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Autore: bethfuckoff    01/12/2013    4 recensioni
So baby hold on to my heart, need you to keep me from falling apart. I’ll always hold on, because you make me strong.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Harry Styles
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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«Non saprò mai quanti uomini l'hanno amata prima di me, ma so che ognuno, accudendola o scalfendola, ha contribuito a plasmarla, a farla così com'è.»

È un qualsiasi giorno di Dicembre, fare il medico durante il periodo natalizio è una cosa struggente. Per me lo è sempre, onestamente. Quando ho finito il liceo potevo scegliere tra svariate facoltà e invece ho scelto medicina. Mi piace l'idea di poter salvare qualcuno, se non ho salvato me durante la mia miserabile adolescenza, posso salvare la vita di qualcuno. In realtà, quando ero uno specializzando, non pochi anni fa, ero uno dei più bravi. Ho visto cose che ti scalfiscono il cuore, che a volte te lo fanno diventare anche di pietra. Morti troppo premature, la morte è una cara amica ormai. Ho imparato che se inizi a sentirti in colpa per la morte dei tuoi pazienti è la fine. Un altro pomeriggio sta per terminare, l'ospedale ha smesso di parlare, ora tutti si preparano per la cena e poi posso andare a casa. Il mio turno è finito, o almeno così sembra. Sono fermo sulla poltrona e non so cosa aspettare, o cosa fare. Ho una voglia di tornare a casa, abbracciare Beth e stringerla a me. Mancano dieci minuti e poi posso scappare e tornare nella nostra casa. Chiudo gli occhi e suona la sirena del pronto soccorso. Un'altra vita da salvare, mi alzo e mi dirigo verso il corridoio della corsia del pronto soccorso. Ma qualcuno, il mio migliore amico, mi blocca. Strano, non capisco. Poi succede tutto così in fretta, un corpo così fragile che riconosco fin troppo bene. Quei capelli ricci e mossi, che mi solleticano il petto tutte le mattine sono macchiati di sangue. È piena di sangue, la mia Elizabeth. Sento il panico crescere dalle viscere e impossessarsi di me. Sento la rabbia, lo sconforto, unirsi e non esplodere. Il mio migliore amico fa il chirurgo, ne sa più di me. Ma sono fermo, bloccato tra le sue braccia e sento le gambe cedere, la mia Beth. Non mi muovo. Sono fermo. Immobile. «Cos'è successo?» Il mio è un sussurro, una domanda retorica. «Incidente stradale, era sul suo scooter, una macchina non ha rispettato lo stop.» Mi risponde Louis, cercando di farmi mantenere la calma. Ma la calma non c'è, ora c'è tanta di quella rabbia che potrei mettere a soqquadro l'intero ospedale. «Chi cazzo è il figlio di puttana che l'ha conciata così? CHI?» E ora urlo, sbraito, voglio piangere tra le sue braccia. Sono un medico, ma non posso salvare la sua vita. Lei che la vita me l'ha salvata, giorno dopo giorno. Che mi ha aiutato nelle piccole cose, ma anche in quelle grandi. Mi sento inutile, non posso fare assolutamente nulla. «Harry, ascoltami. Vuoi che la operi io?» E la sua voce risuona in quella sala fin troppo grande, c'è un eco spaventoso. Ma di spaventoso ora ci sono solo io. Seduto su una poltrona, con tutte quelle persone accanto a me. Che ha fatto di male la mia Beth? Senza lei sono spaventato, sono debole. Conosco il procedimento, ma non sono pronto. Annuisco a Louis, lui è il chirurgo più bravo che c'è. Ma se sbaglia? Se qualcosa va storto? Io senza lei non potrei vivere. Forse è sbagliato fare di una persona il tuo mondo, ma vanno così le cose. «Mi fido di te.» Riesco a dire solo questo, poi tutto diventa sfocato e il mal di testa prende il sopravvento. Mi stringo nel mio camice bianco con le mie iniziali incise, un medico che non può salvare la sua donna. Lo stetoscopio attorno al collo mi da noia, non lo sopporto. Non sopporto più nulla, quell'aria afosa, le infermiere che cercano di provare pena per me. Arrivano i suoi genitori, mi piacciono e io piaccio a loro. Solo loro possono