Prologo
Italia,
1655.
Arianne
era rannicchiata al fianco di sua madre,
sforzandosi di ignorare la puzza che la circondava. Non sapeva cosa
fosse, ma
di una cosa era certa: non era nulla di buono.
-
Mamma, ti prego, mamma. – mormorò, scuotendola
leggermente.
-
Mamma, svegliati, per favore. –
La
scosse ancora, osservando preoccupata lo strano
modo in cui ciondolava il capo della sua mamma. Sembrava una di quelle
bambole
di pezza con cui giocavano lei e le sue sorelle. Era profondamente
sbagliato
che un essere umano potesse essere tanto inerte.
-
Cintia, Rossella, Daniel … - sussurrò,
rivolgendosi all’angolo buio in cui sapeva per certo esserci
il resto della sua
famiglia.
Nessuna
risposta. Perché non le rispondevano, l’avevano
forse lasciata da sola?
Arianne
aveva paura del buio, ne aveva sempre avuta,
allora perché l’avevano abbandonata in quella
vecchia casa piena di spifferi e
impregnata di quell’odore stagnante? Perché non la
aiutavano a svegliare la
loro mamma?
Venne
assalita da un’intensa sensazione di bruciore.
Si grattò le braccia, sussultando per il dolore quando una
delle gigantesche
bolle scoppiò. La mamma aveva detto che sarebbero andate
via, che presto
sarebbe stata bene, però aveva anche detto che non
l’avrebbe mai lasciata sola.
Aveva mentito, la mamma era una bugiarda. E lei aveva così
freddo e tanta,
tanta fame.
Il
rumore cigolante della porta che si apriva la
fece sussultare. Chi poteva essere? Si rannicchiò ancora di
più contro il corpo
della madre, sperando che gli intrusi non la notassero.
-
Niklaus, è inutile cercare qui, non senti il tanfo
della putrefazione? –
A
parlare era stata la voce più piacevole che
Arianne avesse mai sentito nell’arco della sua breve
esistenza.
-
Ti ho già detto, mio scettico fratello, che ho
sentito distintamente il battito di un cuore. Un cuoricino malandato,
certo, ma
pur sempre vivo. –
-
Un bambino? –
Improvvisamente
ad Elijah fu tutto chiaro. Niklaus
non era a caccia, sperava di essere capace di salvare la vita di quella
piccola
creatura. Suo fratello aveva sempre avuto uno strano istinto protettivo
nei
confronti dei bambini.
-
Ecco, è lì. – annunciò,
dirigendosi a passo sicuro
verso il cadavere di una donna.
Stretta
a lei, tremante per la paura o semplicemente
per il freddo, stava uno scricciolo di bambina. Era coperta dalle
pustole della
peste, la pelle era talmente sudicia che la carnagione avrebbe
benissimo potuto
essere alabastrina o mulatta, gli occhioni grigi lo fissavano sbarrati
dalla
paura.
-
Come ti chiami, tesoro? – le chiese con voce
suadente, chinandosi su di lei.
Arianne
si tirò istintivamente indietro. C’era
qualcosa in quel giovane uomo che sembrava gridare a gran voce pericolo.
-
A- Arianne, signore. –
-
È la tua mamma, quella? –
La
voce incantevole che aveva sentito prima la
spinse a rivolgere lo sguardo sull’altro uomo. Anche lui le
sorrideva, ma per
qualche strano motivo sentiva di poter fare affidamento su di lui.
-
Sì, io credo … credo che sia morta. –
mormorò,
dando voce a quel terribile pensiero che si era fatto lentamente strada
in lei.
-
È così, piccina, ma fortunatamente per te, posso
guarirti. –
-
Signore, non può essere lei a farlo? –
pigolò,
lanciando uno sguardo supplichevole a quello dai capelli scuri.
-
Certo. Me ne occupo io, Niklaus. –
Se
le parole della piccola lo ferirono non lo diede
a vedere.
-
Sbrigati, Elijah, non credo che al nostro pulcino
rimanga ancora molto da vivere. –
Arianne
osservò timorosamente mentre quello che
sembrava essere il più grande dei due si mordeva il polso e
glielo porgeva con
grande garbo. Osservò il liquido scuro scorrere sulla pelle
candida dell’uomo.
-
Cosa devo farci? –
-
Devi berlo, bambina. –
Non
dubitò neanche per un istante delle parole dello
sconosciuto, qualcosa in lei le gridava di fare come le diceva.
Posò le labbra
sulla ferita e bevve avidamente.
*********
-
È un bel quadro, chi è la ragazza con voi?
–
domandò Camille, esaminando il grande dipinto sul camino di
casa Mikaelson.
Gli
occhi di Klaus sembrarono incupirsi e la ragazza
capì di aver fatto la domanda sbagliata.
-
Una persona a cui tenevamo molto. –
A
rispondere era stato Elijah, con tono compassato.
Si leggeva una profonda sofferenza in entrambi i fratelli.
-
Doveva essere una persona speciale. – considerò.
Sì,
doveva esserlo sicuramente se aveva segnato così
profondamente quei due uomini.
-
Lo era. – assicurarono all’unisono.
Spazio
autrice:
La
mia prima fic sui mitici Originals, spero che vi
piaccia e che vogliate farmi sapere che ne pensate. Alla prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt