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Autore: LaTuM    05/05/2008    3 recensioni
Vent'anni sono un traguardo importante nella vita ma, soprattutto, sono un traguardo doloroso.
Cosa puoi fare a vent'anni quando, eccetto soldi e notorietà, non ti ritrovi nulla tra le mani?
Si può guardare avanti e godersi la vita. O fuggire...
E questa è una scelta dalla quale non si può tornare indietro perchè, altrimenti, non avrebbe avuto senso compierla.
Genere: Generale, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Escape from the Stars - Epilogo

Disclaimer: I Tokio Hotel non mi appartengono. Questa storia non è scritta a scopo di lucro e nulla di ciò che è scritto è realmente accaduto.

 

Escape from the Stars

 

†…Epilogo…†

 

[- Fly Away -]

 

 

 

Edith lo sapeva.

Avrebbe dovuto aspettarselo.

 

Erano passati tre giorni dalla data prevista per il ritorno di Bill e, del ragazzo, ancora nessuna traccia.

Né una telefonata, né un messaggio.

 

Aveva provato a chiamarlo, preoccupata che potesse essergli accaduto qualcosa ma il cellulare era irraggiungibile, come se non avesse voluto farsi trovare.

 

Gli altri ragazzi erano rimasti leggermente straniti da questo ingiustificato ritardo, soprattutto perché Bill non aveva mai dato buca per un esibizione all’Hocke.

Certo, li aveva fatti vergognare di averlo scelto come cantante tutte le volte che poteva esserci in giro un giovane talent scout, ma nel complesso era sempre stato preciso e professionale – salvi i casi precedentemente citati -.

 

Edith stava osservandola luce del debole sole scozzese lasciare spazio alle ombre della notte e a quelle gocce di pioggia che almeno un paio di volte al giorno facevano la loro comparsa, giusto per ricordare agli abitanti della città dove realmente si trovassero.

 

Il locale era già aperto ma la clientela era ancora piuttosto scarsa.

Per quanto fosse abitudine degli anglosassoni rinchiudersi nei pub alle cinque del pomeriggio ed uscirne - completamente ubriachi - solo a notte fonda, l’Hocke tendeva talvolta a fare eccezione.

Non che gli ubriachi mancassero, ma non era una costante come in molti altri locali.

 

William, George e Wattie erano appena arrivati, per aiutare Sean - che si trovava al locale già dall’ora di apertura - a sistemare gli strumenti sul palco e controllare che i vari microfoni e collegamenti elettrici funzionassero sempre a dovere dato che più volte era capitato che, nel bel mezzo di un’esibizione, il microfono o altri strumenti morissero per un collegamento elettrico scorretto.

 

- Bill dov’è? - domandò la donna allontanando il bicchiere da cui stava bevendo, speranzosa di una risposta rassicurante da parte degli altri ragazzi.

 

- Speravamo che potessi dircelo tu… Noi ci siamo fatti un mazzo così per provarla e se adesso lo stronzo ci da buca, può star certo che gliela faremo passare liscia appena rimetterà piede in questa città… -

 

- Se mai lo farà… - sospirò Edith, malinconica.

 

E come nei migliori film, in cui il colpo di scena che tutti si sarebbero aspettati finalmente prende forma, dall’entrata alle loro spalle provenne la voce affaticata da una probabile corsa che, in qualche modo, sollevò il morale di tutti.

 

- Perché non dovrei? -

 

I ragazzi ed Edith lo guardarono e, dopo essere stato salutato come il peggiore dei ritardatari, i musicisti andarono a importare il palco dopo che Bill gli aveva detto che doveva scambiare due parole da solo con la donna.

 

- Sei tornato, allora… - disse lei, decisa a spezzare quel silenzio imbarazzante che, inspiegabilmente, era caduto su di loro.

 

- Già… -

 

- Come mai ci hai messo così tanto? -

 

- Se ti dicessi che non ero stato tentato dal rimanere in Germania a vita ti mentirei… Ho girovagato un po’. Sono andato a vedere il quartiere dove avevamo abitato io e Tom (scoprendo che lui ci vive ancora), ho preso diversi treni – spendendo cifre esorbitanti e facendo fuori quasi tutti i miei risparmi! Non ricordavo che i treni in Germania fossero così costosi! –

 

- Forse perché ti sei sempre fatto scarrozzare da qualcuno… -

 

- Anche… Comunque ho pure ho rimesso piede ad Hamburg, Magdeburg e Loitsche giusto per… Rivedere quei luoghi… - ammise Bill con voce leggermente rotta – Figuarti che sono andato anche a rivedere il mio vecchio Gymnasium che tanto avevo odiato! -

 

Edith, benché nettamente più bassa del ragazzo, si mise in punta di piedi e gli scompigliò amorevolmente i capelli.

