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Autore: SusanTheGentle    02/12/2013    14 recensioni
Questa storia fa parte della serie "CHRONICLES OF QUEEN"

Il loro sogno si è avverato.
Tornati a Narnia, Caspian e Susan si apprestano ad iniziare una nuova vita insieme: una famiglia, tanti amici, e due splendidi figli da amare e proteggere da ogni cosa.
Ma quando la felicità e la pace sembrano regnare sovrane, qualcosa accade...
"E' solo un attimo, al sorgere e al tramontar del sole, attimo in cui riescono a malapena a sfiorarsi....
Sempre insieme, eternamente divisi"

SEGUITO DI "Queen of my Heart", ispirato al libro de "La sedia d'agento" e al film "Ladyhawke".
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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2. Alla corte di Cair Paravel


Un passo alla volta...
 

 
Durante la confusione che regnò nel momento in cui il Veliero dell’Alba faceva manovra per entrare in porto, la Regina Dolce riuscì finalmente a distogliere lo sguardo dal paesaggio e abbassarlo verso la moltitudine di persone e creature stipate sul molo. Tra la folla, tre volti alzati verso lei e Caspian le inondarono il cuore di gioia: Briscola, Tartufello e il dottor Cornelius.
Stavano davanti a tutti, e si erano resi conto prima di chiunque altro di chi era la giovane donna al fianco del Re.
Anche il popolo, ora che la nave si avvicinava e poteva osservare meglio i volti dei passeggeri, aveva notato la figura femminile accanto a Caspian, e da qualche minuto si domandava chi potesse mai essere.
Tutta Narnia era a conoscenza del fatto che, probabilmente, il Sovrano sarebbe rientrato dal suo viaggio portando con sé una sposa, e anche se ancora non riuscivano a scorgere bene il suo viso, erano ansiosi di sapere che aspetto avesse la loro Regina.
Venne gettata l’ancora e preparata la passerella, ornata di un lungo tappeto di velluto rosso. I Sovrani si apprestarono a scendere, e fu allora che qualcuno esclamò: “La Regina Susan! Susan la Dolce!”
“Non può essere” ribatté qualcun altro.
“E’ lei, vi dico! Guardate!”
“Sì, sì!” affermò un altro ancora. “E’ proprio la nostra antica Sovrana!”
Caspian e Susan sostarono per qualche secondo sul bordo della passatoia, sorridendo e salutando la popolazione.
Lei afferrò più saldamente la mano di lui, rivolgendogli un sorriso abbagliante. “Oh, Caspian! E’ meraviglioso! Io…”
Non trovava le parole per esprimere quel che sentiva. Aveva desiderato e temuto quell’istante per mesi, e mai si sarebbe immaginata tanta calorosa accoglienza. Le vennero le lacrime agli occhi, udendo distintamente le voci di mille e più persone chiamare il suo nome, provando un moto di affetto incontenibile per tutti loro.
Caspian le sorrise a sua volta. “Tu ti meriti tutto questo, e molto di più” le disse, e poi si voltò verso la folla.
Gradatamente, capendo che il loro Re stava per dire qualcosa, il vociare dei narniani si attenuò.
Il Liberatore guardò il viso della sua sposa come se fosse la cosa più bella al mondo. Le prese la mano e gliela baciò. Poi, con gentilezza, la sospinse un poco più avanti, di un passo appena, ma in modo che tutti potessero vederla bene.
“Popolo di Narnia, ecco la vostra Regina!”
E fu allora che la folla esplose letteralmente in grida di gioia.
Il molo venne inondato di petali di fiori colorati, che danzarono nell’aria assieme ai fiocchi di neve prima di toccare terra, mentre le donne e i bambini li lanciavano in aria e gli uomini facevano lo stesso con i cappelli.
Caspian e Susan discesero la passerella e poi misero piede sulla banchina, seguiti da Miriel, Clipse e Tara, Emeth e altri marinai, i quali erano già al lavoro per portare a terra i bagagli.
Stava toccando per davvero il suolo di Narnia, pensò la fanciulla, mentre le lacrime continuavano ad appannarle la vista. Le cacciò indietro, perché voleva vedere ogni cosa che la circondava.
Non avrebbe mai più lasciato Narnia. Non avrebbe mai più permesso a niente e nessuno di indurla a rinunciare o dimenticare. Soprattutto a sé stessa.
Tirò un gran respiro e liberò un nuovo sorriso nel momento in cui si ritrovò di fronte a Tartufello, Briscola e il dottor Cornelius, il quale abbracciò subito Caspian.
“Perdonate la mancanza di rispetto nei confronti di una signora” le disse il vecchio, quando si separò dalla stretta del ragazzo.
“Nulla, caro dottore. So quanto bene volete a Caspian” rispose Susan, chinandosi a baciarlo sulle guance.
“E’ una gioia rivedervi, mia cara. Sono così felice…così felice…”.
Cornelius guardò dal giovane alla ragazza e la sua voce si spezzò. Strinse le mani di Susan con affetto, rivolgendole un sorriso di approvazione. Una lacrima di commozione scivolò dietro gli occhialetti tondi, cadendo a bagnare la sua bianca e folta barba.
“Ehm-ehm” fece una voce alle loro spalle.
“C.P.A!” esclamò Susan, chinandosi a baciare anche lui. “Caro Briscola…”
Il Nano vestiva in un modo che lei non aveva mai visto: portava una giubba blu scuro ricamata finemente, con alamari d’oro e bottoni lustri come specchi, le maniche e il colletto di pizzo, stivali di pelo e calzamaglia nera.
Dopo quel saluto confidenziale, il Nano e la fanciulla si rivolsero un inchino più formale.
Briscola s’inchinò anche al Re, e quando si raddrizzò tirò un sospiro di divertita rassegnazione. “Lo sapevo…voi non vi arrendete mai, vero Sire?”
Caspian rise. “Te l’avevo detto che l’avrei riportata qui, in un modo o nell’altro”
Susan si strinse al suo braccio quando il giovane le cinse le spalle.
“Da oggi in avanti mi avrai sempre intorno, C.P.A” disse la fanciulla al Nano. “Oh, perdonatemi. Forse dovrei chiamarvi Mastro Reggente Briscola” si corresse subito dopo.
“Governatore è meglio, mia signora” la corresse lui, sistemandosi il coletto della giacca, rivolgendole un contenuto sorriso che tradiva tanta gioia.
Susan sorrise vedendolo così impettito. Era insolito vederlo in quei panni. Evidentemente si era dato molto da fare per imparare le buone maniere.
 “Se volete seguirmi, Vostre Maestà” li invitò poi il Nano con un cenno della mano.
La folla si aprì per lasciar passare il Re e la Regina.
