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Autore: DouglasSpunk    03/12/2013    3 recensioni
Le persone hanno paura di tutto: dell'amore, della morte, delle malattie, di soffrire, dei cani, degli squali, della velocità; perfino delle farfalle. Si ha paura di sbagliare, di provare qualcosa, di perdere qualcuno a noi caro. Paura. La paura ci spinge a fare scelte. Chi ha paura, di solito, sceglie di non vivere. Non completamente, comunque. Io, Kristen Stewart, non esulavo da quella definizione.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kristen Stewart, Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In case secondo capitolo Aloha, people! Visto? Non è passato così tanto tempo ed eccoci di nuovo qui! Quella merdaccia di Rose non ci tiene a dirvi niente -_- e come sempre fa a scarica barile, lasciando tutto sulle mie spalle!
Questo capitolo avrà un salto temporale di due anni ed è proprio dopo due anni, rispetto a quando si svoglie il prologo, che si andrà a sviluppare il resto della storia.
Non voglio dire altro, anche perchè il capitolo parlerà da solo. Vi auguro una buona letture e... Ci 'leggiamo' sotto.

P.S. Ricordate sempre il nostro motto - Killed by Helen Rose -



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Weak enough to need you



Due anni dopo.


POV Robert

L'uomo prende a bere, il bere porta a bere, il bere prende l'uomo.
Bere.
E' impressionante rendersi conto di quante emozioni possa offrirti un po' d'alcool. Con un bicchiere rilassi i nervi, con due senti un calore nuovo dentro te, con tre inizi a non pensare, con quattro sei totalmente rilassato, con cinque l'euforia ti assale, con sei il tuo corpo agisce senza la compagnia della mente. Io... Beh io ero già a sette. E lo ero da due anni.
Il tunnel dell'alcool. Credo si chiami così. Ci sono dentro da un po'. Tutti sono preoccupati. Tutti hanno paura per me. Ma non io; non c'è niente di spaventoso in quello che sto facendo: il tunnel non è buio e io non sono solo.

"Se andassimo in camera?" ansimai. Ogni sera quelle erano le parole d'ordine.
"Ripetimi come ti chiami" la spinsi ad aprire le gambe e mettersi a cavalcioni su di me. Era bella. Era bionda. Era buona. Le definivo scherzosamente le tre "B". Senza queste non si faceva niente.
"Lola" scadì quelle parole con una lentezza maniacale, biascicandole al mio orecchio. Era bionda. Questo era ciò che contava.
Voltai il viso e con un grugnito, senza se e senza ma, infilai la mia lingua nella sua bocca. No, non me ne appropriai. Niente di ciò che apparteneva a quelle donne sarebbe mai stato mio. Si trattava solo di un prestito o, a volte, di un affitto. In un secondo le sue mani scesero dal mio collo in giù, attraverso il torace, e si fermarono al posto giusto. Provai un senso di fastidio, come ogni sera, non appena mi toccò i genitali. Solo per un attimo, rapido come la luce.
"Siamo già pronti, mr Pattinson, eh. Stasera nessun lavoro di bocca"
"Tu farai quelle che ti dico" sorridevo. Quel sorriso maniacale da maniaco che entrava in gioco in questi momenti.
Mi sentivo carico. Mi sentivo stronzo. E lo ero davvero.
"Qui vibra qualcosa..."
"Allora muoviti a portarmi in camera" le strizzai con forza una natica mentre con la sua intimità si sfregava sulla mia.
"Non vedo l'ora. Ma ti vibra il telefono" senza perdere il suo sguardo da puttana, senza spostarsi di un millimetro, mise la sua mano in una tasca dei miei jeans e tirò fuori il cellulare.
Lo afferrai dalle sue mani e senza guarda il display risposi. Sapevo già perfettamente chi fosse.

