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Autore: MileyPotterWeasley_95    01/12/2013    1 recensioni
"Se lo puoi pensare, lo puoi fare".
****
Dal Capitolo 2:
“Amami..” sorrisi.
Lui poggiò di nuovo le sue labbra morbide sulle mie.
“Gioco” ansimò.
Non potevo credere che l’avevo detto.
****
Storia ispirata al film "Amami se hai coraggio".
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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“Se lo puoi pensare, lo puoi fare”
Questa frase è stata la colonna sonora della mia vita, se così si può definire. Mi sono ritrovata in un gioco senza regole, anzi, una regola. Il coraggio. Tutto è partito da una scatola, o meglio, dal possessore di quella scatola, di quella giostra dei sogni. Era diventata la nostra giostra.

"Charlie va tutto bene?” un bambino mi tese una mano per alzarmi.
“Non dovresti stare con me Louis” lo apostrofai cercando di raccogliere il mio zaino da per terra e salvare il salvabile.
Mi avevano spinta dentro una pozzanghera. Non era la prima volta che nella scuola che frequentavo ora, mi prendevano in giro. Nessuno voleva stare con me, io ero la nuova arrivata, ero quella che tutti volevano evitare, ero quella diversa da loro, io ero l’italiana.
“Nessuno deve stare solo” rispose lui allungandomi una scatola, la più bella scatola che io abbia mai visto.
Era rossa e bianca con disegnata una bellissima giostra dai cavalli d’oro e un cielo notturno di sfondo “Poi però me la presterai.. giochi o non giochi?
Ecco, quelle furono le fatidiche parole che hanno portato me e Louis a cominciare una lotta senza fine.
“Giochi o non giochi?” Mi fece scivolare la scatola fra le mani e saltò sul pullmino della scuola, al comando non c’era nessuno, l’autista mi stava aiutando. Tirò il freno a mano e il pullman cominciò a muoversi da solo. Scese con un balzo scoppiando a ridere contagiando anche me, mentre osservavamo il conducente correre dietro il suo mezzo.
“Io gioco!” confermò lui.
Ero spaesata, ma perché no, quel gioco alla fine doveva essere interessante, infondo siamo solo due bambini di otto anni e questo è solo uno stupido gioco, cosa c’è di male?
Dopo scuola decisi di accompagnarlo a casa, ma al varco c’era suo padre furioso ad aspettarlo. Doveva aver ricevuto la chiamata del preside.
“Cosa ti è saltato in mente?!” sbraitò prendendo Louis per il colletto e alzandolo da terra.
Louis tentò di liberarsi invano e cominciò ad urlare. Dopo tutto quello che aveva fatto per me non potevo stare lì a guardare, ora avevo io in mano la scatola.
“Tranquillo Louis, non ti succederà niente” tentai di liberare Louis dalla stretta del padre, senza ottenere risultato. “Gioco..” sussurrai.
“Ragazzina levati! Sto parlando con mio figlio!” mi urlò contro, rosso dalla rabbia.
“No! Lasci andare Louis!” e in men che non si dica mi arrivò uno schiaffo in pieno volto.

Ora che ci penso, non dovevo stare proprio simpatica al padre di Louis, come a tutto il resto della popolazione di Doncaster.
Da lì iniziò il vero e proprio gioco, un gioco che si è messo in moto da solo. Se Louis aveva in mano la scatola, poteva propormi qualunque sfida, io l’accettavo e riconquistavo la scatola, a quel punto ero io a dover lanciare una sfida. Molti potranno definirlo un gioco da scemi, però, era il nostro gioco.

A forza di giocare un giorno finimmo in presidenza. Louis mi aveva lanciato una sfida ed io non ho esitato a farla: dovevo dire tutte parole che iniziano con la lettera B alla professoressa. No, non parole normali, parole tipo “Baldracca”, “Battona”, “Balle”.. E chi più ne ha più ne metta.
La mia vendetta non tardò ad arrivare e Louis non mi deluse. Bèh diciamo che non gli feci fare proprio una bella figura davanti al Preside.
“Basta! Separate queste due pesti!”
Separarci? A me e Louis? Nessuno era mai riuscito a separarci e infatti le nostre sfide continuarono anche se in classi diverse, e puntualmente ci ritrovavamo dal preside, insieme.
Non facevo altro che sentire urlare la parola “Disciplina!” e mia sorella che mi teneva per un braccio cercando di contenersi davanti al preside.
“La educhi signorina, pensi al futuro di sua sorella, le insegni la disciplina!” continuava ad urlare il Preside “O sarò costretto a richiamare i vostri genitori”
“è inutile, i nostri non parlano l’inglese”
Di tutta risposta il Preside le sbattè la porta in faccia.
“E tu non ridere!” mi rimproverò “Per una settimana scordati di uscire, scordati i cartoni animati e le caramelle”.
Per quanto seria doveva essere la situazione, non riuscivo a non essere felice, pochi metri, accanto a me, anche Louis veniva messo in punizione e continuavamo a scambiarci sguardi complici.