capirmi, amano Beth anche più di me. Louis mi poggia la diagnosi tra le mani, ciò leggo non mi piace. Trauma cranico e le vie respiratorie sono bloccate. Stringo quella cartella così tanto che si piega un po'. Capiscono che c'è qualcosa che non va, intanto Louis è sparito nella sala operatoria. «Harry, figliolo, che succede?» Ed io ora come glielo spiego? È dura per me, figuriamoci per loro due. «Beth stava andando a lavoro con il suo scooter, una macchina non ha rispettato lo stop e..» Mi fermano, hanno capito tutto. Li accompagno nella sala d'aspetto, è dura per tutti noi. Sorrido, ma quel sorriso è forzato e loro lo sanno bene. All'inizio è stata dura, ma alla fine mi hanno accolto in casa loro come un figlio. Io e Beth abitiamo assieme, dopo tanti sacrifici abbiamo comprato un piccolo appartamento a Soho. È piccolo e forse anche un po' disordinato, come noi d'altronde. I nostri capelli disordinati, i nostri vestiti lasciati ai piedi del letto quando facciamo l'amore. La tazza del tè lasciata sempre sul bancone, il dentifricio senza il tappo. Ma io la amo, la amo solo come un folle potrebbe fare. La amo con tutto il mio cuore e non solo, con la milza, lo stomaco, con tutti i miei muscoli. Di lei amo tutto, anche il più piccolo dei particolari, dei nei sparsi sulla sua pelle, delle sue labbra sempre screpolate. Mi siedo accanto alla finestra e piove, piove e mi ricordo di quel giorno che l'ho conosciuta. Se ne stava seduta al mio solito posto in quel bar a Portobello, sommersa di libri e evidenziatori azzurri. Azzurri come i suoi occhi, dove spesso e volentieri mi ci perdo. Stava leggendo uno dei miei libri preferiti, così occupai il posto vuoto accanto a lei e le parlai. E da allora sono passati quattro anni, ero ancora uno specializzando e lei era una ragazzina alle prime armi nel campo della fotografia. Una lacrima mi solca il volto, riesco finalmente a piangere, a svuotarmi. Sono solo, solo in questa stanza e nel silenzio che inizia a pesarmi. Guardo l'orologio, sono passate tre ore. Fisso la porta, il mio turno è finito, ma rimango ancora qui. Il mio primario mi raggiunge, si stringe nelle spalle e mi sorride. «È fuori pericolo Styles.» I miei muscoli si rilassano, mi asciugo le lacrime e cerco di rimettermi in sesto. Corro dai suoi genitori e annuncio la notizia, mi guardano quasi sorpresi, si aspettavano il peggio. Mi abbracciano e sorridono. «Entra prima tu Harry, vai. » Il padre mi da una pacca sulla spalla e corro via. Ma prima devo ringraziare Louis, ha salvato Beth. Esce dalla sala operatoria, tutto sporco di sangue e sudato. Ha gli occhi stanchi e i muscoli tesi. So quant'è stata dura, toccò la stessa sorte a me un paio di anni fa. Mi sorride stremato, lo abbraccio forte. «È una guerriera Harry.» Lo so, è la mia piccola guerriera. Entro nella stanza e mi disinfetto le mani per bene, mi avvicino al suo lettino. È così pallida, fasciata e sotto l'effetto dei medicinali, ma non mi importa molto. Cerca di muoversi, scuoto il capo e sorrido. «Non ti muovere.» Le dico a bassa voce, ho paura di ferirla anche utilizzando un tono di voce troppo alto. «Non volevo farti spaventare. » Ecco, è sempre la stessa. Si preoccupa per me, quando lei sta così. Scuoto il capo e mi avvicino a lei sorridendo. «Sei forte Beth, sei la persona più forte che io conosca. E io ti amo, tantissimo.» Sembro un bambino, vederla così mi distrugge così tanto. Piango, e rido allo stesso tempo, perché lei mi tira a sé e mi bacia lentamente l'angolo delle labbra. Sorrido perché senza lei io non esisto, io sono meno di zero. Mi ha reso una persona migliore, un medico migliore. «Ho avuto tanta paura, ma ora ci sei tu.» Prendo una sedia e mi metto comodo, io da qui non mi muovo. Io da lei non mi muovo, non la lascio neanche per un momento. «Non ti lascio.» «Promesso?» Mi tiene la mano, la stringe forte e io le accarezzo il dorso dolcemente. «Niente potrà mettersi contro di noi.»





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