"Che vuoi Tom?"
"Dove cazzo sei? Sono le 4 del mattino e io sono giro a cercarti da più di due ore. E' Marlowe mia figlia, non tu. Non dovrei preoccuparmi così per te!"
"Nessuno te lo sta chiedendo infatti" spostai Lola da sopra le mie gambe e mi alzai per uscire un attimo fuori.
"Pattinson, non voglio più ripetertelo, dove cazzo sei?"
Cincischiai ridendo come ridono gli ubriachi "Sono a casa..."
"No, non sei a casa."
"Ok. Non sono a casa. Ma in un posto più bello!"
"Rob ho girato quasi tutti i night di LA quindi, anche se non dovessi dirmelo, sappi che ormai ti trovo"
"Oh noooo....E io mi nascondo. Sai dove?"
"Dove?" il suo tono era decisamente esasperato.
"Con la faccia tra le gambe di Lola" scoppiai ancora a ridere "Dovresti venire anche tu a divertirti un po'. Sienna non se la prenderà..."
"Per niente...Facciamo così, tu mi dici dove sei e io vengo a divertirmi con te"
"Amico! Sei un grande! Tu... Tu... Io ti amo, sai? Non ho mai amato nessun altro quanto io amo te in questo momento."
"Sicuro! Dove sei, quindi?"
"Sono davvero fiero di te"
"Pattinson! Dove?"
"Voglia di scopare, eh? Capisco questi bisogni...."
"Appena arrivo ti spacco la faccia."
"Fai presto, sono al Candy Cat Too. Dai che ti aspetto per iniziare..." improvvisamente mi sentivo più eccittato di prima. Ma sì, avrei aspettato Tom.
"Evviva!"

Rientrai nel locale con un nuovo spirito. Finalmente dopo tanto tempo, Tom provava a capire. E voleva anche farmi compagnia nel tunnel!
"Possiamo riprendere" si avvicino lentamente la bionda. Come si chiamava? Aveva un viso poco gentile. Lineamenti molto marcati, una fronte ampia, labbra piene e grandi.
Aveva anche un'altra cosa a cui non avevo badato prima. Gli occhi verdi.
No, non erano i suoi occhi. Nessuna avrebbe mai avuto quegli occhi. Nessuno tranne lei.
Ma erano verdi e questo bastò a guardarla con sdegno. " Vattene". Un sibilo tra i denti.
"Cosa? Amore..."
"Oh nononono" la presi per le braccia e la spostai "Nessuno mi chiama amore. Nessuna come te. Nessuna con gli occhi verdi che non sia lei ha il diritto di chiamarmi amore"
Fu come svegliarsi da un attimo di pura trance. Ripresi una lucidità che l'alcool mi aveva portato via e che, oggettivamente non era ancora tornata. Mi allontanai dal bancone, da lei, lanciandole addosso una banconota da cento dollari. "Questi sono per il disturbo. Ma, ti prego, stammi lontana" lo dissi con un disprezzo che non pensavo potesse appartenermi.
Improvvisamente era tutto sbagliato. Il posto, la persona, io.... Niente di nuovo, niente che non succedesse ogni sera da due anni. Dovevo andarmene e in fretta.
Dovevo dimenticare l'amore per dimenticare il dolore. E ancora non ci ero riuscito.
Non appena misi piede fuori da quel locale sentii la necessità incommensurabile di fumare. Una sigaretta. Una sola. Dovevo farlo o sarei impazzito.
Mi avviai alla mia auto a passo svelto e traballante: sarei andato in centro, o forse a Los Feliz, avrei odiato ogni attimo di quella notte e lo avrei fatto fumando. Fumando tutte le sigarette che non fumavo da anni.
Tentai di inflilare la chiave al posto giusto ma avrei giurato - giuro - che le chiavi fossero due e non capivo bene quale riuscire a muovere.

