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Autore: mangakagirl    03/12/2013    7 recensioni
"-Sei il nuovo Silver Bullet: sei l’unico in grado di sconfiggere questa Organizzazione che si paragona ad un vampiro per dire che è immortale. E cosa uccide un vampiro, Kudo? L’argento-“
Dopo che l'Organizzazione tende una trappola al detective liceale, il segreto di Shinichi e di Shiho viene scoperto. Il pericolo è più vicino che mai e l'FBI propone di aprire il Programma Protezione Testimoni per salvaguardare la vita delle persone con cui sono venuti a contatto. Ed è proprio per questo motivo che Ran si ritrova a Komatsu, lontana da Shinichi, con una nuova identità dopo essere venuta a conoscenza della verità da parte di Jodie. 
Mentre Anokata osserva ogni mossa del detective con maestria, Shinichi lotta con il pericolo che lo circonda e con i suoi sentimenti in attesa di sparare il suo Proiettile d'Argento e di sgominare l'Organizzazione che gli ha rovinato la vita. Ma qualcosa andrà completamente storta...
Genere: Azione, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Gin, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Vermouth | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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A Silver Bullet as a Prisoner

Capitolo 8

Il buio li avvolgeva come una coperta pesante e soffocante, che rendeva i loro respiri affannati e veloci. Il gelo e l’umidità che li circondava rendeva quell’atroce attesa quasi peggiore dell’evento stesso, mentre il rumore di piccole sfere d’acqua che si infrangevano al suolo, lontano da loro, si diffondeva tutto attorno.
Tic. Tic. Tic.
Un corvo si appollaiò con forza sbatacchiando le ali sopra quello che rimaneva della cornice di una finestra andata distrutta metri e metri sopra la loro testa, al di fuori della quale la notte procedeva apparentemente sicura, mascherando con l’abilità che sono lei riusciva a mettere in scena, quella che di lì a poco sarebbe stata la fine.
Game over. Capolinea. Fine dei giochi.
C’erano milioni di modi con cui segnare quell’inesorabile parola: Fine.
Era la fine, la fine che entrambi stavano guardando coi loro stessi occhi nell’oscurità della stanza e che li stava logorando dall’interno insieme all’immancabile paura che si portava dietro in ogni occasione.
Il dolore dei polsi legati tra loro era nulla confronto a ciò che stavano passando: il silenzio che li divorava permetteva sia ad uno che all’altra di pensare a tutto ciò che avevano perso fino a quel momento, a ciò che non avevano fatto e non si erano detti.
Avevano perso la loro libertà, la loro speranza, il loro futuro.
Ma soprattutto, avevano perso la fiducia reciproca e la loro profonda amicizia di 18 anni.
Shinichi si mosse appena mentre, col capo chino, sentiva il silenzio e il senso di colpa logorarlo centimetro dopo centimetro, premendo sulle sue spalle con forza, schiacciandolo a terra senza pietà.
La schiena di Ran, contro la sua, venne percorsa da un brivido mentre singhiozzava in silenzio, mordendosi a sangue le labbra per non fare uscire i gemiti e mostrarsi debole davanti a lui, lui che le aveva mentito per tutto quel tempo.
Il ragazzo sembrò quasi risvegliarsi grazie a quella piccola scossa e voltò il capo per quanto riuscisse all’indietro, verso di lei, che era legata contro la sua schiena da ore ormai e che non faceva altro che piangere. Il polsi erano escoriati e chiedevano pietà, le gambe flesse si erano atrofizzate già da tempo ad entrambi, ma nessuno dei due aveva avuto il coraggio di lamentarsi o di dire qualcosa fino a quel momento.
Shinichi intravedeva solo i suoi capelli corvini e spettinati data la corsa e il corpo a corpo che avevano dovuto sostenere, le ciocche tirate in disordine dietro le orecchie e il profilo dello zigomo, rigato da spesse lacrime cristalline e amare.
C’era riuscito: per l’ennesima volta era riuscito a farla piangere. Si odiò con tutto se stesso fremendo udibilmente e stringendo forte gli occhi, per poi ritornare a fissarsi in grembo con sguardo spento e rassegnato.