Era un’estranea, verissimo, ma per i suoi ragazzi tirava fuori tutto quell’affetto da zia complice e chiocchiosa, sempre pronta ad aiutarli ma, quando serviva, fargli anche le prediche necessarie per mettere a chicchessia la testa a posto.

 

- Avevi ragione. Mi ha fatto male. Sentire Tom e le sue parole… -

 

- Intendi Brother blei, brother jee… -

 

Bill ridacchiò infido.

 

- Bruder bleib, Bruder geh… -

 

- E io che ho detto! - lo rimproverò Edith, dandogli uno scappellotto sul coppino.

 

- Ahi… - si lamentò lui.

 

- Sei pentito? -

 

- Di cosa? -

 

- Di non essere rimasto in Germania. -

 

Bill fece una strana smorfia, assottigliando gli occhi e mordendosi nervosamente le labbra.

 

- Vado ad usufruire dei bagni e della doccia che hai nel retro del personale perché puzzo come un caprone tibetano e poi, devo togliermi questo schifo di vestiti. L’identità da rapper non fa per me… -

 

- Ma… -

 

- A dopo. - chiuse il discorso Bill dnandole un bacio sulla guancia e correndo verso la porta di legno che l’avrebbe portato alle stanze del retro – Grazie di tutto, Edith. -

 

¤

 

Due anni dopo.

23 marzo 2015.

Edimburgo.

EliXir Arena Backstage

 

- Ottimo concerto… Certo che è sempre una soddisfazione smerdare la critica quando nessuno si aspettava che tue canzoni, in tedesco, riuscissero a varcare la frontiera. - gli aveva fatto notare Alexander, il tour manager, con una punta d’orgoglio nella voce.

 

- Quando uno ha i mezzi per farlo… - rispose semplicemente lui asciugandosi il viso.

 

La doccia post concerto era quanto di più sacro ci fosse.

 

- O un nome alle spalle… -  non aveva mancato di sottolineare acidamente Andrea, ragazza piuttosto robusta con degli strani capelli verdi senza la quale l’intera organizzazione sarebbe stata perduta.

 

- Sai com’è… A qualcosa sarà pur servito quello stronzo. -

 

- Piantala di fare il duro con noi. - lo rimproverò bonariamente Andrea posandogli una mano sulla spalla.

 

- Programmi per stasera? - domandò il biondo, cercando di focalizzare l’attenzione su più futili problemi.

 

Nessuno aveva il diritto di mettere il becco in qualunque cosa riguardasse Bill. Sia che fosse lui a lamentarsi, sia che fosse lui ad insultarlo.

Solo lui poteva parlarne perché, nonostante cercasse di non darlo a vedere gli mancava. E anche molto, ma a nessuna era dato di saperlo. Neanche a se stesso.

 

Bill era affare soltanto suo.

 

- Mi hanno detto che c’è un locale piuttosto bello e famoso da queste parti, ogni tanto fanno anche musica dal vivo… -

 

- La birra è buona? - domandò Tom.

 

- Siamo in Scozia, la patria del whisky e della ale, se non è buona qui… -

 

- E sia, andiamo in questo malfamato pub di Edimburgo… Come hai detto che si chiama? -

 

 

23 marzo 2015.

Hocke - Edimburgo

 

 

- Quest’ultimo pezzo è uno dei miei preferiti della nostra preziosa discografia acquistabile metafisicamente soltanto all’Hocke. -

 

Il pubblico rise alle parole di Bill e gli altri Dead Poets scuoterono la testa, sconsolati.

 

La porta principale del locale si aprì ed entrò un trio di persone l’una più diversa dall’altra:

una fricchettona dai capelli verdi,

un uomo in giacca e cravatta

e un rapper che

non esitarono a sedersi al bancone

ed ordinare tre pinte della miglior ale di cui il locale disponesse.

 

 

 

Una donna sulla quarantina non esitò a servirli mentre,

in fondo al locale,

un gruppo di cinque ragazzi occupava un piccolo palco, privo di qualunque scenografia…

Fatta eccezione per le singolari capigliature di ognuno di essi.

