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Autore: Pandora86    03/12/2013    4 recensioni
Mito raggiunge Hanamichi in clinica durante la riabilitazione con l'assoluta convinzione che sarà un'estate come un'altra.
Una persona che però non aveva mai considerato farà crollare le sue convinzioni riuscendo a sconvolgere i lati più intimi del suo essere.
Come si comporterà Mito quando si troverà ad affrontare sentimenti che non aveva mai preso in considerazione?
Continuazione de "Il tuo vero volto" incentrata però su Mito.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa, Yohei Mito
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi con il nuovo capitolo.
Ringrazio chi ha recensito quello precedente e chi continua a inserire la storia tra le preferite, ricordate e seguite!
Ovviamente, grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Ci vediamo a fine capitolo per le note.
Buona lettura.
 
 
Capitolo 15.
 

“Ti ho detto dall’inizio, porcospino!” lo riprese Noma.

“Se vuoi che ci capiamo qualcosa, devi incominciare dall’inizio della vostra uscita” disse, facendo spallucce e invitando l’altro a continuare.

Sendoh sorrise decidendo di partire non dall’inizio della serata ma dai loro primi incontri in quei giorni.

“Tipico di Yo” disse Takamiya dopo un po’, sentendo le risposte che aveva rifilato Yohei a Sendoh.

“Quindi” intervenne Noma, “hai capito poco dopo chi fosse” valutò lisciandosi i baffi.

Sendoh ridacchiò a quell’affermazione.

“Un po’ difficile non notarvi” rispose calmo.

“Hai ragione” confermò Okuso, “sono bellissimo!” disse con convinzione, scatenando l’ilarità generale.

Sendoh, dopo che le risate scemarono, continuò il suo racconto fino ad arrivare allo strano dialogo che aveva avuto con Yohei all’interno del bar.

Vide gli occhi di Rukawa assottigliarsi quando raccontò la sua ipotesi.

Anche l’armata, in effetti, gli era sembrata più attenta del solito.

Allora ho fatto centro! Pensò senza però rallegrarsi di quella scoperta.

Al momento, che Sakuragi fosse cinese, giapponese o chissà cosa, non era in cima ai suoi pensieri.

D’altro canto, capì anche perché Mito era scattato sull’attenti riguardo quell’argomento.

Gli stranieri, nonostante la gran parte del Giappone fosse abbastanza moderno, non erano ben visti.

Certo, questo accadeva soprattutto negli anni addietro.

Comunque, la vita di uno straniero in Giappone aveva i suoi lati positivi quanto i suoi lati negativi.

E, considerato che Sakuragi era ancora un ragazzo che frequentava il liceo, Sendoh capiva perché Mito volesse mantenere il più assoluto riserbo.

I liceali potevano essere dei grandi seccatori con le loro continue prese in giro. D’altro canto Sakuragi, a parte i suoi capelli così vistosi, non aveva nessun tratto non orientale.

Certo, magari a un esame non superficiale si poteva scorgere qualche lineamento particolare tuttavia, questo bastava per permettergli di vivere i suoi anni da liceale in tranquillità, scegliendo le persone a cui confidare una cosa così particolare e personale.

“Quindi le mie parole ti hanno fatto fare quell’ipotesi” valutò Noma interrompendo il giocatore.

“Ipotesi che però non ci sarebbe stata se tu non fossi stato a fissare Yohei per tutto il tempo” lo prese in giro bonariamente.

In fondo, le sue parole potevano essere anche interpretate in altro modo; ad esempio, Yohei poteva passare per una persona poco avvezza a quei festeggiamenti perché magari troppo asociale per andare in giro.

In sostanza, considerò Noma, le sue parole avevano fatto poco o niente.

Il giocatore aveva fatto tutto da solo!

“Già” acconsentì Sendoh, continuando a raccontare fino ad arrivare alle frasi che Mito gli aveva detto in spiaggia.

“Capisco!” disse soltanto Noma facendo spallucce.

