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Autore: Fantasiiana    03/12/2013    8 recensioni
Se tenete alla vostra sanità mentale vi consiglio di NON LEGGERE questa storia.
Fatti e persone presenti all'interno di essa NON sono puramente casuali, purtroppo.
Se avete un po' di sale in zucca, CONTINUATE A SCORRERE LE STORIE, NON FERMATEVI! (Per la vostra sicurezza).
Se siete degli squilibrati, CONTINUATE A SCORRERE LE STORIE, NON FERMATEVI! (Per la vostra sicurezza).
Se siete ragazzi razionali, che non credono a forze sovrannaturali o che possano minimamente esistere altre creature al di fuori dei mortali, PERFETTO! Potete leggere quanto volete, sempre che lo vogliate, ma se la storia comincia a piacervi: FERMATEVI! (Per la vostra sicurezza).
Ah, dimenticavo, sono Adèl Raicemond e, purtroppo, non sono una persona normale. Non proprio...
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Annabeth Chase, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era meglio la matrigna di Cenerentola





Il palazzo era interamente nero e regnava il silenzio più assoluto.
Rivisitai con la mente il mito che riguardava mio padre, Ade, e la sua consorte, Persefone.
Lui l'aveva rapita perchè innamorato di lei, e l'aveva costretta a mangiare un melograno per farla restare negli Inferi. Demetra, la madre di Persefone, aveva smesso di far crescere le piante e il mondo era caduto in un gelido inverno. Zeus, allora, aveva preso in mano la situazione e aveva proclamato che Persefone rimanesse negli Inferi il numero di mesi corrispondenti ai chicchi di melograno che aveva mangiato. Da allora la dea passava sei mesi con sua madre sull'Olimpo, nella stagione estiva, e sei mesi negli Inferi, con il marito, mentre Demetra si struggeva nel dolore e la natura con lei durante l'inverno.
Infine mi dissi "Bel resoconto, Raicemond!", e continuai a camminare.
Più procedevo più il freddo e la solitudine diventavano opprimenti. Il corridoio non finiva mai, il paesaggio non mutava. Sembrava di essere in un incubo o in un labirinto, anche se quella calma non mi dispiaceva.
Le parole di Fala mi risuonarono in testa.
Tuo padre, al tempo, era un dio buono e saggio. Ma più i secoli passano, più diventa scontroso e... indifferente. 

Mi guardai intorno e non potei fare a meno di giustificarlo.
Essere esiliato senza una ragione apparente dall'Olimpo e costretto a rimanere da solo in quel mondo di morti... Bè, non è certo il massimo!
Ad un tratto, i miei pensieri furono interrotti dalla vista di due guardie scheletro.
Non pensate agli scheletri bianchi dei cartoni, ma a quelli veri che, se la dea della fortuna vi assiste, non avrete mai il dispiacere di incontrare.
Erano vestiti con armature greche e reggevano una lancia ciascuno, in piedi accanto a due bracieri in metallo nero che illuminavano, con le loro fiamme verdi, il pavimento in bronzo.
Era un luogo... accogliente, e magnifico. Almeno per i miei strani gusti.
Avanzai piano, con il cuore in gola, verso i due.
-Ehm... salve.
Silenzio.
Che accoglienza! 

-Ecco... Sono Adel e vorrei entrare... per favore.
Gli scheletri si voltarono a guardarsi e... spinsero il grande portone di legno nero a doppio battente.
Varcai la soia e mi prese un colpo al cuore.
Non c'era il soffitto nella sala del trono. Le pareti erano di marmo nero e rispecchiavano il resto del locale, creando così l'illusione di una stanza enorme e senza fine; poco distante dalle mura, sorgevano delle alte colonne in puro argento, decorate con rami di rose nere.
Al centro della sala vi erano due grandi troni.
Il primo, a destra, era più alto dell'altro, ed era stato costruito con ossa sciolte fra loro, che creavano un curioso incrocio di linee, curve e spazi simili alle decorazioni che si vedevano nelle croci irlandesi; il secondo, a sinistra, era più piccolo e aveva la forma di un fiore nero con bordi dorati.
Sopra di essi, sedevano rispettivamente un uomo e una donna.
Lui aveva la pelle diafana, capelli neri e mossi che gli ricadevano fino alle spalle, occhi neri e penetranti come la notte e vesti neri che quando si increspavano in piccole pieghe più in ombra, prendevano la forma di volti urlanti in preda al dolore. Lei, invece, era sì chiara di carnagione, ma in modo più delicato, come il colore dei gelsomini in primavera. Aveva lunghi capelli neri, adornati con rami scuri e fiori rosati, che riconobbi come fiori di pesco. Gli occhi erano marroni, come la corteccia degli alberi più robusti, e vestiva un lungo abito bianco, con la gonna cosparsa degli stessi fiori che aveva fra i capelli.
La cosa che più mi sorprese di lei, fu la postura.
Era esageratamente dritta -si vedeva che era una cosa voluta- e mi faceva sentire molto, ma molto inferiore rispetto a lei, cosa che certamente era vera, ma sarebbe stato carino da parte sua non farmelo notare.
-Sei in ritardo- disse gelida, spiazzandomi e guardandomi come se fossi uno scarafaggio che intacca un pavimento appena pulito. Non le andavo a genio già al principio, e in più non doveva aver gradito il cambio d'abito.
Deglutii.
-Mi... Mi dispiace, mia signora.
Non potei fare a meno di lanciare un'occhiata a mio padre, seduto più sereamente sul suo trono. Non lo guardai negli occhi, ma vidi che mi studiava silenzioso e non dava segno di voler parlare.
Persefone si voltò a guardarlo e gli diede una gomitata nel braccio, facendolo sussultare.
-Ehm... Sì, avvicinati- mormorò riportando i suoi occhi scuri sui miei.
Ecco da chi li ho ereditati... 

