero per davvero ignorati per almeno due anni. Era incredibile che faccia avesse.
"Avril è una brava studentessa." confermò sua madre. 
"Anche se non la vedo da molto, me lo ricordo." 
Avril voleva dire che in realtà non era affatto una studentessa modello, che i suoi voti arrivavano massimo al sette, se le andava bene. Voleva dire che la nuova scuola le faceva schifo, che non aveva più voglia di andare a scuola, ma li lasciò parlare. 
"Sai un cosa?" esordì sorridente lui "Dovresti conoscere il figlio di Anne, anche a lui piace studiare!" 
Avril sputò nel bicchiere l'acqua che aveva appena bevuto. Anne, la sua nuova compagna, la loro rovina. I due spalancarono gli occhi, sconvolti dalla sua reazione. 
L'ultima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata proprio quella di incontrare il suo nuovo 'figlio'. Sembrava così assurdo.
"Avril!" la rimproverò la madre. 
Avril abbassò la testa, sentendosi gli occhi già lucidi. Era come se l'avesse abbandonata una seconda volta, con quella frase. Non voleva fare una delle sue scenate davanti a loro, per questo indietreggiò con la sedia e si alzò.
"Scusate." disse, per poi quasi scappare di sopra. 
Chiuse la porta e ci si appoggiò, scivolando poi su di essa, adagiandosi a terra. Si portò le mani fra i capelli con fare disperato, rimanendo sola tra i suoi singhiozzi. Sentiva una ferita aperta che bruciava, che faceva fuoriuscire troppi ricordi da assimilare. Non era pronta per rifare i conti con l'abbandono di suo padre. 
Non era nemmeno pronta per farli con la scoperta della tossicodipendenza di Luke, troppo assurda. Era come se ora vivesse in un mondo tutto nuovo, un mondo a cui non poteva abituarsi a vivere. 
Avril si addormentò così, scossa dal tremore, avvolta solo da silenzio. Il silenzio più sovrastante di sempre.

