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Malgrado fosse la vigilia
di natale, la darsena era in piena attività.
Il tempo
non eccelso e i venti invernali alzavano il mare, ma grazie alla rete da pesca
che proteggeva l’ingresso all’interno della grotta lo specchio d’acqua in cui
riposava la Valliere era calmo come la superficie di
uno stagno.
Nella
stiva, i lavori di ammodernamento erano ormai completati.
La
battaglia per la difesa di Serk City aveva dimostrato
la potenza quasi incontrastabile della Valliere, ma
allo stesso tempo ne aveva anche messo in luce gli inevitabili difetti, quali
la scarsa velocità e autonomia di volo, nonché la facilità di avvistamento
anche a notevole distanza.
Per
questo era intervenuto il professor Colbert, che aveva messo a disposizione
dell’equipaggio altre due pietre magiche provenienti dai laboratori della
scuola di magia, e dopo un lungo processo di arrangiamento dei macchinari
entrambe erano state montate con successo.
Per
dimensioni non erano neanche paragonabili alla pietra di levitazione con cui
condividevano la stanza, ma ciò nonostante il loro potere era indiscutibile.
Ora
però, bisognava testarlo. Bisognava ancora collegare i sistemi di controllo
alla plancia di comando, ma era inutile farlo se non si aveva la prova che le
pietre potevano avere effetto su un vascello di quelle dimensioni.
Espletati
gli ultimi controlli, il professore, Kaoru e molti dei marinai scesero a terra,
lasciando a bordo solo il personale necessario.
«È tutto
pronto?» chiese Kaoru
«Suppongo
di sì. Speriamo solo che le pietre siano sufficientemente potenti».
Kaoru a
quel punto fece un cenno, che venne intercettato da Quintus
in plancia.
«Avviare
i motori!» ordinò il comandante.
La nave
prese a gracchiare, e nello spazio di pochi minuti i suoi motori erano pronti a
condurla in mare; ma non era per questo che erano stati accesi.
«Sala
delle pietre.» disse ancora Quintus parlando
all’interfono «Dare inizio all’esperimento numero uno.»
«Sì,
comandante.» rispose il marinaio dall’altra parte.
Questi,
poggiata la cornetta, si avvicinò al presosi un momento per invocare la buona
novella, abbassò la leva che faceva da interruttore.
Una
specie di folgore si sprigionò dalla pietra, minacciando di mandare in frantumi
la pietra in cui era rinchiusa, e propagandosi ai cavi che vi erano attaccati
attraversò tutti i corridoi della nave, giungendo fino alla sala macchine.
Appena
l’energia prese a fluire nei motori, questi rimbombarono come tuoni, producendo
un suono ancora più forte.
Tutti
gli indicatori andarono fuori scala, il che doveva essere a rigor di logica una
cosa molto negativa, ma non accadde nulla, né vi fu segno alcuno di
sovraccarico.
«Incredibile.»
disse il capo-macchinista, che subito dopo prese l’interfono «Plancia, qui sala
macchine. Caldaie attive e funzionanti. Tutti i valori sono oltre il massimo,
ma le apparecchiature reggono senza problemi».
Lo
sventolare delle mani di Quintus provocò le urla di
gioia di tutti i presenti sia a bordo che ammassati sulla riva, ma era solo
l’inizio.
«Meno
male, è andata. Non che avessi qualche dubbio, bene inteso.»
«È
presto per rilassarsi, professore. Siamo solo a metà del lavoro.»
«Sì, ma
è comunque un buon risultato. La pietra triangolare permetterà alla nave di
migliorare notevolmente le sue prestazioni sia in termini di velocità che di
manovrabilità durante la navigazione in mare.»
«Sono
d’accordo, ma la visibilità resta comunque un problema.»
«È a
questo che serve l’altra pietra, la Pietra Specchio.»
«Allora,
direi che è il caso di provarla, non crede?».
A quel
punto venne il momento di azionare l’altra teca, quella che conteneva la pietra
di colore bianco sfavillante, e anche questa, una volta liberata dei suoi
sigilli, prese a sfavillare, ma invece che in dei tubi la sua energia, una
volta fuoriuscita, si propagò a macchia d’olio come una specie di onda,
attraversando le pareti, i ponti e la chiglia.
Fu un
attimo, e la nave e tutti coloro che vi erano sopra scomparvero nel nulla, come
non fossero mai esistiti, proprio sotto gli occhi di Kaoru, che sorrise
soddisfatto assieme a Colbert.
