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Autore: BlueWhatsername    02/12/2013    7 recensioni
Though I try to get you out of my head
the truth is I got lost without you.
**
MISSING MOMENT, Green Eyes, cap. 37/38.
[Se non avete letto la FF, non vi consiglio di leggerlo - giusto per non rovinarvi ogni cosa.]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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-MISSING MOMENT-
 
 
Half a heart without you
 
 
 
 
 
 
È una cosa un po’ strana, in realtà.
Come se tutto il mondo girasse attorno e tu non riuscissi a fermarlo.
Un’altalena di suoni e colori e sapori, anche odori strani, a dir la verità, come una continua giostra col meccanismo inceppato.
Una di quelle giostre che partono lente, lentissime, una di quelle che ti fanno dire: ‘Ehy, sembra quasi rilassante’ ma che ti portano al vomito dopo nemmeno un minuto, tanta è la velocità che raggiungono, e così all’improvviso.
Oppure – e qui ci vuole di più per giungere alla conclusione – pare una catapulta.
Ma sì, uno di quei dannati marchingegni strani su cui sali e bam!, sei lanciato in aria, senza un meta precisa o una velocità esatta, per l’appunto.
Perché è quella che spaventa, accidenti.
Non è la meta o la compagnia del viaggio, ma il modo in cui ci arrivi, a questa dannata destinazione.
Se ci arrivi col sorriso, o con le lacrime. Se ci arrivi solo o in compagnia. Se ci arrivi intero o con qualche pezzo mutilo, il sangue che ti scorre a fiotti e qualche brandello di te sparso in giro per chissà che angolo di mondo.
Se ci arrivi con tutti i pezzi al loro giusto posto o se, per puro scherzo del destino, ti accorgi lungo la strada che quei pezzi non funzionano manco a dovere.
Che andrebbero cambiati, quegli ingranaggi del cazzo che manomettono l’intero sistema.
E allora stai lì, col pensiero fisso che qualcosa potrebbe cambiare, ti dici ‘Ma sì, la situazione cambierà, passerà, tutto tornerà come prima, o no?’, perché te l’hanno insegnato fin da bambino, fin da quando eri nella culla, che il tempo guarisce tutto.
Che cambia le persone e le azioni, le migliora o le peggiore, il tempo logora e rinforza, è come un dio ultraterreno che ha questo duplice potere, fa un po’ da padrone dell’universo, il tempo, no? Sa essere magnanimo e abominevole signore, sa essere paziente, quando ti aspetta nelle tue scelte, e incalzante, quando ti alita sul collo col suo fiato ferino di morte. Sa essere prezioso, e anche deleterio, va gestito con una cura che non si impara da nessuna parte, manco a scuola, quando sei il migliore della classe.
Non si impara, ma nemmeno si insegna.
Non te lo insegnano i tuoi genitori, con le loro paternali e le loro occhiate, con i loro insegnamenti da super eroi, quando ti guardano e ti fanno sentire così piccolo da poter tranquillamente scomparire in un buchetto della mattonella del tuo bagno; non te lo insegnano quando sei nella culla, come vogliono farti credere tutti, quando sei bambino e pretendono di gestire tutto di te, il tuo carattere, i tuoi modi di fare, i tuoi sorrisi, la tua testa.
Anche il cazzo di modo in cui ti pettini, vogliono gestire.
E mentre loro cercano di spiegartelo, di dirtelo, quando cercano di guardarti negli occhi e indagarti, tutto di te muta e cambia, tutto di te si trasforma senza che nessuno – nemmeno te stesso – possa farci niente, possa metterci le mani, plasmare quel tuo animo che si sta a poco a poco condensando in te.
E questo Zayn lo sa bene.
Lo sa così bene che ora come ora nemmeno capisce più cosa abbia nello stomaco, o nella testa, cosa gli passi per quel cervello sconnesso che sembra andare a scatti, così disordinatamente e velocemente da creargli quasi fastidio.
Sembra quasi che nella testa ci siano tante molle che rimbalzano, fanno male, sono infuocate, incidono la carne e bruciano, la sua pelle martoriata puzza di morte, gli sembra quasi di riuscire a sentirla, anche da lì.
Fermo, immobile, con la città al di sotto ed il cielo nero sopra, spera quasi che lo inghiottisca, che se lo mangi, che lo divori.
