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Autore: DewPrincess    03/12/2013    1 recensioni
"Ed è anche così che ho passato la vita. A fare le cose in modi che non mi piacevano, senza poterle fare altrimenti, per ragioni che, a posteriori, dallo specchietto retrovisore della limousine della morte, vi assicuro non hanno peso alcuno. Sono tutte bugie che mi sono raccontata e che, con tutta probabilità, vi state raccontando anche voi. Tanti auguri, a tal proposito."
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questo è per Agnese, di cui il mondo aveva tanto bisogno





LA MINIMA DEVIAZIONE INIZIALE DALLA VERITÀ SI MOLTIPLICA COL TEMPO
DI MIGLIAIA DI VOLTE

 
 
Sono nata in un posto che mi ha trasmesso tutto il suo orrore e la sua rigidità. Sono nata inflessibile e facilmente irritabile, arrabbiata per la maggior parte del tempo, testarda nelle scelte stupide così come in quelle importanti. Sono nata con un attaccamento febbrile e viscerale a me stessa, alla vita che volevo vivere a dispetto di tutto ciò che mi circondava. Dove io viva o abbia risieduto, quanti soldi io possegga…  è questo che volevate sapere quando avete comprato questo libro? No, mi spiace. Siete capitati per sbaglio nella lettera che scrivo all’uomo che non so dove sia. Quindi scusatemi, ma voi siete tutti quelli che non avrebbero mai dovuto leggere queste parole. Ergo, con la presente non sono a raccontarvi i fatti miei. Per quel che mi riguarda, se non siete lui, chiudetelo con un colpo secco e buttatelo nel secchietto della carta, in mezzo ai quotidiani, alla pubblicità e alle confezioni cartonate del cibo. Buttatelo lì per due motivi: per non inquinare col vostro banale errore di impicciarvi e perché tanto non può esservi di alcun valore. Sono obbligata a rivolgermi a voi perché ci cascheranno in tanti, nell’inganno facile del titolo che al momento non ho ancora deciso o della foto elaborata per la copertina. Ci cascherete in parecchi e non posso ignorarvi, ma v’avverto, non frustratevi se non capite niente. Io non v’ho amato mica tutti. E vi uso, anzi. Vi uso con un secondo fine molto evidente, vi inganno perché in realtà vi disprezzo e vorrei averlo potuto fare diversamente, ma è solo così che posso raggiungerlo ovunque egli sia. Ed è anche così che ho passato la vita. A fare le cose in modi che non mi piacevano, senza poterle fare altrimenti, per ragioni che, a posteriori, dallo specchietto retrovisore della limousine della morte, vi assicuro non hanno peso alcuno. Sono tutte bugie che mi sono raccontata e che, con tutta probabilità, vi state raccontando anche voi. Tanti auguri, a tal proposito.
Con un background genetico, psicologico, antropologico come il mio alle volte ho sentito me stessa rattrappire. Mi pareva che il mio nucleo si contraesse in piccoli spasmi e si ritirasse tutto, per quanto grande fosse, in un angolo solitario. Sembrava che si chiudesse una pesante grata alle spalle e nessuno, nessuno, potesse liberarlo da quella prigione. Era sempre stato così. Molte delle cose che filtravano i miei occhi e le mie mani e il mio cervello se le inghiottiva il buio e non le trovavo più. Probabilmente si sono sempre trasformate in qualcos'altro, sono rinate, hanno vissuto sotto mentite spoglie un'esistenza piccola piccola, non loro. Eppure erano lì dove erano e non c'era modo alcuno di ripescarle, di riportarle alla loro condizione originale, a come erano la prima volta che le avevo incontrate. Adesso non me ne importa niente. Non mi interessa affatto sapere dove vadano o che fine facciano, vivo come vivo (meglio ancora, muoio come muoio) e non ha nessuna importanza.



Per tutta la mia esistenza, fin da piccolissima, però, ho combattuto e convissuto con la fastidiosa sensazione di avere a disposizione solo una parte di me. Per quanto grande ed eclettica quella parte fosse e nonostante essa mi abbia concesso di fare cose che richiedevano una buona dose di impegno, in alcuni momenti non sembrava abbastanza. In alcuni momenti sentivo mancare una forza precipua e sapevo, con certezza assoluta ed illogica, che quelle forze erano racchiuse là dentro, dove comunque mi erano irraggiungibili. Dove servivano ad uno scopo che potevo intuire o immaginare, ma restavano comunque latenti ed indisturbate. Nessuno le sfiorava mai davvero. Molti ne intuivano o immaginavano la presenza, pochi si fermavano persino a cercare di comprenderne il meccanismo. Ma come potevo aiutarli? Come potevo guidarli in qualcosa di cui io stessa sapevo così poco? L'unico vantaggio che avevo era vivere dentro di me, essere io. Il perché di quel rattrappire non l'ho trovato mai, anche se ho smesso di cercarlo soltanto qualche giorno fa. Forse ho sciupato la mia vita. Ogni giorno ho sprecato una parte di quel giorno in retropensieri metafisici del tutto inutili. Non me ne sono nemmeno accorta, magari, perché l'ho fatto mentre aspettavo che un semaforo diventasse verde o che chiamassero il mio numero al banco dei salumi. Però ho cercato continuamente di saperne di più su chi ero e sul perché ero in quel preciso modo e non in un altro qualunque, più o meno dissimile. Tante domande, troppo poche risposte. Sono stata sola per la maggior parte del tempo. Con questo non intendo dire che non ho avuto amici o che ho condotto un'esistenza solitaria. Al contrario, mi sono circondata del maggior numero di persone possibili, tutte quelle che mi interessava avvicinare e a cui potevo piacere anche io, con una frenesia e una disperazione davvero pietose. Che tristezza. Sono stata sola al mondo. Sono stata sola per quello che ero. Sono stata sola perché quasi nessuno mi ha capito. In quel "quasi" sta la mia rovina. Quella parola vi preannuncia la terribile eventualità che ogni tanto nel languore della mia solitudine esistenziale qualcuno abbia sollevato il velo di Maya e mi abbia raggiunto sulla piccola isola sperduta e deserta che sono io.
 
Ed è a quel qualcuno che grido disperatamente dalla fine della mia vita. E grido una parola sola.
 
Perdonami.


 
   
 
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