Agli
occhi di Tiberius e dei suoi uomini non era cambiato
nulla, ma lo stupore di quelli che osservavano dalla riva fu più che
sufficiente per fargli capire che aveva funzionato.
«Direi
che è una prova da dieci e lode.» commentò soddisfatto Colbert mentre la nave
ricompariva «Non sei d’accordo, amico mio.»
«Anche
meglio delle aspettative.»
«Questa
barriera invisibile non può passare inosservata agli occhi di un mago con
elevata esperienza, ma a meno di non riuscire ad infrangerla è impossibile
riuscire a scorgere quello che vi è all’interno.»
«Non ha
importanza. Quello che conta, è arrivare abbastanza vicini senza essere notati.
Poi ci penseranno i cannoni a fare il resto.»
«Ho
anche migliorato la resa effettiva della pietra di levitazione. Ora la nave
potrà spostarsi in volo più a lungo e più velocemente, mentre i tempi di
ricarica rimarranno gli stessi.
L’unico
difetto è che le tre pietre non possono agire in sintonia. L’utilizzo di una
disattiva automaticamente l’altra. Il rischio è che la nave finisca per non
sopportare l’eccessiva quantità di energia e collassi.»
«Capisco.
Immagino non si possa avere tutto.
Poco
male, ci accontenteremo».
Colbert
per un attimo ebbe come l’impressione di scorgere un’ombra che furtiva si
infilava dentro la nave, ma convintosi quasi subito che l’unico occhio rimastogli
gli avesse giocato un brutto scherzo preferì concentrarsi nuovamente su Kaoru,
che da un momento all’altro gli aveva dato le spalle e seguitava a tenersi la
mano destra come dolorante.
«Tutto
bene?»
«Sì.»
tagliò corto lui fingendo che fosse passato «Non è niente.»
«Non si
direbbe. Dai, fammi vedere».
Kaoru
tergiversò, quasi spaventato, ma poi si rassegnò mostrando la mano.
Sul
palmo, forte e robusto, erano comparsi due segni, come una specie di tatuaggi,
che dal polso prendevano tutta la mano diramandosi lungo tutta la lunghezza
dell’indice e del mignolo fino alle unghie.
Non
sembrava trattarsi di tagli o cicatrici, perché al tatto apparivano morbidi e
levigati, quasi si fossero trovati sotto la pelle che non in superficie.
«Che
cos’è?» domandò sorpreso
«Non ne
ho idea. È comparso poco dopo la battaglia a Serk
City.»
«Ti fa
male?»
«Brucia
un po’ di tanto in tanto, ma nel
complesso è sopportabile.»
«Se
possibile, vorrei farti qualche esame. Tanto per accertarsi che non sia niente
di serio».
In quella,
a Kaoru cadde l’occhio oltre il limite della caverna.
«Credo
che per il momento abbiamo un problema un po’ più urgente».
Il
professore guardò a sua volta.
Nuvole
nere, cariche di tempesta, si erano addensate sopra l’oceano, e ora procedevano
verso la costa a considerevole velocità.
«A
quanto pare, sta per arrivare un gran brutto temporale. È probabile che vi sarà
anche una tempesta di neve.» quindi si girò nuovamente verso Kaoru «Anche se
Grasse è relativamente vicina, non credo sia consigliabile ritornarci stasera.
La strada diventerà pericolosa per il ghiaccio, e potremmo perderci.»
«Capisco.»
disse Kaoru «E dire che gli avevo promesso che saremmo tornati entro la fine
del giorno. Beh, poco male. Per fortuna ad Otisa i
posti per dormire non mancano».
Siesta si era finalmente
decisa a fare quello per il quale aveva tanto lavorato in tutte quelle
settimane.
Aveva
sgobbato come una bestia da soma e accumulato montagne di straordinari per
comprare quel regalo, e tenerselo in tasca, oltre che inutile, sarebbe stato
anche stupido.
Tuttavia,
avendo capito di non avere la forza per farlo di persona, aveva concluso che
l’unica soluzione fosse lasciarlo nella camera della persona cui era destinato.
Probabilmente
in questo modo non ne avrebbe mia conosciuto il mittente, ma non le importava.
Le bastava sapere che l’avesse ricevuto.
