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Autore: xxonemixsoxygen    02/12/2013    3 recensioni
«Sei solo mia, ricordalo sempre. Aspettami, tornerò presto. Non dimenticare a chi appartieni. Ti amo.» [...] Io rimasi lì, immobile, in pista con tanta gente che ballava.
Sentii le lacrime rigarmi il viso.
Harry era andato via.
Varcò quella porta troppo velocemente, il mio cuore rimase come squarciato.
fb:Ilaria Pezzoli/tw:@woundedwjngs
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stava arrivando la pioggia. La enunciava il vento; quell’odore di pioggia danzava qua e là nell’aria.
Aprii dolcemente la finestra e la tenda fu inghiottita dalla forza del vento. Poi, quando riuscii a rispedirla in camera, iniziò a svolazzare nella stanza.
La brezza mi colpì il viso. Chiusi gli occhi. Volevo godermi quel momento anche perché l’indomani sarebbe tornata la signora McDirty a farmi lezione.
Era settembre e immancabilmente, quando riprendevano le scuole in Inghilterra, arrivava lei. Mi faceva lezione a casa, dalle 9 alle 12 e poi il giovedì anche il pomeriggio.
Era una professoressa. Poi rimase incinta e, non potendo andare più a scuola, iniziò a dedicarsi all’insegnamento privato a casa, o almeno così mi diceva mia madre.
Non ero al passo con i miei amici per quanto riguarda la scuola. Mi sarebbe bastato fermare il tempo,  qualche lezione in più e forse dopo lo sarei stata.
Ma in fondo non era quello l’importante.
Faccio parte di una band e per me questo è l’importante.
No, non canto. Anche se nella mia vita ho fatto anche canto non basta, non sono brava come il nostro cantante. Si chiama Aaron. Siamo cinque in tutto.
Aaron; io, che suono la chitarra; Pearl che si occupa del pianoforte; James che si scatena ogni volta con la sua batteria e Daniel che suona la seconda chitarra, ma che quando non ce n’é bisogno sta al mixer.

I Five Hurricanes sono tutto per me. Si, Five Hurricanes è il nome della band. Mi piace essere paragonata ad un uragano.
Regna la calma finché non saliamo sul palco. Basta poco per sprigionare una quantità smisurata di emozioni. Grintosi fino all’ultimo accordo come anche le nostre canzoni. Dentro c’è tutto ciò che proviamo, quello che viviamo. Sono dei piccoli tornado da tre minuti e mezzo che stravolgono i cuori. Non abbiamo molto successo, è vero, non abbiamo fatto neppure un album ma intanto andiamo avanti con alcune cover e due inediti. Dopotutto abbiamo quindici anni.
Lasciai pensierosa il vetro della finestra e mi diressi verso la libreria iniziando a prendere i libri che avrei dovuto usare il giorno dopo riponendoli ordinatamente in pila sulla scrivania. Sistemai le penne sparse sul comodino in un astuccio e lo posai su un block notes rosso che sarebbe diventato il mio diario. Ero ancora in pigiama ed erano quasi le cinque di pomeriggio.

Mamma, tornando da lavoro, si era fermata a prendermi un panino al Nando’s dietro casa. Questo è stato il mio pranzo. 
Sentivo mamma parlare al telefono nonostante avessi la porta della camera chiusa. Pensai che stesse parlando con nonna. Strilla sempre quando le telefona: nonna è sorda.
Papà invece dovrebbe tornare a momenti. Stasera c’è un party all’Overboard che sarebbe un locale dove si canta, si balla e a volte fanno anche concertini. Mi piace il posto anche perché il nome lo hanno preso da una canzone di Justin e della Jarrell. Non ho mai capito se lo hanno fatto apposta o è stata un’idea casuale.
Pensando al party mi ero sdraiata sul letto con gli occhi chiusi, mi misi ad ascoltare la pioggia che ormai scendeva senza sosta. Era rilassante.
Mi vibrò il telefono, era Pearl: ‘’Ehi, stasera usciamo? Aaron sta organizzando una pizza con la band ;)’’
Risposi senza esitazioni: ‘’Scusatemi tanto, ma stasera vado all’Overboard con i miei, se siete in giro fateci un salto così staremo insieme lì’’
Pearl allora chiamò Aaron e dopo varie telefonate agli altri decidemmo di vederci tutti alle nove all’Overboard.
Mamma bussò alla porta ed entrò.
«Tesoro, non sarà meglio che ti vesta? Alle otto dobbiamo stare lì.» disse mia madre spalancando la porta della mia camera.
«Si mamma. Un quarto d’ora e sono pronta.» risposi ancora sdraiata sul letto.
Attaccai la musica, mi piace prepararmi a ritmo di qualche canzone. Aprii l’armadio e presi un mucchietto di vestiti che avevo sistemato la mattina. Calze scure, canottiera Hollister blu stropicciata nei pantaloncini a vita alta e Converse bianche.
Il tutto ornato dalla mia collana preferita con le ali e i diamanti e qualche bracciale. Feci per andare in bagno a truccarmi quando sentii la porta aprirsi. Era tornato papà finalmente. Lasciai matita, rossetto e phard sul lavandino e gli corsi incontro come una bambina. Ricambiò l’abbraccio affettuosamente.
«Come stai amore?» disse schioccandomi un bacio sulla guancia.
«Bene!» esclamai tra i suoi abbracci.
Dopo qualche secondo ci staccammo e io gli dissi di Pearl, Aaron, James e Daniel che avevo invitato alla festa. Papà mi scompigliò i capelli e capì subito perché li avevo invitati all’Overboard.
«Vorresti suonare con loro la vostra nuova canzone?» mi chiese guardandomi negli occhi, dolce come non mai.
«Bhè in realtà si papà. Stasera ci saranno le più grandi celebrità, vorremmo far conoscere la nostra musica.» risposi sincera.
Papà acconsentì. Era una serata tra musica e balli, cantavano quasi tutti.
Corsi di sopra a truccarmi e mandai rapidissima un messaggio ai Five Hurricanes con scritto: ‘’Papà mi ha dato il permesso, stasera canteremo! A dopo (:’’.
Non mi aspettavo una risposta da nessuno, era più che altro per dare una conferma, ma fatto sta che risposero tutti, più entusiasmati che mai.
Salimmo in macchina. Le gocce rigavano ancora i finestrini. Arrivammo dopo poco.
La serata mi piacque molto, feci conoscere ai miei amici le grandi celebrità del momento fin quando ci decidemmo e salimmo sul quel palco in uno dei momenti morti della serata. Un signore che doveva probabilmente essere il ‘presentatore’ delle canzoni ci enunciò con enfasi appena noi ci fummo sistemati con gli strumenti.
Tutti sembravano interessati e curiosi della nostra musica.
«Ed ecco a voi sul palco cinque ragazzi giovanissimi, i Five Hurricanes! Al microfono Aaron Softer, al pianoforte Pearl Delavigne, alla batteria James Taylor e alle chitarre Daniel Wintos e Darcy Styles!».
 

