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Autore: Notteinfinita    01/12/2013    4 recensioni
L'ennesima missione attende Martin Mystére e la sua squadra...ma saranno capaci di affrontarne le conseguenze?
*****
Dal primo capitolo:
«Nelle ultime settimane si sono verificati diversi casi di manufatti stregati o maledetti.» spiegò la donna «Inizialmente si era pensato ad una casualità ma poi ci siamo resi conto che le coincidenze erano troppe.»
«E avete scoperto che la causa è di una super-razza di alieni che ha deciso di controllarci tramite questi manufatti!» concluse Martin che, rianimatosi, era saltato sulla scrivania di M.o.m guadagnandosi uno sguardo omicida dalla donna.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diana Lombard, Martin Mystère, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NDA:So che non aggiorno da una vita. Chiedo scusa alle mie lettrici. Spero che questo capitolo mi faccia ottenere il vostro perdono.

 

 

Martin si rigirò nel letto per l'ennesima volta, sospirando.

Era domenica pomeriggio; quella mattina, appena sveglio, i medici del Centro lo avevano visitato e, poiché era in perfetta forma, M.o.m lo aveva rispedito a casa a godersi quel che rimaneva del week-end.

Il ragazzo aveva protestato, volendo rimanere vicino alla sua amica, ma la donna era stata irremovibile; Diana era in uno stato di sonno indotto per aiutarla a recuperare le energie e non si sarebbe svegliata prima di lunedì mattina quindi era inutile che stesse lì.

Java e Billi gli avevano proposto di passare insieme la giornata ma lui aveva preferito stare da solo, si sentiva troppo confuso.

Chiusi gli occhi vi pose sopra il braccio destro nello strenuo tentativo di riuscire a rilassarsi un po' ma, come gli era già successo nel corso di tutta la giornata, appena chiusi gli occhi gli appariva davanti l'immagine di Diana. A volte era l'immagine di lei come l'aveva vista quella mattina: addormentata, la flebo nel braccio, i monitor collegati per tenere sotto controllo i parametri vitali e un aspetto estremamente vulnerabile ma, più spesso, le immagini che si rincorrevano nella sua mente erano quelle del Rito che aveva compiuto la sera prima insieme a lei.

Per quanto si sforzasse non riusciva a dimenticare la carezza del suo fiato sulle dita, quando le aveva accostato il pane alla bocca, il profumo dei suoi capelli, il lieve tremore della sua mano quando l'aveva presa nella sua, la dolcezza delle sue labbra, la morbidezza della sua pelle. Ogni particolare sembrava impresso a fuoco nella sua mente e nel suo corpo.

Con un grido di frustrazione, il ragazzo scattò a sedere sul letto.

Non poteva pensare a Diana in quel modo. Lei era la sua amica d'infanzia, la sua partner nelle missioni per il Centro, la sua migliore amica...non era e non sarebbe mai stata la sua ragazza.

Nel tentativo di distrarsi, si alzò e andò a prendere uno delle sue amate riviste sul paranormale ma, dopo averla sfogliata per dieci minuti senza riuscire a capire quello che leggeva, la lanciò in un angolo e prese a passeggiare nervosamente per la stanza.

Per tutta la giornata aveva cercato di distrarsi, di rilassarsi ma senza successo e ormai era giunto al limite della sopportazione.

Senza ulteriori indugi, usò l'U-watch per chiamare il Centro e farsi aprire un portale.

Appena giunto dall'altra parte, si precipitò in infermeria.

Sapeva che se avesse incontrato M.o.m si sarebbe beccato una bella ramanzina ma non gli importava, voleva vedere Diana, sapere se stava bene.

Giunto alla sua destinazione, trasse un profondo respiro ma, prima che potesse aprire la porta, questa si aprì da sola e il ragazzo si trovò davanti proprio colei che avrebbe voluto evitare.

«Agente Mystére, a cosa dobbiamo la sua visita?» chiese con un sopracciglio alzato interrogativamente.

«Volevo vedere come stava Diana.» confessò il ragazzo, non potendo impedirsi di arrossire leggermente.

«Si riprende, ma non velocemente come pensavamo.» spiegò. «Intorno a mezzanotte le sospenderemo la somministrazione dei sonniferi e domani mattina vedremo se si è completamente ristabilita.»

«Posso vederla?» domandò Martin, con apprensione.

«Sta dormendo ma puoi entrare per dieci minuti.» concesse M.o.m.

Con sorriso impacciato, il ragazzo la salutò ed entrò nella camera dirigendosi immediatamente verso il letto su cui Diana era sdraiata.

La ragazza dormiva con i capelli sparpagliati sul cuscino, la mano destra poggiata vicino al viso, il volto rilassato e le labbra leggermente schiuse.

Dopo aver tentennato un po', prese una sedia e si accomodò vicino al letto.

Non riusciva a smettere di guardarla e di pensare quanto gli sarebbe piaciuto riassaporare le sue labbra.

Scrollata la testa per cacciare quel pensiero molesto, si alzò nuovamente in piedi e, dopo un attimo d'incertezza, le sfiorò la guancia con un dito. A quel tocco Diana, emise un sospiro e sorrise.

Temendo di averla svegliata, Martin fece un balzo indietro.

Forse non era stata una buona idea andare lì, si disse, invece di dissipare la sua confusione l'aveva solo aumentata.

A malincuore, lanciò un'ultima occhiata alla ragazza e uscì dal stanza. Doveva scacciare quegli strani pensieri dalla sua testa. L'indomani avrebbe rivisto Diana e doveva tornare il Martin di sempre.

