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Autore: Kerplunk    01/12/2013    1 recensioni
Whatsername, She's a rebel, She, Gloria...mille nomi per una sola, speciale ragazza: Amanda.
Ma chi era? Cosa aveva di così speciale da essere rimasta nella mente di Billie per così tanto tempo?
Beh, io l'ho immaginata così:
1988: un gruppo di punk sedicenni che aspirano a diventare qualcuno.
Rodeo: il centro della terra, nel bel mezzo del nulla.
Tra droga, alcol, violenza e musica. Già, musica. La colla della loro amicizia, l'unica via per sfuggire dalle ingiustizie della vita.
Amanda. Una ribelle, una santa.
"Forgetting you, but not the time"
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Buttai il resto della sigaretta per terra, senza finirla. Tanto nemmeno un pacchetto intero di fila sarebbe riuscito a calmarmi i nervi: era il "grande giorno", come amava definire mia madre i miei vari primi giorni di scuola. Ancora mi rimbombavano in testa le sue parole, le uniche che mi aveva rivolto in quindici anni di convivenza: "Svegliati, domani è il grande giorno. Conoscerai nuovi compagni! E vedi di non farti espellere un'altra volta!". Tsk. Di grande c'era solo il numero di imprecazioni che sparavo ogni volta a quell'infernale ricorrenza. Odiavo le materie di studio perchè non riuscivo a ricavarne nulla di buono, visto che i miei progetti per il futuro erano altri. Odiavo i fottuti professori, convinti di conoscere tutti i  problemi degli adolescenti, quando invece di noi non sapevano proprio nulla. Odiavo anche i ragazzi, tutti impegnati a portare a termine le tappe della loro vita perfetta: scuola superiore, college, innamorarsi, marito, figli e morire "soddisfatti",  seguendo lo schema fisso del vissero felici e contenti, bollato come "quello giusto". Vite programmate e monotone. Dio, che schifo. E forse era per questo che puntualmente venivo squadrata da tutti per il mio look o per il mio modo di fare: ero "diversa", rompevo gli schemi della loro patetica vita. Non facevo parte né della schiera  dei "popolari" né del gruppo degli "sfigati".  Ero un "nessuno", intrappolata in mezzo a un mare di idioti che si sforzavano di fingersi ribelli perchè "doveva" esser fatto alla loro età. Patetico. Ne avevo passate troppe per sopportare le loro critiche...ero una bomba a orologeria, pronta a scoppiare.
Tornai dentro e accesi la radio perchè tanto Jenna era già partita. Cristo, Jenna. Non potevo ancora crederci. La sorella che non avevo mai avuto, la mia salvezza. Sorrisi al ricordo della sera prima:
 
Mi trascinai esausta fino alla porta della piccola palazzina tenendo in mano il foglietto con scritto l'indirizzo della nuova casa di Jenna, sulla Suisun Ave. Non feci nemmeno in tempo ad alzare lo sguardo che mi ritrovai soffocata in un abbraccio strangolatore.
-Merda zia, mi soffocherai!-
-Zitta e abbracciami! Dio Am, se mi sei mancata!- si scostò e finalmente riuscii a guardarla in faccia: solite guance pienotte, occhi scuri e capelli color cioccolato che le sfioravano le spalle. Eccentrica e allegra, sempre e comunque. L'opposto della sorella.
-Cristo, sei più figa di me!- Il broncio infantile che seguì quell'esclamazione mi fece scoppiare a ridere.
-Spara meno cazzate e entriamo che ho davvero bisogno di una serata tra ragazze!"-
E dopo una cena a base di...non so...credo fosse carne (mia zia ne sapeva tanto di cucina quanto io di filosofia ma, visto che si era impegnata, non avevo avuto il coraggio di dirle che avevo già mangiato), eravamo finite sul divano, birre in mano, a spettegolare dei ragazzi e a raccontarci degli ultimi avvenimenti. Come due adolescenti qualsiasi. Come le migliori delle sorelle.
-Allora com' è l'ultimo compagno di tua madre?-
-Sinceramente non l'ho mai visto. Più che altro ho avuto l'onore di sentirli "divertirsi" insieme una notte che ero rientrata a casa tardi. Nient'altro.-
-Bleah- Arricciò il naso, disgustata. Non le erano mai andati a genio i metodi educativi di mia madre. E per metodi educativi intendo il costante ignorarmi e il portare a casa gli uomini e rinchiudersi in camera con loro come se nulla fosse. -Come mai sei stata espulsa per la sesta volta?- chiese tentando di risultare seria mentre tratteneva a stento le risate.
-Ehm..settima. Comunque niente, per una stronzata. Un professore si è incazzato perchè l'ho chiamato "maiale"- Cambiai subito discorso per evitare la valanga di ricordi che collegavo a quella scuola e in particolar modo a quell'uomo, perchè avrei rischiato di vomitarle in faccia. E dopo una puntata di Baywatch, una nuova serie televisiva con la quale Jenna aveva una sorta di fissazione, eravamo andate a dormire.
 