Era colpa sua se si trovavano nelle mani dell’Organizzazione, che di lì a poco sarebbe arrivata ad ucciderli senza pietà.
Già si figurava Gin con la sua Beretta e quel suo terrificante ghigno sulla faccia mentre li puntava. Avrebbe giocato con loro come fossero il suo cibo preferito, li avrebbe ridotti allo stremo senza pietà, facendosi pregare di essere uccisi. Nonostante tutto ciò potesse sembrare impossibile, il ragazzo ne era convinto: Gin lavorava sempre nel modo più veloce e inosservato, ma essendo nel suo ambiente, nella sua tana, avrebbe potuto sperimentare quanto voleva ogni forma di tortura, o di piacere per lui.
-Mi dispiace- pronunciò all’improvviso a voce bassa e carica di colpevolezza, pur sapendo benissimo che Ran, dietro di lui, non l’avrebbe perdonato. -Mi dispiace davvero, Ran. L’ultima cosa che volevo era finire a questo punto-
-È tardi ormai per scusarsi, non credi?- mormorò amara lei, smettendo di singhiozzare ma lasciando ugualmente le lacrime scendere sulle guance: non le importava se lui l’avrebbe definita debole o frignona, perché quello non erano lacrime di paura.
Erano lacrime di odio.
-Ti odio. Ti odio con tutta me stessa. Sei riuscito a rovinarmi la vita e a portarmi tra le braccia della Morte- aggiunse con rammarico ferendo profondamente il detective, che incassò ogni singola parola con lo sguardo basso e in silenzio.
Non aveva nemmeno argomentazioni per difendersi, perché Ran stava dicendo la verità: erano in quella situazione solo a causa sua.
-Lo so- riuscì a pronunciare solo, poco dopo, mentre lei si muoveva frenetica alle sue spalle, tentando di sottrarsi al contatto che era obbligata ad avere con la sua schiena.
Anche quello era diventato insopportabile ormai.
Anche solo la sua presenza lo era.
Shinichi chiuse gli occhi, desiderando ardentemente di non averla mai conosciuta: non per lui, che la amava con tutto se stesso e che era disposto a morire pur di saperla risparmiata, ma per lei.
Lei avrebbe avuto una vita felice se solo non si fossero mai incontrati: sarebbe potuta uscire con Sonoko molte più volte, a caccia di ragazzi; si sarebbe potuta fidanzare con un ragazzo normale, uno di quelli che amano la musica elettronica e le patitine fritte, le serate al cinema fino a tardi a sciropparsi le commedie kitsh; avrebbe potuto vedersi con lui tutte le volte che voleva, senza sorbirsi milioni di volte i racconti di un detective immaginario e dei suoi casi impossibili; avrebbe trovato una spalla su cui piangere nei momenti di debolezza; avrebbe sperimentato cosa davvero significava “amare” una persona e magari si sarebbe sposata con lui, avrebbe avuto dei figli, una famiglia, un lavoro gratificante e un futuro sereno.
Invece no, aveva incontrato lui: uno stakanovista di gialli, capace solo di mettere se stesso in primo piano, capace solo di parlare delle sue imprese, di quelle di Holmes e di quanti goal avesse segnato il suo giocatore preferito nella partita della sera prima.
Ran si era sempre meritata di meglio di lui: ma lei aveva ascoltato i suoi “Perciò aspettami, perché tornerò presto”, i suoi “Sto risolvendo un caso molto complicato, non posso tornare”, i suoi “Sei come un caso difficile e complicato. Anche se fossi Holmes per me sarebbe impossibile decifrare il cuore della donna che amo”.
Holmes!
Da non credere… Come aveva fatto a mettere in mezzo alla sua dichiarazione d’amore Holmes?
