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Autore: novachrono    02/12/2013    0 recensioni
[Jonathan Harker/Alexander Grayson]
Quell'eco in fondo alla sua mente ci mise qualche frazione di secondo ad arrivare, strappandolo del tutto da quelle convinzioni incerte che nemmeno lui credeva di avere. Dopotutto, il problema qual era? Scosse la testa, incerto di ciò che l'animo gli avrebbe presentato come risposta escludendolo a priori. Si schiarì la voce quasi soffocandosi con il proprio respiro mentre in lontananza il robusto suono di una carrozza già si faceva strada tra i passanti di quella capitale tanto grigia, tanto tetra.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Dracula (2013)
Pairing: Jonathan Harker/Alexander Grayson (Dracula)
Note: Buonasera a tutti! ♥ Premetto che è la prima volta che utilizzo EFP e spero di non aver fatto gaffe inutili con l'utilizzo incerto delle varie funzioni, in quanto poi è da un sacco di tempo che non scrivo una ff - che poi, pensavo pure di aver smesso per sempre ma dopo l'uscita delle nuova serie televisiva ispirata al romanzo di Bram Stoker (Dracula) che io amo con tutta me stessa, non potevo fare a meno di vestire i panni della solita shipper incallita e scrivere qualcosa su questi due che al sol sguardo mi fanno fremere. Insomma, come fare? Alla fine mi sono arresa e ho scritto una oneshot, giusto per capire un po' se la voglia di scrivere ancora c'è o meno. Quindi sì, chi sa, magari una delle vostre recensioni mi spronerà a proseguire oltre o mi convincerà di quanto sbagliata sia stata la mia decisione di riprendere la scrittura - boh! 
Ritornando alla storia, in questo telefilm Dracula (Jonathan Rhys Meyers) ha le vesti di un giovane industriale americano che arriva a Londra sperando di riuscire ad entrare in commercio con proprie innovazioni mentre in realtà ha scopi ben precisi essendo lui ovviamente un vampiro. Qui incontra un giovane giornalista, Jonathan Harker (Oliver Jackson-Cohen) e la sua fidanzata e ovviamente tantissimi altri personaggi - inutile starvi a raccontare l'intera storia, così vi consiglio di andare a vedervi direttamente il telefilm perché merita! Grazie dell'attenzione e, buona lettura 
Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono ma sono proprietà di Bram Stoker; questa storia non è stata scritta senza alcun scopo di lucro.




Una serie di immagini confuse, sporche e frastagliate continuavano a scomporsi e ricomporsi di fronte a quello sguardo azzurro, limpido e colmo di sfumature incerte. Scrutava il nulla di fronte a sé come un osservatore nato, come chi continua ad essere alla ricerca sfrenata di qualcosa. Particolari da renderli tali e panoramiche irrisolte continuavano a sfuggirgli senza alcun interesse di dargli ascolto, di nutrire del tutto quella sua curiosità tanto profonda, tagliente. Perché sì, era proprio quella che lo aveva spinto a ferirsi, ad aprire quella voragine che da giorni ormai andava a perseguitarlo. L'insonnia ci aveva messo poco a diventare sua fedele compagna, colmando del tutto quel vuoto lasciato da chi sentiva lo stava lentamente abbandonando. La gioia per la ricchezza, l'onestà per un mestiere. Era dunque quello il compromesso che la vita continuava ad offrirgli, a proporgli? Si sentì sporco, sporco nella propria desolazione improvvisa, inconsolabile.
Gli occhi già bagnati da quelle lacrime difficilmente trattenute, scrutarono nuovamente il mondo di fronte a sé incrociando a malincuore la loro copia riflessa sopra quella superficie che troppo spesso forse maledicevano. Stringeva le dita come a volersi appoggiare a se stesso mentre la mascella s'irrigidiva assieme al volto stanco macchiato da quella mancanza di sonno improvvisa. Avrebbe voluto distruggere la propria immagine, avrebbe voluto distruggere se stesso.
Scrutò la propria figura, quasi grato da quella magra distrazione che la mente gli concedeva, cercando di convincersi che il cambio d'abito avrebbe solamente tardato ciò che comunque l'avrebbe atteso per sempre. Sentiva l'infinito, l'eterno circondarlo con irrimediabile forza ed era proprio quell'ignoto a spaventarlo.
Si sistemò nuovamente la cravatta cercando di stirarla con il solo utilizzo di una mano che, con dita tremanti, cercava di non colpirlo. Sperava che con quel flebile colpo al viso si sarebbe risvegliato, sarebbe stato capace di reagire e invece nulla. La mano rimase sospesa assieme allo sguardo, mentre questioni irrisolte continuavano a turbarlo dall'interno.