Quatta quatta, e accertatasi di non avere nessuno intorno, la
ragazza si infilò furtiva nella stanza senza essere vista, ma come si richiuse
la porta alle proprie spalle si avvide, con suo grande stupore, che vi era un
altro pacchetto appoggiato sul comodino accanto al letto.
Non era
ben fatto come il suo, ma c’era. Era lì.
Rimase
di stucco.
Chi
poteva esserne il mittente? Impossibile saperlo, perché non c’erano biglietti
né annotazioni.
Siesta
sapeva che la lista era lunghissima; aveva visto più volte le altre camerieri e
servitrici fargli gli occhi dolci, e la stessa Seena le aveva confidato di
trovarlo carino.
Era
stata proprio l’esternazione della rossa a spingerla ad agire con fermezza, ma
ora tutte le sue certezze stavano venendo meno.
Qualcuno
l’aveva battuta sul tempo.
No. Non
poteva accettarlo.
Non
poteva ricevere un regalo che non fosse da parte sua.
Sentì
montare in sé la rabbia, e per una volta, dopo tanto tempo, decise che era giunto
il momento di fare la cattiva.
Aveva
perso con Saito, non voleva perdere anche con lui.
Fulminea,
quasi avesse paura che un occhio invisibile potesse smascherarla, sostituì il
regalo misterioso con il suo, e quando lo ebbe tra le mani non riuscì a resistere
alla tentazione di aprirlo.
Sperava
di trovarci un biglietto, se non altro per scoprire l’identità della misteriosa
concorrente, invece non vi trovò niente, a parte un pendente a mezzaluna
coperto di segni indecifrabili.
«Che
cos’è?» si domandò.
Poco
importava.
Ora non
poteva più tornare indietro.
Non
poteva commettere un’azione così abbietta e spietata come farlo sparire, ma era
necessario rifare il pacco, visto che nell’aprirlo lo aveva praticamente
squartato.
Così,
fece sparire la scatola ormai in pezzi nella tasca del grembiule, mentre
apertasi leggermente il vestito fece sparire il pendente nell’incavo sul petto,
in assoluto il posto migliore per nascondere qualcosa.
Glielo
avrebbe fatto trovare in qualche modo il mattino dopo, una volta accertatasi
che avesse ricevuto il suo regalo per primo.
«Mi
spiace, chiunque tu sia.» disse maliziosa «Ma c’ero prima io».
Nel
mentre, Tifa ed Eruvere si stavano preparando per
fare ritorno a Neftes, non senza qualche dispiacere
da parte di Saito e Louise.
«Siete
sicuri di volere andare via così presto?» domandò Saito «Domani è natale, e ci
avrebbe fatto piacere se foste rimasti per il pranzo di festa.»
«Ci
piacerebbe molto Saito-san, davvero.» disse Eruvere «Purtroppo abbiamo degli impegni a Neftes. Bidashal ha bisogno di
noi per tenere buono il consiglio. Dico bene, mia signora?»
«Sì,
certo.» rispose Tifa dopo un lungo silenzio «Ma torneremo di sicuro quanto
prima. Sono certa che ci rivedremo molto presto.»
«Lo
spero.»
«E mi
raccomando.» disse ancora Eruvere «Fino a domani
mattina dovete tenere quei pendenti sempre con voi. La tradizione dice che non
facendolo ci si attira un sacco di sventure.»
«Lo
faremo di sicuro. Mi dispiace solo che non abbiate potuto consegnare il regalo
anche a Kaoru.»
«Non c’è
problema. La mia signora lo ha già lasciato in camera sua. Lo troverà di sicuro
al suo ritorno».
Louise
si offrì di aprire un portale per Neftes, visto che
ormai i suoi poteri si erano molto rafforzati, ma Tifa insistette per farlo lei
stessa, aprendo una di quelle sue porte grezze.
«Quando
sarà il momento, sarà il caso di fare un po’ di pratica.» disse Louise
«Ma
sentila, la professoressa.» replicò sardonico Saito guadagnandosi la seconda
pedata in poche ore.
Tifa si
avvicinò a Louise, ma stentò a guardarla negli occhi.
«Senti,
Louise. Volevo dirti che… semmai una volta ti abbia
fatto qualcosa di male… ecco…
spero che tu possa perdonarmi, in qualche modo.
Non era
mia intenzione.»