La mattina seguente una suoneria fin troppo fastidiosa svegliò di soprassalto Avril. Dovette passare un po' per capire che si trovasse ancora lì, seduta a terra con la schiena poggiata alla porta. Percepì una fitta al collo, provocandole un gemito sommesso. Dio, come aveva dormito da schifo. 
Aprì di poco gli occhi, ricordandosi solo ora che il cellulare stesse ancora suonando. Rispose.
"Avril!"
"Oh... Vicky." richiuse gli occhi.
"Sono quasi le sette e mezza, non ti eri ancora svegliata?"
"..."
"Avril? Sei sveglia?"
"No, però ti rispondo." ritornò ancora sul pianeta, ma restando lo stesso disorientata.
Sentì Vicky ridere e "Ok, ok, mi sa che oggi entriamo alla seconda ora, mh? Alzati e preparati." dire.
"Ok, a dopo." 
Si alzò indecisa da terra, sentendosi le guance secche dalle lacrime mai asciugate, la testa pulsare e le mani... Le mani non se le sentiva più da quanto aveva freddo. Si preparò con svogliatezza, senza mai sfiorare il suo sguardo allo specchio. Scendendo le scale e passando di fianco alla cucina non poté che rianimare le immagini della sera precedente, chiedersi cosa avessero fatto dopo che lei si era rintanata nella sua camera e se avesse fatto la cosa giusta. La testa le pesava già troppo, non aveva voglia di peggiorare ancora di più. 
Uscì di casa e, non appena salì sulla macchina di Vicky, questa le iniziò a porre domande su domande, cercando di capire la sua assenza del giorno precedente fuori dalla scuola. Avril fece la vaga ma, dopo vari giri di parole, le scappò il nome di Luke, che fece sospirare le cugina. Alla fine, comunque, non la prese tanto male. 
Quella mattina, però, Avril aveva l'umore sotto i piedi, a causa di tutte le novità assimilate come pugni nello stomaco. E soprattutto, alla seconda ora doveva subire una lezione di Harvey, lo stronzo di scienze; e oltretutto ci sarebbero stati anche Luke e Calum, senza avere idea di come affrontarli.
Si diresse nella sua classe con Vicky, vedendo che, come sempre, alcuni studenti, che stavano cambiando classe, la guardavano storto, alcune volte addirittura indicandola. Parlare con Luke aveva il prezzo di essere squadrata, ma questo era il minimo. 
Si sedette al suo posto, seguita da Vicky al banco di fianco. I loro compagni arrivarono dopo una manciata di minuti, reduci di una lezione con la professoressa di matematica, nell'aula multimediale al piano di sotto. Aveva anche fatto bene a saltare la prima ora. 
Mise il libro sul banco, posandoci sopra la testa: non reggeva più la stanchezza. Le sembrava di aver affrontato la terza guerra mondiale per almeno trecento volte. Vicky, invece, svolgeva i compiti per l'ora dopo. La solita. 
Quando anche il professore fece la sua entrata, i banchi di Calum e Luke erano vuoti, poteva vederlo anche mantenendo la faccia spiaccicata sul libro di scienze. Sospirò, pensando a cosa avessero potuto combinare ancora.
"Oggi interroghiamo." iniziò Harvey, attirando tutta l'attenzione degli studenti che pregavano ognuno il loro dio. 
La questione, al contrario, non toccò per niente Avril, che si era accoccolata su quella superficie scomoda. 
"Vediamo un po'..." fece una serie di strani e assurdi calcoli, tirando poi fuori due nomi a caso. 
L'interrogazione cominciò, e gli sfortunati non se la stavano cavando per niente. Stava quasi per addormentarsi quando "Un minuto, ragazzi." il silenzio calò, e tutti le puntarono gli occhi addosso. Alzò allora il capo, scoprendo che tutta quella sceneggiata fosse dedicata a lei. Arrossì violentemente.
"Magari anche Mitchell vuole farvi compagnia, così da non annoiarsi troppo, eh?" annunciò rivolgendosi ai due interrogati. 
"Prof, io non ho studiato." si torturò le mani per il troppo imbarazzo.
Allo stesso tempo, dal corridoio si sentirono due voci imprecare. La maniglia si alzò ed abbassò circa sette volte, poi Calum per poco non cadde dentro la classe. I compagni si ammutolirono.
"Ehm, buongiorno." avanzò verso il suo posto in terza fila.
"Cazzo di porta..." borbottò Luke una volta riuscito ad entrare anche lui, lanciano un'occhiata ad Avril.
Ad Harvey sembrò uscire il fumo dalle orecchie, ad Avril il cuore dal petto. 
"Hood ed Hemmings, le brutte abitudini vedo che non muoiono mai. Siete incredibili, non so più come fare con voi due. La lezione inizia alle nove, perché voi dovreste avere il privilegio di presentarvi dopo un quarto d'ora?" e la lista di rimproveri continuò, quando in realtà a nessuno fregava. 
Avril si perse ad osservare Luke, che sembrava avesse un mantello sul quale scivolavano tutte le parole di Harvey. Si accasciò sulla sedia, scivolando più giù ed assumendo un atteggiamento menefreghista. 
Calum, invece, prese il libro e poggiò la testa sulla mano. 
Il professore intraprese la sua interrogazione, dimenticandosi di aver chiamato Avril prima che entrassero i due ragazzi. 
"Che fortuna." le disse Vicky, e lei annuì. Le avevano fatto scampare un 3 assicurato. 
Comunque, era davvero strano vedere Luke all'interno del Norwest Christian College dopo averlo assistito nelle condizioni pietose del giorno prima. Non capiva come facesse ad essersi ripreso così presto, ad essere così assurdamente bello nonostante tutto. 
Ma in ogni caso doveva smetterla di guardarlo, perché sapeva che Luke riuscisse a captare ogni singola mossa della gente. Cercò allora di concentrarsi sulle pagine che avrebbe dovuto studiare per quella lezione, ovviamente con scarsi risultati, a causa di quell'indifferenza appartenente a Luke, che riusciva a spiccare tra tutti i suoi compagni. 
Il resto dell'ora lo passò a lanciare qualche sguardo a Luke, era inevitabile. Eppure lo trovò sempre con lo sguardo impassibile, puntato su un qualcosa di indefinibile davanti a lui. Sbatteva di tanto in tanto le ciglia, si leccava con un gesto automatico il labbro superiore, si passava una mano tra i capelli per sistemarseli meglio: tutte azioni catturate da Avril, mettendosi nei panni di una maniaca. Sentiva il cuore accelerare e calmarsi in tempi così brevi, sentendosi una completa stupida. 
Diede un'ultima sbirciata a Luke, che quel giorno sembrava non esserci per nessuno. Calum prima di uscire dall'aula le si avvicinò per stamparle un veloce bacio sulla guancia e "Ciao!" la salutò, sparendo poi dalla sua visuale per raggiungere il biondo.