-Mi dispiace Ran- ripeté sempre più avvilito e furioso con se stesso -Sono riuscito a rovinare tutto. Non sono riuscito a renderti felice… Persino davanti al Big Ben sono stato così Idiota da mettere in mezzo un personaggio immaginario per dichiararmi… Non ho avuto il coraggio di dirti in faccia come sta la realtà-
Lo disse, perché tanto non avrebbe più avuto nessun’altra occasione per farlo.
Sentì Ran smettere di muoversi, sospirare affranta e incrociare le gambe con un piccolo gemito dato che aveva dovuto risvegliarle. Non diceva nulla, non sembrava nemmeno che lo avesse ascoltato e questo fece davvero male.
Sarebbero morti così? Sarebbe finito tutto così?
Beh, in fondo, era quello che si meritava, no?
Rimanere da solo, sapere di aver fatto soffrire la persona più importante della sua vita.
Sospirò affranto e scosse le spalle cercando di resistere al dolore delle articolazioni bloccate da troppo in quella posizione scomoda e innaturale, rendendosi poi conto che aveva sicuramente anche coinvolto Ran in quel movimento e che forse lei non aveva apprezzato molto.
-Ran- sussurrò poggiando piano la testa contro quella di lei, che sembrava sul punto di allontanarsi anche questa volta -La verità è…-
Tacque qualche secondo cercando di fare la cosa migliore: non era facile dirlo in quella situazione, se ne rendeva conto, e forse pareva anche scontato… Ma era quello che davvero provava.
-…Che ti amo davvero e che mi pento di avertelo tenuto nascosto fino ad oggi. So che mi reputi un misero e bastardo bugiardo, ma ti giuro che questa volta non sto mentendo: questa è davvero la verità- chiuse gli occhi e sospirò.
Avevano vinto Loro.
Era finita. Era davvero finita questa volta.
Il capo di Ran si inarcò all’indietro, spingendo un po’il suo in avanti e risvegliandolo dallo stato di trance in cui sembrava essere caduto.
-Stiamo per morire- sussurrò lei all’improvviso, infrangendo il silenzio che li inghiottiva insieme al buio.
Shinichi si fermò ad ascoltare qualche secondo il ticchettio assordante della goccia d’acqua che continuava a scagliarsi al suolo con violenza lontana da loro, svuotando la mente e lasciandosi avvolgere dal tempo che scorreva inesorabilmente.
-Sì, stiamo per morire- affermò atono fissando un punto davanti a sé, avvolto nell’oscurità. -Sarò con te tutto il tempo, qualsiasi cosa accadrà- aggiunse poi chiudendo gli occhi e sentendo la schiena di lei rilassarsi contro la sua per la prima volta da quando erano stati rapiti. Ran annuì mentre le lacrime ricominciavano a scorrere repentine sul suo volto, mutilato dal dolore.

 
***
 
Haibara fissò dritto davanti a sé nervosa, tormentandosi le dita delle mani con frenesia mentre stringeva gli occhiali da inseguimento appartenuti a Conan Edogawa solo qualche giorno prima, seguendo il segnale che proveniva dalla spilla di Shinichi che si trovava al covo degli Uomini in Nero.
-Giri a destra- ordinò ad Akai, alla guida del pick up dell’FBI, per indicargli la via per raggiungere l’amico prigioniero. -Kuso, kuso, kuso…- sussurrava tra sé ogni volta che il segnale sembrava sul punto di sparire e poi ricompariva magicamente sulla lente sinistra. Afferrò il telefono e mandò un messaggio ad Hattori alla velocità della luce, tastinando sul touch screen quasi con troppa foga.
“Dimmi che stai arrivando, Osaka”
La repentina risposta del ragazzo la fece tranquillizzare appena.
“Sto andando più forte che posso, ma ne ho ancora per un po’! Osaka non è dietro l’angolo, Macbeth”
-Kuso- sussurrò ancora lei, cacciando con foga il cellulare dentro la tasca del jeans e poi tornando a fissare gli occhiali fremendo.
-Manca molto?- domandò con tono teso Jodie lanciandole un’occhiata dal sedile anteriore.
-Almeno un’altra trentina di chilometri- rispose lei agitata, cercando poi di inspirare col naso per calmarsi e regolarizzare la respirazione.