Poco lontano da dove si trovavano, la Dolce vide una splendida carrozza dorata, trainata da quattro cavalli bianchi con pennacchi sulle teste e i finimenti d’argento lucente. Sulle porte della vettura c’era l’effige di Aslan e i sedili erano di velluto rosso imbottito.
Appena vi arrivarono vicino, due uomini di mezz’età si fecero loro incontro, si tolsero i cappelli e s’inchinarono quasi toccando la terra con il naso.
Susan trovò davvero esagerato quell’inchino, e capì dall’espressione di suo marito che tra l’uno e gli altri due non correva buon sangue.
“Mio Re,” iniziò il primo uomo, più basso di Caspian di tutta la testa, robusto, capelli corti e grigi come l’accenno di barba e baffi sul volto. “Il vostro ritorno ci rallegra molto, Sire, non sapete quanto”
“Vi ringrazio Lord Ravenlock. Anch’io sono felice di essere a casa” rispose Caspian chinando il capo, con un tono di voce misurato.
Il giovane rivolse un saluto anche all’altro uomo, un poco più giovane del primo, ma non di molto, con barba e capelli castani chiaro.
“Lord Galvan”
“Maestà: io e Lord Ravenlock ci scusiamo con voi per la mancata presenza di Lord Erton, oggi, ma davvero non è potuto sopraggiungere al vostro sbarco”
“Infatti non lo vedo…come mai non è qui?” chiese Caspian, sempre con lo stesso tono di prima.
Susan pensò che sembrava star recitando una parte, e al nome di Lord Erton non le fu difficile capire perché.
Caspian le aveva parlato di quell’uomo e dei suoi due compagni: un terzetto inseparabile lo aveva definito.
Lord Erton era Duca di Beruna, l’uomo più potente del regno subito dopo il Re. Era giudice supremo del tribunale reale di Narnia, e a causa sua, ai tempi di Miraz, erano finite sulla forca più persone di quanto a tutti sarebbe piaciuto ricordare. Una volta, persino un cameriere era finito impiccato sulla pubblica piazza per aver rotto accidentalmente un calice di cristallo.
Susan tremava all’idea di incontrarlo, per queste ragioni e una di più: Lord Erton era stato la causa del più tremendo litigio che lei e Caspian avessero mai avuto, il litigio che aveva quasi messo fine alla loro storia; quell'uomo era colui che aveva deciso deliberatamente di concedere in sposa Lilliandil al Liberatore senza che quest’ultimo ne sapesse nulla.
Susan sentiva già che non le sarebbe andato a genio, e lei non sarebbe piaciuta a quell’uomo…come non piaceva a Caspian. Sia lui che i suoi due compari.
“Purtroppo” riprese Lord Galvan, “il Duca è costretto a letto da un fastidioso malanno. Nulla di grave, un raffreddamento di stagione”
“Capisco” disse il Re. “Portategli i miei saluti”
“Sarà fatto, Sire, con molto piacere”
I due Lord vennero congedati e subito Susan vide il volto di Caspian rilassarsi. Lo osservò attentamente mentre salivano in carrozza.
Caspian non era una persona che si faceva intimidire facilmente, e il fatto che fosse divenuto così teso al solo sentir nominare Lord Erton la preoccupò.
Non appena lo sportello venne chiuso, lei non poté trattenersi dal chiedere: “E’ un uomo così tremendo?”
Lui capì al volo. “Lord Erton? Dipende. Basta non farlo arrabbiare”
Susan continuava a fissarlo e il ragazzo capì che era preoccupata. “Immagina che Lord Erton sia Peter e ripensa a quanto io e lui discutevamo sempre. E’ più o meno la stessa cosa”
La fanciulla fece un’espressione perplessa. “Vuoi dire che dovrò stare attenta a che non vi prendiate a botte?”
Sul volto di Caspian ritornò il sorriso. “No. Non era preoccupazione la mia, sai? In realtà cercavo di trattenermi dal ridere”
“Perché?”. La Regina incurvò le sopracciglia, rimandandogli un’occhiata interrogativa.
“Perché non vedo l’ora che Lord Erton incontri Lord Rhoop”
La perplessità di Susan divenire pura incomprensione, ma Caspian non aggiunse altro.
Forse quel che aveva detto suo marito era vero, forse no – pensò lei – ma non si sentì di chiedergli di più. Annegò in quegli occhi neri e non volle sapere altro. Desiderava solo vederlo sorridere come stava facendo adesso.
Con espressione divertita, Caspian si chinò verso di lei facendole una carezza e un altro sorriso. “Quando arriveremo a corte, capirai cosa voglio dire”
Il corteo reale partì in un trionfante squillare di trombe.
Subito dietro la carrozza dei Sovrani ne veniva un’altra più piccola, e più indietro un’altra ancora. Sulla prima di queste due presero posto Briscola, Cornelius e Tartufello; sulla seconda le tre ancelle della Regina.
Emeth, invece, salì a cavallo a fianco dei Lord di Telmar.
Il corteo percorse le vie centrali della città, dove altre persone aspettavano di vederlo passare.
Affacciate alle finestre, le donne più anziane agitavano i fazzoletti. In strada, i bambini si arrampicavano sulle spalle dei padri o delle creature più grosse per vedere meglio. Le giovani rimasero molto colpite da Emeth, il bel giovane dalla pelle ambrata che videro passare a cavallo accanto ai Lord.
Passarono per le campagne e per i boschi, dove gli animali, anche i più pigri, saltarono fuori e affollarono i lati della strada.
“Venite a vedere!” esclamò una voce squillante, mentre il suo proprietario, lo scoiattolo rosso dalla più bella coda che si fosse mai vista, saltellava da un ramo un altro degli alberi, facendo cadere blocchi di neve ghiacciata sulle teste degli animali sotto di lui.
“Zampalesta, attento!”
“Scusate amici, ma devo svegliare i tre orsi giganti! So che sono in letargo, ma questa non se la possono perdere!”
Ora, l’allegra processione stava attraversando il ponte che divideva l’isola di Cair Paravel dal resto di Narnia.
Tara, Miriel e Clipse si sporgevano dai finestrini della loro vettura per poter ammirare a bocca aperta le mille torri e torrette del palazzo reale.
“Beeellooo!” esclamò Clipse, e quello fu il suo unico commento.
“Magnifico…semplicemente fantastico! E’ il castello delle fiabe! Miriel, guarda, guarda!” esclamò Tara, sporgendosi ancora di più, tanto che la Driade fu costretta a tirarla per la gonna perché non scivolasse fuori dal finestrino.
Miriel e Emeth avevano provato ad immaginare Cair Paravel dal vivo, lo avevano visto su un dipinto appeso nella cabina reale sul Veliero dell’Alba, ma non avrebbero mai compreso davvero quanto grandioso e splendido potesse essere in realtà.
