Disclaimer: I Tokio
Hotel non mi appartengono. Questa storia non è scritta a
scopo di lucro e nulla di ciò che è scritto
è realmente accaduto.
Escape
from the Stars
†…Epilogo…†
[- Fly Away -]
Edith lo
sapeva.
Avrebbe
dovuto aspettarselo.
Erano passati
tre giorni dalla data prevista per il ritorno di Bill e, del ragazzo,
ancora nessuna traccia.
Né
una telefonata, né un messaggio.
Aveva provato
a chiamarlo, preoccupata che potesse essergli accaduto qualcosa ma il
cellulare era irraggiungibile, come se non avesse voluto
farsi trovare.
Gli altri
ragazzi erano rimasti leggermente straniti da questo ingiustificato
ritardo, soprattutto perché Bill non aveva mai dato buca per
un esibizione all’Hocke.
Certo, li
aveva fatti vergognare di averlo scelto come cantante tutte le volte
che poteva esserci in giro un giovane talent scout, ma nel complesso
era sempre stato preciso e professionale – salvi i casi
precedentemente citati -.
Edith stava
osservandola luce del debole sole scozzese lasciare spazio alle ombre
della notte e a quelle gocce di pioggia che almeno un paio di volte al
giorno facevano la loro comparsa, giusto per ricordare agli abitanti
della città dove realmente si trovassero.
Il locale era
già aperto ma la clientela era ancora piuttosto scarsa.
Per quanto
fosse abitudine degli anglosassoni rinchiudersi nei pub alle cinque del
pomeriggio ed uscirne - completamente ubriachi - solo a notte fonda,
l’Hocke tendeva talvolta a fare eccezione.
Non che gli
ubriachi mancassero, ma non era una costante come in molti altri locali.
William,
George e Wattie erano appena arrivati, per aiutare Sean - che si
trovava al locale già dall’ora di apertura - a
sistemare gli strumenti sul palco e controllare che i vari microfoni e
collegamenti elettrici funzionassero sempre a dovere dato che
più volte era capitato che, nel bel mezzo di
un’esibizione, il microfono o altri strumenti morissero per
un collegamento elettrico scorretto.
- Bill
dov’è? - domandò la donna allontanando
il bicchiere da cui stava bevendo, speranzosa di una risposta
rassicurante da parte degli altri ragazzi.
- Speravamo
che potessi dircelo tu… Noi ci siamo fatti un mazzo
così per provarla e se adesso lo stronzo ci da buca,
può star certo che gliela faremo passare liscia appena
rimetterà piede in questa città… -
- Se mai lo
farà… - sospirò Edith, malinconica.
E come nei
migliori film, in cui il colpo di scena che tutti si sarebbero
aspettati finalmente prende forma, dall’entrata alle loro
spalle provenne la voce affaticata da una probabile corsa che, in
qualche modo, sollevò il morale di tutti.
-
Perché non dovrei? -
I ragazzi ed
Edith lo guardarono e, dopo essere stato salutato come il peggiore dei
ritardatari, i musicisti andarono a importare il palco dopo che Bill
gli aveva detto che doveva scambiare due parole da solo con la donna.
- Sei
tornato, allora… - disse lei, decisa a spezzare quel
silenzio imbarazzante che, inspiegabilmente, era caduto su di loro.
-
Già… -
- Come mai ci
hai messo così tanto? -
- Se ti
dicessi che non ero stato tentato dal rimanere in Germania a vita ti
mentirei… Ho girovagato un po’. Sono andato a
vedere il quartiere dove avevamo abitato io e Tom (scoprendo che lui ci
vive ancora), ho preso diversi treni – spendendo cifre
esorbitanti e facendo fuori quasi tutti i miei risparmi! Non ricordavo
che i treni in Germania fossero così costosi! –
- Forse
perché ti sei sempre fatto scarrozzare da
qualcuno… -
-
Anche… Comunque ho pure ho rimesso piede ad Hamburg,
Magdeburg e Loitsche giusto per… Rivedere quei
luoghi… - ammise Bill con voce leggermente rotta –
Figuarti che sono andato anche a rivedere il mio vecchio Gymnasium che
tanto avevo odiato! -
Edith,
benché nettamente più bassa del ragazzo, si mise
in punta di piedi e gli scompigliò amorevolmente i capelli.