«Ma che
stai dicendo, Tifa?» rispose stupita Louise «Quando mai mi avresti fatto
qualcosa di male?»
«Già… hai ragione.» disse Tifa sforzandosi di sorridere.
Poco
dopo, sia lei che il suo famiglio scomparvero nella porta, che subito si
richiuse.
La serata trascorse senza
particolari intoppi.
Saito e
Louise si tennero leggeri, perché sapevano che il giorno dopo avrebbero
mangiato come capitava una volta sola in tutto l’anno, e per lo stesso motivo
decisero di coricarsi presto.
Kiluka
non era ancora saltata fuori, ma dalla città era giunta la notizia che un
locandiere l’aveva incontrata e su sua richiesta le aveva offerto di passare la
notte lì da loro, il che se non altro avrebbe permesso anche a Seena di dormire
sonni tranquilli.
L’unica
pecca era stato l’arrivo di una improvvisa tormenta, che aveva preso a
scaricare su tutta la costa settentrionale di Tristain valanghe di neve, quindi
non c’era da meravigliarsi se Kaoru e il professor Colbert non erano riusciti a
tornare.
Saito
buttò un altro ceppo nel camino della grande stanza da letto, mentre Louise
osservava un po’ in pensiero oltre la finestra la tormenta che imperversava
senza pietà ricoprendo Grasse di una coltre bianca ancora più spessa.
«Speriamo
che finisca presto.»
«Non
temere.» rispose Saito confidando nel suo barometro elettronico «Le previsioni
dicono che domani sarà bel tempo. Vedrai, sarà un natale soleggiato e
piacevole.»
«Lo
spero. Altrimenti, con questo tempo non verrà nessuno».
Le
rassicurazioni di Saito però tranquillizzarono presto Louise; d’altronde il suo
apparecchio per prevedere il tempo non aveva fallito quasi mai.
«Cambiando
discorso.» disse ancora togliendosi la vestaglia e correndo a nascondersi sotto
le coperte «Oggi Tifa non ti è parsa strana?»
«È
sempre stata con la testa un po’ tra le nuvole.» tagliò corto Saito mentre la
raggiungeva «Anche se effettivamente, oggi lo era anche più del solito.
Ma del
resto è comprensibile. Anche se gli elfi non sono più i fanatici di un tempo, è
chiaro che per lei è dura riuscire a farci accettare.»
«E del
suo famiglio che ne pensi?»
«Eruvere? Mi sembra una brava persona. Forte, risoluto e
fedele. Sarà sicuramente un ottimo protettore per la nostra Tifa».
Si
guardarono, stringendosi le mani sotto le coperte. Il discorso iniziato quella
mattina, pur se interrotto sul più bello, era ancora ben presente nelle loro
menti, e se non fosse stato per la gravidanza di Louise quella serata, tra la
tormenta che fischiava all’esterno ed il calore del fuoco, avrebbe potuto
finire in un solo modo.
Così,
dovettero accontentarsi di recuperare quel bacio lasciato in sospeso, lungo e
appassionato.
«Ti amo
da morire.» le mormorò Saito
«Lo so.
Anche io.» rispose Louise.
Poi,
rapidamente, il sonno prese il sopravvento, e nel castello piombò il silenzio,
rotto solo dall’imperversare della tormenta e dai passi, comunque discreti,
delle guardie in servizio per la notte.
Saito
dormì beatamente, ma fece uno strano sogno.
Sognò un
uomo, austero e nobile, che con indosso un’armatura ed un lungo mantello blu lo
fissava dall’alto di una collina, gli occhi fissi su di lui, i lunghi capelli
neri agitati dal vento e la folta barba scura che celava solo in parte
un’espressione come di ammonimento.
Provò a
chiamarlo, a chiedergli chi fosse, ma quello inizialmente non rispose, e
quando, dopo lunghi istanti, mosse le labbra come a volergli rispondere, lo
vide venire trafitto alle spalle da una lama bianchissima, più scintillante
della neve appena caduta.
Avrebbe
voluto aiutarlo, ma una forza misteriosa lo teneva immobile, così non poté fare
altro che osservare l’uomo rotolare senza vita giù dalla collina, fermandosi ai
suoi piedi con gli occhi sbarrati e la bocca socchiusa, come in un’espressione
di meraviglia.
Saito
alzò gli occhi, cercando di capire chi fosse l’assassino, ma tutto quello che
vide fu una figura bianchissima che svettava su ogni cosa, tenendo alta nel
cielo la spada insanguinata e riempiendo l’aria con un agghiacciante urlo di
vittoria.