Sendoh notò che anche quello biondo e l’altro, che aveva da poco finito di mangiare i suoi biscotti, non si erano sorpresi ma che, in tutta risposta, avevano sospirato sconsolati.

Guardò anche Rukawa che aveva lo sguardo attento come non mai e capì che, come lui, era all’oscuro dei fatti che avevano scatenato quella reazione in Yohei.

Fatti che invece l’armata Sakuragi sembrava conoscere.

Forse tutti i dettagli li conosceva solo il loro capo ma comunque erano a conoscenza dei dati essenziali.

Ipotesi confermata dalle successive parole di quello con i baffetti.

“Sai” disse Noma con un tono stranamente serio, “se forse non avessi nominato il ritiro, le cose sarebbero potute andare diversamente” concluse sorridendo appena.

“Ma che c’entra il ritiro?” domandò Sendoh sorpreso.

Anche lui aveva notato un cambio d’umore quando la conversazione era finta sul ritiro.

Ma cosa mai poteva centrare il basket?

“Tutto e niente, porcospino!” rispose Noma con lo sguardo pensieroso.

“Ma noi abbiamo le mani legate!” concluse con un sospiro.

“Non possiamo dire niente” intervenne quello biondo.

“Ma non ti preoccupare” ghignò Noma.

“Qualcuno che può risolvere la situazione c’è” disse allargando il sorriso, sapendo che tutti nella stanza avrebbero facilmente compreso il soggetto della frase.

“Già!” parlò ancora Okuso, “peccato che non ci può raggiungere” disse con ovvietà.

“Infatti” gli diede ragione Noma alzandosi in piedi. “Saremo noi ad andare da lui” concluse guadagnandosi il sorriso di Sendoh, la risatina di Takamiya, lo sguardo perplesso e l’occhiata dubbiosa di Rukawa.

“Sì dal caso, che io sappia la stanza dove alloggia!” parlò ancora Noma portandosi le mani ai fianchi.

“Ti sei bevuto il cervello?” domandò Okuso.

“Da quando ti preoccupa infrangere le regole?” gli domandò di rimando Noma.

Sendoh e Rukawa assistevano a quello scambio di battute in silenzio.

Ora, era tutto nelle mani dell’armata.

“Non è delle regole che mi preoccupo” si difese Okuso.

“Non sappiamo neanche Hanamichi come sta realmente!” diede voce ai suoi reali pensieri.

“E allora che vuoi fare? Parlare tu al posto suo?” chiese Takamiya aggiustandosi gli occhiali.

“Come se lo potessi fare” sospirò sconsolato Okuso sedendosi sul letto.

“Non credi che Hanamichi ci abbia chiamato proprio per questo?” domandò Noma con ovvietà.

“Per farsi andare a trovare in piena notte?” gli fece il verso l’altro.

Noma, in risposta assottigliò lo sguardo.

“Il capo è l’unico che può risolvere la situazione” disse Takamiya con semplicità.

“Io sono con te!” concluse poi rivolto a Noma.

Per lui, non c’era più nulla da aggiungere.

“Bene, porcospino!” disse Noma ghignando.

“Tieniti pronto a una gita notturna!” e allargò il sorriso.

“E come pensi di farlo passare inosservato?” domandò Okuso con le braccia incrociate.

“Gli togli venti centimetri?” chiese con sarcasmo.

“E poi, chi ci assicura che non ci beccheranno?” continuò nel suo monologo, alzandosi e gesticolando vistosamente.

“Ti sembra uno di quelli che entra di soppiatto in una clinica senza farsi scoprire?” domandò ancora, indicando il numero sette con la mano.

“Un modo si trova!” non si perse d’animo Noma.

“Inoltre, non dobbiamo neanche preoccuparci di Yohei in questo momento!” allargò il sorriso.

“E perché mai?” non potette fare a meno di domandare Sendoh.

“Se lo conosco” gli rispose Noma, “e ti assicuro che lo conosco abbastanza bene, allora Yohei sarà impegnato nel fare una cosa!” disse, volutamente misterioso, con un sorriso ironico.

“Cioè?” chiese Sendoh assottigliando gli occhi e sentendo la preoccupazione aumentare.

Guardò Rukawa che scosse la testa di rimando.

Anche lui ci stava capendo poco o niente, in effetti.

Sentirono Noma scoppiare in una risata allegra.

“Non ti preoccupare” rispose ben interpretando lo sguardo del giocatore.

“Non è niente di illegale o pericoloso” lo rassicurò.

“Solo una cosa molto privata!” concluse, facendo capire che non avrebbe aggiunto altro.

“E ora a lavoro!” continuò allegro.

“Abbiamo un piano da preparare” disse lisciandosi i baffi.

“La Russia aspetta di essere invasa” aggiunse con tono serio, scatenando, a quelle parole, l’ilarità generale.

Sendoh si ritrovò a ridere allegramente; anche se preoccupato dalle circostanze, era rassicurato dalla presenza di quei ragazzi che, a conti fatti, sembravano sapere il fatto loro.

In quel clima disteso, anche Rukawa non poté fare a meno di piegare impercettibilmente le labbra in un sorriso.

Inoltre, presto avrebbe rivisto il suo do’hao.

E quel pensiero, unito al clima amichevole che si era venuto a creare, ebbe il potere di rasserenare il suo animo.
 

***
 

Mito aprì gli occhi, decidendo di accendere la luce.

Volse lo sguardo al block notes, incurvando le labbra in un sorriso tenero.

Il volto del numero sette del Ryonan faceva capolino sulla pagina.

Era sempre così: quando i ricordi si facevano troppo pesanti o qualche scelta era particolarmente dolorosa, prendere una matita e portare sul foglio quello che aveva in testa era sempre liberatorio.

Osservò con occhio critico il ritratto del giocatore, perché era questo il volto di Sendoh che voleva portare dentro di sé.

Voleva ricordarsi di Sendoh dagli occhi attenti ma anche ironici e dal sorriso pacato che, talvolta, assumeva una piega molto compiaciuta.

Voleva dimenticare gli occhi del giocatore quando lui gli aveva detto quelle cose: occhi increduli e dubbiosi.

Adesso, ho la certezza che mi considera un pazzo!

Fu questa la considerazione che fece Yohei osservando il volto sulla pagina e rammaricandosi per come le cose erano andate a finire.

Tuttavia, non aveva importanza.

Lui aveva agito per il meglio, anche se il giocatore non l’avrebbe mai saputo.

Chiuse il block notes rimettendolo nello zaino, desideroso di andare a dormire.

L’indomani sarebbe dovuto andare anche da Hana, considerò stendendosi sul letto.

Finalmente, avrebbe ripreso la sua solita routine.

Non aveva la certezza però che con essa sarebbe scomparsa l’angoscia che provava nel non poter più godere della compagnia di Sendoh.
 

***

“Hai capito, porcospino?” domandò Noma a bassa voce.
Sendoh annuì di rimando.

“Fortunatamente, la camera di Hanamichi è a piano terra. Dovrete solo entrare velocemente, mentre noi distraiamo gli infermieri di turno” ripeté ancora Noma.

“Perché non possiamo entrare dalla finestra?” domandò Sendoh con ovvietà.

“Perché ti dovrebbe aprire il capo e noi non sappiamo se cammina senza sforzo oppure no. Yo ci ha detto che si muove su una sedia a rotelle, quindi meglio non rischiare” rispose Okuso.

“Una volta entrati, se non fate baldoria, avrete a disposizione tutta la notte, credo!” intervenne Takamiya aggiustandosi gli occhiali.

“Da quello che so, Hanamichi non è un paziente che vanno a controllare di notte, a meno che lui non chiami!” concluse.

“Bene!” esclamò Noma.

“Noi, quello che potevamo fare, l’abbiamo fatto! Ora tocca a voi due!” disse con tono serio.

“Mi raccomando, cerca di sprecare qualche parola in più, tu” disse poi rivolto a Rukawa che annuì silenzioso.

