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Autore: pozzanghera    02/12/2013    1 recensioni
Andrea è una ragazza adolescente come tante o forse no. Tutti dicono che lei è strana, non è normale dicono e ogni volta lei sorride, come se ogni volta non si sentisse pugnalata, a volte non c'è niente che faccia più male delle parole. Una ragazza non è solo bella, simpatica, sorridente, una ragazza può sentirsi brutta, sola, indesiderata. Andrea è diversa e non vorrebbe, ma la vita non la si sceglie...
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Faceva piuttosto freddo a star ferma ad aspettare ma a certi inviti non avrebbe più detto di no.
Quando la vide scendere dall’autobus le sue gambe cominciarono a tremare, era forse un appuntamento quello? Deglutì, la sua gola era irrimediabilmente secca.
“Buongiorno”
“Buongiorno” rispose Andrea sorridendo, lei sembrava appena essersi svegliata e quell’aria frastornata la rendeva davvero carina.
“Stai ridendo di me?”
“No è che…ahahaha…hai un ciuffo che va per fatti suoi”
Elena le diede uno spintone ed andò a specchiarsi ad un finestrino di un’auto. Si sistemò i capelli alla meglio con le mani ma non ebbe neanche finito che Andrea alle sue spalle le alzò di nuovo quel ciuffo, lei le diede una gomitata e si risistemò i capelli. Ma Andrea era in vena di giocare, con lei diventava una grandissima stronza senza sapere il perché. Continuarono per un po’, Andrea le scompigliava i capelli e Elena la picchiava, tentava di sistemarseli mentre Andrea glieli scompigliava di nuovo. La smise solo quando si accorse di aver davvero esagerato. Abbassando la testa le chiese scusa offrendosi di aiutarla a sistemare i capelli, ma Elena odiava quando qualcuno le toccava i capelli era il suo punto debole. Con un’espressione più incavolata che mai si risistemò i capelli per l’ultima volta, tornando ad essere impeccabilmente perfetta agli occhi della ragazza alle sue spalle che aveva sempre i suoi capelli lunghi raccolti in una coda.
“Ora possiamo andare?”
“Certo” sembrava davvero arrabbiata.
Passeggiarono per il centro città distanti, come se non si conoscessero. Entrarono in villa, Elena avanti e Andrea al seguito. Elena si sedette su una panchina, aprì lo zaino e si mise a studiare storia.
“Dai, mi hai fatta venire qui per vederti studiare?” le strappò il libro di mano.
“C’è l’interrogazione….vuoi ripetere con me?”
“Si  vabbè tu sai tutto io niente, va sempre così” rimise il libro nello zaino e si sedette accanto a lei.
“Cosa vuoi fare?”
“Non lo so, abbiamo…”prese il telefono dalla tasca “quasi un’ora e mezza, possiamo…”
“Ripassare” disse sollevando l’indice.
“Non pensarci nemmeno”
“Ok che vuoi fare?”
“Non lo so, parlare”
“Io e te?” la guardò in un modo parecchio sarcastico.
“Perché?”
“Perché tu non sei capace di parlare”
“Grazie…wow…però! Fai male, domani avrò duecento lividi”
“Ti sta bene, così impari”
“Ma tu sei sempre così stronza?”
“Senti chi parla!”
“No sul serio, lo sei sempre” le restituì il libro e prese a camminare. Si fermò a guardare il ruscello che divideva il parco a metà, dall’altra parte c’era un papà col suo bambino che giocava a pallone. Anche lei da piccola usciva spesso con il padre, ora era diventato un’ombra nella sua vita, ma quando era successo?
“Non volevo offenderti”
Andrea si voltò e sorrise “ho cominciato io”
“Facciamo pace?” disse lei aprendo le braccia in quel gesto che Andrea odiava tanto.
“Si” fece due passetti indietro.
“Ancora un altro e ci caschi dentro”
“Hai ragione”
“Non mi vuoi abbracciare?”
“No.”
“Ma io ti voglio bene…vedi, io e te non riusciamo mai a parlare…perché?”
“Non lo so, forse perché ti odio”
Tornarono a sedersi sulla panchina, quel sole tiepido in un mattino così freddo era ciò di meglio poteva offrire la vita.
“Perché dici sempre di odiarmi?”
“Lo sai che scherzo” disse lei senza smettere di fissare il vuoto.
“A volte sembra che lo dici con convinzione”
“Beh, è un gioco, come prima quando ti stuzzicavo”
“Se ti faccio una domanda rispondi seriamente?”
“Si” rispose senza sapere in che guaio si era appena cacciata.
“Ti sei mai sentita come se amassi qualcuno così tanto da avere paura di amarlo?”
Le si fermarono le parole in gola, sentì come un forte pugno allo stomaco, era esattamente quello che provava per lei “Che?”
“Niente, lascia stare. Dobbiamo andare”
“No. Spiegami”
“Non c’è niente da spiegare”
“È Paolo?”
“No”
“E chi?” incamminandosi verso la scuola non disse più alcuna parola.
 
  
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