"Che stai facendo?" girai la testa solo per vedere di chi diavolo si trattasse. Poi tornai a concentrarmi sulle chiavi.
"Me ne vado" Tom era lì, dietro di me con la sua auto. Avevo osservato i suoi occhi solo per un secondo e, nonostante la sbronza, quel secondo era bastato a farmi comprendere che lo sguardo del mio migliore amico era ancora una volta deluso. Deluso da me, dalla mia vita, dai miei gesti. Ma di lei? Oh, no di lei non parlava mai.
Come se non fosse stata lei quella a mollare tutto. Come se non fosse stata lei quella a lasciare me, a lasciare lui. Pensarci non serviva a niente, se non a far salire alle stelle la mia rabbia e la mia necesittà di sigarette.
"Sali in macchina, coglione"
"Ho la mia. Vattene, Tom"
"Robert, sali in macchina ho detto. E ti prego non costringermi a scendere perchè ti spacco la faccia. E se lo dico lo faccio."
Mai contraddire uno Sturridge stanco e incazzato. "Però portami a comprare le sigarette" sbottai sedendomi al posto passeggero.
"Non se ne parla"
"Sei un rompi cazzo. E spegni questa radio che mi scoppia la testa"
"Quanto hai bevuto?" guardava fisso la strada. Riuscivo a scorgere la forza che metteva nello stringere con le mani il volante. Non risposi, non perchè me ne vergognassi o perchè avessi paura di lui, ma perchè improvvisamente mi resi conto di quanto stronzo lui stesse apparendo ai miei occhi.
"Credi che ti faccia bene, Rob? Credi che questo possa servire a qualcosa? Secondo te andare a puttane ha un motivo fondato o lo fai per sport? No, perchè io davvero non ti capisco. Non capisco più il mio migliore amico, non lo riconosco più. E sì, sono fottutamente preoccupato. Dovresti andare da un medico, farti controllare il fegato... o quel che ne rimane"
"Smettila di comportarti come se fossi mio padre perchè, notizia flash, non lo sei! E non voglio, nè ho bisogno di qualcuno che mi controlli. Sono grande e vaccinato"
"Sei grande e..." scosse la testa e sorrise amaramente. Iniziai a sentire un po' di nausea, giù nello stomaco, e ringraziai mentalmente Buddha non appena la macchina si fermò.
"Grazie" sussurrai "Stavo per vomitare"
"Oh, non preoccuparti, non ho fermato per farti un favore. Devo solo dirti una cosa e preferisco dirtela qui e non a casa dove possibilmente sbraiterai così tanto da far inferocire Sienna contro di me"
"Uhm. Mi incazzerò così tanto?"
"Dipende" mi mise una mano sulla spalla e mi costrinse a fissare i miei occhi nei suoi. La cosa iniziava a preoccuparmi. "Lei... torna ad LA"
BOOM
"Ho incontrato Scout e... L'ha sentita dopo molto tempo, sai... Dice che Kristen sarà in città per qualche giorno"
BOOM BOOM
Non so bene come mi sentii in quell'istante. Sentire il suo nome fu come avere uno squarcio nel petto, talmente profondo da farti smettere di respirare, di pensare ad altro se non a lei. A quel nome. Al suo nome.
Talmente strano da svuotarmi del tutto. Sentivo aria dentro di me, che bruciava come le fiamme dell'inferno. Avevo l'inferno in quello squarcio.
No. Lei era l'inferno.
"Quello dall'altra parte della strada è un supermarket?"
"Eh?" la faccia sconvolta e confusa di Tom.
"Quello... E' un supermarket?"
"C-credo di si..." cercai di aprire velocemente la portiera dell'auto "Rob, e ora che cazzo fai?"
"Cerco un negozio che venda alcolici. Forti possibilmente." scesi e mi affacciai al suo finestrino "Kristen Stewart mi fa questo effetto."
"Tu di forte hai bisogno solo di un pugno!"



"Ok. Piano. Tirati su, Rob. Ci siamo quasi"
Trascinato da Tom come un ameba. Non riuscivo a reggermi in piedi e questo fu palesato non appena inciampai nel portaombrelli di casa Sturridge. Ridevo. Ridevo come ridono i bambini a un anno, come ridono gli ubriachi. Ecco.
"Dannate gambe lunghe di un Pattinson!"
"Sono a terra, Tom?"
"Sì, sei caduto. Vieni..." e giù altre risate. In quel momento tutto ciò che importava era ridere. E farlo dopo una certa notizia, non era per niente facile.
"Andiamo, Rob. Alzati..."
"Ma che sta succedendo?" Una bionda scendeva le scale di casa di Tom? In sottoveste di seta. Oh. Adesso era tutto chiaro.
"Amiiiicoooo... Ahahahahah Tom quando hai portato Lola qui da te? Avevi detto che ci saremmo divertiti insieme... Oh, ma forse lei è Lola...Sei Lola?"
"Tom, chi è Lola?" capii dallo sguardo truce di quella donna di aver toppato in pieno. E sì, per quanto drammatica potesse essere la situazione, ai miei occhi non sembrava che una barzelletta.
"Ma tu..." le puntai il mio lungo dito contro "Tu sei Sienna!"
"Sì, è Sienna. Vieni sul divano, coraggio..." mi prese per le spalle come un bimbo ma finì col trascinarmi lungo il pavimento.
"Ma quanto ha bevuto?"
"La prima parte non la conosco, la seconda sì. Ho assistito."
"Hai assistito?? Tom, ma sei scemo? Togliergli la bottiglia, no?" ed ecco uno scappellotto sulla nuca del mio amico per rimproverarlo. Poverino. Lui mi voleva così tanto bene. Mi aveva guardato in silenzio ad ogni sorso di vodka che mandavo giù. Sì, in silenzio. Perchè lui sapeva che in quel momento nient'altro sarebbe servito. Non che fossi certo dell'utilità della vodka alla pesca ma di una cosa ero sicuro: non mi avrebbe fatto pensare a quella notizia per un po' e, soprattutto, Kristen odiava la vodka alla pesca. Mi sembrò di farle un torto e ne fui felice.
"Tu...Tu sei una fottuta stronza-ladradimiglioriamici"
"Sienna non ascoltarlo, ti pr-"
"Perchè tu sei sposato e io no?? Ah già...Scusa Sienna, la stronza non sei tu... E' Kristen. Sai che torna? Kristen Stewart torna alla base, sì." mi tolsi le scarpe gettandole dall'altra parte del salotto e sospirando aggiunsi "Torna davvero? Beh e io glielo drò. Altrochè se glielo dirò. La guarderò negli occhi e urlerò 'Kristen, io maledico il giorno in cui sei nata!'. Dov'è mia nipote?" volsi lo sguardo a marito e moglie aspettando speranzoso la loro risposta.
"Ha appena citato Sex&The City"
"Non farci caso adesso... Ma ricordami di rinfacciarglielo quando sarà lucido"
"Marlooooweeeeee"
"Io vado a letto, ok? Fallo stare zitto che se Marlowe scopre che lui è qui non si riaddormenta più"
"Agli ordini, sergente" Sergente. Era vero, Sienna sembrava così autoritaria, così stronza. Era un po' stronza effettivamente. Ma Tom la amava. La amava da così tanto tempo che avevo perso il conto.
"Rob, devi riposare. Fra tre ore devi alzarti.."
"ohooo peeecccheeee?"
"Non fare il bambino. Hai l'incontro con Catherine!"
"Catherine? Oh si... Pretty woman, walking down the street. Pretty woman, the kind I'd like to meet. Pretty woman, I don't believe you, you're not the truth. No one could look as good as you... tututututu tutututu"
"Vabbè, si. Buonanotte, Rob. E, ti prego, fa dormire almeno noi."




POV Kristen
Il viaggio perfetto è circolare. La gioia della partenza, la gioia del ritorno.
Io non avevo provato nè la prima nè la seconda. A dire il vero il mio non era stato nemmeno un viaggio ma una rinuncia. Una grande rinuncia alla mia vita.
Per questo tornare era strano. Rivedere quei posti in cui ero cresciuta, quelle strade in cui avevo imparato a guidare, quella casa... In cui avevamo consumato fino all'ultima fibra il nostro amore. Il mio amore malato.
Ero andata lì quella mattina, prima di passare in ufficio. Mia madre mi aveva detto che Rob l'aveva venduta dopo pochi mesi e la cosa mi fece male. Ma come biasimarlo? Quella casa era tutto per noi. Era il nostro mondo. E non sarebbe stato facile viverci trasformandolo in qualcosa che ormai era diventato solo il suo di mondo.
Tornare a Los Angeles era pura follia. Mi sentivo in imbarazzo, fuori luogo e impaurita. Sì, perchè la paura ormai mi accompagnava da così tanto tempo che non ricordavo più un luogo in cui mi sentissi talmente al sicura da rimanere serena.

