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Autore: Eynis96    02/12/2013    2 recensioni
"I've tried to go on like I never knew you
I'm awake but my world is half asleep
I pray for this heart to be unbroken
But without you all I'm going to be is Incomplete"
Katniss e Peeta nel Distretto 13 tra liti, baci rubati e parole sussurrate a notte fonda.
Buona lettura
p.s. recensioni costruttive molto gradite :)
Genere: Romantico, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark, Primrose Everdeen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“Life goes on,
It gets so heavy,
The wheel breaks the butterfly.
Every tear, a waterfall.
In the night, the stormy night,
She closed her eyes.
In the night, the stormy night,
Away she flied.”

-Paradise, Coldplay

A sua discolpa Katniss poteva solo dire che non lo aveva fatto deliberatamente, voleva solo un po di pace e disgraziatamente era andata ad infilarsi proprio in quel piccolo pertugio che aveva una finestra sulla parte del distretto 13 che era stata adibita ad ospedale.

Il che voleva dire solo una cosa: Peeta.

Katniss cercava di pensarci il meno possibile perché il solo ricordo del suo ragazzo del pane gli scatenava tutta una serie di domande alle quali non sapeva e non voleva dare risposta.

E si sentiva soffocare ogni volta che Gale la torturava con domande sul loro futuro, su Peeta e tutto il resto, non capiva che nella sua testa c'era spazio solo per il dolore e per la confusione.

Poi c'era la storia della Ghiandaia Imitatrice, così la chiamavano, ma Katniss odiava quel nome, e allo stesso tempo sapeva che poteva rendersi utile solo attraverso quello stupido ed insulso appellativo.

L'unica cosa che aveva in comune con quell'animale era probabilmente il suo desiderio di volare via, di lanciarsi nella foresta per non tornare mai più e fuggire da tutti i problemi della sua esistenza che non le davano pace né giorno né notte.

Lo aveva proposto a Gale, ma forse lui non credeva abbastanza in lei da provarci.

Peeta sì, credeva in lei, e anche la piccola Prim, e anche Cinna.

Cinna.

A quel nome gli occhi di Katniss si riempirono di lacrime, avrebbe avuto proprio bisogno di lui in quel momento, tuttavia si rifiutò di piangere e cercò di distrarsi guardandosi attorno nella piccola intercapedine in cui si era infilata.

Fu allora che li vide: lei seduta leggeva, lui sdraiato a pancia in giù con la schiena scoperta dalle lenzuola, piena di cicatrici attendeva che l'unguento miracoloso applicatogli dal dottore facesse effetto.

Però, persino Katniss si accorse dalla distanza a cui si trovava che il giovane aveva i pugni serrati attorno al cuscino tentando di reprimere il forte dolore.

Sentì salire un conato di vomito, ma non per le orribili ferite che poteva vedere: era il suo subconscio che le faceva provare fisicamente gli effetti del suo egoismo: sapeva perfettamente quello che doveva fare, non conosceva la ragazza, ma al suo capezzale doveva esserci lei, Katniss, non quella lì.

Il pensiero che fosse qualcun altro a prendersi cura del suo ragazzo del pane dopo tutto ciò che lui aveva fatto per lei la tormentava; strinse la perla che portava sempre nella tasca destra dei pantaloni.

Eppure non riusciva a muoversi, il peso delle sue azioni le gravava addosso, sapeva che aveva già commesso molti errori dato che era una frana quanto a rapporti umani ed aveva paura di fare soffrire ancora il suo ragazzo del pane, e Gale.

Sbuffò sonoramente, tappandosi subito dopo la bocca con una mano, accorgendosi del rumore che aveva prodotto.

La ragazza accanto a Peeta smise di leggere per un secondo, poi però riprese fino a che il giovane si addormentò.

Lo sguardo di Katniss non lo abbandonò un solo istante.

 

 

Due giorni dopo era mattino presto, nel distretto 13 dormivano quasi tutti, solo un malato si agitava convulsamente nel suo letto, piegato su se stesso.

Ad un osservatore esterno sarebbe sembrato indemoniato, ma in realtà era solo un povero ragazzo che cercava di distinguere la verità dall'illusione dentro il suo cervello.

Iniziò ad urlare quando il dolore divenne troppo forte, e desiderò seriamente di porre fine al suo tormento, quindi cercò di afferrare sul comodino il piccolo coltellino che il dottore utilizzava per medicarlo.