Anche Avril era assente durante le lezioni. L'immagine di suo padre e quella di Luke mentre era in astinenza le occupavano totalmente la mente. Aveva rifiutato tutto il cibo della mensa, per paura di vomitarlo da un momento all'altro. Quando anche Vicky finì di mangiare, uscirono da quell'immensa aula, ma che ormai era vuota, seguite anche dalle amiche della cugina. Non ebbe il tempo di pensare a come occupare gli ultimi dieci minuti rimanenti che vide una folla schiacciata nel corridoio che continuava a spostarsi. Incuriosita, si avvicinò anche lei, sentendo già un brutto presentimento.
"Non avvicinarti troppo." le raccomandò Vicky.
Ma Avril si fece spazio tra tutti quegli studenti compressi e urlanti incitazioni, per poi ritrovarsi davanti una scena che la avrebbe sicuramente fatta vomitare se avesse mangiato a mensa. Luke era posizionato sopra ad un ragazzo che non aveva mai visto prima, e proprio in quel momento gli sganciò un pugno sullo zigomo destro. Quello gemette, dimenandosi, ma rimanendo bloccato dalle ginocchia dell'altro.
"Ashton non lo devi nemmeno nominare!" un altro pugno raggiunse il viso del ragazzo "Hai capito, testa di cazzo?!" 
Avril sussultò per quel tono carico di rabbia di cui Luke si era impossessato. Non riusciva a capire più niente, e le prudevano le mani da quanto avrebbe voluto fermarlo. Qualcuno la spingeva per avere una visuale migliore, ma ad Avril non importava, perché Luke le faceva davvero paura. Sobbalzò un'altra volta mentre il biondo si alzò e con una forza inaudibile gli tirò un calcio al fianco. 
"No!" urlò quando Luke aveva già caricato un secondo calcio. Questi di fermò e parve riscuotersi dalla rabbia, facendo ricadere il suo sguardo in quello di lei. Sembrava un animale inferocito. 
Tutti smisero di incitare violenze ed improvvisamente divennero spettatori di quello strano spettacolo. Guardavano Avril-Luke-Avril-Luke, aspettandosi che qualcosa accadesse. Avril si stava corrodendo con quegli occhi azzurri che incatenavano i suoi, fino a quando vide il biondo fare cenno a qualcosa, o meglio qualcuno dietro di lei, facendo intendere di portarla via. Poi sentì qualcuno prenderla dalle spalle e tirarla indietro. Si dimenò, scalciando a destra e a sinistra, ma quelle braccia erano troppo possenti. Più cercava di andargli incontro e più quegli occhi diventavano lontani. 
"Fermati, Luke!" urlò a squarciagola, ma questi sparì dietro la folla, eppure lo sentì quel "Ashton non si nomina." detto più a bassa voce. 
"Lascialo fare, non è in sé in questi casi." 
Avril smise di dimenarsi. 
Quella voce. Si girò di scatto ed ogni suo dubbio fu accertato: Michael. Trasalì e fece un passo indietro per aumentare la distanza.
"C-cosa..."
"Non riandare là o sono costretto a prenderti in braccio e spostarti di peso." 
La sua espressione, quella volta, era diversa rispetto alle altre. Era più consapevole, meno assente, meno inquietante. Sembrava solo preoccupato. Voleva sapere solo cos'era successo, chi aveva infamato su Ashton, ma c'era un qualcosa negli occhi di Michael che la faceva rimanere calma, che non le permetteva di scappare e tornare da Luke. Allora Michael si rilassò, ed Avril rimase lì, a guardare la gente che si azzuffava per vedere meglio le botte che Luke non riusciva a risparmiarsi. Vide anche Vicky che si dirigeva verso lei, preoccupatissima. La prese per la mano, facendola staccare sempre di più dal ragazzo che si era imposta di non abbandonare, senza rendersi conto che, in realtà, fosse proprio lui a starlo facendo. 
"Che cazzo ti salta in mente, Avril?!" sbraitò uno dei tanti rimproveri che susseguirono poi.

Quelle ore di scuola sembravano interminabili. Era finalmente la sesta, ed Avril aveva la testa che sarebbe potuta scoppiare in quel preciso istante. Sentiva un peso nel petto, segno che la preoccupazione per l'accaduto nei corridoi non si volesse alleviare. Fu l'ultima ad uscire da quella maledetta classe, con un passo piuttosto lento a causa della pigna di libri nella borsa. Sbuffò. Voleva rinchiudersi in camera sua per tutto il pomeriggio e dormire, dormire e dormire. 
Camminando con lo sguardo basso non notò la figura che padroneggiava l'uscita del corridoio per accedere alle scale. Anzi, quasi ci finì addosso. Si bloccò quando vide un paio di scarpe e, quando automaticamente alzò la testa, Luke Hemmings fu ciò che vide.
Si fece strada la solita sensazione di qualcosa che le divorasse l'intero stomaco, rendendola incapace di fare qualsiasi cosa.
"Avril." uno strano sorriso gli apparve sulle labbra.
Lei trasalì e pensò al peggio. "Che ci fai qua?" chiese spaventata.
E da lì in poi fu il caos.
Luke le strinse forte il braccio e la strattonò, portandola nella prima classe che trovò più vicino. Chiuse la porta così forte da sovrastare il battito cardiaco di Avril, che si stava piano piano sgretolando sotto il suo tocco. Una volta chiusa, ci sbatté la ragazza contro e fece combaciare i loro corpi.
Avril non riusciva a ragionare in quei momenti, incassava le sue azioni solo dopo lunghi secondi. Aveva gli occhi sgranati, il corpo debole, tenuto in piedi solo grazie a quello di Luke.
"E quindi ora devi dirmi anche ciò che devo e non devo fare?!" gridò così forte che sentì la sua voce rimbombarle nel petto. Era praticamente bloccata, compressa tra il ragazzo e la porta.
Non doveva piangere.
Luke diminuì le distanze fra loro, se possibile e "È ora di finirla, Avril." disse più a bassa voce, poggiando la fronte sulla sua, proprio come la scorsa sera.
E mentre Avril credeva che l'avrebbe uccisa, Luke posò le labbra sulle sue. Fu un bacio sentito, esigente, bisognoso. Le sostenne il mento con la mano, ed Avril poggiò una mano sulla sua nuca. Mille guerre furono combattute nel suo stomaco, mille pensieri si sovrastarono nella sua testa. Sentì di nuovo il sapore delle sue labbra, e sapeva di esistere, si sentiva viva. Capì di essere il suo antidoto, in quel momento. 
Acqua che spegneva fuoco, colori che accendevano il grigio.





Hei people!
Cioè, gente: una settimana. Solo una settimana, sto migliorando!
Eccomi qui, con l'ennesimo capitolo. Solitamente i miei erano lunghi tipo 16 KB, mentre questo è di ben 35 KB, uau. Anyway, qui si può notare quanto Luke sia in contrasto con se stesso, con la sua decisione troppo complicata da prendere: colori o grigio? 
Avril, quella povera disgraziata, si ritrova sempre il cuore in frantumi. Da come avrete capito, ci sta mettendo l'anima per salvare Luke, però sembra un'impresa impossibile. Dipende tutto dalla sua determinazione, da quanto ci tiene realmente a quel ragazzo che non avrebbe mai pensato fosse così difficile. 
E poi Michael che diventa più semplice, a tratti quasi come una persona normale. Sta facendo anche lui i suoi progressi.
Io ora vado, perché è tardi e non so quante di voi avranno voglia di leggere. Se vi va, recensite. Mi fa sempre piacere leggere ciò che pensate, e se volete potete mandarmi delle vostre supposizioni sulla morte di Ashton!
Ringrazio tutti, come sempre e domani, appena posso, rispondo a tutte le vostre recensioni che amo taanto.
Bye <3


il mio twitter: funklou
quello di Martina: danswtr

http://ask.fm/AnnalisaSanna

  
Leggi le 18 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: funklou