Era
un’estranea, verissimo, ma per i suoi ragazzi tirava fuori
tutto quell’affetto da zia complice e chiocchiosa, sempre
pronta ad aiutarli ma, quando serviva, fargli anche le prediche
necessarie per mettere a chicchessia la testa a posto.
- Avevi
ragione. Mi ha fatto male. Sentire Tom e le sue parole… -
-
Intendi Brother blei, brother jee… -
Bill
ridacchiò infido.
- Bruder
bleib, Bruder geh… -
- E io che ho
detto! - lo rimproverò Edith, dandogli uno scappellotto sul
coppino.
-
Ahi… - si lamentò lui.
- Sei
pentito? -
- Di cosa? -
- Di non
essere rimasto in Germania. -
Bill fece una
strana smorfia, assottigliando gli occhi e mordendosi nervosamente le
labbra.
- Vado ad
usufruire dei bagni e della doccia che hai nel retro del personale
perché puzzo come un caprone tibetano e poi, devo togliermi
questo schifo di vestiti. L’identità da rapper non
fa per me… -
-
Ma… -
- A dopo. -
chiuse il discorso Bill dnandole un bacio sulla guancia e correndo
verso la porta di legno che l’avrebbe portato alle stanze del
retro – Grazie di tutto, Edith. -
¤
Due anni dopo.
23 marzo 2015.
Edimburgo.
EliXir Arena
Backstage
- Ottimo concerto… Certo che
è sempre una soddisfazione smerdare la critica quando
nessuno si aspettava che tue canzoni, in
tedesco, riuscissero a varcare la frontiera. - gli aveva
fatto notare Alexander, il tour manager, con una punta
d’orgoglio nella voce.
- Quando uno
ha i mezzi per farlo… - rispose semplicemente lui
asciugandosi il viso.
La doccia
post concerto era quanto di più sacro ci fosse.
- O un nome
alle spalle… - non
aveva mancato di sottolineare acidamente Andrea, ragazza piuttosto
robusta con degli strani capelli verdi senza la quale
l’intera organizzazione sarebbe stata perduta.
- Sai
com’è… A qualcosa sarà pur
servito quello stronzo. -
- Piantala di
fare il duro con noi. - lo rimproverò bonariamente Andrea
posandogli una mano sulla spalla.
- Programmi
per stasera? - domandò il biondo, cercando di focalizzare
l’attenzione su più futili problemi.
Nessuno aveva
il diritto di mettere il becco in qualunque cosa riguardasse Bill. Sia
che fosse lui a lamentarsi, sia che fosse lui ad insultarlo.
Solo lui
poteva parlarne perché, nonostante cercasse di non darlo a
vedere gli mancava. E anche molto, ma a nessuna era dato di saperlo.
Neanche a se stesso.
Bill era
affare soltanto suo.
- Mi hanno
detto che c’è un locale piuttosto bello e famoso
da queste parti, ogni tanto fanno anche musica dal vivo… -
- La birra
è buona? - domandò Tom.
- Siamo in
Scozia, la patria del whisky e della ale, se non
è buona qui… -
- E sia,
andiamo in questo malfamato pub di Edimburgo… Come hai detto
che si chiama? -
23 marzo 2015.
Hocke -
Edimburgo
-
Quest’ultimo pezzo è uno dei miei preferiti della
nostra preziosa discografia acquistabile metafisicamente soltanto
all’Hocke. -
Il pubblico
rise alle parole di Bill e gli altri Dead Poets scuoterono la testa,
sconsolati.
La
porta principale del locale si aprì ed entrò un
trio di persone l’una più diversa
dall’altra:
una
fricchettona dai capelli verdi,
un
uomo in giacca e cravatta
e un
rapper che
non
esitarono a sedersi al bancone
ed
ordinare tre pinte della miglior ale di cui il locale disponesse.
Una
donna sulla quarantina non esitò a servirli mentre,
in
fondo al locale,
un
gruppo di cinque ragazzi occupava un piccolo palco, privo di qualunque
scenografia…
Fatta
eccezione per le singolari capigliature di ognuno di essi.
Tra
creste, rasta colorati o cespugli informi di capelli rossi,
Tom
non avrebbe saputo dire chi fosse il più strano.