-Che ti succede Jonathan, eh?-
Quell'eco in fondo alla sua mente ci mise qualche frazione di secondo ad arrivare, strappandolo del tutto da quelle convinzioni incerte che nemmeno lui credeva di avere. Dopotutto, il problema qual era? Scosse la testa, incerto di ciò che l'animo gli avrebbe presentato come risposta escludendolo a priori. Si schiarì la voce quasi soffocandosi con il proprio respiro, mentre in lontananza il robusto suono di una carrozza già si faceva strada tra i passanti di quella capitale tanto grigia, tanto tetra. Infatti mai come quella sera, Jonathan trovò Londra talmente triste da dar vita in lui quell'insana voglia di fuggire.
-Signor Harker, la carrozza l'attende!-
Strappato con violenza da quella nuova corrente di pensieri, Jonathan ci mise un po' a ritrovare la forza di muoversi. Lanciò un'ultima occhiata a quell'immagine tanto sporca quanto confusa che lo specchio gli regalava, fedele plagio della sua mente, per poi uscire da quell'umile abitazione ricordandosi solamente all'ultimo che la pioggia assieme a quell'imminente temporale, era già arrivata. Imprecò sotto voce cercando di ignorare il fango sopra quel vestito che non solo era nuovo, ma gli era pure costato il salario di un mese. Sospirò più di una volta facendosi aiutare a salire in carrozza, dando di sé l'ennesima impressione goffa che ormai sembrava perseguitarlo.
Qualche secondo e si ritrovò nuovamente da solo con la propria mente, con quei pensieri che lo assillavano ed il ricordo di quel sogno indelebile, stampato nella sua mente.
Cercò di ricomporre quell'invito tanto inaspettato, giustificato dal semplice fatto che in fondo era suo lavoro occuparsi delle novità quotidiane in quanto scioccamente si era abbandonato a quell'umile lavoro giornalistico. Non che gli fosse mai dispiaciuto, anzi, ma assistere la presentazione di ciò che poteva essere una delle più grandi rivoluzioni nella storia industriale, lo turbò e non poco. Cosa aveva fatto lui di quella sua misera vita, di quelle sue poche facoltà? Nulla.
Ritrovatosi nello sconforto più assoluto, nemmeno si accorse di quella nuova ondata d'aria gelida, di quella pioggia scrosciante che andava a distruggere l'unica cosa di valore che sapeva di avere. Starnutì un paio di volte lasciandosi condurre in quell'immensa abitazione che da giorni ormai, attirava i più curiosi gentiluomini di tutta Londra.
-Mi aspettavo arrivasse all'ora di cena, sinceramente. A quanto pare continuo a sottovalutare le vostre carrozze...-
La voce profonda e marcata da quel forte accento americano tanto sconosciuto, tanto lontano dalla mente del giovane giornalista, si fece eco lungo le pareti di quell'imponente abitazione. Jonathan, faticando a capire, abbozzò un sorriso, più per educazione che per sincera complicità mentre lo sguardo cercava ancora di adattarsi a quel clima tetro e buio che lo circondava. Lasciò vagare gli occhi celesti lungo le pareti dell'atrio, lungo quell'immensa scalinata e le svariate porte che conducevano verso innumerevoli stanze, continuando a cercarne il suo abitante.
-Sta bene? Perché sinceramente sembra essersi preso qualcosa... la ricordavo meno pallido, sa?-
Una leggera risata riempì le alte pareti della stanza, riempì il corpo di quel nuovo ospite, attirando ora del tutto la sua attenzione che ancora in piedi all'ingresso, non era ben sicuro di cosa fare con la propria figura, trovando ogni suo possibile gesto inappropriato. La risata però parve contagiarlo, indurlo a dar in un qualsiasi modo segno di vita, lasciandosi così travolgere da quella voce che mai avrebbe ammesso sublime. Gli occhi finalmente ne trovarono la fonte e non appena furono in grado di delinearne il volto, un fremito accarezzò la sua schiena. Si schiarì la voce, costringendo se stesso a ritornare nel presente mentre quel volto che più di una volta aveva studiato con minuzioso interesse, continuava ad avvicinarsi.
Alexander Grayson gli porse la mano, mantenendo quel solito sorriso che ormai sembrava averlo caratterizzato non solo nell'alta società inglese, ma anche per le strade.
Jonathan la strinse, ancora un po' incerto delle proprie facoltà, di ciò che attorno a lui continuava ad accadere. Drogato di quell'atmosfera macabra che lo circondava, si lasciò sfuggire un sorriso quasi sincero seppur macchiato di desolato sarcasmo, non riuscendo a reprimere in sé il ricordo di tutte quelle notti insonni a studiare mentalmente il volto del giovane americano. Cosa stava cercando?
-Bello qui, davvero.-
-Già, le piace? Ci ho messo del mio... sa com'è, un uomo ci mette poco a diventare nostalgico.-
Sorrise nascondendo di nuovo le mani nelle tasche lasciando l'ennesimo senso di vuoto dentro il corpo del giovane. Questi, riusciva ancora a percepire la pelle priva di qualsiasi tipo di tepore sulla propria, calda e leggermente bagnata. Sentiva ancora quella pelle liscia e fredda come il marmo sfiorare la propria e senza rendersene conto, fece un passo avanti avvicinandosi all'altro in modo quasi violento.