Ci fu il matrimonio di mia sorella.
“Tu cosa vuoi fare da grande?” mi chiese girandosi la scatola fra le mani.
“Vorrei essere un dolce” risposi io, scrutando mia sorella e il suo ragazzo dal nostro nascondiglio, sotto il tavolo.
“Un dolce?”
“Sì un dolce. Un dolce appena sfornato, in vetrina, che viene visto da tutti”
“Geniale, i dolci piacciono a tutti!” disse passandomi la scatola “Giochi o non giochi?”
Guardai la scatola titubante, pensando alla sfida che mi aveva lanciato. Infine accettai.
“Gioco” posai la scatola sul pavimento e mi alzai il vestito.
“Ma non si vede nulla!” obbiettò lui.
Io non direi proprio nulla, visto che stava vedendo una delle mie parti più intime.
“Noi femmine siamo più furbe dei maschi, non lasciamo vedere niente, almeno non subito” dissi tirandomi giù il vestito “e tu cosa vuoi fare da grande?”
“Io voglio rimanere un bambino per sempre”
“Perché?”
“Perché i problemi dei grandi sono troppo difficili, invece, noi bambini siamo spensierati e il nostro unico problema è la scuola.. e da quando sei arrivata tu, andarci è diventato più piacevole”
“Giochi o non giochi?” chiesi sentendo le mie guance arrossire.
Non afferrò nemmeno la scatola dalle mie mani che subito si tirò giù i pantaloni.
“Tutto qui?” dissi “Tanto casino per niente?”
“Ehi! Io non lo chiamerei proprio niente!” Mi sorrise si tirò su i pantaloni e si mise seduto accanto a me.
Lo vidi avvicinarsi sempre di più..
“Forse è meglio rimanere amici” lo bloccai, era a pochi centimetri dalla mia faccia.
Era già sveglio da bambino.
“Tira la tovaglia! Giochi o non giochi?”
E ovviamente anche al matrimonio di mia sorella combinammo uno dei nostri soliti casini facendo cadere la torta nuziale.

Poi andai a trovare Louis in ospedale
“Cosa ci fai qui?” il suo tono non era allegro come al solito.
Sul fondo della stanza, c’era un letto e sopra di esso adagiata una figura femminile. La mamma di Louis.
“Ero venuta a vedere come stai”
“Vattene, tu non puoi capire” mi disse freddo.
“Certo.. io servo solo per giocare”
Ci guardammo intensamente negli occhi, i suoi occhi color ghiaccio sembravano passarmi da parte a parte.. voleva fare l’uomo, ma era solo un bambino.
“La prossima ora a campana, giochi o non giochi?”
Prese la scatola e cominciò a saltare per la stanza.

E infine una telefonata inaspettata.
Dopo la morte della mamma di Louis, il padre chiamò qui a casa.
“Charlie!” sentii chiamare mia sorella.
Mi precipitai nella sua stanza “Charlie, tesoro, ti va stasera di andare a dormire a casa di Louis?”
Ma che domande, certo che mi andava.

“Charlie, dormi?” mi chiese girandosi con la testa verso di me.
“Forse”
“Domani posso venire io a dormire da te?”
“No!”
Ecco questa era una delle poche domande che non mi avrebbe dovuto mai rivolgere. Passiamo la maggior parte del tempo insieme, ma se c’è una cosa che Louis non conosce sono le condizioni della mia famiglia. Mettiamola su questo piano, più stavo fuori di casa, meglio era. Mio padre era violento. Mia madre in preda alla disperazione era caduta in un forte stato depressivo, e mia sorella.. lei, l’unica salvezza, lei che doveva assumersi responsabilità troppo grosse, lei che aveva me a cui badare. “Promettimi che non verrai mai a casa mia” dissi decisa.
Louis non rispose.
“Promettilo!” ordinai alzando leggermente il tono della voce.
“Ok, ok..” sbuffò dandomi le spalle.
“Louis..” cercai di richiamare la sua attenzione.
Emise un verso strano, segno che mi stava ascoltando “Ti sposerai da grande?”
Sinceramente? Non sapevo nemmeno io da dove mi era uscita quella domanda, forse perché avevo visto mia sorella felice durante le sue nozze, veramente felice, dopo tanti anni di sofferenza.
“Non lo so” borbottò con la faccia infossata nel cuscino.
“ 'No' davanti al prete durante il matrimonio.. giochi o non giochi?”
Vidi la sua testa schizzare nella mia direzione e un bagliore nei suoi occhi “Gioco!”

Quella notte io e Louis dormimmo 10 anni, e al risveglio il gioco era diventato serio.


Spazio autrice
Salve a tutti! Questa è la prima FanFiction che pubblico, spero vi piaccia! A breve pubblicherò il secondo capitolo :))
  
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