 

Tra creste, rasta colorati o cespugli informi di capelli rossi,

Tom non avrebbe saputo dire chi fosse il più strano.

 

 

 

Bill si avvicinò nuovamente il microfono dopo che ebbe bevuto un sorso di birra – l’acqua oramai la conosceva solo in forma di the o pioggia – e si premurò di ricordare a tutti coloro che erano lì chi fossero e costa stavano per suonare.

 

- Noi siamo i Dead Poets e questa è Fly Away… -

 

Sean battè il tempo  con le bacchette e gli altri ragazzi cominciarono a accarezzare i loro strumenti per dar vita a quella melodia che, da due anni a quella parte, Bill non aveva cessato di cantare… E non solo fisicamente.

 

 

Looking over a million parts of my once called life
Shattered in infinity, cut out by own knife



Quella vita fittizia che si era ricreato si era rivelata molto più vera rispetto a quella precedente.

 

 

The rain is coming,
stormclouds are gathering above
I know it's time for me to go



La pioggia, così caratterista di quella città e di quel paese che, nonostante l’incertezza iniziale l’aveva accolto a braccia aperte quando per lui era il stato il tempo di andarsene.

 

If only I could take you with me,
but the past holds you enslaved
I have to let go of it or it will tear me apart

Bill era dovuto andarsene da solo.

Il suo passato non poteva essere cancellato e non poteva dimenticare ciò che era stato ma, per l’appunto, erano solo ricordi.

 

I sensi di colpa, continuavano a farsi sentire, ma non gl’importava più.

 

Lui aveva scelto. Definitivamente.

 

 

 

I fly away I am leaving this kingdom of lies
Through the storm…

passing hell all for my kingdom come
All for a life one day

-Io me ne vado, questa musica fa cagare il cazzo…-

 

-Ma se siamo appena arrivati?!- protestò Andrea.

 

-La musica resta ugualmente una merda… Godetevi lo spettacolo, io mi faccio riportare in albergo.-

 

Tom lasciò ai due una banconota da dieci sterline ed uscì da locale infilandosi sull’auto che,

 in men che non si dica, l’avrebbe riportato in albergo.

 

“Musica di merda, suonata di merda e cantata… Malinconicamente bene.”

 

Per un singolo istante, Tom si era quasi illuso di aver rivisto Bill su quel palco.

 

 

 

I fly away I am leaving this kingdom of lies
Through the storm…

 

Si era lasciato alle spalle quel regno di bugie.

 

Tutto era cominciato attraversando una monsonica tempesta…

 

E, attraverso una tempesta, tutto era finito.

 

Forse, un giorno, sarebbe arrivato un nuovo temporale che avrebbe sconvolto la sua vita ma per ora la pioggia scozzese poteva anche bastargli.

 

 

-Fine-

 

Note dell’autrice:

 

Epilogo che non sapevo davvero come impostare – anche perché, teoricamente la parte di Tom non era contemplata ma che alla fine ho deciso comunque di aggiungere.

Spero che sia comunque risultato un po’ chiaro.

 

La canzone citata e riportata è FLY AWAY degli STURM UND DRANG  che potete sentire QUI.

Le parole, per me, sono perfette che quasi potrebbe averle davvero scritte il Bill di Escape.

Il ritornello, la prima volta che l’ho sentito, mi aveva ricordato vagamente Heilig e così ho deciso che attorno Fly Away ci avrebbe girato l’epilogo. *decisione presa a gennaio*

 

Spero vi sia piaciuta.

Per me, scriverla, è stata davvero una soddisfazione e, come sempre, un grazie va a Sara perché è stata davvero un incentivo.

Ogni volta.

Grazie mille.

 

Grazie anche a samwhity e fiamma90 <3

 

E con questa FF mi sa che posso chiudere la mia produzione di storie non-twincest XD

Forse, chi lo sa ^__^

Grazie anche a chi ha solo letto – perché lo so che qualcuno l’ha fatto – e, per quanto mi stupisca sempre e di come la storia rientri tra i preferiti di così tante persone [una quindicina come minimo] e almeno cento leggono un capitolo, neanche una abbia qualcosa da dire…

Non è che qualcuno, almeno per l'epilogo, mi lascerebbe almeno due paroline? ^__^ Ve ne sarei molto grata e sono curiosa di sapere se, in fondo, vi è piaciuta o farei meglio a darmi all'ippica XD
Grazie in anticipo <3

   
 
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