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Autore: __iriis    01/12/2013    6 recensioni
«Zayn mi ha detto che si è innamorato di te -ridacchiò-, proprio come un bambino alle prime cotte.» Genevieve deglutì e per un attimo il suo cuore smise di battere. Harry calmo ed ubriaco non prometteva assolutamente nulla di buono. «Però mi ha anche detto che io per lui sono più importante di quel bacio che c'è stato tra voi.» Improvvisamente le ritornarono alla mente le immagini di quella sera in cui Zayn era passato da lei senza un motivo preciso, le aveva detto che da quando era tornata non faceva altro che pensare a lei e poi dopo l'aveva baciata. «Tu cosa pensi?» Harry inclinò leggermente la testa di lato e le sue labbra erano ancora tese in quel sorriso così finto.
«Penso che devi tornare a casa.» Genevieve fece per alzarsi, ma la mano di Harry la bloccò, costringendola a ritornare sul letto.
«Io ti amo, Gen. Ti amo e voglio proteggerti, ma non ci riesco. I-io sono sbagliato per te e l'ho capito quando sei andata via.» fece una pausa, lasciando il polso della ragazza.
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enjoy (:
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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sl

Prologo 

Stava seduta sulle scale di quella piccola casetta in legno costruita nel parco giochi vicino casa. Sarebbe dovuta servire per far giocare bambini, peccato che li i bambini non ci andassero. 
In quello spazio si riunivano spesso gruppi di ragazzi che impegnavano le loro giornate a drogarsi e bere birre. Lei lo sapeva. Lei lo faceva una volta.
Era passato tanto tempo dall'ultima volta in cui aveva messo piede a Brooklyn. Gli ultimi quattro mesi li aveva passati in una clinica di riabilitazione nell'Illinois. La droga e l'alcol la stavano lentamente uccidendo, consumando ogni singola cellula, ogni singola speranza di poterne uscire. Se adesso era ancora viva e si trovava lì doveva solo ringraziare se stessa. 
Lei aveva fatto tutto da sola, non aveva avuto bisogno di nessuno perché sapeva che nessuno l'avrebbe aiutata. I suoi amici non erano le persone che credeva fossero, erano mostri, erano parassiti. L'avevano condotta in quel fottutissimo tunnel dove stava per rimetterci la pelle. 
Aveva deciso di lasciarsi tutto alle spalle, tutto quello che apparteneva al passato sarebbe rimasto a Brooklyn. Quella clinica le aveva ridato la speranza in una vita nuova. 
Genevieve era rinata, completamente.


 
Chapter 1

Camminava per le vie deserte del quartiere con le mani infilate nelle tasche dei suo giubbotto. Faceva freddo, e lei non amava particolarmente quella sensazione di gelo. Le piccole nuvolette di fumo che le fuoriuscivano dal naso si disperdevano sotto ai suoi occhi coperti dai grandi occhiali da vista.
Aveva avvisato sua madre che sarebbe arrivata, ma non sapeva ancora se le andava di farle visita. L'unica persona che sarebbe dovuta rimanere al suo fianco in quel periodo buio l'aveva abbandonata, proprio come tutti, ma Genevieve non portava rancore. Per lei quelle persone non contavano più nulla. Aveva capito che per lei erano come il cancro, un male orribile, e non valeva la pena farsi il sangue amaro senza motivo. 
Scalciò un piccolo sassolino, mandandolo diritto in una pozzanghera fresca di poche ore.  
Quante volte aveva percorso quella stessa strada, quante volte aveva sporcato quelle mura, urlato nel bel mezzo della notte in quel viale fin troppo conosciuto?
Era il posto in cui era cresciuta, e per quanto avrebbe voluto non sarebbe mai stata capace di cancellarlo dalla sua testa, dalla sua vita. 
Eppure era ritornata a casa dopo tutto quello che aveva passato. Aveva lasciato qualcosa lì che non riusciva ad ignorare. Lo sentiva nella sua testa, battere come un fastidioso martello. Era qualcosa di più di un semplice ricordo. 
Quella piccola parte del suo passato era ancora presente, e avrebbe dovuto farci i conti prima o poi.