Ero arrivata ieri sera e ad aspettarmi in aeroporto c'era Cameron. Dio, quanto mi era mancato. Forse la persona che più mi era mancata in due anni. Con una sola eccezione, ovviamente.
Mi aveva accompagnato a casa, da mamma. Un saluto breve, un abbraccio e poi il mio letto. 
Nessuno aveva chiesto niente. Io non avevo detto niente. E andava bene così. A me andava bene così. Sapevo di averli feriti anni prima e lo stavo facendo di nuovo.
In quegli anni c'eravamo visti su skype. Avevo chiesto loro di non venire a Cannes perchè non ce l'avrei fatta a sopportare i loro sguardi spenti, tristi, vuoti con cui mi avrebbero implorata di tornare. E io non l'avrei fatto. Come avrei potuto? Mettere di nuovo in pericolo la mia vita, quella dei miei amici, della mia famiglia... quella di Rob.
Avevo tagliato i ponti con tutti. Solo per le feste riuscivo a mandare qualche sms e a fare qualche chiamata in più ai miei. Per far sapere che stavo bene, ecco. Ma non era affatto così.
Avevo passato giorni chiusa in camera, sotto le coperte, al buio. Non volevo vedere nessuno, nemmeno me stessa. La cosa andò a degenerare fino a quando Ellie mi diede una bella strigliata. Mi fece alzare, mi aiutò a fare un bagno caldo, a vestirmi... Mi aiutò a rimettere in piedi quello che ormai restava della mia vita. Non le sarò mai abbastanza grata per tutto il suo aiuto, per avermi offerto un posto dove vivere insieme alla sua compagnia. Era la ragazza più dolce del mondo.
Ci conoscevamo da molti anni, da quando Tom l'aveva conquistata durante un concerto di Marcus. La loro storia era durata quanto l'attimo di un soffio ma quei giorni erano stati così fantastici. Per lei e Tom ma anche per me e Robert. Era la compagna giusta per il mio - nostro - fratellone. Ma la vita fa separare le strade delle persone. Così lei finì a Cannes, dove realizzò il suo sogno più grande, testuale, aprire una libreria con bar annesso.
E così, pian piano, grazie a lei avevo ricominciato a prendermi cura dei miei interessi. Le stavo insegnando a cucinare, mi tenevo aggiornata sulle nuove uscite cinematografiche, leggevo libri su libri e, cosa più importante, avevo iniziato a scrivere una sceneggiatura.
Era questo il mio piccolo sogno nel cassetto. E fu proprio mentre scrivevo, in un soleggiato pomeriggio francese, che il mio telefono squillò e quella chiamata avrebbe decisamente cambiato le carte in tavola.

"Kristen, il telefono!"
"Vai tu, Ellie!" ormai quella casa era tanto di Ellie quanto di Kristen. Convivevano da quasi due anni e avevano trovato il giusto equilibrio. Fu sorprendente il modo in cui si amalgamarono col tempo. Avevano imparato a dividere gli spazi, le necessità. Ed Ellie, quella cara ragazza, non si era mai pentita, neanche per un istante, di aver dovuto aprire le porte ad una 'fuggitiva'
. Lei era l'unica a conoscere l'enorme segreto che opprimeva Kristen. Quel segreto che le stava schiacciando la vita stessa. E lei... lei aveva compreso tutto. Avevano parlato e pianto a lungo ed Ellie aveva promesso a se stessa di proteggere quella fragile ragazza come se fosse stata sua sorella.
"Non è il telefono di casa. E' il tuo cellulare, scema" glielo portò fino in veranda, lì dove Kristen era concentrata a scrivere la sua prima sceneggiatura.
"Scusami... non riesco a sbloccarmi in questa scena... Dammi qua" afferrò il telefono scocciata e, prima di rispondere, controllo il numero sul display. Era diventata un abitudine ormai e il più delle volte quello era anonimo. Stavolta no, stavolta era un numero talmente conosciuto che non ci pensò due volte prima di rispondere con un sorriso sulle labbra.
"Ruth!"
"Sbagliato tesoro.."
"P-pronto? Ruth sei tu, vero?"
"No, non è vero. Ahahah. Ma Ruth è qui accanto a me..."
"Io non..."
"Sono Catherine, tesoro!"
"Oh mio Dio. Catherine!" non la sentiva da così tanto tempo che potè farle solo piacere ascoltare la sua voce, anche dall'altro lato del mondo. "Ma come stai? Non ci vediamo da così tanto tempo e... Aspetta, perchè chiami dal telefono di Ruth?"
"Beh perchè sapevo che vedendo il suo numero avresti risposto di sicuro. Cara, devo parlarti. Ti voglio."
"Mi vuoi?" chiese ironicamente Kristen mentre sorseggiava un tè freddo al limone.
"Ti voglio. Sì. Mi hanno affidato un nuovo progetto. Un remake. La cosa ti affascinerà, ne sono sicura. Anche se la commedia non è il tuo genere ma... Cavolo tu sei così perfetta e, che tu ci creda o no ho chiesto consiglio anche a Julia..Oh, sarai fantastica."
"Frena frena frena. Ma di cosa diavolo stai parlando? E poi.... Julia chi?"
"Roberts, ovviamente!" la ragazza alzò un sopracciglio continuando a non capire "Tu sarai la 'Pretty Woman' perfetta"

Oh. Ohooo.

 Adesso iniziava a capire. I pezzi del puzzle si stavano icastrando dentro la sua mente e l'unica cosa che riusciva a pensare era un 'NO' secco.
"Catherine... Mi dispiace. Davvero. Ma non esiste. Non ho intenzione di riprendere a lavorare. Non... Non riprenderò a lavorare"
"Non dire sciocchezze! Kristen, ti prego, pensaci. Almeno vieni qui. C'è già un contratto che ti aspetta e... Io non ho intenzione di rinunciare. Voglio te. Vogliamo te."
"Beh io non voglio che mi vogliate" sbottò d'improvviso passandosi una mano tra i capelli. Il panico la stava riacciuffando come qualche anno prima. E questo non doveva succedere.
"Kristen. Aspettiamo te. Davvero. E poi... sceglieremo insieme il tuo partner. Lo sceglierai tu... come all'inizio di tutto. Sarà davvero come all'inizio di tutto. Un nuovo inizio però, capisci?"
Era dura da mandare giù. Era straordinariamente difficile assimilare quelle parole. Più di qualunque altra cosa.
"Io... Non lo so, Catherine. Non penso sia il caso... non.."
"Tesoro le chiamate all'estero costano tantissimo e non vorrei far cadere in povertà la tua Ruth. Ti dico solo... di pensarci. E sappi che il film resta fermo se non vieni qui ad accettare. Ti voglio bene e non vedo l'ora di rivederti all'opera"
"Cat..."
"Ciao, piccola K"
Fu così che il nuovo piccolo mondo 'felice' di Kristen entrò inesorabilmente in crisi... fino ad una decisione.


Ore 8:30. Il mio primo appuntamento di lavoro dopo due anni. Il mio primo film dopo due anni. Solo Catherine poteva darmi il tormento per mesi da convincermi a fare questa pazzia.

Arrivata all'edificio, entrai con una felpa blu addosso e il cappuccio in testa. Era un ambiente familiare, c'ero già stata. Ma questo non servì a far placare la mia ansia. Presi al volo un ascensore. Era grande, pieno di specchi e stranamente quasi vuoto. Solo un uomo, in un angolo. Pantaloni e felpa nera. Anche lui cappuccio in testa. Poggiava la fronte su una delle pareti.
Puzzava di vodka alla pesca. Storsi il naso e mi girai di spalle, cercando di non vomitare - per l'ansia e per la puzza - e di non ridere per la condizione di quel poveretto.

Dovevo salire al decimo piano. E dovevo fumarmi una sigaretta. Chissà se l'avrei finita prima di arrivare in cima.
Ne accesi una e aspirai. I miei nervi si rilassarono immediatamente e i miei muscoli si sciolsero. Era esattamente quello che mi serviva.
"Scusi potrebbe evitare? Ho un terribile mal di testa, non fumo da due anni e vorrei evitare di sentire puzza di fumo in spazi ristretti." gettai fuori tutto il fumo.

No.
Non poteva essere vero. Non doveva essere vero.

"Cazzo" Io. Un sussurro, ma abbastanza alto da fargli drizzare le orecchie.
"...Cazzo..." Lui. Appunto.
Presa dal panico cercai di avvicinare velocemente la mia mano ai pulsanti dell'ascensore, per riuscire ad aprire le porte a quel piano, qualunque esso fosse. Ma una mano - la sua - fu più veloce a bloccare l'ascensore.
"Cazzo!"
"Smettila di dire 'cazzo', cazzo!" mi sforzai di guardarlo in viso. Era tremendamente diverso ma tremendamente uguale. Aveva la barba piuttosto lunga, gli occhi più chiari e belli del dovuto. Lucidi, rossi e spenti. Dovetti aggrapparmi a tutta la mia forza per non alzare la mia mano e poggiarla sulla sua guancia.
"Che.. che ci fai qui?"
Cosa ci facevo là? Non lo sapevo. Non più. Adesso sembrava tutto così giusto. E non doveva esserlo. Non doveva essere giusto stare lì, con lui a trenta centimetri di distanza.
"Oh non dirmi che....Tu sei qui per lei. Ti ha chiamato Catherine, vero?" annuii impercettibilmente e questo basto a fargli scattare la mano sulla parete. Gesù, che paura!
"Nonono. Non può essere vero. Kristen, dimmi che non è davvero ciò che penso."
"Ahm... Non so a cosa tu stia pensando. Eri tu quello che leggeva nella mente degli altri, ricordi?" Patetica e scontata.
Rideva. Oh, lo avevo fatto ridere. Si passava incessantemente la mano nei capelli. Li torturava.
"Cosa... Cosa hai fatto in questi anni? Ti sei divertita? Io sì, tanto."
"Rob, hai bevuto" non una domanda ma una constatazione.
"Più o meno tutti i giorni da quando te ne sei andata" ti prego, non guardarmi così. Come se ti avessi ucciso. E l'ho fatto davvero. Ho ucciso entrambi.
"Robert... Ti fa male"
"Adesso ti preoccupi? Adesso? Te ne sei andata lasciandomi un cazzo di post-it, lasciandomi nel silenzio, nel... nel dolore, cazzo!" un pugno alla parete. Un pugno che sembra aver colpito me. " e ti preoccupi davvero se sto male? Tranquilla, il mio fegato sta bene." Respirava profondamente per contenere quella rabbia che usciva fuori dai suoi occhi. Odiavo vederlo così.
Sbloccò l'ascensore mentre tirava fuori qualcosa dal suo portafoglio. Era nero, di pelle. Nuovo. Chissà chi gliel'aveva regalato. Chissà quante cose nuove aveva e io non sapevo niente. Non sapevo niente della sua vita, di chi frequentava, di come viveva.
Aveva un foglietto giallo in mano. Lo rilesse. "Questo è tuo. L'ho guardato ogni giorno per due anni. E' ora di riprendertelo".
Attaccò quel post-it ad uno specchio e senza rivolgermi il minimo sguardo uscì fuori da quell'ascensore.
Lasciandomi sola con quelle parole.... come io avevo fatto con lui.





Ohooooo si sono incontrati! *__* Quanto siete felici da 1 a 1000?
Noi tanto tanto tanto u.u Dovreste esserlo anche voi, eh!
Allora... Da dire c'è davvero poco. E' stato un capitolo sviluppato su whatsapp alle 2 di notte, in particolare la scena dei 'cazzi' - così la chiamo io -
Non disperate! Ogni cosa andrà per il meglio alla fine.... Molto alla fine, ecco.
Quanti di voi se ne vanno in un brodo di giuggiole pensandoli in un remake di Pretty Woman alzino la mano! lokihyutfrdfcgvhbjkml8hyutfrcgvnmkjihcgfbvnjm,ldew 

Ok. Vi lascio in pace adesso. Leggete, rileggete, piangete, ridete, commentate, recensite ma... NON odiateci!
Noi vi vogliamo bene!

Helen & Rose






 
   
 
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