Sarà sempre meglio di quello che lo mangia dall’interno, invece, di quello che lo sta divorando e che quasi lo fa vacillare. Non che sia mai stato uno in grado di mantenersi in piedi, eh… Anzi. Probabilmente è una di quelle classiche persone che si fanno più male da sole che non per colpa del mondo.
Il mondo l’ha sempre evitato, lui, l’ha sempre schivato, anche a costo di rimetterci un pezzo di sé, anche a costo di rinunciare a tante cose, ma il mondo non gli è mai piaciuto tanto. Chissà, forse troppo affollato e pieno di gomitate da ricevere, troppo denso e appiccicoso, troppo fitto e contorto, per lui, per chi ha intorno, per quello che sente in sé. Non è il suo mondo, quello, non se l’è mai sentito sottopelle come invece ha sempre avvertito altre cose.
Non gli è mai piaciuto del tutto, e non perché volesse semplicemente isolarsi o vivere da solo come uno di quegli ubriaconi che trovano piacere solo nella bottiglia di Vodka e nel gatto appisolato ai piedi della poltrona. Non gli è mai piaciuto, in realtà, perché non ha mai avuto nemmeno un motivo valido per viverselo a pieno.
Sì., vivere la proprio vita come una favola meravigliosa, essere il fratello perfetto, il figlio giudizioso – a parte il televisore lanciato di sotto all’età di sei anni e qualche altra marachella comunque giustificabile, se così si può dire – ed il bravo ragazzo con la faccia pulita che deve esibire, di tanto in tanto, la maschera da duro ed irresistibile, perché altrimenti il mondo – sempre quello schifo di mondo – si fa un’idea sbagliata di te, o no?
Si fa l’idea giusta, magari, ed allora tutto crolla. Come se già non crollasse nella normalità, la realtà ti si sgretola davanti, e tu manco la puoi fermare, maledetto tu, no?
C’è il tempo, quello sempre, quello di poco fa, che divorava e dilaniava, quello che, col passare dei giorni, ti rende sempre meno te stesso e sempre più qualcuno che vorresti essere, ma il cui ruolo ti calza così stretto da graffiarti.
La gabbia è stretta, appiccicosa, di fuoco e artigli, ci si sta male.
E questo Zayn lo sa.
Lo sanno tutti, perfino i suoi compagni di band. Lo sa Liam – santo Liam, potesse lo sposerebbe, a fanculo quel che dicono i giornali, perché Liam lo ama davvero, lui – lo sa Harry e lo sa anche Louis. E poi lo sa perfino Niall, che è davvero il cervello più arguto del mondo.
Lo sanno com’è fatto, lo sa anche il muro su cui ha spaccato qualche pugno che la sua suprema testa di cazzo funziona al contrario, e che non piace manco a se stesso.
Lo sa bene quel muro su cui si è maciullato la mano, ed anche il cuore, su cui ha dato qualche spinta, nemmeno avesse avuto davanti il reale nemico che lo assedia nella testa, lo sa benissimo quel muro, come è fatto lui. Lo sa quel muro della sua camera, perché lui, ogni sera, ci passa le ore davanti a lui, a fissarlo, a fumarsi la sigaretta in silenzio, mentre sente il peso in gola farsi a mano a mano più pesante e più rovente.
Sembra quasi un masso posto al centro del petto, un peso così terribile da sostenere che si fa fatica anche a respirare. E la cosa peggiore è che lui, un peso del genere, non l’ha nemmeno mai sentito.
Sembra strano, no? Il mondo non devi filartelo per forza, insomma, se poi tutti ti stanno sul cazzo è ancora meglio stare a guardare tutti capitombolare e non fare niente.
Ma, se per puro scherzo del destino si trova qualcuno che si vuol sostenere? Se, per disgraziato volere di Dio, si vede un’anima spersa quanto la tua che sembra reclamare il tuo stesso genere di dialogo sventurato al cielo?!
Zayn stringe i denti, mentre l’aria densa della sera gli pizzica le guance, il freddo della notte gli solletica la pelle, è costretto a tirar su il colletto della giacca per non prendersi un malanno. Le dita gli tremano, sono dita contratte e secche, gli pare quasi di star utilizzando il corpo di qualcun altro; da un po’, gli pare di essere qualcun altro.
Sospira, mentre la nicotina gli invade la gola ed i polmoni, si era pure promesso di non ingoiare più quella merda, semplicemente tirare boccate ma non aspirarle. Se l’era promesso, l’aveva promesso a lei.