Ma fortunatamente il personale medico, tempestivamente avvisato da Céline, che, dormendo in una stanza poco lontano, aveva sentito le urla, non glielo permise e tentò di bloccarlo in tutti i modi.

Peeta però era forte anche se ferito, ed i medici avevano paura di strappare i punti di sutura delle ferite bloccandolo troppo violentemente, allora Celine piantò le sue piccole mani sulle spalle del giovane e lo fissò intensamente negli occhi iniziando a tranquillizzarlo con la voce, e cercando di placarlo come succedeva ogni volta che veniva medicato.

Peeta aveva capito l'intento della ragazza e si sforzò il più possibile di controllare le convulsioni che agitavano il suo corpo, poi fissò la giovane nei suoi grandi occhi verdi, ma più li guardava più gli sembravano di un altro colore, troppo simili a quelli di....no...dolore...troppo dolore.

Con molta fatica la crisi venne sedata dai medici con l'aiuto di potenti anestetici, e prima di scivolare nell'oblio del sonno Peeta sussurrò un -Grazie- non specificatamente diretto a nessuno.

 

 

Passò una settimana, e Céline ogni giorno lo medicava e lo distraeva leggendo o chiacchierando, tuttavia poco tempo dopo i capi del Distretto 13 decisero di spostarlo in un'ala a parte dell'edificio, dato che lo ritenevano troppo instabile per poter coabitare con gli altri malati di quell'ospedale improvvisato, comunque la ragazza aveva libero accesso alla camera di Peeta, poiché anche se non voleva ammetterlo lui aveva bisogno di lei.

Però il ragazzo si sentiva profondamente scorretto: non voleva che Céline pensasse che lui nutrisse dei sentimenti per lei, avrebbe sinceramente voluto, ma ogni volta sempre lo stesso volto gli piombava nel cervello come un uragano suscitandogli sentimenti di amore ed odio così profondi da fargli venire la nausea.

D'altro canto Cèline non aveva alcuna intenzione di innamorarsi di Peeta, dato che era perfettamente consapevole dei sentimenti del ragazzo, ma talvolta non poteva fare a meno di indugiare sul profilo del suo viso, sull'ombra che le sue lunghe ciglia proiettavano sugli zigomi alti, o sulle sue labbra sottili.

Una sera come le altre, mentre la giovane stava per spalmare a Peeta l'unguento miracoloso realizzato sulla base di quelli che si creavano anche a Capitol City, troppo assorta nei suoi pensieri Cèline non notò la sacca dei lenzuoli puliti che giaceva ai piedi del letto, ed in una maniera molto poco aggraziata ci inciampò sopra rovinando esattamente tra le braccia di un Peeta senza maglietta seduto sul bordo del letto che attendeva la somministrazione della medicina.

Quando la giovane si accorse della posizione in cui si trovava arrossì fino alla punta dei capelli, ma suo malgrado non poté fare a meno di sentire il calore irradiato dal petto di Peeta, e per un solo secondo si fermò a contemplare il suo sguardo cristallino.

Però si riscosse subito quasi annegando nella propria vergogna e non poté impedirsi di provare un sottile filo di invidia per l'unica ragazza che poteva averlo...e paradossalmente non lo voleva!

-S-scusa...n-non avevo visto il sacco...-balbettò girandosi per riprendere il contenitore del medicinale che era caduto.

-Tranquilla non c'è nessun problema- la rassicurò Peeta con un sorriso, ma poi si rabbuiò per un momento:-Cèline, io vorrei che tu capissi che per quanto io stia bene con te, devo risolvere parecchie questioni con Katniss, e non sono ancora pronto a dimenticarla...io...-il ragazzo era in difficoltà su quell'argomento, e la giovane se ne accorse, quindi lo interruppe subito:-Non preoccuparti, tu non devi spiegarmi nulla, davvero, io non ho alcun diritto di intromettermi tra di voi, ma voglio solo che tu sappia una cosa:tu sei una persona speciale e rara Peeta, ne esistono pochi come te, quindi, ti prego, trova qualcuno che ti meriti davvero- concluse la ragazza con un sorriso che celava ben nascoste delle lacrime.

A quelle parole Peeta tacque pensieroso, attese che ella terminasse la medicazione dopodiché si salutarono con uno sguardo ed il giovane si sdraiò tirandosi le coperte fin sotto il mento certo che quella notte non sarebbe riuscito a dormire.

 

  
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