Ma era tutto inutile.
Kudo era in mano agli uomini che le avevano rovinato la vita e, forse, era anche già stato eliminato…

 
***
 
Tempo dopo, non avrebbe saputo dire quanto, Shinichi sentì la porta di ferro del luogo in cui si trovavano aprirsi e il suo cigolio si diffuse ovunque, rimbombando talmente forte che il corvo appollaiato sulla finestra spalancò le enormi ali lanciando un suono gracchiante e stridulo dal suo becco e spiccando il volo verso un luogo più sicuro, quasi come se avesse intuito il pericolo che si stava diffondendo nella stanza...
Il liceale si voltò verso il nuovo arrivato e lo vide avanzare con andatura dondolante e divertita, lasciando i lunghi capelli color platino svolazzare sul suo giaccone nero come la notte. L’uomo li raggiunse in poco tempo, tenendo tra le mani la sua fidata e inseparabile Beretta nera, sfiorandola come se fosse una figlia da amare e proteggere. Ghignò verso i due con aria sadica, poi si inginocchiò alla loro altezza mantenendosi in equilibrio sugli avampiedi con leggerezza e scosse il capo divertito.
-Credevi davvero che saresti scappato in eterno, piccolo detective?- domandò col suo tono di ghiaccio e l’alito fetido di fumo mentre Shinichi, con le labbra serrate, lo squadrava con odio profondo.
-Lascia andare lei: non c’entra nulla in tutto questo- affermò sicuro, sfiorando con le proprie dita legate dietro la schiena quelle di Ran, che accolse il contatto caldo della sua pelle con sorpresa. Gin si voltò verso Ran, poi sorrise e le sputò su una guancia sprezzante, mandando il cervello di Shinichi in bestia. Il ragazzo scattò verso di lui per quanto possibile, ma si trascinò dietro la ragazza e si fermò per evitare di farle male o farla cadere mentre l’uomo rideva di gusto.
-Cosa vorresti farmi, Kudo? Non capisci che per te è finita?- rise chiudendo gli occhi e gettando capo e capelli all’indietro.
-Bastardo, non osare mai più di mancarle di rispetto!- urlò furibondo lui in risposta, prima che Gin si alzasse e lo puntasse con la Beretta alla spalla, ridendo.
-Anokata mi ha avvisato del tuo spirito temerario, Kudo… Proprio ora abbiamo appena finito una bella chiacchierata su di te. Ma il tuo è tutto fiato sprecato- abbassò l’arma, per poi assestargli un forte calcio al ventre, facendolo piegare in due dal dolore.
Shinichi rimase senza fiato piegato in avanti, con Ran trascinata verso la sua schiena che tremava da capo a piedi, poi si rimise seduto lentamente, tentando di mantenere la posizione eretta e guardare l’uomo che aveva davanti in faccia. -Silver Bullet, il ragazzo che dovrebbe mandarci tutti in galera- rise ancora Gin -Uccidervi troppo in fretta sarebbe uno spreco… Troppo facile: voglio vedervi soffrire e pregarmi di spedirvi all’inferno- aggiunse abbassandosi nuovamente all’altezza di Shinichi e ridendo davanti ai suoi occhi, cominciando poi a colpirlo ripetutamente fino a spaccargli un angolo del labbro inferiore. Shinichi sputò sangue mentre riceveva un altro colpo al ventre, poi vide l’uomo fare il giro e andare da Ran, dietro di lui, che lo guardò spaventata, ma pronta comunque al dolore.
-N-no… Lei no!- ordinò brusco il liceale con la voce strascicata per la ferita al labbro, gettandosi di lato e trascinandosi dietro la ragazza, per poi girarsi verso Gin -Fa tutto quello che vuoi su di me, ma non toccare lei-
-Ooo, ma che cavaliere! Sai, non mi sono mai piaciuti i gentiluomini come te: tutta falsità la vostra- rispose quello dandogli una forte ginocchiata alla testa, tanto che il ragazzo la piegò di lato gemendo e accovacciandosi su se stesso quando cominciò a ricevere una scarica di colpi in ogni parte del corpo.
-Smettila!- urlò Ran con la voce incrinata mentre i gemiti del ragazzo le riempivano dolorosamente le orecchie. Gin si fermò fulminandola con lo sguardo, stizzito di essere stato interrotto in uno dei suoi passatempi preferiti, poi osservò come aveva ridotto il liceale e rise di gusto, accendendosi una sigaretta con svogliatezza e inspirandone una grande boccata dal filtro mentre si abbassava sui talloni.
-Sentito, ti fai difendere da una ragazza- mormorò sputandogli in faccia il fumo mentre lui lo guardava da sotto la frangetta, sudato e col fiatone -Patetico-
Il suono metallico della Beretta rimbombò tutto attorno mentre quello la puntava al ventre del ragazzo, poggiando la canna gelata sulla sua t-shirt bianca. Gin soppesò la pressione sul grilletto, poi sorrise goduto avvicinandosi di più al suo viso.
-Sono stanco di giocare con te. Credevo sarebbe stato più divertente, ma mi rendo conto che mi sbagliavo: sei inerme al mio cospetto e preferisco divertirmi con la tua amichetta. O sì, con lei sarà uno sballo: la farò urlare così forte che la sentirai dall’Inferno. Le tue ultime parole, Kudo?- sussurrò serio mentre la canna si infilava di più nella sua carne. Il detective fece per rispondere, ma un urlo di dolore interruppe ogni pensiero si fosse articolato nella sua mente, facendogli sbarrare gli occhi. Gin cadde a terra contorcendosi mentre dalla sua schiena cominciava a fluire sangue caldo e scarlatto e una serie di passi affrettati si facevano strada nel buio e nel silenzio di quel posto isolato dal mondo.
-Hai finito di giocare ora, Gin- affermò sicuro di sé Shuichi Akai mentre col suo fucile in mano si inoltrava verso di loro seguito da una Shiho Miyano seria e armata di pistola.
-Rye, o m-meglio… Silver Bullet. O forse p-preferisci Akai?- domandò ironico da terra il biondo, tentando di mettersi seduto e si reimpossessarsi della sua Beretta finita a qualche metro da lui, ma Shiho la calciò via in fretta e gli puntò la pistola contro, catturando l’attenzione su di sé. -Sherry- ridacchiò lui con un gemito -Ma guarda, la squadra dei traditori al completo…-
-Taci!- urlò la scienziata colpendolo col gancio delle pistola ad una tempia, aprendogli una ferita da cui cominciò subito a fluire altro sangue.
-B-bastarda- digrignò lui tra i denti mentre Shuichi lo afferrava per un braccio trascinandolo verso la porta da cui erano arrivati.
-Slegali e portali alla macchina come abbiamo deciso. Noi pensiamo al resto- affermò spiccio e deciso l’agente, colpendo l’uomo con un calcio per farlo camminare mentre la scienziata si accovacciava accanto a Shinichi e lo guardava preoccupata.
-State bene?- domandò trafficando con le corde smunte che legavano i due liceali, mentre il ragazzo annuiva massaggiandosi i polsi non appena furono liberi.
-Che sta succedendo, Haibara?- domandò alzandosi in piedi gemendo un po’ per i colpi ricevuti e impossessandosi della Beretta del suo aggressore mentre anche Ran si alzava.
-Jodie ha radunato la squadra… Siamo entrati solo grazie a Kir che abbiamo scoperto essere ancora viva per fortuna: senza infiltrato non saremmo qui. Camel, Black, Akai e altri agenti hanno attaccato l’edificio: stanno cercando i membri ovunque per arrestarli. Questo posto è enorme- spiegò in fretta Haibara facendo strada verso la porta, quando Shinichi la fermò per un polso sorprendendola.
-Io devo cercare Anokata- affermò serio mentre la ragazza sbarrava gli occhi e Ran li guardava incapace di capire cosa stesse accadendo -Tu e Ran andate alla macchina come ha detto Akai e restateci, io devo andare…-
-Tu sei pazzo- la ragazza si liberò dalla presa e afferrò lui per un polso -Non vai da nessuna parte, Kudo: tu vieni con me alla macchina-
-No, penso di aver capito dove sia nascosto… Devo andare, Haibara!-
-Ci penserà l’FBI, lo dirai a loro…-
-No, penso di sapere dove si trova, Gin è appena stato da lui- affermò deciso lui -Voglio vedere l’uomo che ci ha rovinato la vita in faccia-
I suoi occhi brillavano di blu vivo e brillante, elettrico, che lasciarono entrambe le ragazze sbigottite: Shinichi sprizzava determinazione e serietà da tutti i pori nonostante le ammaccature che gli avevano gonfiato il labbro inferiore e il dolore ai punti colpiti dai colpi di Gin. Shiho rimase incerta sul da farsi qualche secondo, tentando di focalizzare la cosa migliore in quel momento: lasciarlo andare da solo era fuori questione, ma portarsi dietro quella ragazza…
-Ascoltami, lui non può andare da solo- si voltò verso Ran con decisione -Non appena uscirai di qui devi girare a destra e andare dritta fino alla fine del corridoio. Poi svolti di nuovo a destra e corri alla porta che vedi davanti a te, esci e ti dirigi verso quella specie di fontana diroccata che c’è in un angolo remoto del “giardino” che circonda l’edificio. La macchina è dietro un alto cespuglio di edera, non puoi sbagliarti. Chiuditici dentro e aspetta che arrivi qualcuno, ok?-
-Non ci penso nemmeno- la voce autoritaria di Ran fece voltare Shinichi di scatto verso di lei, che ricambiò il suo sguardo determinata quasi quanto lui nei confronti di Anokata -Io vengo con voi-
-Assolutamente no, segui le istruzioni di Haibara e va’ in macchina-
-Io non accetto ordini da nessuno di voi due, intesi?- ribatté Ran voltandosi in particolar modo verso l’altra ragazza, che la fulminò severa con lo sguardo mentre incrociava le braccia al petto con decisione.
Voleva rischiare di morire? Beh, era libera di farlo: le ci aveva provato a proteggerla.
-Ran, per l’amor del Cielo…!- esclamò stizzito da tanta cocciutaggine Shinichi, che la prese per le spalle e la guardò dritta nelle iridi azzurro-lilla -Questo non è un gioco: quello stava per ucciderci, te ne rendi conto?!-
Lei ricambiò lo sguardo senza paura, aspettando che andasse avanti per ribattere nuovamente ai suoi ordini, ma lui scosse improvvisamente il capo sospirando esasperato e chiudendo gli occhi. Si voltò poi verso Shiho e annuì debolmente, lasciandole andare le spalle e cercando di riportare alla lucidità il cervello. -D’accordo verrai con noi, ma devi promettermi che farai ogni cosa che ti diremo: se ti dico di scappare, voglio che tu scappi senza ribattere, chiaro?-
-Non faccio promesse che non posso mantenere, Kudo- mormorò in risposta lei assottigliando gli occhi- Del resto, è quello che hai fatto tu finora, no? Non mantenere le proprie promesse-
-Ran, non è il momento…-
-Se dovete fare salotto allora andiamo tutti e tre in macchina, ci prendiamo un the e discutiamo di questa faccenda- tagliò corto Haibara ricordando loro che c’era anche lei lì, ad ascoltare la loro conversazione apparentemente infantile. Il liceale le rivolse uno sguardo serio, poi annuì dandole ragione e si incamminò verso l’uscita di quel posto con decisione. I loro passi rimbombarono nell’ambiente circostante con forza, inoltrandosi nel buio come pipistrelli; Shinichi seguì il suo istinto con un po’ di incertezza: non era sicuro che la strada che stavano percorrendo fosse giusta, e non sapeva nemmeno se Anokata si trovasse davvero dove pensava potesse essere. Gin aveva detto che aveva parlato con lui fino all’attimo prima e Haibara aveva affermato che teneva sotto controllo ogni angolo dell’edificio che faceva da covo senza lasciarsi sfuggire nessun dettaglio. Ciò poteva significare che stava in un posto vicino, ma lontano da occhi indiscreti, dove erano collegati magari una serie di monitor che riproducevano i filmati di telecamere sparse nell’edificio, quell’edificio gigantesco che sembrava senza fine a quanto aveva detto la sua socia…
Un fulmine squarciò la mente di Shinichi, che si voltò verso Haibara interrogativo e sorpreso allo stesso tempo della domanda che stava per formulare.
-Dove siamo?- chiese rendendosi conto che era stato portato nell’edificio privo di sensi e che non poteva sapere quale struttura avesse.
-È un ex magazzino a 5 piani nella periferia di Tokyo. So che pensavi fossimo a Tottori- aggiunse quando lui fece per interromperla -Ma il covo si sposta molto spesso e può darsi che il numero di Anokata avesse quel prefisso quella volta solo perché era lì momentaneamente…-
Shinichi sembrò riflettere qualche secondo, per poi orientarsi nuovamente guardandosi attorno con attenzione.
-L’FBI è in giro per arrestare i membri presenti qui dentro?-
-Esatto-
-Allora noi andiamo in sala macchine- affermò sicuro nonostante non c’entrasse nulla con quanto appena detto, riprendendo a camminare veloce per i corridoi dal pavimento grezzo e sporco, che calpestato emetteva un suono stridulo e strascicato. Ran batté le palpebre più volte, cercando di capire chi fosse Anokata e di pensare cosa sarebbe successo una volta trovato “questo uomo”, quando il ragazzo, una decina di minuti dopo aver girato un terzo di edificio e i sotterranei, si fermò davanti ad una porta che arrecava la scritta “Sala macchine: divieto di accesso ai non autorizzati”.
-Perché pensi possa essere qui dentro?- sussurrò Shiho posandogli una mano sulla spalla per attirare la sua attenzione nel buio che li circondava, ma non ottenne risposta. La Beretta che Shinichi teneva in mano fece scattare la sicura e fu puntata saldamente in avanti, mentre il detective posava la mano sulla maniglia di ottone della porta: lui era certo delle sue deduzioni.
-Occhi aperti- sussurrò, prima di spalancare con forza e di entrare con determinazione all’interno della stanza, i capelli che ricadevano davanti agli occhi dal veloce spostamento d’aria.
La stanza era nella penombra, illuminata da candele sparse qua e là che emanavano un dolce odore di vaniglia ovunque, mescolandosi a quello di fumo e alcol. Alcuni monitor, come previsto, trasmettevano le immagini delle telecamere sparse nell’edificio, e una riprendeva proprio il punto in cui erano i tre ragazzi qualche secondo prima, davanti alla porta.
Una figura sedeva alla scrivania al fondo della stanza fumando lentamente e con tranquillità una sigaretta di quelle costose, che emanava un rivolo di fumo lento e grigiastro dall’odore particolare. Sulla scrivania, alla destra di Anokata, c’era un bicchiere colmo di ghiaccio e di un liquore color miele che attendeva di essere bevuto, un posacenere stava poco più lontano; una serie di documenti correlati di fotografie di alcune persone giacevano davanti al boss in ordine sparso, ma tutti arrecavano il timbro DELETED nell’apposito spazio rettangolare alla fine della pagina, illuminati da un’altra candela nuova e poco consumata che rischiarava l’intera scrivania.
Gli occhi di Shinichi e Shiho si dilatarono all’istante non appena scorsero i tratti del famoso boss dell’Organizzazione, che sorrise con tranquillità soffiando dalle labbra una grossa boccata di fumo con classe senza nemmeno guardarli negli occhi.
-I was waiting for you, Silver Bullet- sussurrò con voce soave.
Il liceale sentì la saliva azzerarsi all’interno della bocca mentre la donna seduta alla scrivania alzava gli occhi nei suoi per la prima volta, sorridendo ancora.