E poi, invece, ha anche scoperto che lei fuma.
Magicamente, come se niente fosse, se la ricorda ancora quella volta sul balcone a casa di Rachel e Jen, quando gli ha sfilato la sigarette di mano e se l’è portata alle labbra, lasciandolo basito e sconcertato insieme: non è forse Susan una delle persone più integre del mondo?
Eppure no, gli ha dimostrato che tutto cambia, tutti si mostrano com’è all’occasione.
Sorride, involontariamente – la morsa gelida al petto si accentua, e non solo per il freddo – ripensando a quando l’ha vista fumare, quella sera, le dita bianche strette attorno al filtro, le labbra rosse che disegnavano baci anche fin troppo distratti mentre il fumo le abbandonava, lieve e acre.
Scuote il capo, una mano che si poggia volontariamente sulla ringhiera del balcone.
La notte è così silenziosa e pensierosa insieme, ha un che di magico, di… Immenso.
Gli è sempre piaciuta la notte, ha qualcosa che la luce non ha e non avrà mai: ha l’indefinitezza di un sentimento, ha lo svampire lieve dei contorni di un sogno che nessuna luce potrà mai ricalcare. Si brucia, di notte. Si brucia e si pesano i pensieri, ad avercela davvero una bilancia adatta allo scopo, ragiona, mentre il catrame della sigaretta gli scende giù, in gola, sa già che l’indomani mattina Liam gli dirà che la sua voce è più roca del solito. Harry borbotterà qualcosa riguardo alla merda che ingoia fumando, mentre Louis si limiterà a scuotere il capo, magari dopo cercherà anche di parlargli. Spera almeno che Niall non faccia tutte queste scene perché lui, davvero, certe cose non le regge.
Sospira, guardando giù.
Le luci delle macchine e dei palazzi quasi lo accecano, i rumori sono ovattati, lontani, ma persistenti nella sua testa.
Gli fanno male. Tutto va male, da un po’.
Inutile negarlo, da quando lei non c’è va tutto a puttane.
Senza giri di parole, è così.
E respirare, sapendo che lei non c’è, gli fa male al petto, lo brucia, si sente incazzato e spaesato. Si sente solo, come se lo avessero strappato dalla culla e buttato in un fiume gelato. Come se qualcuno avesse voluto a tutti i costi rompere la barriera protettiva da lui così facilmente costruita.
Dopotutto, niente è mai stato più spontaneo e diretto che l’amare lei.
Chiude gli occhi, stringe i denti, quella scena si è ripetuta così’ spesso negli ultimi tempi che si sente più stupido ogni volta che queste sensazioni tornano a tormentarlo. Qualcosa di così bruciante e intenso da infastidirlo terribilmente; gli fa male, non gli dà tregua questo strano sentimento di incazzatura e confusione che sembra ormai stargli addosso come una seconda pelle.
E lui lo sa, lo sa che sbaglia terribilmente a comportarsi così, a mentire a Liam, a non dar retta a Harry quando si incazza e gli urla contro quanto sia stupido, a non ascoltare Louis – quello con cui discute più, ma solo perché hanno lo stesso carattere maledetto e pignolo, a volte non sanno prendersi ma basta uno sguardo per appianare qualsiasi cosa – e non seguire gli occhi di Niall, il testardo e combattivo irlandese che è più forte di un muro di cemento armato.
Lo sa che sbaglia, che scavarsi la fossa da solo non serve a niente, che nemmeno in un milione di anni riuscirà più a tirarsi su se continua su quella strada maledetta dell’abbandono e della dimenticanza.
‘Va’ da lei’, gli ha detto Harry. E come? Con quale coraggio dovrebbe presentarsi da lei, ora, che sembra aver scelto così bene la sua strada?
Nemmeno Will, che pure la ama più di qualsiasi cosa sulla faccia di quello schifo di mondo – perché è proprio una merda, questo mondo, negarlo sarebbe utopia e lui s’è proprio stufato di raccontarsi (e sentirsi raccontare) cazzate – non sa che fare, glielo legge negli occhi ogni mattina, quando incrociano gli sguardi. Lo legge benissimo che pure lui non sa che pesci pigliare, che darebbe via un polmone per saperla di nuovo con loro, di saperla disperata ed incazzata e distrutta, ma ancora insieme.
Ed invece così non sa niente, di lei. Non sa niente perché lei non c’è.