Bill si
avvicinò nuovamente il microfono dopo che ebbe bevuto un
sorso di birra – l’acqua oramai la conosceva solo
in forma di the o pioggia – e si premurò di
ricordare a tutti coloro che erano lì chi fossero e costa
stavano per suonare.
- Noi siamo i
Dead Poets e questa è Fly Away…
-
Sean
battè il tempo con
le bacchette e gli altri ragazzi cominciarono a accarezzare i loro
strumenti per dar vita a quella melodia che, da due anni a quella
parte, Bill non aveva cessato di cantare… E
non solo fisicamente.
Looking over a million parts of my once called
life
Shattered in infinity, cut out by own knife
Quella vita
fittizia che si era ricreato si era rivelata molto più vera
rispetto a quella precedente.
The rain is coming,
stormclouds are gathering above
I know it's time for me to go
La pioggia,
così caratterista di quella città e di quel paese
che, nonostante l’incertezza iniziale l’aveva
accolto a braccia aperte quando per lui era il stato il tempo di
andarsene.
If only I could take you with me,
but the past holds you enslaved
I have to let go of it or it will tear me apart
Bill era
dovuto andarsene da solo.
Il suo
passato non poteva essere cancellato e non poteva dimenticare
ciò che era stato ma, per l’appunto, erano solo
ricordi.
I sensi di
colpa, continuavano a farsi sentire, ma non gl’importava
più.
Lui
aveva scelto. Definitivamente.
I fly away I am leaving this kingdom of lies
Through the storm…
passing hell all for my kingdom come
All for a life one day
-Io me
ne vado, questa musica fa cagare il cazzo…-
-Ma se
siamo appena arrivati?!- protestò Andrea.
-La
musica resta ugualmente una merda… Godetevi lo spettacolo,
io mi faccio riportare in albergo.-
Tom
lasciò ai due una banconota da dieci sterline ed
uscì da locale infilandosi sull’auto che,
in men che non si dica,
l’avrebbe riportato in albergo.
“Musica
di merda, suonata di merda e cantata… Malinconicamente
bene.”
Per un
singolo istante, Tom si era quasi illuso di aver rivisto Bill su quel
palco.
I fly away I am leaving this kingdom of lies
Through the storm…
Si era
lasciato alle spalle quel regno di bugie.
Tutto era
cominciato attraversando una monsonica
tempesta…
E, attraverso
una tempesta, tutto era finito.
Forse, un
giorno, sarebbe arrivato un nuovo temporale che avrebbe sconvolto la
sua vita ma per ora la pioggia scozzese poteva anche bastargli.
-Fine-
Note
dell’autrice:
Epilogo che
non sapevo davvero come impostare – anche perché,
teoricamente la parte di Tom non era contemplata ma che alla fine ho
deciso comunque di aggiungere.
Spero che sia
comunque risultato un po’ chiaro.
La canzone
citata e riportata è FLY AWAY degli STURM
UND DRANG che
potete sentire QUI.
Le parole,
per me, sono perfette che quasi potrebbe averle davvero scritte il Bill
di Escape.
Il
ritornello, la prima volta che l’ho sentito, mi aveva
ricordato vagamente Heilig e così ho deciso che attorno Fly
Away ci avrebbe girato l’epilogo. *decisione presa a gennaio*
Spero vi sia
piaciuta.
Per me,
scriverla, è stata davvero una soddisfazione e, come sempre,
un grazie va a Sara perché è
stata davvero un incentivo.
Ogni volta.
Grazie mille.
Grazie anche
a samwhity e fiamma90
<3
E con questa
FF mi sa che posso chiudere la mia produzione di storie non-twincest XD
Forse, chi lo sa ^__^
Grazie
anche a chi ha solo letto – perché lo so che
qualcuno l’ha fatto – e, per
quanto mi stupisca sempre e di come la storia rientri tra i preferiti
di così
tante persone [una quindicina come minimo] e almeno cento leggono un
capitolo,
neanche una abbia qualcosa da dire…
Non è che qualcuno, almeno per l'epilogo, mi lascerebbe almeno due paroline? ^__^
Ve ne sarei molto grata e sono curiosa di sapere se, in fondo, vi è piaciuta o farei meglio a darmi all'ippica XD
Grazie in anticipo <3