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Autore: Magica Emy    02/12/2013    1 recensioni
Già, il mio Cri Cri adorato odia i cambiamenti, lo hanno sempre spaventato un po’, e poi…si, devo ammetterlo, adoro quella sua aria da cucciolo smarrito mentre si aggira per casa chiedendosi cosa abbia fatto di male per meritarsi tutto questo…il solito esagerato. Ma che posso farci? È fatto così, ed è anche per questo che sono pazza di lui...
Seguito di "Une nouvelle vie"
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Mi scoppia la testa e ho la vista annebbiata, non riesco quasi a respirare. Non c’è abbastanza aria in questa stanza, è tutto così…soffocante che vorrei strapparmi i vestiti di dosso e mettermi a urlare, ma qui nessuno sembra accorgersene. Johanna e Grace continuano a discutere animatamente di qualcosa che faccio fatica a comprendere e le loro voci sembrano arrivarmi da chilometri di distanza, quasi come se non fossero nemmeno qui, sedute a tavola vicino a me ma si trovassero in un luogo molto lontano. Forse troppo lontano per potersi davvero accorgere di come mi sento. Ma non ha importanza, niente ha più importanza ormai, e io voglio solo che smettano di parlare. C’è troppo rumore qui, perché c’è così tanto rumore? E fa caldo, continua a fare un caldo insopportabile. Mi manca l’aria…

- Ma insomma mamma, si può sapere perché non sei d’accordo? Ormai sono abbastanza grande per poter girare in motorino come la maggior parte delle ragazze della mia età, e non capisco davvero cosa ci sia di male in questo! In fondo non ti sto mica chiedendo la luna, ma solo un po’ di libertà!

- Bè, mi sembra che tu abbia già abbastanza libertà signorina, perciò piantala con queste stupidaggini e finisci la tua cena. È ancora troppo presto per permetterti di girare in motorino, ne riparleremo quando avrai compiuto almeno quindici anni, per adesso non è ancora il momento. Christian vuoi dirglielo anche tu, per favore?

Sussulto non appena pronuncia il mio nome, voltandomi verso di lei con aria assente e sbattendo più volte le palpebre per cercare di metterla a fuoco nel migliore dei modi. Dio, sembra tutto così irreale stasera, come avvolto da una strana nebbiolina scura che è tanto densa da bruciarmi gli occhi.

- Potreste fare un po’ di silenzio – sbotto irritato, prima ancora di rendermene conto – sto cercando di finire di mangiare, perché dovete sempre alzare la voce in questo modo?

- Papà, ti prego, puoi cercare di farle capire che è arrivato il momento anche per me di lasciare il nido e cominciare finalmente a vivere la mia vita? E cosa c’è di meglio di un motorino per iniziare davvero a farlo? Insomma, non sono più una bambina!

Ribatte mia figlia, sollevando il mento con aria fiera e ignorando completamente le mie parole.

- Dico…ma l’hai sentita?

Si intromette Johanna, guardandola con espressione incredula prima di voltarsi di nuovo verso di me, e a quel punto mi accorgo che sta aspettando che io dica qualcosa, ma…non posso, perché d’un tratto sento di non riuscire quasi a parlare. E poi sono distratto, non riesco a concentrarmi con tutto questo baccano. Ci sono…troppi rumori, troppe luci intorno a me, e non so nemmeno da dove provengano.

- Sì, ultimo livello!

Sento strillare improvvisamente, e mi ci vuole quache secondo per rendermi conto che quella voce un po’ confusa appartiene in realtà a Logan, che a piedi nudi sul divano fissa lo schermo del videogioco che tiene tra le mani come ipnotizzato mentre una fastidiosa melodia elettronica si diffonde ben presto nell’aria, martellandomi le orecchie e rendendomi impossibile la concentrazione.

- Logan, ti spiacerebbe spegnere quel coso e venire a sederti a tavola insieme a noi?

Dico seccato, accorgendomi di fare veramente fatica a non perdere la pazienza.

- Lui ha già mangiato – risponde johanna – almeno un’ora fa.

- Davvero, e saresti così gentile da spiegarmene il motivo?

- Aveva fame – replica, sulla difensiva – e tu non arrivavi, così ho pensato che farlo cenare un po’ prima sarebbe stato meglio che sedersi a tavola a quest’ora. Nel caso non te ne fossi accorto, ti faccio notare che questa sera sei tornato a casa davvero molto tardi.

E mi invita con un gesto eloquente della mano a guardare l’orologio, che segna già le nove e mezzo. Scuoto la testa con decisione, lanciandole un’occhiataccia che sembra coglierla però alla sprovvista.