Zayn stringe i denti, le ciglia lunghissime gli pizzicano ai lati degli occhi, bruciano, fanno male. Si costringe a pensare che sia solo per colpa dell’aria fredda della notte che sente quel fastidio agli occhi, quel nodo alla gola, quel maledetto desiderio di prendere – di nuovo – a pugni il muro e a calci quella ringhiera.
Prenderebbe a calci se stesso, e per moltissime cose.
Per non essere stato in grado di averne abbastanza cura, di lei, così piccola e fragile – pure se all’apparenza sembra fatta di cemento armato, il guscio sottile di granito che la protegge si frantuma con davvero pochissimo, le sue cicatrici al di sotto sono spesse e dolenti, e lui non ha saputo alleviarle.
Per non essere stato in grado di fermare quelle lacrime che la stavano prosciugando, quando ha scoperto la verità, quelle lacrime che sembravano voler soffocare il colore fortissimo e brillante dei suoi occhi marroni e penetranti.
Per non essere stato capace a sorreggerla, nel momento del bisogno, quando sarebbe servito davvero, un suo abbraccio, uno di quei loro soliti abbracci forti e bollenti, in cui sembrava quasi di perdersela, nelle braccia, tanto riusciva bene a raggomitolarsi contro il suo petto.
Per non essere stato capace ad assorbire quel dolore, quando ha visto che l’ha frantumata, facilmente e velocemente, mentre le sue piccole dita tremavano e la sua bocca rossa sbiadiva, per colpa del pianto, mentre la rabbia l’assediava e la confondeva, mentre urlare le veniva più facile che non ragionare.
Ma Zayn l’ha sempre saputo che lei ha quel carattere, che è di pietra, di ghiaccio, è imbattibile, è invincibile, quella ragazza, non si tira indietro; la paura, lei, se la mangia a colazione. Non ha timore di sfidare le regole né di abbatterle, se ne infischia del mondo, è simile a lui… Piccola, ma coraggiosa il triplo.
E Zayn si sente minuscolo, in quel momento. Di fronte al buio della notte ed al rumore della città, gli pare davvero che il cuore possa arrivargli alla gola, e poi esplodere. E allora a niente servirebbero i pugni al muro o le lacrime di rabbia – quelle che si è costretto a versare, da solo, dopo aver lanciato il telefono dall’altra parte della stanza, al quindicesimo squillo che lei ignorava, dall’altra parte.
Magari neanche le andava di rispondere, si trova a pensare, accendendosi un’altra sigaretta e prendendone una boccata così piena e densa che spera, per un attimo, di sentirsene sopraffatto a tal punto da non avvertire più niente. Gli fa male sentire, gli fa malissimo percepire.
I sentimenti li ha sempre saputi gestire, in realtà. C’è stato un periodo in cui sembrava che le emozioni fossero la cosa più improponibile del mondo, era complesso mantenerle a posto, catalogarle e domarle, solo con gli anni è diventato sempre più bravo a prenderle e metterle sulla mensola, in fila ordinata, come tanti tasselli di un puzzle che si teneva precariamente in piedi.
Le mensola era debole, le viti che la tenevano attaccata al muro lo erano ancora di più, ed è bastato un suo sguardo a far tremare la parete e lasciarla scivolare a terra, sparpagliando ogni emozione come micce pronte ad esplodere.
Scuote il capo, mentre una porta sbatte, in lontananza, il rumore della città si attenua, tutto si sta preparando a riposare, tranne quel che ha nello stomaco.
Una bestia feroce farebbe meno male, graffierebbe sicuramente con più gentilezza di quel tormento che lo sta portando alla pazzia. Non si direbbe nemmeno… Afflitto.
No, la realtà è che non sa nemmeno come sentirsi.
Quando c’è un problema, è sua consuetudine risolverlo, chiedersi cosa bisogna fare e cercare in tutti i modi di fare qualcosa di utile; ma cosa è utile quando sa, con sicurezza, che lei non vuole il suo aiuto?!
Non lo vuole, o avrebbe risposto a quel cazzo di telefono.
Avrebbe evitato che si fratturasse – quasi – la mano al muro, che litigasse con Liam e Louis per averlo fermato, che dicesse ad Harry che doveva occuparsi di altro, che non – come non fosse bastato – rivolgesse parola a Niall, quando gli era venuto a chiedere se volesse del disinfettante. Era stato il comportamento di un ragazzino viziato, il suo, di un bambino a cui hanno distrutto il sogno di favola a cui si era costretto a credere solo per puro egoismo e fantasia, solo perché, attraverso gli occhi di lei, tutto era sembrato migliore, fino a quel momento.
Avrebbe evitato di fargli passare notti insonni, a consumare il pacchetto di sigarette nella speranza che il cellulare si illuminasse all’improvviso e un ‘Idiota, mi serve il tuo aiuto’ lampeggiasse sul display. Avrebbe evitato di farlo svegliare male, di non fargli pronunciare parola se non un qualche debole verso che, con tutta probabilità, proveniva dalla bestia che c’era in lui, e non dalla parte razionale del suo cervello.
Ed ora come ora gli sembra quasi egoismo pensare certe cose, pare quasi che le stia addossando la colpa di qualcosa, quasi che… Vederla così debole e dilaniata dalla delusione gli dia il diritto di avercela con lei, per aver ceduto, trascinando anche lui in quella vertigine.
La verità e che non sa perdonarsi, questa debolezza, non sa proprio che pensare di ciò che gli vaga per il cervello, vorrebbe solo avere la facoltà di aprirsi la scatola cranica ed estirpare qualsiasi cosa incida a fuoco nei suoi pensieri in quel modo, sbilanciandolo a tal punto da farlo sentire… In quel modo.
Ed è una roba strana da dire, perché – ride al solo pensiero, l’ironia della vita sta anche nello sbellicarsi quando tutto va a puttane, tanto non potrà andare mai peggio, no? – tutti gli hanno sempre detto che lui, a lei, teneva fin troppo. E lo sapeva bene anche lui, l’ha sempre saputo.
Anzi, non ha mai negato di volerle bene, ma di quel bene… Strano. Quel bene strano che non è nemmeno bene… Bene. Una roba assurda, così indefinibile e… Tangibile. Insomma, è stata una cosa quanto mai insolita, no? Susan non è mai sembrata il tipo di persona che poteva essere avvicinata con tanta facilità, lei è così… Scuote il capo, mentre migliaia di immagini gli passano a ripetizioni nel cervello, persino la sigaretta ha cambiato sapore nella sua bocca, è amara e fredda, gli brucia la gola.
Susan è sempre stato il tipo di persona più facile da allontanare che non da prendere vicino a sé, riflette, gettando la cicca ai suoi piedi, lasciando che bruci al suolo; la osserva con attenzione, prima di pestarla.
Il fumo che trapela da sotto la suola della scarpa forma una nuvoletta, lieve, opaca, il fumo puzza.
Quanto somiglia al suo cuore, si trova ancora a pensare, senza riuscire ad alzare gli occhi: qualcosa di bruciato, che emette sbuffi di un sentimento quasi inconsistente ma tenace.
Si sente svuotato, come se quel cuore gliel’avessero preso e strappato. Letteralmente.
Ed è così… Stupido sentirsi così.
Così schifosamente idiota e senza senso.
Dovrebbe essere fuori, a cercarla, non a dirsi quant’è coglione mentre guarda il panorama da un cazzo di balcone. Ecco la verità, ha paura.
Ma sì, quello lo ha sempre saputo alla fin fine, che fosse letteralmente un codardo, rispetto a lei.
Lei no, lei è coraggiosa, lei apprezza il pericolo, lo sfida. Gliel’ha sempre letto negli occhi, quel fuoco distruttore che spazzerebbe via un deserto, e l’ha sempre invidiata per quel moto incendiario che ha al centro del petto, lì dove il suo cuore batte ad una velocità indicibile – specie se sono vicini, gliel’ha confessato proprio lei, una volta.
Sorride, spontaneamente, ripensando a quando, stretti su una poltrona, lei gli abbia detto ‘Sai Malik, mi manca un pezzo quando non ci sei, hai presente come quando ti tolgono le tonsille e tu devi abituarti che t’abbiano tolto un pezzo? Ecco, tu sei come una tonsilla, solo che non bruci in quel modo, no… Posso chiamarti tonsilla, ti offendi?!’, in quel modo naturale che ha sempre di dire le cose, Susan.
Con la schiettezza di sempre, in quel modo in cui gli occhi le brillavano di brutto, parevano quasi essere liquidi e densi a tal punto da luccicare sul serio. E pare una stronzata dirlo, ma… Quei suoi occhi erano vivi davvero.
