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Autore: samubura    02/12/2013    3 recensioni
Ho pensato per molto tempo a cosa potessi scrivere come fanfiction di un libro di cui mi sono innamorato.
Alla fine ho pensato potesse essere interessante riscrivere la storia dagli occhi di Peeta, personaggio che personalmente ho adorato, e penso sia impossibile non farlo.
Spero veramente molto che vi piaccia e in caso di farmelo sapere con una recensione o un messaggio per consigliarmi su cosa potrei migliorare. Buona lettura!
(p.s. se la storia vi piace, passate sulla mia pagina! https://www.facebook.com/samubura)
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Peeta's Hunger Games'
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Salve a tutti, questa volta vi scrivo all'inizio del capitolo per spiegarvi cosa significa che questo è il capitolo 15-16 (come forse i più attenti avranno notato)
Ho pensato che potesse essere tanto noioso per me scrivere, che per voi leggere 4 capitoli in cui il ragazzo innamorato se ne sta steso a dormire  e tormentarsi con una serie di deliri
metafisici. Quindi ho raggruppato gli avvenimenti di questi due (e dei prossimi due) capitoli in uno solo per non essere costretto a pubblicare capitoli ancora più corti di quanto siano questi. Non so se sarete d'accordo con la mia idea, lo spero, ma non sapevo come fare altrimenti.
Vi auguro buona lettura e confido come sempre nelle vostre recensioni!
A presto :)
-samubura-


Per fortuna lo schiaffo dell’acqua gelida del torrente mi salva da un sonno che poteva essermi fatale.
“Non succederà più” prometto a me stesso “non può succedere”.
È ora di mettersi al lavoro, sul fondo del fiumiciattolo trovo della meravigliosa argilla, fresca e umida, me la spalmo su tutta la faccia, facendo attenzione a coprire bene anche le palpebre. Sento che dà sollievo sulle punture degli aghi inseguitori, quindi provvedo a spalmarne un po’ su tutti i bubboni delicatamente, perché appena li tocco sento come un brivido elettrico. Mi occupo anche della bruciatura sul petto che è quella che mi dà meno pensieri, ne ho viste di peggiori, e un po’ di acqua fredda aiuta moltissimo.
Slacciare la cintura attorno alla mia gamba si rivela un’operazione più complessa di quanto avrei sperato. Ha tenuto chiusa la ferita evitando di sporcarla e fermando il sangue, ma ho paura che non sia bastato. Quando lascio andare delicatamente la cinghia di cuoio vedo il taglio nella coscia che arriva in profondità, ma la sporcizia e il sangue mi impediscono di analizzare la gravità della situazione.
Con movimenti lenti e delicati mi avvicino all’acqua e lavo le mani sporche di fango, poi le metto a coppa e inizio a versare l’acqua freddissima sulla gamba. Non sento dolore, ma non oso toccarla, per adesso attendo che l’acqua scorrendo faccia il suo effetto.
Inizia a uscire il pus giallastro e penso sia un bene, ma sembra non finire mai, man mano che la sporcizia svanisce prendo coscienza che la cosa bianca che si vede in fondo alla ferita è l’osso, penso che potrei svenire. Alla fine del mio lavoro di pulizia quello che vedo è raccapricciante, e se non fosse parte del mio corpo penso che fuggirei il più lontano possibile per vomitare, ma respiro profondamente cercando di calmarmi. Il dolore si è risvegliato più forte di prima, ma sembra come se la gamba sia staccata dal resto del corpo, un’entità a sé, non penso sia un bene.
La corteccia che avevo staccato serve per coprire la ferita, la lavo con cura nell’acqua del torrente e quando penso sia abbastanza pulita la appoggio delicatamente sulla coscia martoriata. Coprire finalmente quell’oscenità fatta di sangue e  pus mi fa fare un sospiro di sollievo. Il sole si muove velocemente e devo assolutamente sbrigarmi. Metto la testa dalla parte del ruscello, in modo da poter bere allungando la mano e deviando l’acqua fino alla mia bocca. È strano come in realtà non senta né sete né fame “Preoccupazioni in meno” penso tra me e me. Magari l’abbondanza coi favoriti mi permetterà di resistere abbastanza a lungo.
