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Autore: ChiakiAkito    05/05/2008    5 recensioni
I pensieri di Orfeo mentre cerca di salvare Euridice dalla morte.
Genere: Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Orpheus
Questa storia l'ho scritta per un compito di Italiano, la cui consegna era di reinterpretare il mito di Orfeo, riscrivendolo secondo le proprie idee. Ho sempre amato sia la scrittura creativa che la mitologia greca, quindi questo è un racconto che adoro particolarmente, oltre ad essere una delle poche storie originali che considero abbastanza belle da pubblicare.
Ora, passando al mito stesso: ho sempre pensato che il voltarsi di Orfeo non possa essere stato una sbadataggine, una semplice casualità. Più che altro una scelta: è questo che ho cercato di esprimere nel racconto, e spero di esserci riuscita.

Orpheus


Camminava su per il sentiero ripido e scosceso, col dolore ai piedi per le rocce aguzze sparse sul terreno. Andavano avanti da ore, lui, Euridice ed Hermes, o così gli sembrava: il paesaggio non cambiava mai, sempre spuntoni di pietra e umida oscurità. Un passo dopo l'altro, e Orfeo sentiva- sperava - che la meta era vicina, che avrebbe riavuto presto la sua Euridice.
Non riusciva ancora a credere di avercela fatta, di aver commosso persino il signore degli Inferi col suo canto; ma dopotutto non era forse sempre stata la sua forza, quella della poesia?
Da giovane, in effetti, non aveva avuto altro potere che quello: vedeva gli altri suoi coetanei armarsi di spada e partire, e lui dietro a cantare le loro gesta con la cetra in mano. D'altronde, lui con l'arme non ci sapeva certo fare; la sua forza se l'era creata grazie alla musica, con poesie d'eroi e ballate d'amore, poemi che accompagnati dalla sua voce melodiosa avevano saputo incantare la natura stessa.
E così, quando aveva trovato il corpo senza vita di Euridice, aveva fatto come sempre: cantato il suo dolore, dato voce alla disperazione sicchè anche la terra aveva pianto per lui.

Poi l'aveva trovato.
L'ingresso dell'Ade, le porte del regno che custodiva la sua amata. E non gli importava che la morte fosse un ostacolo insormontabile, sarebbe sceso e si sarebbe ripreso la sua Euridice.
Ci era riuscito. Aveva commosso il signore degli Inferi, era persino riuscito ad ammansire Cerbero e a fermare i patimenti eterni delle anime dannate. La coppia regale l'aveva ascoltato, capito la sua disperazione; e gli avevano dato indietro Euridice, a patto che la guardasse solamente una volta usciti dall'Ade.
Ed ecco lì allora quello strano corteo, lui in testa e un'Euridice ancora senza volto subito dietro- si chiedeva se fosse cambiata in quei mesi, era ancora la giovane donna dalla chioma castana che ricordava?-, poi Hermes a chiuder la fila, come giudice perchè Orfeo non si voltasse prima del tempo.

Euridice era silenziosa, i suoi passi leggeri e senza il minimo suono; e camminava dietro di lui, semplice presenza, e lui non vedeva l'ora di stringerla di nuovo tra le braccia. Spinse quindi indietro una mano, per sfiorarla almeno; guardarla non poteva, quindi si sarebbe accontentato di un semplice tocco.
Euridice, che così bene lo conosceva, raggiunse le dita del cantore con le proprie.

Gli venne quasi da trasalire: la pelle che l'aveva sfiorato era fredda e rigida. Non era certo il fresco che aveva avuto da viva, con la sua carnagione candida: era il freddo che l'aveva raggelato, nel fatidico giorno in cui aveva trovato il suo corpo morto; e fu per questo che il dubbio si insinuò in lui.
Era forse il cadavere quello che gli camminava dietro? Sarebbe tornata tiepida e solare, una volta fuori, o quello che gli aveva restituito Ade era una semplice salma? Plutone gli aveva promesso, dopotutto, solo di restituirla: non aveva mai detto che sarebbe stata come prima. Avrebbe passato il resto della sua vita con un cadavere...?

S'intravvide la luce, in cima alla salita, e sentì le dita esili di Euridice - ancora unite alle sue - tremare. Aveva forse paura? Se davvero era un'anima morta, c'reatura d'oscurità, la luce l'avrebbe davvero terrorrizzata.
Era davvero questo che voleva? L'avrebbe riavuta, sì, ma a che prezzo? Passare la vita con una morta, un essere che odiava la luce? Non sarebbe mai più stata la sua Euridice...
Si avvicinavano all'uscita, e i dubbi crescevano. Più la luce s'ingrandiva, più si convinceva di star sbagliando: sarebbe stata una mezza esistenza nel dolore, per entrambi. E lui non avrebbe mai, mai fatto soffrire la sua Euridice...
Erano a un passo dalla luce, e lui aveva ormai deciso. Lasciò le dita di Euridice, con un profondo respiro...

E si voltò.
  
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