School
Time
Era
una merda nella vecchia scuola, sarà una merda in quella nuova. Garantito al
limone. Da casa a scuola c’è un bel po’ di strada. Magari mi capita qualcosa di
meglio da fare.
Accipicchia,
la metro è strapiena. E dire che sono quasi in ritardo. Oh! Un posto, viva! No,
mi correggo. C’è un vecchietto che non sembra tanto stabile su quelle gambine
rachitiche a parentesi. Gli cedo il posto. Mi sorride, sono contenta. Accidenti
alla mia mania per i vecchiettini!
Madò,
non respiro. Sono schiacciata tra un impiegato dall’ascella putrida e un gruppo
di ragazzine circondate da un alone di profumo micidiale.
Mi
piace la metro. Si va sottoterra, si corre veloce… e soprattutto annunciano la
fermata, quindi è difficile sbagliare. Però le porte restano aperte per tipo
dieci secondi, se va bene. Ti devi catapultare fuori spingendo e sgomitando.
Ho
sempre il terrore di saltare la fermata, o di prendere il treno sbagliato,
quindi sono costantemente all’erta. Sarebbe una paura irrazionale, come la
Barofobia e la Dextrophobia, se non fosse che mi è già successo più di una
volta. Ho persino preso il treno sbagliato!
Oh,
la fermata! Evviva. Salva.
La
scuola è a due isolati dall’uscita della metro. Oddio. Non voglio. Posso
tornare indietro? No, non posso. Come mi fa notare un ragazzo in vespa che mi
urla di scansarmi e muovermi ad entrare, mentre tira sotto uno per
parcheggiare. Cavolo. Dal cancello al portone sono 27 passi. Sono dentro.
Diamine! Cerco la segreteria. Prego che la mia iscrizione sia andata persa
nella posta. O nella pasta. E invece niente. Sono di fronte alla mia nuova
classe. Non voglio entrare. Voglio scappare. Ma la bidella mi tiene stretto il
braccio in una morsa di ferro. Dannata! Ecco, inizia la mia veglia funebre. La
bidella bussa e mi trascina dentro. Non voglio. Aiuto. Ma, miracolo. ll
professore non mi vede neanche. Non si accorge dell’interruzione, e continua a
leggere il libro. Di solito uno studente nuovo, entrato per di più ad anno già
iniziato, lo mettono alla gogna davanti alla classe. Questo prof sembra uno
zombie brillo che non ha la più pallida idea del perché si trovi in una classe.
Insegna - forse - matematica e fisica. Non credo che andremo d’accordo. Come
già detto, è mio fratello il cervello di casa. Però le materie scientifiche mi
affascinano. In quarta elementare ho fatto esplodere la rana Gina, e con lei il
laboratorio di scienze. Poverina…
Striscio
contro la parete fino ad un banco libero in quinta fila. I ragazzi hanno alzato
lo sguardo, e qualcuno commenta neanche tanto a bassa voce, ma nessuno mi
rivolge la parola. Magnifico. Il mio compagno di banco è semisvenuto sul libro
aperto, con la bava che ha formato un rivolo dal mento fino al capitolo sulle funzioni
Lagrangiane. Inizio quasi a pensare che
me la caverò.
La
prima ora passa veloce. Non ho neanche il tempo di mettere la mia roba sul
banco che già suona la campanella. Che qui in città ha un suono diverso. Anzi,
giusto. Proprio da campanella. “Driiiiiin!” Nella mia vecchia scuola invece era
una campan-ella. Una campana piccolina. Le bidelle, anzi La Bidella, una sola,
scampanettava a mano. “Diiiiin… Doooon…” terribile.
Adesso
ci dovrebbe essere storia. Anche se la insegnano così tanto nessuno si accorge
che l’umanità ripete gli stessi errori, e visto che questi sono documentati,
potremmo benissimo evitarli. Altro che homo sapiens.
Sono
circondata da Barbie-stampini, tutte uguali. E sono tutte così rosa… Una si fa
avanti, dev’essere la capo branco. In effetti è più bella delle altre. Borbotta
qualcosa, sembra una teiera, e mi squadra da capo a piedi. Poi si gira e si
mette a confabulare con le sue Barbie-adepte. Si rigira e mi scandisce bene
(credo tema che io sia cerebralmente inferiore a causa delle mie origini
contadine):
“Devi
cambiare vestiti, cambiare pettinatura, cambiare taglia. Ti possiamo aiutare,
non temere. Benvenuta.”
…
Quasi
mi ribalto dalle risate, dentro. Fuori mi scappa giusto uno sbuffo e mi si storce
la bocca. Riesco a biascicare qualcosa, ma le Barbie non capiscono. Allora
ripeto.
“Non
sento il bisogno di cambiare vestiti, pettinatura, taglia e cervello. Il mio mi
piace e me lo tengo. Grazie per l’offerta, ma devo declinare l’invito. Nella
mia vecchia scuola ero il presidente onorario del club dei perdenti, e ho tutta
l’intenzione di insidiarmi anche qua.”
“Ma…
ma…”
Qualche
Barbie protesta, o almeno tenta, agitata ed indignata.
La
Barbie-boss prende parola:
“E
così hai scelto. Attenta, hai finito ancora prima di incominciare.”
Eeeeeh,
che esagerata!
Oh,
la profe è arrivata. Le Barbie aspettano che la leader giri i tacchi, e si
posizionano ai loro posti.
E
vabbè. Speravo di passare l’ultimo anno senza essere vista, ma così è
sicuramente più divertente.