Mosse qualche passo in avanti, entrando nel cortile malandato di quel vecchio stabilimento. Si muoveva lenta, osservando attentamente quel luogo così familiare. I vecchi pneumatici distrutti dal tempo erano dove li aveva visti l'ultima volta. Le cassette di legno, gli alberi spogli, il terreno bagnato che ti sporca le scarpe. Ricordava ancora tutte le volte in cui aveva dovuto pulire i suoi décolleté dopo essere stata in quel posto. Nulla era cambiato.
Camminò lentamente, svoltando il primo angolo, poi si fermò, restando impalata con i piedi affondati nel terreno e con il viso rivolto dinanzi a se.
Anche loro erano lì, dove li aveva visti per l'ultima volta. 
Non riusciva ad avanzare, avrebbe voluto voltare le spalle a quei ragazzi e scappare via. Ma non ci riusciva, non poteva, non voleva.
Deglutì quel orribile nodo che le si era formato alla gola, senza staccare gli occhi da loro che non si erano ancora accorti della sua presenza. 
Li vide scoppiare in una fragorosa risata e quel suono che non sentiva da tempo le illuminò corpo e anima.
Costrinse le sue gambe a muoversi, sentendole pesanti come piombo. Il cuore iniziò a battere forte nella sua cassa toracica, rischiando di esplodere.
Tutto quello non aveva senso, ma d'altronde cosa aveva mai avuto senso in vita sua? 
«E' scappato via come una fottuta femminuccia.» 
Si avvicinava sempre di più, riuscendo a distinguere ogni singola parola. 
Sentiva un maledettissimo peso spingere sul suo stomaco, l'intestino attorcigliarsi su se stesso ed il respiro farsi sempre più pesante.
Se solo avesse saputo che sarebbe stato così maledettamente complicato... Ma ormai era troppo tardi. Non poteva tornare indietro. 
«E poi bam! E' andato a sbattere con la faccia al muro ed è svenuto!» disse il biondino, facendo ridere ancora una volta tutti gli altri. «Me la stavo facendo sotto dalle risate!»
Genevieve si fermò a pochi passi da loro, seduti tutti su due panche poste l'una di fronte all'altra. I primi tre alzarono gli occhi su di lei, bloccandosi di colpo. Gli altri due si voltarono di scatto, dopo aver visto le improvvise espressioni degli amici, e quasi non si strozzarono con la loro stessa saliva.
«Oh mio dio! Non posso credere ai miei occhi.» esclamò il moro del gruppo, sorridendo impertinente. «Genevieve Lawrence!»
La ragazza non gli diede molta importanza, come aveva sempre fatto da quando l'aveva conosciuto. Lei era lì per un altra persona. 
Era tornata per quei due occhi smeraldo che la fissavano smarriti.  
«Ciao Harry.» Buttò fuori tutta l'aria che aveva trattenuto senza neanche rendersene conto. Le bruciavano i polmoni, il cuore, il cervello. Era tutto un fottutissimo fuoco, e faceva male, da morire.
«Qual buon vento?» Il ragazzo dalla pelle olivastra, decisamente troppo scura rispetto a quella degli altri quattro inglesi, si alzò dalla panca, accendendosi una sigaretta e guardando Gen con un sorriso sghembo.
«Chiudi il becco Malik!» il biondo che stava di fianco a lui gli tirò una gomitata e lo guardò serio, ricevendo in tutta risposta un occhiata infuocata.
«Cosa ci fai qui?» Harry si era alzato anche lui. Aveva infilato le mani nelle tasche dei suoi jeans neri consumati dalle troppe volte in cui li aveva messi e guardò la diciannovenne dai capelli nocciola con sguardo duro. I suoi occhi erano diventati incredibilmente scuri per quanto fossero cupi, e la sua mascella era tesa più di una corda di violino.
«Sono tornata.» sussurrò Genevieve con un filo di voce. Le sue iridi azzurre cercavano disperatamente di attaccarsi a quelle verdi di Harry, ma il ragazzo abbassò lo sguardo sulle sue converse bianche.
«Non avresti dovuto.» disse infine, alzando la testa e passandosi una mano tra i capelli. «Perché sei tornata?» chiese ancora, mentre le sue labbra si chiudevano in una sottile linea.
«Possiamo parlare da soli?» Genevieve aveva la tendenza a parlare sempre con quella voce così maledettamente bassa, la stessa che aveva fatto incazzare Harry milioni di volte. Troppo diversi, eppure così dipendenti l'uno dall'altro.