Noma alzò gli occhi al cielo, decidendo di soprassedere.

“Bene ragazzi, andiamo” disse, facendo un cenno agli altri e avvicinandosi alla reception della clinica.

“Scusi, vorrei delle informazioni” disse Okuso, distraendo l’infermiera di guardia.

Sendoh e Rukawa li videro coprire la visuale.

Quando poi Noma, da dietro la schiena, gli fece segno di andare, furono veloci ad abbassarsi e gattonare per tutto il corridoio.

“Una volta superata la reception” aveva detto loro Noma, “dovrete solo stare attenti a non incontrare qualche malato per i corridoi o qualche medico”.

Sendoh e Rukawa si addossarono alla parete.

Rukawa poteva scorgere, in lontananza, la stanza del do’hao.

Facendo cenno all’altro, si mossero velocemente fino ad arrivare alla fatidica stanza.

Rukawa abbassò le mani sulla maniglia guardando il giocatore.

Gli dava, infatti, la possibilità di tirarsi indietro e di mettere fine a quella pagliacciata.

Anche lui voleva vedere Hanamichi, ma non in quel modo.

Perché al do’hao sarebbe venuto un colpo nel trovarseli lì in piena notte.

Quando poi si sarebbe calmato, allora si sarebbe preoccupato per quello che stava succedendo al suo migliore amico.

Rukawa inoltre non era tanto sicuro che gli avrebbe fatto piacere trovarsi Sendoh lì che sapeva di loro due e tutto il resto.

Insomma, in qualunque verso la si mettesse, quella loro incursione notturna era sconveniente e dannosa sotto tutti i punti di vista.

Mito stava facendo di tutto per garantirgli una riabilitazione serena; loro avrebbero rovinato tutto in un solo colpo.

Sospirò pesantemente quando vide Sendoh annuire deciso.

Chiuse gli occhi implorando Kami di dargli la forza.

Non approvava ma non poteva tirarsi indietro né poteva permettere che Sendoh incontrasse da solo il do’hao.

Aprì lentamente la porta.

Ora, dipendeva tutto da Hanamichi.

Rukawa entrò piano nella stanza facendo segno a Sendoh di togliersi dalla visuale di Hanamichi.

Non poteva permettere che appena il do’hao si fosse svegliato, la prima cosa che avrebbe visto sarebbe stata la faccia del numero sette del Ryonan.

Si avvicinò titubante al letto, dove Hanamichi dormiva tranquillo.

Notò distrattamente la lampada accesa; quindi Hanamichi non aveva perso la sua abitudine di dormire con la luce accesa.

A quel pensiero, sentì il cuore stringersi in una morsa; quanto erano realmente difficili quei giorni per lui?

Scosse la testa contrariato: non era il momento di pensare a questo.

L’occhio cadde alla destra del letto, dove c’era una sedia a rotelle.

Osservò il volto del numero dieci costatando che sembrava un poco dimagrito.

Notò, sul comodino, la foto della squadra.

Avvicinò titubante la mano al volto di Hanamichi sentendo il suo cuore battere all’impazzata.

Anche la mano tremava incerta.

Che diritto aveva lui di imporre la sua presenza in un momento così difficile per Hanamichi?

Per fare un favore a Sendoh, poi!

No! Si corresse mentalmente.

Lui lo faceva per Mito, la persona più importante per Hanamichi.

Il numero dieci non aveva forse rinunciato alla compagnia dell’amico per fare il suo bene?

Fu quel pensiero che gli fece riacquistare la determinazione che tanto lo contraddistingueva.

Allungò deciso la mano verso la guancia di Hanamichi, intenzionato a risvegliarlo lentamente.

Ordinò invano al suo cuore di calmarsi nel momento in cui i polpastrelli sfiorarono la guancia del numero dieci.

Prese coraggio e incominciò ad accarezzargli la fronte.

Cos’avrebbe detto quando gli occhi nocciola del numero dieci si sarebbero aperti?

Non lo sapeva!

Sapeva soltanto che, in quel momento, mentre sentiva nuovamente la pelle di Hanamichi sotto le sue dita, tutto aveva perso d’importanza.

Mito, Sendoh, il ritiro… niente contava quanto quel tocco.

Niente contava quanto Hanamichi.
 

***
 

“Non c’è nessuno con quel nome” si alterò l’infermiera rivolta a Noma.

“E, anche se ci fosse, non è questo l’orario per le visite” concluse duramente.

“Ha ragione, ci siamo sbagliati” sorrise Noma.

“Togliamo il disturbo” disse allontanandosi, seguito poi dagli altri due.

“Bah, speriamo che vada tutto bene” esclamò Okuso, portandosi le mani dietro la testa.

“Rukawa è in gamba” rispose semplicemente Takamiya.

“Infatti, è il porcospino che mi preoccupa. Sinceramente, lo vedete adatto a Yo?” espresse le sue perplessità Okuso.

“Ci tiene a Yohei, tanto da entrare di soppiatto in una clinica il giorno prima del ritiro, con il rischio di venire scoperto e quindi dire ciao, ciao alla nazionale” rispose con ovvietà Noma.

“Cavoli, in effetti, se li scoprono, possono dire addio al ritiro” rifletté Okuso che non aveva considerato il problema da quell’angolazione.

“Appunto!” ci tenne a sottolineare Noma.

“Ci tiene a Yohei e questo ci deve bastare. Anche su Rukawa avevi dei dubbi, se non sbaglio” non mancò di fargli notare Takamiya.

“Beh, che sia un damerino di buona famiglia, Yohei ce lo ha confermato!” s’impuntò Okuso, tirando in ballo la stessa obiezione che aveva fatto mesi addietro sul numero undici non ritenendolo adatto a Hanamichi.

“Yohei non l’ha chiamato damerino. Ci ha soltanto detto dove abita!” lo pungolò Noma.

“E, infatti, abita in una delle zone alte di Kanagawa” non si arrese il biondo.

“Meglio così, allora” rispose pratico Noma. “Il capo si è sistemato in tutti i sensi” aggiunse con un sorriso ironico.

Okuso sbuffò, non sapendo cosa ribattere ma non rinunciando ad avere l’ultima parola.

“Non mi piace Sendoh!” esclamò imbronciandosi.

“Sì, sì, è come dici tu!” lo lasciò parlare Noma.

“Ci vediamo” lì salutò poi una volta che furono arrivati all’ingresso della pensione.

“Io vado da Yohei” disse incamminandosi.

“Io aspetto quei due!” disse Okuso intenzionato ad aspettare Rukawa fuori dalla porta della sua stanza.

“Bah, contento tu!” disse Takamiya decidendo di concedersi un ennesimo spuntino serale.

Ora non potevano fare più nulla.

Era tutto nelle mani di Hanamichi.
 

***
 

Hanamichi aprì lentamente gli occhi.

Una mano che gli accarezzava la guancia l’aveva svegliato.

Sentendo quel tocco, Hanamichi aveva capito di stare sognando.

La sua kitsune… quel tocco era inconfondibile!

Aveva continuato a tenere ostinatamente gli occhi chiusi, sperando di continuare a sentire quella mano su di sé.

Eppure, il sonno scivolava via sempre più veloce.

Tuttavia, quella mano non lo abbandonava.

Che stesse ancora sognando, credendo di essersi svegliato?

Non lo sapeva, anche se sicuramente doveva essere così.

Eppure, si sentiva sveglio come non mai.

Forse era Yohei, valutò.

Ma l’amico non aveva quel tocco così tipico della kitsune.

Un tocco che avrebbe riconosciuto fra mille, un tocco che sembrava impresso nella sua pelle come un marchio infuocato.

Decise di aprire gli occhi.

Li sentiva ancora intorpiditi dal sonno.

La sera prima aveva dovuto chiedere un tranquillante per il dolore; essersi alzato a fare quella telefonata gli aveva impedito di riposare tranquillo.

Aveva resistito finché aveva potuto, poi si era arreso a chiamare un infermiere che, per fortuna, non aveva sospettato nulla.