Miriel lo ricordava ai tempi dell’Età d’Oro, convenendo con l’opinione di Susan in merito: il tempo sembrava non essere passato.
Se solo Peter avesse potuto essere lì con lei in quel momento…
Fu con una stretta al cuore che pensò a lui, ma un attimo dopo si riscosse, e un nuovo elettrizzante pensiero sostituì quello più triste: sarebbe stato dentro quel castello che avrebbe coronato il suo sogno d’amore con lui. Peter le aveva promesso di sposarla nella Cappella d’Oro.
Miriel si ripromise di chiedere immediatamente a Caspian e Susan di mostrargliela, una volta che i due amici avessero avuto un po’ di tempo da dedicarle.
Emeth, invece, si rifece al palazzo di Tashbaan, dimora dell’Imperatore Tisroc, costruito in puro oro zecchino dalla testai piedi, con l’altissimo obelisco, le punte delle torri più alte decorate da enormi diamanti, il ponte levatoio blindato…
Il castello di Narnia non era niente di tutto questo. Non c’era ostentazione, solo una pura magnificenza che derivava da ciò che il castello stesso rappresentava; non tanto in aspetto quanto dalla sua storia. Emeth ricordò che Lucy gli aveva raccontato che ai tempi dell’Inverno Centenario, la Strega Bianca aveva cercato di prendere Cair Paravel, ma non c’era riuscita: il castello non le aveva permesso di entrare. In quel momento, il giovane aveva quasi creduto che fosse vivo…
Non si era discostato troppo dalla realtà con quella deduzione. Più vi si avvicinava, più sentiva crescere una strana inquietudine. Non era una sensazione spiacevole: era la stessa che aveva avuto la prima volta che aveva visto Aslan di persona. Cair Paravel sembrava guardare le piccole ed insignificanti creature ai suoi piedi, osservarle e accoglierle tra le braccia rassicuranti che erano le sue mura.
Attraversarono i cancelli principali e si ritrovarono nella cittadella, e Emeth sentì che ogni ansietà scompariva dal suo cuore.
Da che era fuggito dall’Occhio di Falco, con la consapevolezza di non poter più tornare a Calormen, e per quanto l’equipaggio del Veliero dell’Alba lo avesse accolto calorosamente, non aveva ancora trovato un luogo in cui pensare di poter restare. Ma ora, sentiva che avrebbe potuto chiamare quel luogo ‘casa’.
Emeth sorrise appena nell’immaginare come sarebbe stata felice Lucy se l’avesse sentito pronunciare la parola casa associata alla sua Narnia.
“Volevi tanto mostramela, ma ora non sei qui con me per vivere questo momento” pensò il giovane, e se le avesse dette ad alta voce quelle parole, il suo tono avrebbe tradito una punta di rimprovero.
Prima o poi sarebbero stati ancora insieme, diceva Miriel.
Presto, dicevano Caspian e Susan.
Quando?, si chiedeva lui…
Le carrozze rallentarono quando entrarono nel cortile principale e i cavalieri tirarono le briglie dei loro destrieri. Si lasciarono indietro le grida del popolo, il quale avrebbe continuato i festeggiamenti per le strade innevate, per tutto il giorno.
I trombettieri portarono di nuovo i loro strumenti alla bocca per annunciare l’arrivo del Re a palazzo, dove una schiera di nobili lo attendeva. Essi rimasero stupiti nel constatare che non era solo.
Un valletto aprì la portiera. Caspian scese per primo, porgendo la mano a Susan e aiutandola a scendere.
La fanciulla sollevò la lunga gonna e si strinse nel mantello. La neve non aveva ancora cessato di cadere e, guardando in alto, Susan ebbe come l’impressione che i fiocchi danzassero in una musica che solo loro potevano udire.
“Ogni volta è come la prima” disse a Caspian, mentre mano nella mano entravano dentro il palazzo.
“Tutte le volte che io e i miei fratelli tornavamo da qualche battaglia, da qualche viaggio, ci sembrava di non aver mai visto tutta la bellezza di Cair Paravel, e ne rimanevamo estasiati”
“Capisco cosa vuoi dire” le rispose Caspian, “Anche per me è così”
Il Liberatore alzò gli occhi verso le alte torri.
Era stato lontano per tanti mesi…troppi, ma se fosse stato necessario vi sarebbe rimasto lontano ancora più a lungo: se Susan non fosse stata lì con lui in quel momento, se fosse stato costretto a lasciare per sempre il suo regno per stare con lei, lo avrebbe fatto senza esitazione e senza rimpianti.
I due sposi provarono un senso di deja vu quando Tempestoso ordinò agli altri Centauri di alzare le spade e formare un arco: come il giorno dell’incoronazione di Caspian, il giorno in cui si erano lasciati.
Passare sotto quell’arco, adesso, parve loro un modo per chiudersi definitivamente alle spalle la porta del passato e aprire quella verso il futuro.
 “Cair Paravel mi è mancata” disse ancora Caspian, tornando a guardare la sua sposa. “Ma queste mura sono di pietra e possono essere distrutte, com’è già accaduto. Invece tu…”
Si fermò e la prese tra le braccia, dimentico di ogni cosa e che tutti li guardavano. “Nessuno può portarti via da me. Sei tu la mia casa, Sue”
“Amore mio” Susan si mise in punta di pedi e lo baciò sulle labbra, dolcemente. Poi gli sorrise.
Quel bacio, quel gesto di autentico amore, portò i nobili presenti a profondersi in un applauso.
I due giovani si fissarono negli occhi, increduli, Susan arrossì violentemente.
Briscola si avvicinò loro e fece cenno di proseguire. “Vi prego, Vostre Maestà, tutta la corte vi attende”
Dopo quella sollecitazione, non persero più tempo a guardarsi intorno o a perdersi in effusioni, anche se avrebbero voluto correre per quei cortili, giocare ancora a palle di neve nei giardini. Ma non poterono.
Si diressero allora nella sala del trono, dove Caspian avrebbe tenuto il suo primo discorso dopo il rientro dalla sua spedizione.
Anche questa era come Susan la ricordava: con i grandi e colorati arazzi e drappeggi ad ornare le pareti, quella ad ovest tappezzata di piume di pavone, mentre quella ad est esibiva una lunga e spaziosa balconata che guardava sull’Oceano Orientale. Di solito veniva tenuta sempre aperta, a meno che (come in quel caso) non facesse tanto freddo da costringere la servitù a chiudere le immense vetrate. C’erano quattro colonne bianche che si ergevano fino al soffitto di avorio e vetro, così che la luce del giorno vi entrasse senza bisogno di torce o candelabri, i quali si accendevano solo la sera. Il pavimento era di marmo chiaro, così lucido da potervisi specchiare. E poi, in fondo alla sala, innalzati da tre gradini sopra una predella di marmo anch’essa, c’erano i quattro troni d’oro dove una volta Susan e i suoi fratelli avevano seduto come Re e Regine.