Boh, è una cosa strana, pensandosi manco sa spiegarsela, ci ride sopra – pure se ci sarebbe da prendere a pugni il muro, quel pensiero è così insistente che, ne è certo, prima di qualche ora avrà mollato un pugno a qualcosa, tanto per togliersi lo sghiribizzo – ed è l’unica cosa che gli pare plausibile fare, arrivato a quel punto della questione.
Insomma, quant’è stramba quella ragazzina?
Lei è tremenda, lo sa anche il cielo quanto sia scapestrata e fuori controllo, è quasi impossibile darle una regola che lei subito la ribalta. O la ignora, peggio. E nemmeno le si può dire niente, insomma… Zayn ci riflette, il sopracciglio si piega in automatico, chi mai avrebbe il coraggio di contestarle qualcosa? Anzi, meglio… Chi diamine avrebbe mai il coraggio di rimproverarla? Non si può. Con Susan è quasi impossibile tentare di emettere rimproveri.
Anche perché lei non li ascolterebbe – solleva le spalle, per riflesso involontario, nemmeno stesse spiegando che due più due fa quattro ad un bambino – e probabilmente ci riderebbe sopra.
Lei è ambiziosa, pure se lo dà poco a vedere, preferisce tenersele per sé le cose importanti, che sbandierarle al mondo. Il mondo non capisce, purtroppo, si ritrova a pensare con amarezza, il mondo è crudele, ed un cuore gracile come quello di lei se lo mangia in un sol boccone.
Lei è capricciosa, e anche testarda, gli viene da ridere se pensa al modo in cui riesce ad impuntarsi sulle cose, mette quella specie di broncio assurdo, prima o poi quel sopracciglio farà il giro della morte se non la pianta di farlo scattare in quel modo. Ride, e la cosa gli sembra quanto mai tragica, visto che sente un magone in gola che nemmeno a dieci anni, quando la madre l’aveva messo in punizione per giorni.
Ed un nodo allo stomaco così stretto da fargli anche pizzicare gli occhi.
Sospira, rimandando indietro qualcosa che preme per salirgli in bocca, di sicuro il fiele che il suo animo vuol rigettare. È amaro, dolente. Lo fa sentire uno schifo, e questo lui lo odia.
Così come odia andare a dormire – e quando ci va – col cellulare in mano, a rileggersi i vecchi messaggi, o a guardarsi le vecchie foto stupide che hanno fatto – che lui l’ha costretta a fare, per la precisione, Susan odia fare foto, preferirebbe farsi spellare viva, e le uniche che è riuscito a strapparle sono state a tradimento.
Senza pensarci estrae il cellulare dalla tasca – per un attimo l’idea folle che lei possa avergli mandato un messaggio lo assale, era così naturale quella cosa, accidenti, che non leggere più le sue parole gli pare proprio una punizione divina troppo grande e difficile da sopportare – e si mette a cercarle, quelle foto. Sa già che riderà, lei lo fa anche ridere, e così bene che per un attimo si trova a mordersi il labbro, come volesse trattenere chissà che urlo di liberazione.
La prima foto è semplice, Susan è di profilo, china su un quaderno, probabilmente stava scribacchiando qualcosa che solo lei sapeva – lui sul suo squadernino non ha mai messo gli occhi, sa che lei è fin troppo ermetica per permettere a chiunque di avvicinarsi, quando vorrà si aprirà da sé, come sempre, riflette amaramente.
La seconda foto è diversa, è presa di tre quarti, sembra quasi si stesse voltando all’improvviso, il guizzo dei suoi lunghi capelli rossi è impressionante, quasi non li ha in faccia; e gli viene anche in mente che quando ha scattato quella foto lei stava per urlargli contro perché lui le stava dando fastidio senza lasciarla studiare. E non che lei studi molto, cioè… Sì. Studia. Ma tanto il suo cervello è come una spugna, le basta poco per imparare.
Ed ha imparato a capire lui, in così poco tempo, non è speciale?
Scorre le foto, alcune sono così stupide che nemmeno meritano considerazione – tipo quelle che Harry si è scattato da solo e che rasentano la decenza, pure se gli viene da ridere – altre, invece… Sono strane. Anche le foto sono strane, accidenti…
… Inclina il viso, sorridendo da solo, il viso che ha davanti è dolcissimo e spigliato, Susan ha una faccia un po’ strana a dir la verità, sembra quasi che sia in imbarazzo, e forse è per questo che ha il labbro inferiore tra i denti, e lo sguardo non proprio all’obbiettivo. Zayn si perde a studiarle gli occhi, c’è talmente tanta matita su quelle palpebre che potrebbe riempirci un foglio, le ciglia sono lunghissime, appesantite dal mascara, c’è anche qualche sbavatura nera, come minimo si è anche truccata di fretta, constata, appuntando a mente che è un’abitudine la sua, di fare le cose di corsa.