Tornato a casa, indossò una tuta, le scarpe da tennis e uscì a correre. Forse spossarsi fisicamente gli avrebbe permesso di passare almeno la notte tranquillo.

Mentre passo dopo passo si allontanava da casa, cercava di concentrarsi sulla strada da percorrere invece ogni angolo del quartiere gli portava alla mente ricordi della loro infanzia trascorsa lì, dei loro giochi. Presto però quelle immagini vennero sostituite da quelle di loro adolescenti e poi di loro alle prese con le missioni del Centro, dei rischi corsi e dei successi riportati. Quando, infine, giunse nuovamente davanti la porta di casa, era passata più di un'ora, era stremato e non aveva smesso per un attimo di pensare a Diana.

Fatta una doccia e senza aver cenato (per la prima volta nella sua vita), si trascinò a letto dove, per sua fortuna, il sonno lo colse immediatamente.

La notte trascorse velocemente e, quando la mattina si svegliò, stordito e confuso, aveva una sola certezza: aveva sognato Diana.

Appena ebbe acquistato un minimo di lucidità, si rese conto che era lunedì mattina e che quindi quel giorno l'avrebbe rivista.

Con un balzò si fiondò fuori dal letto e iniziò a vestirsi velocemente, uno squillo persistente però attirò la sua attenzione. Compreso che si trattava dell' U-watch, lo afferrò al volo e attivò la comunicazione con il Centro.

«Come sta Diana?» chiese, prima ancora che la sua interlocutrice potesse aprire bocca.

«Sta bene ma il recupero delle energie non è ancora completo quindi tornerà alla Torrington nel pomeriggio.» spiegò M.o.m.

«Allora vengo al Centro.» propose Martin.

«Non è necessario che anche tu perda le lezioni del mattino.» obiettò la donna. «E poi darebbe più nell'occhio se foste entrambi assenti.»

«Ma M.o.m!» tentò di protestare il ragazzo.

«Niente ma. Vai a lezione. Adesso!» ordinò.

«Va bene.» cedette alla fine, chinando il capo, mogio.

«Dimenticavo, se te lo chiedessero, Diana aveva un po' di febbre ma, se si fosse sentita meglio, sarebbe ritornata nel pomeriggio.»

Martin si limitò ad un cenno affermativo del capo, poi, chiuso il collegamento, ripose svogliatamente nella valigia le poche cose che aveva tolto e, in macchina, si avviò a scuola.

Intanto, a qualche chilometro di distanza, una ragazza dai capelli castani si fissava allo specchio con aria critica.

“Questo mio nuovo taglio non mi convince molto” si disse, osservandosi i capelli che in realtà erano solo un po' più scalati del solito.

«Jenni, è ora di andare!» urlò qualcuno fuori dalla stanza.

«Arrivo, mamma!» rispose la ragazza che, dopo un ultimo sospiro diede le spalle allo specchio, afferrò il trolley e uscì dalla stanza.

Giunto alla Torrington, Martin mollò in camera la valigia e si avviò a lezione. Non ne aveva alcuna voglia ma sapeva anche che stare da solo in camera sarebbe stato anche peggio.

Arrivato di fronte alla classe si vide venire incontro una Jenni particolarmente sorridente.

«Ciao Martin!» disse, con fare civettuolo, in attesa dei complimenti che sapeva gli avrebbe elargito il ragazzo.

«Ciao, Jenni.» rispose, invece, laconicamente lui per poi entrare in classe senza degnarla di uno sguardo.

Sinceramente stupita da questo suo comportamento, Jenni cercò di osservalo senza che lui se ne accorgesse per capire cosa gli fosse successo.

Per tutta la mattina il ragazzo fu distratto, non che ciò fosse insolito. La cosa strana era che, invece di dormire, come al solito, si limitava a fissare il vuoto sospirando di tanto in tanto.

Jenni rimase ancora più stupita dal comportamento del ragazzo durante la pausa pranzo. Invece di tentare di abbordare qualche ragazza, come avrebbe fatto di solito, si limitò a consumare il suo pasto seduto in un angolo, da solo. Così, quando lo vide uscire dalla mensa decise di seguirlo.

Dopo averlo perso di vista per un attimo, lo trovò seduto su una delle panchine, nel giardino.

«Hey, Martin, qualcosa non va?» gli chiese, avvicinandosi.

«No, nulla!» rispose il ragazzo, arrossendo.

«Ho capito, problemi di cuore!» dedusse la ragazza, con un sorrisetto.

«Ma che dici!» ribatté lui, alzandosi dalla panchina.

«Ti sei innamorato.» affermò con sicurezza.

«Io non sono innamorato di Diana!» esclamò a quel punto Martin in preda al panico.

In un attimo gli occhi di Jenni andarono dal ragazzo ad una figura appena apparsa alle loro spalle che era, senza alcuna ombra di dubbio, proprio la ragazza oggetto dei loro discorsi.

«Diana, aspetta!» urlò Jenni mentre Martin guardava impietrito la ragazza correre via.

«Io...io devo andare.» disse il ragazzo, appena riuscì di nuovo a parlare per poi fuggire via prima che la ragazza potesse trattenerlo.

Mentre osservava Martin andare via, Jenni pensò che sicuramente tra quei due doveva essere successo qualcosa e che lei avrebbe scoperto di cosa si trattava.

 

 

 

  
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