Ma c’era un quinto trono in mezzo agli altri quattro e la Dolce ne fu alquanto stupita. Era quasi identico a quelli d’oro, ed era stato posto tra il suo e quello del Re Supremo.
Mentre attraversava il salone insieme a Caspian (quel giorno rimasero sempre mano nella mano e non si separarono mai), gli rivolse una veloce occhiata interrogativa.
“Io non siedo sul trono di Peter” le rispose semplicemente il Liberatore, intercettando il suo sguardo. “Ma tu siederai sul tuo”
Susan si chiese se fosse stato lo stesso Caspian, oppure Aslan, a dare disposizioni perché venisse costruito un quinto trono, ma non ebbe tempo d’indagare oltre. Avrebbe rimandato le mille domande che voleva porre al suo sposo in un altro momento.
Ora, mentre i due giovani salivano i tre gradini, tutti gli occhi erano puntati su di loro.
Miriel si commosse profondamente, e così il dottor Cornelius, quando videro finalmente Susan e Caspian nel posto che li spettava di diritto: sul trono di Narnia.
Tutti i presenti s’inchinarono al Re e alla Regina, la quale venne ufficialmente presentata dal Sovrano come sua moglie e futura madre del principe di Narnia. Tra la folla esultante, solo due uomini avevano facce da funerale. Ovviamente si trattava di Lord Ravenlock e Lord Galvan.
I due se ne andarono alla chetichella dalla grande sala, passando inosservati tra auguri, domande, e mentre Caspian iniziava il suo discorso e presentava i nuovi ospiti del palazzo: Miriel, Emeth e tutti gli altri amici.
I due Lord fecero chiamare un scudiero e gli ordinarono di preparare la loro carrozza. Uscirono da una porta secondaria del palazzo e vi salirono, intimando il cocchiere di far presto e di correre come il vento verso Beruna.
Era ormai sera quando vi arrivarono, le torce del castello erano accese e anche laggiù si festeggiava per il ritorno a Narnia di Re Caspian.
Verso le dieci di sera, dopo aver cenato ed essersi riposati dal viaggio, Lord Galvan e Ravenlock vennero introdotti al cospetto del Duca di Beruna.
Entrarono nelle sue stanze private e gli raccontarono ogni cosa accaduta quel giorno: insieme al Sovrano erano giunti a Narnia nuovi, strani individui: una degli Antichi Sovrani, la Regina Dolce, poi uno straniero del sud e altre bizzarre creature…e ultimi, ma non meno importanti, ben quattro dei creduti dispersi Lord di Telmar.
“E’ assolutamente inaudito!” sbottò Lord Galvan, girando per la stanza a mani conserte dietro la schiena. “Gli accordiamo di intraprendere questo viaggio dal quale avrebbe potuto non far mai ritorno, solo ed esclusivamente perché è stato il Grande Leone a dare il suo primo consenso. Gli abbiamo raccomandato tante volte di prendere moglie per il bene di Narnia e lui prende moglie…sta bene, ma condurre a corte quelle specie di fenomeni da circo…Sua Maestà dev’essere impazzito!”
“Abbiamo imparato a convivere con le creature di Narnia” disse Lord Ravenlock, che era molto più composto del suo compare, e se ne stava in piedi in attesa che l’altro si calmasse. “Per lo più sono innocue, dopotutto”
“Forse, forse, ma sono convinto che il Re abbia esagerato: non può portare a corte chi gli pare e piace, e non può sposare una donna che viene da un altro mondo! Lord Erton, vi prego d’intervenire!”
L’uomo seduto sulla poltrona accanto al fuoco si raddrizzò e lo guardò con occhi penetranti. “E cosa potrei fare, dal momento che mi avete detto che Sua Maestà è già sposato con questa Regina Dolce?”
“Proprio per questo dovete fare qualcosa, Vostra Grazia, o i nostri piani…volevo dire, vostri” si corresse Galvan a un’occhiataccia di Erton “Insomma, saranno vani! Una degli Antichi Sovrani di nuovo alla corte di Cair Paravel…” scosse il capo il Lord,  e stava per aggiungere qualcos’altro quando il Duca lo fermò.
“Silenzio ora, lasciatemi pensare”
Gli altri due aspettarono, mentre Lord Erton si alzava dalla poltrona e dava loro le spalle, fissando il fuoco ardere nel camino.
Lord Ravenlock spezzò un momento quel silenzio, dicendo: “Non avete più avuto notizie di quel Ramandu e di sua figlia, Duca?”
“No.” rispose secco Lord Erton, e non aggiunse altro.
La Regina Susan a Narnia…e il Re si era sposato con lei, probabilmente durante il suo viaggio attraverso l’Oceano Orientale.
Lord Erton non aveva ostacolato quella traversata, poiché con il Re lontano, avrebbe potuto fare quello che voleva a Narnia senza la paura costante di avere il fiato di Caspian sul collo. Ma lui non era da meno con il Re.
Aveva sempre pensato che qualunque donna sarebbe andata bene come Regina, purché non fosse quella donna in particolare.
Il fatto che Caspian X si sposasse o meno non erano affari suoi, si sarebbe detto, ma invece erano eccome affari suoi! Almeno dal suo punto di vista.
Lord Erton non desiderava occupare il trono, era molto più divertente e meno faticoso comandare da dietro le quinte. In più (e lo aveva constatato con Miraz) se il popolo mai avesse deciso di insorgere, sulla forca non sarebbe finito lui, ma il Re. Era uno di quei nobili che tirano le fila di un regno all’insaputa di tutti, persino del Sovrano, restando nell’ombra e manipolandolo a suo piacimento. C’era riuscito con Caspian IX, un po’ meno con Miraz, e pretendeva di fare la stessa cosa con Caspian X.
Lord Erton aveva creduto di vedersi rimosso dalla sua carica il giorno stesso dell’incoronazione del Liberatore. Ma il giovane Sovrano aveva deciso di dargli il beneficio del dubbio quando aveva visto che Lord Erton sembrava veramente pentito della sua condotta passata.
Ovviamente non era vero: il Duca non era affatto pentito, ma aveva corretto il proprio temperamento per continuare ad occupare il titolo di cui Miraz lo aveva investito.
Erton avrebbe servito Caspian X non perché gli volesse bene o lo rispettasse, tutt’altro: lo riteneva un debole come il padre e un arrogante come lo zio, tuttavia avrebbe ingoiato qualsiasi rospo per non perdere i previlegi che gli derivavano dall’essere Duca.
A suo avviso, comunque, il Liberatore non era pronto per essere un Re al pari del genitore o dello zio. Non ancora per lo meno. E prima che lo divenisse con la guida di Aslan, del dottor Cornelius, o di quell’odioso Nano, ci avrebbe pensato lui a portarlo sulla via che voleva.
Erton desiderava che Narnia tornasse quella che era stata i tempi dei loro antenati. Anche se all’apparenza le creature magiche lo lasciavano indifferente (in verità lo disgustavano) e per lo più le considerava innocue proprio come aveva detto Lord Ravenlock, poteva anche accadere che un giorno o l’altro si rivoltassero contro gli umani, riprendendo il pieno controllo del regno. Questo stava già accadendo ‘grazie’ a Caspian, il quale pretendeva di ristabilire le leggi di Peter il Magnifico, e lo aveva dimostrato dando un incarico importante come quello di Reggente a quel Briscola. Insomma, si stavano montando la tesa quelle bestiacce parlanti!
Purtroppo però, Caspian X si era rivelato meno debole di quel che aveva pensato. La forza di volontà di quel ragazzo, il suo essere magnanimo ma di mano ferma, lo portavano a essere un perfetto Sovrano. In tre anni non aveva permesso ad Erton di manipolarlo come egli avrebbe voluto. Il ragazzo era buono, generoso, ma non ingenuo (Caspian IX lo era stato, per questo aveva fatto quella tragica fine. Fine in cui Lord Erton era invischiato. Tuttavia, non c’erano mai state prove che lo incriminassero, perché tutti quelli che sapevano dell’assassinio del Misericordioso erano morti, o come Glozelle partiti per un altro mondo. Ma questa era un’altra storia…).
Lo aveva visto vacillare solo nel momento in cui si era parlato di matrimonio: a quanto pare l’amore, per il Liberatore, era un punto debole.
Non che non volesse categoricamente sposarsi, la realtà era un’altra: aveva già deciso chi dovesse essere la sua Regina, e sempre e solo lei avrebbe amato per tutta la vita, ragion per cui non avrebbe preso in moglie alcuna fanciulla se non lei.
Molto incuriosito da questa vicenda della quale tutta la corte parlava, Lord Erton aveva cercato di scoprire qualcosa in proposito da Lord Drinian, uno dei nobili più vicini al Sovrano, e pian piano si era fatto raccontare la storia del giovane Principe Caspian e della Dolce Susan.
Da subito, al nome di lei, un campanello d’allarme si era acceso nella mente di Erton. Li per lì non vi aveva fatto caso, ma in seguito – e dopo molte riflessioni – aveva capito che se Caspian avesse portato a Narnia una degli Antichi Sovrani e ne avesse fatta la sua Regina, le possibilità di continuare a governare il regno nell’ombra si riducevano di molto. Ma quante possibilità c’erano perché si rivedessero?
Dopo aver riflettuto di nuovo, Lord Erton era entrato in gioco nella faccenda del matrimonio solo dopo aver capito che a Caspian serviva una sposa e serviva un erede; perché un Re senza eredi è un Re dal trono precario, e Lord Erton non poteva permettersi di veder salire al potere qualcuno che gli avesse messo i bastoni tra le ruote. Un esempio? Qualcuno di Calormen, che da tempo immemore cercavano di prendere il regno di Narnia; o peggio ancora!, proprio una creatura magica alla quale il Liberatore avrebbe lasciato il trono. Inconcepibile, ma possibile, se il Re non si sposava al più presto.
Le creature magiche non si lasciano manipolare, e quelli di Calormen nemmeno…
Oltre a ciò, la stirpe di Telmar non poteva estinguersi!
Per questo motivo, quando Aslan in persona aveva scelto una candidata per il Re, Lord Erton aveva insistito perché il giovane si fidanzasse con lei arrivando a dare la sua parola per conto di Caspian. Lord Erton pensava che se non poteva arruffianarsi il Re, poteva farlo con la Regina...
La figlia di Ramandu era parsa seria, posata, ligia alle regole. Non si sarebbe mai intromessa negli affari di stato e meno che mai avrebbe preteso di guidare il regno al fianco del Liberatore. Lilliandil gli era piaciuta, anche se era una creatura magica, e anche lei l’aveva preso in simpatia il giorno che si erano incontrati. Era apparsa entusiasta all’idea di essere Regina. Non tanto per Caspian, quanto perché le era piaciuto molto immaginarsi come la donna più potente del mondo. Una persona del genere era facilmente manipolabile, e lo stesso lo sarebbero stati i suoi figli, che Lord Erton si sarebbe premurato di crescere a Telmar così che avessero potuto assimilarne il pensiero.
Ma adesso…tutte le sue paure avevano di nuovo fatto capolino.
Si era aspettato che Caspian tornasse solo, senza Lilliandil, tanto era cocciuto sulla questione ‘sposarsi per amore’. Andava bene ugualmente, non era indispensabile che sposasse proprio la figlia di Ramandu. Ma in quanto alla Regina Susan…
Gli avrebbe rovinato la piazza, lo sapeva. La Regina Dolce si sarebbe occupata di affari di stato come nel passato. Da quel che sapeva di Susan Pevensie, era una donna irreprensibile, di valori antichi e radicati in lei in quindici anni di regno alla guida di suo fratello Peter, e avrebbe cresciuto i suoi figli nella fede in Aslan e nell'amore per Narnia.
E le creature magiche, con una Regina del passato a fianco del nuovo Re, il Liberatore di Narnia, avrebbero ripreso il controllo del regno con il rischio di spodestare l’autorità degli umani, proprio come all’Epoca d’Oro, quando c’erano solo animali e mostri.
Infine, ultima ma non meno importane ragione, la pace era alle porte. Lui era Duca di una città d’armi, Beruna, e se fosse tornata la pace a che cosa sarebbero servite le armi? Si sarebbe smesso di produrle e lui avrebbe perso la maggior parte delle sue entrate.
Decisamente molto poco allettante come prospettiva...
Quando si voltò nuovamente verso i suoi compari (sembrava passato moltissimo, ma erano solo pochi minuti), Lord Erton fece un sorriso che fece rabbrividire gli altri due.
“Voglio conoscere la mia signora”
Lord Galvan e Ravenlock rimasero un momento silenziosi.
“Domattina partiremo per Cair Paravel”
“Ma…ma Vostra Grazia, siete ancora convalescente”
“Sciocchezze, Lord Galvan!” tuonò Erton “Sto benissimo e sono in grado di viaggiare. Domattina partiremo.” ripeté perentorio.
 

 
 ~·~

 
Al trillo del campanello, Lucy scese di corsa le scale, aprendo la porta d'ingresso e ringraziando il postino che le aveva consegnato un pacchetto avvolto in carta marrone.
“Ciao, Lucy, a domani”
“Grazie, arrivederci!” salutò la ragazza.
Chiuse la porta e lesse l’indirizzo.
Cambridge.
Un sorriso immenso le illuminò il volto.
Rifece la strada all’inverso, salendo le scale in un volo e spalancando la seconda porta che incontrò al secondo piano.
“Guardate!” esclamò, facendo trasalire i fratelli, i quali erano intenti a finire d’indossare la divisa scolastica.
Edmund strattonò per bene i lacci delle scarpe, alzandosi subito dopo, afferrando il pacchetto che la sorella gli porgeva.
Peter, finendo di farsi il nodo alla cravatta, osservò il viso di Lucy con un moto di gioia nel cuore. Erano settimane che non sorrideva così. Da quando avevano lasciato Narnia…
“Ehi, è di Eustace!” esclamò Edmund, iniziando a strappare la carta marrone.
L’involucro conteneva un plico di fogli scritti a macchina e un biglietto.
Edmund lesse ad alta voce: “ ‘Come da promessa, vi invio la prima stesura delle vostre avventure a Narnia. Non è finita ovviamente, è solo una prova, ma considerato che ho sprecato anche diverse notti insonni per dare un senso ai vostri appunti, come minimo dovreste apprezzarla’
“P.S: Edmund, scrivi che è uno schifo!,”
Peter e Lucy risero, Ed invece sbuffò seccato. “Poteva anche non stare alzato la notte, se gli dava tanto fastidio”
“Sempre il solito Eustace” sghignazzò ancora Peter, mentre Lucy, con mani tremanti per l’emozione, dava una veloce scorsa al romanzo del cugino.
Purtroppo non ci fu tempo per leggere nemmeno una riga, perché la madre li richiamò all’ordine, dicendo loro che erano terribilmente in ritardo e dovevano ancora fare colazione.
Mezz’ora più tardi, i tre fratelli correvano giù per le scale della stazione della metropolitana per riuscire a prendere il treno appena in tempo.
Le scuole dove studiavano i fratelli Pevensie erano una di fronte all’altra. Lucy (e prima anche Susan) andava alla Saint Finbar’s, istituto per sole femmine, mentre Peter e Edmund alla Hendon House, per soli maschi.
Normalmente, maschi e femmine non avrebbero potuto incontrarsi tra loro nemmeno durante le ore dell’intervallo, ma i Pevensie, di tanto in tanto, riuscivano ugualmente a sgattaiolare fuori dall’istituto dopo pranzo, quando c’era più confusione e la loro assenza poteva passare inosservata ai professori.
C’era un parchetto molto grazioso proprio a fianco della Hendon House, con un grazioso laghetto di ninfee rosa (Lucy faceva sempre finta che fossero bianche) circondato da boschetto di querce e un bellissimo chiosco bianco sotto il quale i fratelli Pevensie erano soliti sedersi e chiacchierare. Fu proprio lì che si diedero appuntamento all’una in punto.
Peter nel mezzo, Edmund e Lucy ai lati, sfogliavano avidamente le prime pagine di quello che sarebbe divenuto il romanzo di Eustace.
Non riuscirono a leggere tutto parola per parola, vi diedero solo un’occhiata, ma fu comunque un’emozione indescrivibile vedere le proprie avventure riportate su carta.
La storia cominciava con il loro arrivo alla casa del professor Kirke, e per ora terminava nel punto in cui tutti e quattro riuscivano a entrare nel magico armadio.
“Ha la vena dello scrittore, questo bisogna ammetterlo” fu il commento di Peter.
“Non vedo l’ora di sapere come continua!” disse Lucy, elettrizzata.
Edmund la guardò stupito. “Ma come? Sai già come continuerà”
“Lo so, però le nostre avventure raccontate da un altro punto di vista hanno un diverso sapore, non trovate?”
In effetti era vero, convennero i fratelli. Eustace aveva dato alla storia una sua interpretazione, rimanendo fedelissimo ai loro racconti ma mettendoci anche qualcosa di suo, ricreando così bene le ambientazioni, le frasi, gli straordinari personaggi che i suoi cugini avevano incontrato, che pareva quasi li avesse visti con i propri occhi.
“Sembri nervoso, Ed” gli fece notare Peter d’un tratto. “Che succede?”
Edmund sbuffò lievissimamente, ma la sua espressione leggermente corrucciata lo tradì.
“Io lo so perché lo sei” disse Lucy con un rassicurante sorriso. “Non ti è piaciuto il pezzo in cui descrive la Strega Bianca, vero?”
“No, infatti” mugugnò il ragazzo, portandosi la sciarpa fino al naso, incrociando le braccia sul petto e appoggiandosi con la schiena alla panchina. “Non negate: anche voi ci pensate ancora”
Peter e Lucy si scambiarono un’occhiata incerta.
Sì, ci pensavano. I ricordi del viaggio del Veliero dell’Alba erano così piacevolmente vivi nella loro mente…
Purtroppo però, oltre agli istanti più belli era impossibile non rievocare anche quelli più spaventosi.
Preferivano non parlare spesso delle rispettive prove. Menzionarle voleva dire sentire l’inquietudine crescere ogni volta che nominavano la Strega. Ma voleva anche dire essere consapevoli di essere usciti vincitori da tutti i suoi tranelli.
Sembrava assurdo, ma a volte credevano di dover dire grazie a Jadis: grazie per avergli permesso di diventare più forti, fisicamente e spiritualmente.
Per un po’ non parlarono, tutti e tre con lo sguardo smarrito in una parte imprecisata del parco.
Quando parlavano di Narnia, inevitabilmente il pensiero correva a Susan.
Quanto mancava a tutti loro…
Non appena rientrati da Narnia, avevano subito capito che nulla era cambiato. Il tempo non era quasi trascorso nella casa degli Scrubb. La zia Alberta si era affacciata sul ciglio delle scale gridando a gran voce a Lucy di scendere.
“Sei sorda? Ti ho chiamato almeno dieci volte! Ho bisogno che tu vada a fare la spesa. Ah, ed è anche arrivata una cartolina di tua sorella, dall’America”
America? Avevano pensato i tre fratelli e il cugino. Una cartolina di Susan?
Lucy, che si era ritrovata seduta sul pavimento accanto a Peter e Eustace (Edmund stava invece seduto sul letto), era subito schizzata in piedi e si era precipitata fuori dalla porta.
I tre ragazzi l’avevano raggiunta un momento dopo. Lacrime silenziose solcavano il viso della ragazzina, mentre stingeva la petto un cartoncino quadrato. Lo aveva mostrato agli altri, i quali avevano notato che non v’era il mittente, ma solo il destinatario. Non c’era scritto nulla. Quando l’avevano voltata, a tutti e quattro era mancato il fiato per un attimo.
Non raffigurava alcunché che potesse ricordare l’America, c’era invece l’immagine di una rupe sul mare, e un castello, il tutto ricoperto di neve.