La bocca è rossa, scintilla, pure se a forza di tenersi il labbro in quel modo si mangerà tutto il rossetto; Zayn riflette su quando è stata scattata e gli viene automatico ridere quando ricorda che quel pomeriggio erano andati a prendere un gelato, e che lei lo aveva trascinato in un negozio di make-up, e che gli aveva anche provato degli smalti.
Come per riflesso si guarda le unghie pulite e ben tagliate: quel giorno Susan gliele aveva fatte di tre colori, come minimo, ma era stato divertente vederla ridere e poi ringhiare, quando lui gli si era avvicinato per morderle una guancia.
Zayn sospira, il vento è gelido ora. Picca sulla pelle, la taglia davvero.
Non sa nemmeno che ore sono, non sa nemmeno che sta facendo lei.
Gli fa strano immaginarsela sola, piccola e stretta nella giacca di pelle, quella che gli ha regalato lui e che lei non lascia mai. Se la immagina e una stretta al cuore lo blocca, quando vorrebbe semplicemente chiamarla, da quel balcone, chissà… Magari riesce a sentirlo e risponde.
Con la sua voce forte e chiara, decisa e tagliente. Susan sa come farsi sentire, sa come farsi amare.
Però, per quanto tutti possano amarla, lei… Lei è sua. O no?
Egoista, e anche stronzo. E presuntuoso.
La lista dei difetti è lunga, a quanto pare. Lunga e anche pesante, visto che quella ragazzina dai capelli rossi e gli occhi più sinceri del mondo lo sta scoprendo come un sasso nascosto sotto la neve che si scioglie. Come se fosse lì a dirgli ‘Vedi? Non sei migliore di nessuno, sei come chiunque altro’, e questo lui lo sa.
Probabilmente, è il peggior cretino del mondo, il più stupido e chiuso e apatico, e anche cazzone – visto come preferisce rodersi quel che gli resta dell’anima che non affrontare di petto quella cosa – e parecchio coglione e imbecille, testardo, e fin troppo sensibile… A lei. Ai suoi occhi, se ci pensa un altro po’ rischia di scoppiare a piangere come un bambino. Al suo sorriso, quello che lei riserva praticamente a nessuno, quello che fa sempre e solo a lui, quando si abbracciano o quando lo guarda da vicino, attendendo che lui la baci sulla fronte, o che strusci la sua guancia contro la sua, è il miglior incoraggiamento, no? Al suoi capelli, che lui ha toccato e accarezzato, sono un qualcosa di intoccabile, pensare che altri ci passino la mano gli fa quasi esplodere una miccia nello stomaco, gelosia stupida, si sente sempre più capriccioso man mano che passano i secondi.
Susan non è un oggetto, Susan non torna a comando.
Se pensa, nuovamente, a lei, nella sua totalità, così fiera e spezzata e… Com’è che si dice? Ah fanculo, spreca parole ogni giorno per fare concerti e poi non sa nemmeno articolare un pensiero razionale, due parole in fila, niente di complesso, eppure… Susan è così, ragiona.
E la rabbia che gli sale all’improvviso nello stomaco lo costringe a trattenere un’imprecazione tra i denti. Piccola testarda, perché non andava da lui? Perché non lo abbracciava? Perché non permetteva a lui di asciugare le sue lacrime?
E si sente ancora peggio, se solo pensa che in quel preciso istante, in quel momento, lo stronzo codardo è lui. E che, come sempre, sta dando la colpa ad altri e non a se stesso, quel se stesso che farebbe meglio a tagliarsi la lingua che non a suggerirgli queste frasi insensate.
Ma lo sa, pure se non ci ha ancora parlato, lei lo sente.
Perché loro si sentono, si sono sempre percepiti ad una frequenza diversa dagli altri, e al diavolo il mondo, le convinzioni, le regole, qualsiasi cosa, al diavolo la catalogazione dei sentimenti e quel modo che ha la gente di guardarti, pensa Zayn, al diavolo ogni cosa, se lei non c’è.