 
"God Save the Queen", che stavano passando in radio in quel momento, mi riportò alla realtà. Quella canzone mi ricordava i momenti vissuti con l'unica vera amica che io avessi mai avuto, Megan. E, come se non bastasse, mi era stata portata via anche lei. Da un fottuto tumore allo stomaco. La nostra amicizia, i nostri momenti insieme, i discorsi, le cazzate, le feste devastanti, le sbronzate, gli spinelli...tutto finito quando un bel giorno si era piegata in due e aveva vomitato sangue. Le ultime parole che mi aveva rivolto in preda alle convulsioni erano state: "sei forte abbastanza."
"E invece ero crollata" pensai amaramente mentre mi chiudevo la porta alle spalle.
 
 
 
Che palle. Prime due ore trigonometria e inglese. Mi sentivo in trappola. Da una parte il cancello della scuola era aperto e la voglia di fuggire era tanta, ma dall'altra non volevo incasinare la vita di Jenna con una convocazione dal preside. Non il primo giorno, almeno. Una cosa buona c'era stata: i professori, forse disinteressati dal mio arrivo o forse scoraggiati dal mio sguardo omicida, avevano evitato le inutili e odiose presentazioni. Invece gli studenti mi avevano indicato tutto il tempo, senza risparmiarsi i commenti e le risatine. Mi ero imposta di non abbassarmi ai livelli delle cheerleaders sceme e dei palestrati senza un briciolo di cervello, non ne sarebbe valsa la pena.
Controllai il foglietto: terza ora scienze. Traduzione: non avrei fatto un cazzo di niente per tutta l'ora. Dio, grazie!
O forse no: l'ultimo banco libero era vicino a un tipico esemplare di figo-scemo. Ma porca puttana! Tra tutte le persone che c'erano in quella scuola, il palestrato idiota vicino a me!
-Buongiorno dolcezza. Tu devi essere Amanda, la nuova arrivata. Piacere, Tom- Oddio. Sarebbe stata una lunga ora.
-Sì. Primo giorno, wow.-  Risposi apatica. Non avevo nemmeno stretto la mano. Ci mancava solo il cretino che ci provava con tutte giusto per sentirsi apprezzato e ricambiato. Il classico idiota americano. Un ghigno si allargò sul mio viso quando notai che la mia risposta lo aveva spiazzato. Evidentemente non era abituato ad essere rifiutato.
-Professoressa voglio spostarmi. Qui batte il sole-
-Ah, signorina Stonem, la nuova celebrità. La pregherei innanzitutto di rivolgersi ad un insegnante con la mano alzata e di porgere la domanda con più gentilezza. Sa, in questa scuola, a differenza di quelle che ha frequentato, educhiamo studenti di buone maniere ed interessati alle materie di studio. Se non è d'accordo, e visti i suoi precedenti ho ragione di credere che sarà così, quattro giorni di espulsione non le faranno male- Per un attimo fui indecisa se ridere. Perchè quello era un fottuto scherzo, no?  Aveva stampata sul viso una smorfia di piacere. Sarei riuscita ad arrivare fino alla fine di quella maledetta giornata senza commettere un omicidio??
"Ok, stai fottutamente calma. Jenna, fallo per Jenna."
-Va bene, scusi- Sputai con tutto l'odio possibile.   
-Come prego?- Mi aggrappai al banco per evitare di uccidere qualcuno.
-Mi scusi, professoressa. Ora, per piacere, potrei spostarmi?-
-Molto meglio mia cara. Si metta lì- Le imprecazioni che le stavo amorosamente dedicando nella mia testa avrebbero fatto impallidire un satanico.
-Fanculo- mormorai. Sfortunatamente non mi aveva sentita. Mi alzai irritata e presi la mia roba.
 Mi ritrovai vicino ad un altro ragazzo, più silenzioso. Forse troppo: non mi degnò di uno sguardo o di una minima attenzione, preso com'era a segnare con le forbici il banco. Stava disegnando quella che sembrava essere un basso ed era completamente indifferente a quello che era appena successo. Sì, studenti interessati ed educati. Feci spallucce. Tanto meglio, meno attenzioni, meno rotture.