Senza parlare, avevano compreso che quella era l’immagine che Susan e Caspian, Miriel e Emeth, e tutti gli altri amici, avrebbero visto al rientro a Narnia. Era Cair Paravel.
Come quell'immagine fosse giunta sin sulla terra, raffigurata su una cartolina, era inspiegabile…o forse no. Forse era spiegabilissimo pensando solo una cosa, un nome: Aslan.
In qualche modo, il Leone aveva sistemato tutto.
La zia Alberta e lo zio Harold erano convinti che Susan si trovasse in America presso alcuni amici dei genitori, per via degli studi forse. Nei giorni a seguire, ricevettero una telefonata dalla madre che diceva loro di tornare a casa. A Finchley, Peter, Edmund e Lucy ritrovarono con sorpresa e immensa gioia anche loro padre. I genitori avevano qualcosa da chiedere ai loro tre figli…
Peter, Edmund e Lucy non capirono bene come fosse stato possibile, ma ora mamma e papà sapevano… sapevano di Narnia. Avevano ricevuto la vista di Susan e in un secondo tempo di qualcun altro del quale non avrebbero saputo fare una descrizione. Un uomo o un’altra creatura, non sapevano dirlo, ma non avevano avuto paura.
Tutto ciò era ovviamente opera di Aslan (molto probabilmente era proprio lui che Helen e Robert Pevensie avevano incontrato).
Peter, Edmund e Lucy risposero a molte domande, ansiosi a loro vota di scoprire come si erano svolti tutti i fatti.
Peter mantenne la promessa fatta a Susan, e raccontò ai genitori di lei e di Caspian… e di tutto il resto.
Il ragazzo era convinto che la stessa Susan avesse già spiegato ogni cosa: in fin dei conti, non poteva essere tornata sulla terra semplicemente per dire addio. Ad ogni modo si sentì ugualmente in dovere di raccontare l’accaduto a costo di ripetersi.
Anche se così fosse stato, la mamma non lo diede a vedere mai. Nei mesi che seguirono chiese diverse volte a Peter di raccontarle ancora e ancora tutto quello che Susan aveva detto e fatto, e di descriverle meglio quest’uomo, Caspian, che la sua bambina amava tanto.
La mamma piangeva sempre durante quei racconti. Si diceva fiera della sua piccola Susy, di quello che aveva realizzato, felice che la figlia avesse trovato la sua strada. Lo pensava veramente, e dopo un po’ la tristezza cedette il passo a una rassegnata serenità.
Papà invece fu lo scoglio più grande. Nonostante le ulteriori spiegazioni del perché Susan avesse scelto quella vita, il signor Pevensie rimase incredulo: non era possibile, non era vero, non era accettabile da nessun punto di vista.
L’atteggiamento di suo padre era comprensibile. Bisognava pazientare che metabolizzasse il tutto, e allora sarebbe venuto il momento in cui ne avrebbero potuto parlare ancora. Ma per settimane con lui non si toccò l’argomento Susan.
Sembrava quasi che anche papà fosse convinto, come Alberta e Harold, che la figlia si trovasse semplicemente lontana da casa e che presto o tardi sarebbe rientrata.
Certe volte, anche Peter e gli altri erano convinti di vederla varcare la soglia di casa. In alcuni momenti sembrava quasi udirla salire le scale, chiamarli.
La mattina, Edmund se ne stava fermo davanti alla porta del bagno per cinque minuti buoni prima di ricordarsi che non avrebbe dovuto attendere all’infinito che Susan finisse di prepararsi, come invece accadeva ormai da anni.
Lui le gridava sempre “Ti muovi? Sto mettendo le radici, qui!”
E lei rispondeva seccata: “C’è un altro bagno di sotto, Edmund Pevensie! Se non riesci a tenerla, basta che scendi le scale!”
Scoppiavano sempre delle liti per la questione ‘bagno la mattina’. Edmund era sempre l’ultimo a svegliarsi, e quando finalmente decideva di farlo, prontamente era Susan occupare il bagno…e Susan in bagno voleva dire fare in tempo a compiere tre giri dell’isolato a passo di lumaca, tornare a casa, riuscire, fare altri tre giri, ritornare a casa e trovarla ancora là.
Ma adesso, quando Ed sostava mezzo addormentato sulla soglia del bagno e poi ricordava che non ci sarebbe stata sua sorella a dirgli di aspettare all’infinito, il ragazzo sentiva come un vuoto nel cuore. Gli mancavano quei battibecchi, ma Edmund (come Emeth a Narnia, e come anche Susan) non esprimeva ad alta voce i suoi sentimenti e spesso si teneva tutto dentro, rischiando di divenire nervoso e trattare male tutti.
Questo aspetto del suo carattere non sarebbe mai cambiato…
Peter, dal canto suo, si chiedeva cosa sarebbe accaduto nel momento in cui il padre e la madre sarebbero stati consapevoli di qualcos’altro: della possibilità di perdere un altro figlio.
Peter aveva promesso a Miriel di tronare e sposarla, e l’avrebbe fatto.
La mamma sarebbe stata in grado di affrontare il dolore di una nuova separazione? E papà? Avrebbe manifestato ancor più invidia per quella terra magica che gli aveva sottratto la sua bambina? Poiché di questo si trattava: invidia, gelosia. Il signor Pevensie era geloso di Narnia, esattamente come Peter era stato invidioso di Caspian quando aveva capito che sua sorella aveva trovato in lui qualcosa che era più importante di tutto il resto. Susan avrebbe sempre amato moltissimo la sua famiglia, ma adesso ne aveva una sua.
Certe volte, i tre fratelli Pevensie si chiedevano se fosse mai stato possibile portare i genitori a Narnia con loro…
Lucy, invece, mossa dal suo costante buon umore, era la consolazione di cui tutti avevano bisogno.
Lei era convinta che presto la famiglia sarebbe stata di nuovo unita. Non sapeva quando, ma sentiva che sarebbe accaduto.
Certe volte, le tornavano in mente le parole che lei e Emeth si erano scambiati una volta: se lei avesse potuto vivere per sempre a Narnia con i suoi fratelli e i suoi genitori…
“Allora non te andresti mai più” le aveva detto Emeth, e lei aveva risposto: “No, mai!”
Spesso, la sera, si sedeva con la mamma accanto al fuoco a rammendare e chiacchierare, raccontandole tutte queste cose. La mamma le chiedeva anche di Miriel, perché se ne avesse chiesto notizie direttamente a Peter, lui avrebbe finito con l’arrossire e balbettare cose incomprensibili.
“I maschi, a volte, sono molto molto più timidi delle ragazze, quando si tratta di parlare di questioni di cuore” diceva Helen alla figlia minore, rendendosi conto quanto la piccola di casa stesse crescendo sempre più in fretta.
“E Edmund? Non ha incontrato nessuno?”
“Ed? No, è troppo immaturo” aveva tagliato corto Lucy con un gesto della mano, come se stesse cercando di scacciare via una mosca.
Ma non era vero.
Lucy e Peter non sapevano che spesso, molto spesso, loro fratello nei suoi sogni vedeva una dolce fanciulla dai lunghi capelli biondi e gli occhi blu come zaffiri...
 