-E' sicuro di stare bene?-
Inerme, Alexander ripeté quella domanda con tutta la naturalezza che riusciva a contenere, in tutta la sua postura, riuscendo ad afferrare solamente all'ultimo secondo, ciò che a prima vista gli era sembrata una caduta certa. Trattenne una risata mantenendo solamente un semplice sorriso, mentre con l'altra mano già si sistemava i capelli che indisturbati gli ricadevano sulla fronte. Jonathan cercò di ricomporsi, farfugliare qualche scusa in stretto londinese, facendosi letteralmente lacerare dalle risate che ormai difficilmente l'altro conteneva.
-Me la immaginavo molto più professionale a dire il vero.-
Lasciò andare il braccio bagnato dalla pioggia di un Jonathan ora perplesso ora desolato, abbandonandolo con quell'ultimo sorriso prima di passare in una delle stanze adiacenti.
Jonathan cercò di riprendere il respiro, mentre violento, il rossore s'impadroniva di quelle gote solitamente pallide quanto quelle di un morto. Si coprì il volto con le mani mentre il cuore continuava a fargli male, ad aumentare i battiti con frequente violenza. Ci mise non poco a rendersi conto di quanto sciocco doveva apparire agli occhi di chi non lo conosceva veramente, di chi non l'avesse mai visto prima. Eppure, lui in realtà, conosceva davvero se stesso? Sempre più confuso cercò di raggiungere Alexander, che ancora divertito da quella scena quasi infantile, se ne stava nella sua solita poltrona dietro quell'imponente scrivania in legno.
-Signor Grayson, le chiedo scusa! E' il tempo e...-
-Avanti, chiamami Alex... tutte queste vostre formalità inglesi mi soffocano.-
Rise ancora con lo sguardo puntato dentro quello di Jonathan, dentro quell'anima irrequieta e confusa. Questi arrossì di nuovo e non riuscendo a nasconderlo una seconda volta, si girò facendo finta di osservare gli svariati oggetti posti alla parete opposta di quell'immenso studio che gli infondeva tutto fuorché semplice fiducia.
-Perché sono qui?-
Finalmente calmo Jonathan si voltò a scrutare quel volto che la notte lo imprigionava dentro quei sogni secondo la coscienza assurdi, dentro quei sogni che in fondo sapeva benissimo di non voler abbandonare.
-Perché? Beh, sei un giornalista no? Fammi un'intervista.-
Jonathan inarcò le sopracciglia sorpreso, lasciando il primo di una serie di sorrisi liberarsi sopra quel volto stanco e corroso dall'insonnia.
-Un'intervista?-
-Un'intervista.-
Il sorriso di entrambi continuò ad insistere sopra quei volti tanto diversi fra loro, tanto lontani e sconosciuti, mentre nella mente di uno di loro la solita sequenza di immagini prendeva vita. Il rossore alle guancie di Jonathan ritornò, più violento di prima, incoraggiato da quella presenza che non faceva altro che turbare l'animo fragile del giovane giornalista. Sentì un altro rapido brivido sfiorargli le membra e quando incrociò nuovamente quello sguardo tanto più limpido, tanto più profondo del suo, il respiro gli venne meno.
Come il ricordo di un fatto concreto, quel sogno che andava a turbarlo così di notte come di giorno, si ripresentò di fronte a lui, non lasciandogli altra scelta se non quella di ansimare, come in preda ad un attacco violento.

"I suoi occhi. Come veleno s'insinuavano dentro di lui, scoprendolo dall'interno, colmando quelle voragini lasciate da altri. Le sue mani. Ripercorrevano la sua vita sopra quella pelle segnata da insulsi e piccoli incidenti, da sciocchezze infantili e voglie possedute dalla nascita. Le sue labbra. Fedeli compagne delle dita, ne seguivano il loro percorso sfiorandolo appena, accendendo in lui passioni credute irreali. La sua voce. Continuava a cullarlo dentro quell'incantesimo che sembrava appartenere alla sola infinità, all'eterno, all'ignoto."

-Jonathan? Jonathan, mi senti?-
Appoggiato ad un'altra poltrona di fronte a lui, il giovane inglese trovò quegli occhi che gli causavano il più atroce fra tutti i peccati, a scrutarlo con ostentata curiosità.
Sentì quell'insolito fuoco nelle membra risvegliarsi, incitando quell'indole passionale che nemmeno lui sapeva di avere, a seguire i propri istinti facendolo arrossire ancora.
-Jonathan...?!-
Gli occhi puntati sul vestito nuovo e macchiato dalla sporca pioggia di Londra, Jonathan seguì quello sguardo ora sconvolto ora divertito di Alex, che con fare disinvolto continuava a stargli accanto sorreggendolo.
Gli occhi azzurri di Jonathan seguirono quelli celesti di Alex e quando incontrarono la propria intimità ora palpitante, non poté far altro se non fuggire da quella figura che notte dopo notte, lo riempiva di insolito piacere senza nemmeno rendersene conto. 
Era la sua rovina.
 
  
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