 
 
 
 
 
 
 
 
L’applauso sembrava non terminare più.
Eravamo felici di aver suonato davanti quegli artisti di un certo livello e, sentirsi dire da loro stessi che potremmo avere un futuro perché siamo bravi era il massimo che poteva capitarci.
Quella sera rimanemmo all’Overboard fino alle 3 inoltrate e così Aaron, Pearl, Daniel e James rimasero a dormire a casa mia.
Abbiamo due stanze in più perché in precedenza la casa era di papà e dei suoi amici, ma nonostante ciò ci sistemammo tutti nella mia stanza.
Facemmo tutto, meno che dormire.
Iniziammo con il gioco della bottiglia, con ‘obbligo o verità’, insomma, tutti quei stupidi passatempi.
Si fecero le 4 e mezza, Daniel aveva già proposto di andare a dormire ma nessuno sembrava ascoltarlo.
«Ragazzi, ma… se noi andassimo a riposare?» domandò per la decima volta.
Lo fissammo per qualche attimo e poi ognuno riprese a fare ciò che stava facendo.
«Solo per riposare gli occhi..» continuò poco dopo Daniel.
«Questo è il letto e quello è il cuscino.» ribatté Pearl.
Daniel fece l’offeso e si buttò sul letto. Dopo dieci minuti scarsi cadde in un sonno profondo.
 
Il silenzio regnava. Sarebbero bastati altri pochi minuti e ci saremmo addormentati anche noi sicuramente.
«No ragazzi! Così non va bene! Dobbiamo riuscire ad arrivare svegli alle 7! Abbiamo promesso.» disse alzandosi Pearl.
Non aveva tutti i torti. Avevamo giurato di resistere fino alle 7. Beh in realtà anche Daniel aveva giurato, ma pazienza, sono solo dettagli.
«Si Pearlita cara, hai ragione.» rispose Aaron. «Organizziamo qualcosa da fare. È l’unica soluzione!» continuò gesticolando come sa fare solo lui.
Io gli studiavo le mani. Ha delle mani incantevoli, che riescono a farti invidiare il microfono quando lo impugna. Per non parlare della voce. Mettevo spesso le nostre canzoni solo per ascoltarla.
Immersa nei miei pensieri non mi ero accorta che stavo fissando un punto indefinito, oltre i ragazzi.
«Cassandra! Sveglia!» mi disse la mia amica scuotendomi una mano davanti il viso come se stesse salutando il mio cervello in preda ai pensieri, ai sogni.
Cassandra è il mio secondo nome.
Darcy Cassandra Styles.
Ma abbreviano tutti quando mi devono chiamare per intero.
Darcy Cassie Styles.
Feci un sussulto e tornai in quella stanza dal bagliore offuscato con i miei amici.
«Raccontiamoci delle storie» disse James che era seduto a terra con la schiena appoggiata alla sponda del letto e con gli occhi chiusi.
«Ma non dormivi?»
«No, riposavo gli occhi.» mi rispose tranquillamente non sforzandosi minimamente di aprire gli occhi.
«Comunque io ci sto. Mi sembra ottima come idea» disse Pearl alzandosi e sedendosi sulla scrivania dove era seduto anche Aaron.
«Si va bene. Ma non so cosa ne potrà uscire fuori a quest’ora.» affermai.
«Te potresti raccontarci dei tuoi genitori. Di come si sono conosciuti…»
All’inizio non ero d’accordo con Aaron ma poi iniziò a gesticolare, a parlare come lui solo sa fare e accettai.
Volevano la romantica e complessa storia dei miei genitori.
L’amore di un famoso cantante verso una comune ragazza di Holmes Chapel.
Il racconto di Harold Harry Edward Styles e Cathleen Amelia Evans.


*spazio autrice*
Su twitter sono @woundedwjngs, cercatemi per qualsiasi cosa.
Parlerò poco nello *spazio autrice* lol 
Bacioni, Ila xx
  
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