Stendo la gamba sana fino quasi a incastrarla in una fessura tra due lastroni, poi sposto, aiutandomi con entrambe le braccia, quella ferita, facendo attenzione a non muovere la corteccia. Ora il muschio.
Ne ho preso un bel po’ perché me ne servirà, lo stendo prima sui piedi in modo da nascondere completamente gli scarponi, poi risalgo piano piano. Con un po’ di fango cerco di attaccare bene i vari tappeti tra loro in modo da ottenere un risultato realistico. Impiego parecchio tempo, ma quando ho coperto tutto il mio corpo fino al busto sono molto soddisfatto del risultato.
Procedere a coprire il resto del corpo è più complicato, lavoro più lentamente e non riesco ad avere una buona visuale del lavoro che sto facendo perché potrei comprometterlo muovendomi troppo. Strappo alcune delle alghe che crescono sul fondo del fiume e me le intreccio tra i capelli sporchi di terra e fango, ci sbriciolo sopra un po’ di muschio, il mio bel colore biondo splenderebbe come un faro di segnalazione e non posso permettermelo.
Quando ho finito mi sento esausto, resto a fissare il cielo che inizia a imbrunire. Lo scroscio dell’acqua tra i sassi mi fa compagnia, e non è abbastanza forte da coprire il resto dei rumori del bosco, sento i fischi di alcuni gufi, il vento tra le fronde, se qualcuno dovesse avvicinarsi ho il coltello stretto in mano non so bene se per uccidermi o attaccare, deciderò sul momento. Il suicidio negli Hunger Games non è molto di moda, potrei aver trovato anche io il modo di farmi ricordare come il pazzo che si è tolto la vita.
Meglio una morte per mano mia che per la ferocia dei Favoriti.
Chi è rimasto? Solamente Cato, Clove, Marvel e il ragazzo del distretto 3, non so se l’abbiano fatto già fuori nel periodo in cui sono stato privo di sensi non è da escludere che il cannone abbia suonato senza svegliarmi. Quindi anche lei potrebbe essere morta, e io potrei non saperlo mai, il riepilogo dei morti è giornaliero, se te ne perdi uno resti all’oscuro di tutto.
Ma se sono fortunato i Favoriti sono ancora sotto l’effetto degli aghi inseguitori, troppo deboli per avventurarsi ancora nel bosco, meno di prima, non così invincibili. Poi restano Tresh, il gigante del distretto 11, e la sua compagna di distretto Rue. Deve aver adottato la mia tattica: fuggire e nascondersi.
Degli altri non ricordo e pensare mi fa ancora male. Ho la mente annebbiata da quella che probabilmente è febbre a causa dell’infezione. Potrei anche scivolare nel sonno e non svegliarmi più. Sarebbe una morte dolce per un tributo. Meglio di quanto potrei sperare.
Tengo gli occhi chiusi per essere praticamente invisibile, o così spero, so che mi cercheranno, non subito, prima penso si occuperanno di Katniss, poi verranno da me, oppure mi lasceranno morire da solo, certi che non ci sarà nessun altro disposto ad aiutarmi nell’arena. Chissà, magari saranno talmente impegnati che mi riserveranno questa pietà tutta speciale.