Ne aveva
abbastanza.
Presa
coscienza che si trattava di un sogno, Saito richiamò a sé tutta la sua
volontà, riuscendo infine ad abbandonare quel tetro paesaggio spettrale per fare
ritorno nella tranquillità del suo letto, accanto alla sua Louise.
Quando
aprì gli occhi Louise era lì, accanto a lui.
Anche
lei era sveglia, girata su di un fianco, e lo guardava.
Una luce
rosata avvolgeva entrambi, la stessa che ricopriva i simboli arcani incisi sui
pendenti elfici che tutti e due portavano al collo.
Gli
occhi di Louise dicevano tante cose, parole che dalla sua bocca non potevano
uscire, ma che avevano tutte un comune denominatore: paura. E Saito non tardò a
capirne il motivo. Provò a parlare, ma la voce non gli usciva; provò a
muoversi, ma il suo corpo, ad eccezione degli occhi, rifiutò di obbedirgli.
Era come
se entrambi si fossero tramutati in statue, fantocci senz’anima incapaci di
qualsivoglia azione o movenza umane.
E
allora, anche Saito si spaventò, non tanto per sé quanto per Louise, che lo
guardava come ad implorare aiuto, pur consapevole di come lui fosse impotente
tanto quanto lei.
“Che sta
succedendo?” si domandò il ragazzo col pensiero.
Poi, una
luce si materializzò anche sotto di loro, tra il materasso e i loro corpi, una
luce famigliare che prese ad ingrandirsi sempre di più, fino a raggiungere
dimensioni pari a quelle del letto.
Saito e
Louise si videro scomparire l’uno con l’altro, affondando in quella specie di
superficie luminosa stranamente famigliare come nell’acqua di un lago, ed il
bagliore fu tale che dovettero entrambi chiudere gli occhi.
Li
tennero chiusi a lungo, per tutto il tempo in cui percepirono quella luce, poi,
d’improvviso, invece che di affondare ebbero l’impressione di cadere di botto,
e dopo un istante entrambi rovinarono sopra quello che sembrava un duro
pavimento di pietra, molto diverso alla morbida moquette della loro stanza.
Saito fu
il primo che trovò la forza di aprire nuovamente gli occhi, e la prima cosa che
vide volgendoli davanti a sé fu il volto di Tiffa,
immobile ai suoi piedi con la bacchetta ancora luccicante tra le mani.
Sembrava
trattenere a stento le lacrime.
Non era
sola.
Con lei
c’era Eruvere, che lo fissava a sua volta con un’espressione
molto diversa da quella che gli aveva visto solo poche ore prima, fredda e
asettica.
Ma c’era
anche qualcun altro, qualcuno che nessuno dei due ebbe piacere di vedere,
poiché la sua presenza era sinonimo di problemi. E la cosa più strana, fu
vederlo proprio accanto a Tiffa.
«Chi non
muore si rivede.» disse lord Eshamel osservando
malevolo i due ragazzi «Ero oltremodo di regolare tutti i vecchi conti con voi
due.» quindi mise una mano sulla testa di Tiffa «Alla
fine questa mezz’elfa si è rivelata utile,
dopotutto».
Saito e
Louise la guardarono, e anche se non potevano muovere la bocca il loro sguardo
era più che eloquente, tanto che Tiffa non fu in
grado di sostenerlo.
«Mi
dispiace.» singhiozzò con gli occhi gonfi di lacrime «Mi dispiace».
Nota dell’Autore
Eccomi qua!^_^
Nuovo capitolo a tempo di record!
In realtà c’è un motivo se questo
aggiornamento è arrivato tanto in fretta. La prima parte di questo nuovo
capitolo infatti era inizialmente compresa nel precedente, ma poi, volendo interrompere
il successivo in questo punto, ho deciso di spostarla perché non risultasse un
capitolo lunghissimo seguito da uno di sole 3 pagine.
Che dire, la storia ha preso una svolta
decisamente inattesa.
Povera Tiffa, perché
avrà fatto una cosa del genere? Ora la situazione per i due sposini si complica
non poco.
Per il nuovo aggiornamento dovrete
attendere qualcosina in più, ma vi prometto che
arriverà quanto prima.
A presto!^_^
Carlos Olivera