Le iridi erano verde prato, luminose in maniera innaturale, evidenziate dallo spesso ma perfettamente applicato mascara nero che ricopriva le ciglia, lunghe e girate verso l’esterno; i capelli erano liscissimi, rossi rubino, con una frangetta corta e tagliata alla perfezione quasi da sembrare finta nonostante i capelli fossero assolutamente veri; i tratti non erano affatto giapponesi, bensì occidentali, con zigomi alti che davano al viso un’espressione di perenne tranquillità e scherno allo stesso tempo; le labbra, spesse e a forma di cuore, erano ricoperte da uno strato di rossetto nero come la notte che risaltava violentemente sulla carnagione pallida della donna. Indossava un top viola molto scollato che sottolineava il formoso seno in modo elegante, mentre sotto portava dei jeggins elasticizzati e molto attillati blu tendenti al nero, e un paio di scarpe dal tacco alto e a spillo dello stesso colore.
Non poteva avere più di 30 anni.
-Oh, sorpreso?- domandò Anokata con un pesante accento americano ricordando terribilmente quello di un’altra donna che i tre conoscevano bene -Immaginavo che saresti rimasto senza parole, Silver Bullet. O meglio… Kudo Shinichi- ridacchiò bevendo poi avidamente dal suo bicchiere senza aspirare il fumo dalla bocca, voltandosi in seguito verso la scienziata con aria goduta. -Welcome home, Sherry. Sei cresciuta parecchio dall’ultima volta: sei una donna in tutto e per tutto ormai. Se ti vedesse la povera Akemi…- aggiunse squadrandola da capo a piedi mentre quella provava gelo nelle ossa, come se le stesse leggendo l’anima -Oh, peccato che non possa: è morta- aggiunse con scherno ridacchiando e pronunciando quelle parole con superficialità.
Il suo sguardo poi ricadde su Ran che si strinse nelle spalle come per proteggersi, ricevendo un sorrisino divertito da parte sua.
-And you must be Angel. Nice to meet you, darling. Chris aveva proprio ragione su di te: hai un’aria così pacifica, da ragazza pronta ad aiutare sempre il prossimo in ogni momento… Just like an Angel-
-Parlaci di te, invece- affermò sicuro Shinichi, interrompendo i suoi discorsi e puntandole l’arma contro come a metterla in guarda mentre lei riportava lo sguardo su di lui serena.
-I’m Anokata. Cosa vuoi sapere, Silver Bullet?-
-Tutto- pronunciò serio lui, facendo un passo avanti.
-Oh, dear, metti giù quella pistola: non spareresti mai- lo schernì divertita, facendolo infuriare -Il tuo animo è troppo puro per togliere la vita ad una persona. Ma comunque, dato che non uscirete vivi da qui, vi racconterò qualcosa di me. Contenti?- domandò accendendosi un’altra sigaretta come in procinto di raccontare una favola.
-Siamo tutt’orecchie-
-Well. Il mio nome è Millicent Vineyard- sorrise al vedere impallidire le gote del detective e della scienziata, che conoscevano bene, molto bene, l’altra persona con quel cognome -E sì, come avrete capito, sono la sorella di Chris-

 


Mangakagirl's Corner:
Minna Konnichiwa LOL
Oooooooooooooooooooooops! Sono in ritardo? ^^
Wari neh, minna, ma sono stata molto occupata ^^"
Allora allora... Emmm: so benissimo che Gosho ha detto che Anokata è comparso nei primi 30 voumi del manga  e che quindi è qualcuno che abbiamo già visto, ma questa è una FF e tutto si può (pur rimanendo nell'IC a mio parere... e mi sembra di essere rimasta tale ^^) per cui ho immaginato che Anokata fosse in realtà la sorella di Vermouth u.u
Oh, nel prossimo si faranno scoperte molto O_O
u.u
Spero il capitolo vi sia piaciuto, anzi...   che la storia vi stia piacendo con la piega che ha preso ^^"
Fatemi sapere T^T
Grazie a chi mi sta seguendo! Grazie mille <3
A presto!
Mangakagirl!
Ps: il disegno l'ho fatto io come sempre :)



 
  
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