Provo a riposarmi per qualche ora, nella mia condizione è la migliore arma che posso usare, nessuno dovrebbe riuscire a trovarmi se resto fermo e con gli occhi chiusi, quindi perché non concedermi un po’ di riposo, spero che l’inno mi svegli in modo da sapere se è successo qualcosa oggi, ma non credo, penso che gli Strateghi siano in crisi, gli aghi inseguitori sono stati interessanti, ben due morti e poi lo scontro tra me e Cato, ma adesso siamo tutti di nuovo sparpagliati, praticamente ognuno di noi sarà stato K.O. per un giorno o due, quindi ci deve essere qualcosa di particolarmente interessante che sta riempiendo gli schermi di Capitol City. Mi stupisco di quanto riesca a pensare lucidamente anche se mi sento malissimo.
L’inno di Panem risuona forte nelle mie orecchie e apro gli occhi, cercando di resistere alla tentazione inconscia di tirarmi su con il busto, restare immobile inizia ad avere i suoi effetti negativi, i muscoli si irrigidiscono, ma almeno non sento il dolore alla coscia. La ferita brucia, ma non doverci  appoggiare il peso sopra e  non doverla muovere dà un gran sollievo, solo grazie all’effetto degli aghi inseguitori sono riuscito a superare il dolore fisco. Da un certo punto di vista devo ringraziare Katniss.
Nessun morto, non sapere se Katniss è viva o morta affida le mie probabilità di salvezza completamente al caso, non che se fosse sana e salva potrei essere tranquillo che verrebbe a cercarmi, ma sarebbe già qualcosa, l’idea di essermi sacrificato invano mi tortura, magari mi sarei potuto salvare e lei sarebbe morta comunque. Potrebbe non aver retto il veleno delle vespe, o essere impazzita.
Sono schiacciato dal peso della mia disperazione. Impotente, paralizzato dalla mia condizione di salute, senza possibilità di salvezza, senza possibilità di sapere nulla del mondo esterno se non dalle rare informazioni che gli strateghi ci faranno avere.
Nel sonno che mi sorprende nel corso dei miei pensieri appaiono le immagini di casa. I miei fratelli, mio padre e anche mia madre in quella vesta di commozione in cui non l’ho mai vista se non nel giorno della mietitura. Sono tutti vestiti coll’abito elegante e non ho bisogno di vedere dove stanno guardando perché so già che cosa sta succedendo. Le loro facce tristi, i miei compagni di scuola e un po’ tutti quelli del distretto che mi hanno incrociato per la strada, cerco di vedere se anche Katniss è tra la folla dei presenti al mio funerale ma non la trovo.
Capitol City verrà a prendermi, col suo hovercraft, prenderanno la mia salma, la laveranno, la renderanno decorosa, penso al corpo devastato di Glimmer e a cosa potrebbero fare per lei, poi mi metteranno in una bara e farò il mio ritorno a casa. Chiuso in una cassa di legno pregiato lucido che non avrei mai avuto restando nel distretto.
Mi risveglio a causa del suono cupo del cannone, sto dormendo di più e credo sia un bene, magari il riposo aiuterà la mia guarigione, ma non credo che ricucirà la mia gamba. Io non ne sarei certo in grado, ma se Haymitch mi mandasse anche un piccolo aiutino forse potrei provare. Rimpiango la mia fuga disperata, forse avrei dovuto fermarmi a prendere uno zaino, ma poi sarei riuscito ugualmente a salvarmi? Non lo so, e pensarci non risolverà la situazione, resto con le orecchie tese per cercare di capire quello che succede nell’arena.
Chi è morto? Non lo saprò fino a stasera, ma ovviamente il mio primo pensiero va a Katniss, non che non la reputi in grado di difendersi da sola, anzi, ha resistito per moltissimo tempo dando prova della sua abilità e adesso ha anche arco e frecce, ma ho paura lo stesso. Se lei muore, ho fallito e non posso permettermi che accada. E se non è morta, chissà cosa starà facendo.
Lei conoscerà certamente le giuste erbe medicinali per curare le punture di ago inseguitore e questo potrebbe averla fatta riprendere in fretta, magari si è di nuovo allontanata abbastanza dai favoriti. Ma adesso che ha un arco le basta un albero abbastanza alto per vincere gli Hunger Games, provviste, arco e frecce. Ha già vinto. Sì è così, lei vincerà, lei non può essere morta.