- La cosa non ti riguarda – replico, alzando la voce più di quanto intendessi davvero fare e facendola sussultare all’improvviso – e invece di continuare a controllare assiduamente ogni mio movimento faresti meglio a imparare a fare la madre come si deve, visto che a quanto vedo non ne sei assolutamente capace!

Per un attimo resta a fissarmi come impietrita, quasi non credesse alle proprie orecchie prima di esclamare, chiaramente punta sul vivo: - Che cosa? Adesso stai davvero esagerando, si può sapere che ti prende?

- Sto solo dicendo la verità – replico senza perdere un colpo, accorgendomi però con sgomento che la mia voce trema dalla rabbia – perché se ti fossi sforzata di educarlo un po’ meglio adesso non sarebbe lì, a saltellare su quel dannato divano e a mettercela tutta per fare più casino possibile!

Le mie parole sembrano ancora una volta coglierla in contropiede mentre continua a guardarmi con gli occhi sgranati, l’aria incredula e smarrita, ma non mi importa perché, ora che ho iniziato, non credo di riuscire più a fermarmi. Sto cominciando a sudare freddo e il cuore mi batte all’impazzata, non so nemmeno cosa mi prenda e perché la stia improvvisamente accusando di tutto questo, ma non voglio pensarci adesso. Io voglio solo…spegnere, spegnere tutto…come si fa a spegnere tutto? Dimmelo tu Johanna, ti prego, come faccio a spegnere questo fuoco implacabile che si diverte a bruciarmi dentro in questo modo? No, non c’è rimedio, e io…mi sento morire.

- Quindi la colpa sarebbe mia, adesso?

Risponde, e noto che sta lottando con se stessa per cercare disperatamente di mantenere la calma. Anche se so che non durerà a lungo, e d’un tratto mi prende il folle desiderio di provocarla, di farle del male in qualche modo. È giusto, perché devo essere io il solo a sentirmi così? Perché non posso provare a cancellare una volta per tutte quella stupida maschera di compostezza dalla sua faccia?

- Sicuro – continuo, implacabile – non vedi che lo hai cresciuto come una specie di selvaggio  fuori controllo? Ti somiglia, è esattamente uguale a te!

- E con questo vorresti forse dire che io sono una selvaggia? Stai attento a come parli Christian, perché stasera stai davvero passando i limiti!

Esclama, muovendosi nervosamente sulla sedia come se volesse scattare in piedi da un momento all’altro mentre Grace ci osserva a bocca aperta dalla sua postazione vicina, l’aria vagamente infastidita e, forse, un pò spaventata dalla piega che sta prendendo la situazione. Sento che le cose mi stanno precipitosamente sfuggendo di mano, non riesco quasi a controllarmi.

- Papà, non credo ci sia bisogno di…

- Stai zitta – le intimo con aria di comando, lanciandole un’occhiata di fuoco che la fa ammutolire di colpo – non mi sembra di averti interpellato in questa conversazione! Sei pregata di non immischiarti quando parlo con tua madre, perciò adesso chiudi quello stupido becco parlante e finisci di mangiare!

- Non ho più fame!

Ribatte, decisa più che mai a tenermi testa e guardandomi con aria di sfida, finendo così per farmi infuriare ancora di più.

- Finisci di mangiare ho detto, altrimenti te lo faccio ingoiare a forza!

- Christian, smettila immediatamente!

Si intromette Johanna, alzando stavolta la voce, anche se so che non sarà certo questo a fermarmi.

- E perché dovrei farlo – continuo infatti – questa casa è un casino totale, non c’è un minimo di educazione e tutto perché tu non sei in grado di mettere in riga i tuoi figli! Ma adesso ci penso io a far tornare le cose a posto come si deve e, anzi, avrei dovuto farlo molto tempo prima!

Mi alzo da tavola con uno scatto improvviso, barcollando leggermente e incespicando più volte nei miei stessi piedi prima di dirigermi come una furia verso Logan e strappargli di mano quell’odioso giocattolo elettronico da cui sembra tanto preso per scaraventarlo a terra con violenza, facendolo a pezzi e vedendolo sussultare per lo spavento mentre i suoi occhi si riempiono ben presto di lacrime cocenti. Lacrime che, mi accorgo, non sembrano suscitarmi più alcuna emozione.

- Ecco fatto – gli urlo, al limite della sopportazione – vediamo se così si potrà finalmente avere un po’ di pace!

- Christian ora basta, è davvero troppo! Smettila di spaventare i bambini in questo modo!

Esclama Johanna, fuori di sé dalla rabbia mentre scatta in piedi a sua volta e fa per precipitarsi verso il bambino, ma Grace è più veloce di lei e con passo deciso raggiunge ben presto il fratellino, abbracciandolo stretto per cercare di placare il suo pianto disperato e lanciandomi occhiate cariche d’odio che per un attimo, solo per un attimo mi fanno vacillare, gelandomi il sangue nelle vene. Ma poi sbatto le palpebre e tutto torna irreale e confuso, ripiombandomi addosso con la stessa forza di un uragano e lasciandomi stordito mentre continuo a osservarli a distanza e mi accorgo che, ancora una volta, il mio cuore non registra nessuna emozione. Non sento niente, non più.

- Su piccolo non fare così, puoi giocare col mio se vuoi. Vieni con me adesso, andiamo via di qui, ti porto nella tua stanza.

Gli sussurra, prendendolo in braccio e avviandosi silenziosamente verso le scale, abbassando lo sguardo quando mi passa davanti, quasi timorosa adesso di incrociare il mio. Riesco chiaramente a percepire la sua paura mentre la voce improvvisa di Johanna, forte e dura come uno schiaffo in pieno viso mi fa trasalire, costringendomi a voltarmi verso di lei anche se la mia vista è talmente sfocata che riesco a malapena a inquadrarla. Continuo a sudare freddo e la testa non smette di pulsare, minacciando di farmi perdere l’equilibrio da un momento all’altro. Non mi reggo in piedi. Ho bisogno di farmi.

- Si può sapere qual è il problema? Vedo che muori dalla voglia di prendertela con me, perciò lascia i bambini fuori da questa storia e dimmi una volta per tutte cosa c’è che non va!

- Cosa c’è che non va, dici? – ribatto, cercando di imprimere convinzione alla mia voce – Non lo so Johanna, prova a dirmelo tu, dovrei forse avercela con te per qualcosa? Hai per caso la coscienza sporca?

Mi fissa a lungo, gli occhi sgranati e l’espressione confusa prima di esclamare: - Di che diavolo stai parlando?

- Sto parlando di quell’idiota che non vede l’ora di mettere le mani nelle tue mutande, e a cui tu permetti di entrare in questa casa praticamente tutti i giorni!

- Non parlare di Charles in questo modo, è un bravo ragazzo e cerca solo di aiutarmi, di tanto in tanto!

Scoppio a ridere, ma è una risata amara.

- E scommetto che cerca anche di metterti le mani addosso tutte le volte che gli si presenta l’occasione – grido – e tu gli permetti anche questo, non è così? Perché in fondo lui ti piace! Ti piace che venga qui quando non ci sono per spogliarti con gli occhi e strusciartelo addosso…

- Smettila – mi incalza, fuori di sé – sei assolutamente ridicolo, e mi stai anche offendendo! Ma sai che cosa penso? Che in fondo il problema non sia Charles, e nemmeno tutte queste assurde paranoie che ti stai facendo! No, il problema sei tu, soltanto tu! Mi hai mentito Christian, in realtà non hai mai smesso di farlo, non è così? Dio mio, guardati, sei strafatto! E io sono una stupida, sono solo una stupida perché non avrei dovuto fidarmi di te! Come hai potuto prenderti gioco di me in questo modo, mi avevi fatto una promessa…

Si interrompe bruscamente, come se all’improvviso non trovasse più la forza per continuare a parlare e, quando incrocio il suo sguardo, vedo solo dolore. Lo so, riesco a vederlo chiaramente, sono riuscito a ferirla ancora una volta. Come allora. Sono una delusione su tutta la linea, e non posso certo biasimarla se adesso comincerà a odiarmi. Ne ha tutto il diritto. Ma non mi importa, non voglio pensarci adesso. Mi odi pure se vuole, basta solo che mi lasci in pace. Non chiedo altro.

- E pensavi davvero che l’avrei mantenuta? – dico, abbassando notevolmente il tono di voce – Ormai ci sono dentro fino al collo Johanna, e sai che c’è? In realtà non ho alcuna intenzione di uscirne e non c’è niente che tu possa fare per riportarmi indietro, perciò smettila di provarci, smettila di opporti, perché la tua è soltanto una battaglia persa in partenza!

Scuote la testa e qualcosa nei suoi occhi lucidi sembra spezzarsi irrimediabilmente mentre cerca di ricacciare indietro le lacrime, ostentando una sicurezza che non prova affatto e sforzandosi di tornare a guardarmi, prima di sussurrare: - Questo lo vedremo.

Poi mi volta le spalle e si avvia lentamente verso le scale, e anche se già lontana mi accorgo di riuscire comunque a sentirla singhiozzare…

   
 
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