Sbatté le palpebre più volte, cercando di mettere a fuoco la persona che era con lui.

Allora non si era sbagliato: c’era qualcuno nella stanza.

Ma chi poteva essere?

Chi poteva avere un tocco tanto simile a quello di Rukawa?

Continuò ad aprire e chiudere gli occhi fino a che l’immagine non divenne più nitida.

Le carezze, notò distrattamente, si erano interrotte.

Si ritrovò a deglutire quando vide delinearsi una capigliatura nera come la notte.

Sbarrò gli occhi quando riconobbe quelli blu oceano della sua kitsune.

Provò a parlare quando vide, alla luce della lampada, il volto pallido che gli stava davanti.

“Ru-Rukawa?” disse titubante con la gola strozzata.

“Sto sognando?” domandò in un sussurro incerto, con la consapevolezza di essere ancora addormentato.

Perché Rukawa non poteva essere lì.

Perché Rukawa non doveva essere lì.

Eppure, quello sembrava un sogno così vero!

Allungò titubante una mano verso il volto dell’altro che, in tutta risposta, la afferrò prontamente quando rimase a mezz’aria incerto sul da farsi.

Hanamichi sentì il calore di quella pelle che aveva avuto modo di conoscere e che non aveva mai più dimenticato.

Quello non poteva essere un sogno!

Ma allora, che diamine ci faceva Rukawa lì?

“Hanamichi!” disse in un sussurro Rukawa, osservando attentamente ogni reazione del numero dieci.

Sapeva che sarebbe stato difficile, ma non fino a quel punto.

Come avrebbe giustificato la sua presenza lì?

Come avrebbe incominciato il discorso?

Come avrebbe reagito Hanamichi alla presenza di Sendoh?

Tutte queste domande, e molte di più, gli affollavano la mente.

Strinse con più forza la mano di Sakuragi, decidendo di seguire il suo istinto e regolarsi man mano in base alle reazioni dell’altro.

Sakuragi però, lo sorprese ancora una volta.

Staccò lentamente la mano da Rukawa facendosi forza sui gomiti e provando a mettersi seduto.

Il numero undici gli fu prontamente accanto, aiutandolo come meglio poteva e sistemandogli meglio i cuscini dietro la schiena.

Fu allora che Hanamichi notò Sendoh, che era rimasto fermo alla sua sinistra.

Lo guardò per un lungo istante con una faccia perplessa.

Guardò Rukawa e poi di nuovo Sendoh, massaggiandosi gli occhi con il pollice e l’indice.

“Do’hao…” incominciò Rukawa ma Sakuragi gli fece cenno, con la mano, di tacere.

“Sono sveglio, kitsune” disse con decisione, senza logica apparente.

“Allora” disse poi mettendosi comodo.

Rivolse a entrambi uno sguardo deciso, uno sguardo maturo.

Uno sguardo da adulto.

Fu questo che pensò Rukawa mentre osservava il volto dell’altro.

Il suo vero volto.

“Allora” ripeté Sakuragi guardando prima l’uno poi l’altro.

“Ditemi cosa diamine è successo a Yo” disse con un tono serissimo, un tono che non ammetteva repliche.

Sendoh e Rukawa si guardarono con sguardo perplesso.

Come faceva Hanamichi a sapere il motivo per il quale erano andati a fargli visita nel cuore della notte?
 

Continua…
 

Note:
 

Non ho molto da dire se non una precisazione: Sendoh e Rukawa possono realmente dire addio al ritiro se sono scoperti.

In Giappone, infatti, quando un ragazzo fa parte di un qualunque club viene immediatamente espulso se trovato a commettere azioni illegali o coinvolto in risse.

Entrare di notte in una clinica rientra, per l’appunto, in un’azione illegale.

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.

Come sempre, attento i vostri pareri.

Ci vediamo martedì prossimo con il nuovo capitolo.

Nel frattempo, grazie a chi è giunto fin qui.

Pandora86
 
 
 
  
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