Perché gli manca metà di sé, senza di lei, è come se avesse mezzo battito nel petto.
Come se dormire con la sua collana al collo non gli facesse molto effetto, quel cazzo di metallo non può mica parlare, no?
E nemmeno stringere la sciarpa che lei gli ha prestato parecchi mesi prima –quella sciarpa blu che lei ama tanto e che gli ha dato in uno slancio di generosità – lo aiuta mai, quando la sera si sdraia sul letto e sente ancora il suo odore arrivargli chissà dove, nel naso e nello stomaco.
E sorride, le labbra ormai secche per il freddo, i capelli che sono sferzati dal vento gelido – se l’indomani piove sarà meglio uccidersi che pensare di uscire di casa, pensa – e le mani affondate nelle tasche: è stata Susan o no a dirgli, una volta, che dormiva sempre con il suo maglione, quello che lui le aveva regalato solo perché lei lo aveva visto nel suo armadio e gli era piaciuto troppo? Ridacchia, pensando a quando gliel’ha dato, ai salti che lei ha fatto per la stanza, al modo in cui l’ha abbracciato, stampandogli tanti baci gentili sulla guancia, facendosi abbracciare.
Susan è timida, alla fin fine, delicata… Non si fa toccare da chiunque, è giusta regola che ogni pietra preziosa vada trattata dalle mani giuste. E lui è davvero il tocco che lei cerca.
La consistenza della sua pelle gli manca, il suo modo di abbottare le guance, piegare il sopracciglio e dire ‘Oh andiamo, Malik, quanto sei idiota?’, ma anche di accoccolarsi contro di lui, quando vedono la tv sulla poltrona che – puntualmente – monopolizzano – e poi Niall si lamenta sempre che deve stare sul divano e non vede bene la tv.
Gli manca ogni cosa di lei, gli manca ogni cosa che potrebbe fare con lei.
Perché è lei la sua essenza vera, non quelle cazzate che mette in giro il mondo.
E si sente irrimediabilmente un cuore a metà senza di lei, pure se tutto quel che ha pensato fino a quel momento non ha senso e vorrebbe solo prendere a pugni il muro- ancora.
Non ha senso, è stupido e illogico, melenso e… Lui, quant’è scemo.
E dire che aveva detto a Liam che sarebbe uscito due minuti a fumare.
Già è tanto se non hanno mandato un centro d’igiene mentale a recuperarlo, il tutto di sorpresa: un matto non va avvertito, no? E lui è proprio un coglione. Senza dubbio.
Zayn guarda giù, il buio è ormai totale.
Ed il battito del suo cuore a metà, vuoto e lento.
 

 
 
 
I’m half a man at best
with half an arrow in my chest
I miss everything we do
I’m half a heart without you


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SPAZIO AUTRICE.
Salve LOL non ve l’aspettavate, eh?
Beh, che dire? A parte che più che un missing moment pare il diario di un pazzo psicopatico, comunque… LOL ho voluto dedicare questo flusso di coscienza a Zayn, non so perché, pensavo fosse una bella cosa, visto e considerato che la situazione non è proprio delle migliori, in casa One Direction.
Immagino siate tutte lettrici di Green Eyes LOL in caso contrario, questo è un missing moment, che va a collocarsi, più o meno, nei capitoli 37/38.
Con ciò, non era mi intenzione dare spoiler o altro LOL ma… Voi lettrici di Green Eyes, che mi dite?!
Non è niente di che, ma a me andava troppo di scriverlo, non so.
Let me know :3
Love you babieees <3
 
! MI ASPETTO DI TUTTO DA QUESTO MISSING MOMENT, LO DICO CHIARO E TONDO. Non so come molte di voi potrebbero prenderla LOL
E considerate che l'ho finito di scrivere verso le 3 di notte LOL quindi immaginate lo stato pietoso in cui versavo, tra feels e cose varie. Povera me.


Ho un'ultima domanda: ma voi li immaginate mai i personaggi? Quelli inventati completamente da me, dico... Io ho provato a cercare delle immagini ma non mi soddisfano :/ quindi, se qualcuno avesse idee, proponetele, magari troviamo un volto! LOL Anche perché io preferirei in ogni caso che ognuno avesse i propri personaggi in mente, perché è bello così <3

Quanto mi diverto io, a mettere foto *-* 
[anche se prima o poi, secondo me, mi ci prende un collasso davanti, sicuro.]

 
  
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