 
Salve cari lettori, eccomi qui con il secondo capitolo!!!
Sì, ci siamo….ecco….Non sono soddisfatta!!!! (ma va??? Direte voi…..) Non ho la mente libera in questo periodo e a volte non riesco a scrivere spensieratamente come facevo con Queen, scusatemi….no, sul serio.
Dunque, abbiamo visto l’arrivo dei nostri Suspian alla corte di Cair Paravel, come dice il titolo. Lo so che volevate più scene tra i due piccioncini, ma ho deciso di allargarmi acne sui pensieri degli altri personaggi, e poi dovevo introdurre il nuovo che andrà a far parte della schiera dei cattivi…
Bè, in realtà sono tre nuovi, ma Lord Erton non proprio visto che lo avete già sentito nominare in “Queen”…vi ricordate, vero?
Che vi posso dire di lui? Per citare Caspian nello scorso capitolo: è un vecchiaccio incartapecorito con un piede nella fossa che creerà non pochi problemi ai Sovrani! Spero di essere stata chiara quando ho decritto i suoi loschi pensieri...
Volevo moltissimo far vedere anche i Pevensie, descrivere un po’ la loro situazione senza Susan e senza i loro rispettivi innamorati. Come vi sembra la reazione dei genitori?
 
Bene! Passiamo ai ringraziamenti!!! (come sempre in ordine alfabetico)
 
Per le preferite:
aleboh, Angel2000, EstherS, Francy 98, HikariMoon, Jordan Jordan, katydragons, Mia Morgenstern, Muffin alla Carota, Mutny_Hina, piumetta, Queen Susan 21, Shadowfax e TheWomanInRed

Per le seguite: Babylady, Cecimolli, ChibiRoby, FioreDiMeruna, Fly_My world, GossipGirl88,  ImAdreamer99, JLullaby, Jordan Jordan, Joy_10, Judee, Mia Morgenstern, niky25, Omega _ex Bolla_ , piumetta, Queen Susan 21 e Shadowfax
 
Per le ricordate: Cecimolli
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:
aleboh, Cecimolli, EstherS, FioreDiMeruna, Fly_My world, GossipGirl88, HikariMoon, ImAdreamer99, JLullaby, Joy_10, (ti adorooo!!!), Mia Morgenstern, Mutny_Hina, painoflove_ , piumetta, Queen Susan 21, e Shadowfax (sei stata la prima!!!)
 
Angolino delle Anticipazioni:
Narnia: Lord Erton e Susan si incontreranno e Caspian non sarà contento…
Tante scene Suspian!!! Dopo un po’ di casini, ci vuole tranquillità.
Pianeta Terra: se in questo capitolo si sono visti Lucy e co., nel prossimo mi concentrerò su Eustace e su una sua cara amica…

 
Due cose prima di concludere:
1-Se volete vedere il cast completo di Nigth&Day, cliccate qui. Volevo precisare una cosa: in “Queen”, il personaggio del medico di bordo non aveva un nome, poi la mia DLF Shadowfax mi ha consigliato di trovarglielo, visto che in questa storia si vedrà ancora e sembrava brutto continuarlo a chiamarlo dottore e basta…Così, insieme abbiamo deciso per Dottor Galileo. In questo modo poi non ci si confonde con Cornelius.
 
2-Per gli aggiornamenti, vi ricordo che potrete trovarli sulla mio gruppo facebook Chronicles of Queen

. Non è che non voglio più avvisarvi uno per uno, è che siete davvero tanti… è per comodità ^^’ E se volete mandarmi una richiesta d’amicizia, ditemi chi siete qui su efp, mandandomi un messaggio in casella possibilmente, ok? ^^
 
Grazie un mondo gente, un bacio enorme e alla prossima!
Susan<3
   
 
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