E finalmente arrivò. Quel suono, il dolce rumore della campanella che segnava la fine di quell'inferno. Cazzo, mi meritavo una canna! Feci per andarmene ma una mano mi bloccò.
-Hey Aspetta. Ti piacciono i Ramones?- Il mio adorabile e "logorroico" compagno di banco stava indicando la spilla della band attaccata alla borsa. Imprecai, al limite della sopportazione, prima di guardarlo in volto: i capelli biondo sporco lasciavano scoperto un bel viso dai lineamenti marcati. E a fissarmi erano due occhi di un azzurro intenso. Aveva uno sguardo pacato e tranquillo. Eppure qualcosa, forse il naso rotto in più punti o l'orecchino, mi suggeriva che non era esattamente un pezzo di santo.  
-Tu che dici? Adesso potresti lasciarmi che vorrei andarmene da questa merda di scuola?-
-Hey, calma ok? Era solo una domanda! - Ok che non ero mai stata un tipo socievole, ma qui nessuno mi lasciava un fottuto attimo di pace!
Qualcosa però mi bloccò dal rispondergli di nuovo acidamente. Qualcosa, in quello sguardo, mi suggeriva che non sarebbe stato poi così tanto male farci due chiacchiere.
-Sì, mi piacciono. E pure tanto. Quello che disegni è un basso?-
-Bene Miss nevrotica. Sei cazzuta oltre che carina!- Disse sorridendo.
-Comunque sì, suono in una band. Magari dopo scuola potresti passare a sentirci. Non siamo così male, un giorno sfonderemo!-
Ridacchiai. Il classico sogno irrealizzabile.
-Di solito quando mi presento a casa della gente so il loro nome- 
-Ah, giusto! Mike, Mike Dirnt.-
-Ok, se mi gira faccio un salto più tardi. Andiamo a fumarci una sigaretta prima di pranzo?- Mostrai il pacchetto facendo il possibile per farmi notare dalla professoressa. A metà lezione avevo mandato a farsi benedire i miei progetti da brava ragazza. Avevo urgentemente bisogno di un'espulsione.
-Che tu sia benedetta, ragazza senza nome!- Mi strappò un sorriso. 
-Sono Amanda. A quanto pare la nuova celebrità in questo cesso di posto. Dai andiamo.-
Mh, non era male.
Forse un salto a sentire quello che strimpellavano l'avrei fatto davvero.





*Aaaaangoloooooooo dell'autriceeeeeeee*

Ok, Ta-daaaaaaaaa. 
Alluora figlioli\e. Inizio col ringraziare le due ragazze che hanno recensito. Vi amo. Inoltre invito i lettori silenziosi a farsi sentire perchè mi farebbe molto piacere...tanto non vi mangio eh ;)
Detto questo....il capitolo è dedicato (di nuovo) interamente ad Amanda. E non succede nulla di particolarmente significativo. Solo sul finale appare un esemplare selvatico di Mike. Vi spoilero che nei prossimi capitoli, finalmente, i nostri ragazzuoli entreranno a far parte attivamente nella storia...Yeeeeeeeeaaaahhhh!
Anyway...Tom, il ragazzo scemo, riapparirà più avanti quindi non è messo lì a caso. Il discorso con la professoressa di scienze era un modo per far vedere che Amanda è perennemente incazzata...sempre sul punto di scoppiare. E ha i suoi buoni motivi, tra cui la misteriosa storia del professore (che scoprirete di capitolo in capitolo) e la scomparsa di Megan. L'unica vera amica che Am avesse mai avuto. 
Ho creato un nuovo look, leggermente meno Punk, per il primo giorno di scuola (il link sopra alla storia)
E il titolo è preso dalla canzone God Save the Queen dei Sex Pistols. Perchè a quella ragazza serve proprio un aiutino da qualcuno!
Eh niente. Vi adoro!

Rage&Love bitches!


 
  
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