Se è al riparo nel bosco, non mi importa che venga a salvarmi. In questa situazione sarei solo un peso. Non riesco a muovermi, sono ferito gravemente e sento che mi sta salendo la febbre, le articolazioni fanno male e le vene della testa pulsano con forza, il battito del cuore mi rimbomba nelle orecchie.
Il tempo passa lentamente  e io non posso fare assolutamente niente. Ogni tanto apro un occhio per controllare l’arco descritto dal sole nel cielo. Continuo a svenire e a rinvenire, prendo sonno e non faccio nulla per restare sveglio perché so che non cambierebbe assolutamente niente. Si fa prima mattina, poi pomeriggio e poi inizia ad avvicinarsi il tramonto. L’unica cosa che accompagna la mia agonia è il canto della natura, l’acqua del ruscello, il canto degli uccelli che penso siano ghiandaie imitatrici, come quella sulla spilla di Katniss, il vento tra le foglie.
L’arena è un posto meraviglioso e  adesso che mi avvicino alla mia dipartita mi rendo conto di quello che ho avuto intorno per questi giorni. Per un ragazzo che non ha messo mai piede fuori dal distretto coperto di polvere di carbone tutti questi colori diversi, gli animali, il paesaggio mutevole sono un’esperienza incredibile. Quasi un ultimo piccolo regalo degli Strateghi. Se non fosse per tutto il sangue innocente versato questo posto potrebbe anche essere bello. Invece siamo costretti a ucciderci. Ma da chi? Chi ci obbliga a massacrarci? A uccidere un ragazzo come noi, con una famiglia che lo aspetta a casa.
E se tutti smettessimo di farlo? Cosa accadrebbe, gli Strateghi potrebbero anche provare a ucciderci tutti dal primo all’ultimo con le loro trappole. Possono farlo, e l’hanno fatto, ma solo per ricordare il loro potere agli altri tributi, loro vogliono gli scontri. E se non li volessimo noi nessuno potrebbe dare lo spettacolo di cui hanno tanto bisogno per divertire i loro cittadini. Distogliere gli abitanti di Panem da un’altra rivolta.
Ma se hanno vinto così facilmente l’ultima perché Capitol City ha così paura dei distretti? Ci deve essere un motivo che tutti tacciono per paura. La gente sa del potere che ha, ma ci sono gli Hunger Games a renderci così impotenti. L’arma più potente della capitale, molto più efficace che i loro squadroni di pacificatori e forse persino delle bombe incendiarie dei loro hovercraft.
E io, che mi credevo diverso, ho fatto come tutti gli altri.
Così gelosamente attaccato alla sopravvivenza di Katniss che poi è la mia. Lo so che ho fatto sempre finta di mascherare la cosa, ma se lei muore che rimane della mia vita? Un triste vuoto. Se anche sopravvivessi ai giochi non sarei in grado di rifarmi una vita. Finirei ad ubriacarmi con Haymitch nel Villaggio dei Vincitori, mantenuto a vita per aver fatto quello che volevano da me.
So che ci deve essere un modo per comunicare al mondo quello che penso. Ma io sono il figlio del fornaio, non il leader di una ribellione. Non ho il carisma necessario, magari le buone idee, ma non bastano. Le comunicazioni sono bloccate tra i distretti, non c’è modo per diffondere l’informazione. E sicuramente è troppo tardi, non potrei comunque farlo. Ci vuole un gesto, qualcosa di forte per far capire a tutti quello che penso, ma fin’ora non ne sono stato in grado.
L’istinto di sopravvivenza vince su tutto, siamo uomini, ma prima di ogni altra cosa siamo animali.
“Voglio vivere” penso. È l’unica legge nell’arena.
E mentre sto pensando, tutto viene interrotto all’improvviso dall’esplosione.
 
   
 
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