«Quello che hai da dirmi puoi farlo anche davanti a loro.» Harry indicò con un gesto della mano i suoi amici che erano rimasti in silenzio per tutto il tempo, cercando di farsi gli affari propri, anche se quella situazione non poteva di certo essere ignorata.
«Per piacere...» Continuava a torturarsi le mani, mentre sperava che Harry l'avesse accontentata, allontanandosi da lì, solo loro due. Ma questo non accadde. 
Il riccio cercò di trattenere la calma, ma quest'ultima e la pazienza non erano mai state tra i suoi pregi.
«Perché cazzo sei tornata, Genevieve?» sbraitò in faccia alla ragazza, perdendo completamente il senno. Gen sussultò, facendo un passo indietro. «Per stare con me e poi sparire nel nulla facendomi soffrire di nuovo come una cane?» 
Come dargli torto? Aveva deluso l'unica persona che aveva amato più della sua inutile vita. Aveva speso gli anni migliori con lui che era stato la sua "prima volta" in tutto, e poi era scomparsa da un giorno all'altro senza dirgli niente. Cosa si aspettava? Che l'avesse accolta tra le sue braccia sussurrandole dolci parole?  Genevieve lo sapeva che quello accadeva solo nei film e nelle fiabe. La vita reale è uno schiaffo in pieno viso, non ti da mai quello che ti aspettavi. La vita, quella vera, non è mai rose e fiori. Genevieve lo sapeva bene, fin troppo. 
Incassò il colpo basso che Harry le aveva dato, calando il capo e cercando di trattenere le lacrime. Aveva imparato che per essere forti non bisognava piangere, mai.
«Se hai queste intenzioni è meglio che tu lo dica adesso Genevieve. Non ho bisogno di altro dolore.» Harry spezzò quel silenzio, e a voce bassa questa volta pronunciò quelle parole.
«Mi sei mancato più dell'aria, Harry.» Lottò con tutta se stessa per impedire alle lacrime di avere la meglio, ma i suoi occhi lucidi la tradivano senza successo. «Credi sia stato facile starti lontana?»
«Dimmelo tu Gen, io non so più nulla ormai.» mormorò sconfitto il ragazzo davanti a lei. 
«No, non lo è stato. Avevo bisogno d'aiuto, non lo capisci? Se fossi rimasta qui un giorno di più sarei annegata in quello schifo.» Non se ne rese conto che piccole lacrime presero a scendere lentamente dai suoi occhi azzurri. Un mare in tempesta.
«Non mi hai permesso di aiutarti.»
«Dovevo farlo da sola, Harry, combattere quella guerra con le mie forze.»
Genevieve incatenò i suoi occhi a quelli del ragazzo, dimenticandosi completamente dei suoi amici delle numerose avventure.
C'erano solo loro due, nel bel mezzo di quello spazio. 
«Sono tornata.» fece un passo avanti, e un altro ancora, ritrovandosi a pochi centimetri da lui. Poteva sentire il suo cuore battere come impazzito, il suo respiro irregolare sulla sua pelle, quel qualcosa che l'aveva sempre portata a voler desiderare un suo tocco, in ogni istante, senza mai averne abbastanza. Ma il suo problema era proprio quello. Genevieve non avrebbe mai potuto fare a meno di quei capelli disordinati, gli occhi verdi, l'espressione perennemente corrucciata, le sue mani grandi, le spalle larghe e quel carattere che aveva sempre voluto cambiare, ma alla fine era lo stesso che amava incondizionatamente.
«Sono tornata perchè senza di te non riesco ad andare avanti.»
«Hai sbagliato.» disse secco Harry, riassumendo l'espressione dura che aveva poco prima. Per quando l'avesse amata e per quando l'amava ancora il dolore che aveva patito non aveva scuse. «Le cose non sono rimaste a quattro mesi fa Gen, il mondo va avanti.» Perse un battito quando la chiamò con il suo soprannome, ma il sorriso amaro di Harry faceva male.
«Allora è finita, Harry?» mormorò Genevieve con le mani che le tremavano come foglie scosse dal forte vento autunnale.
«E' finita nel momento in cui sei sparita.» le riservò un ultima occhiata piena di dolore, rancore e odio. Odiava il fatto che fosse partita e ritornata senza tener conto di lui, del suo cuore e del suo amore. Odiava il fatto che adesso lei pretendesse che tutto ritornasse come prima. La odiava perché l'amava fottutamente troppo.
  
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