Ubbidì e mi portai a due metri di distanza dai troni, quindi mi inchinai, poggiando un ginocchio a terra.
-Come ti chiami, ragazza?- mi chiese Persefone, fredda come il ghiaccio.
-Adel.
-Alzati.
Ubbidì d nuovo, frastornata, mentre la stanchezza mi faceva girare la testa.
Barcollai un po'.
-E' evidente che la ragazza è stanca, Persefone- intervenne mio padre, ma la sua voce non aveva note dolci, e se le aveva non riuscii ad individuarle. -Perchè non la lasciamo riposare e rimandiamo il nostro incontro ad un altro giorno?
La sua voce era pacata, profonda, e mi fece venire uno strano senso di sonnolenza.
-Non possiamo. Dobbiamo capire cosa fare con questa qui- replicò la regina seccamente.
Disse quelle parole come se fossi una cosa vecchia da buttare.
Persefone mi squadrò con quei suoi occhi scuri, e quello che vidi dentro fu puro odio.
Me l'ero immaginata diversa, più dolce, coraggiosa e simpatica... Ma era solo viziata, irrascibile e odiosa.
Sentii la rabbia montare.
-Se non sono gradita nel vostro regno, mia signora, sarò più che felice di andarmene- dissi cercando di controllare il tono della voce.
Persefone si ammutolì per un istante, sorpresa, poi tornò a squadrarmi più torva di prima.
Wow, Adel, tu sì che sei un genio! 

-Ha un caratterino niente male...- mormorò mio padre esternando un pensiero, ma Persefone gli lanciò un'occhiataccia.
-Purtroppo, cara, temo che questo, almeno per ora, non sia possibile- disse a denti stretti.
-Non ho scelto io di venire qui- replicai.
-Ed è qui che ti sbagli.
Corrugai la fronte. -Cosa...?
-Vedi, non è stato il segugio infernale a rompere magicamente tutti gli strati di terra che ci separano dalla Superficie, ma tu, con i tuoi strabilianti poteri da mezzosanue, figlia di mio marito.
La fissai incredula. Avrei voluto chiederle se stesse scherzando, a era evidente che no, non lo stava facendo affatto.
-E... perchè non posso tornare a casa?
-E' questa la tua casa- rispose Persefone, ma non c'era traccia di entusiasmo nella sua voce, tuttaltro.
-Voglio dire, la mia casa in Superficie- mi corressi.
-Oh, fosse stato per me non saresti rimasta qui neanche il tempo di respirare. Ma mio marito, qui, ha deciso diversamente, dato che sei sua figlia, perciò...
-Persefone...- mormorò stancamente il dio.
-No, Ade! Ne ho abbstanza!- sbottò lei. Si alzò e sparì in una nuvola di fiori appassiti.
Ade sospirò. -Mi dispiace per questo spettacolo sconveniente- si scusò passandosi una mano sul viso. Appariva molto stanco.
-N-non fa niente...
Tornò a guardarmi. -Assomigli molto a tua madre, sai?
La sua voce era stranamente ferma, come se si sforzasse di apparire disinteressato, come se quello fosse solo la prassi. Del tipo: "Sì, sei mia figlia. Ti tocca il momento della conoscenza, eccetera. Quando hai finito avverti."
Però la sua espressione diceva tutt'altra cosa.
Strizzai le palpebre, incredula. -Ehm... No, in realtà... Non l'ho mai conosciuta.
Ade annuì. -A quanto ho saputo, morì subito dopo il parto. Sono stato uno sciocco a non informarmi prima. Ma vedi... Tua madre fu un errore. Non mi feci più vivo dopo...- Avvampò, e probabilmente anch'io.
-Come mai?
-Bè, volevo lasciarla alla sua vita. Sai, la mortale di cui mi innamorai prima di lei, un'ottantina di anni fa, morì per colpa mia... Non volevo che capitasse lo stesso a tua madre.
-Però lei è morta per colpa mia...- mormorai a testa bassa, le lacrime che cadevano nel pavimento in bronzo. Le maledissi una per una.
-Non devi incolparti. Se non fosse stato per me... Lei sarebbe ancora viva.- Ora suonava quasi... dispiaciuto?
-Significa che ci colpiamo entrambi, allora- decisi infine, tornando a guardarlo.
Il labbro superiore gli si inarcò in un sorriso. -Già...
Fu allora che lo guardai in quei suoi pozzi neri. Erano colmi di tristezza, solitudine, e di un freddo glaciale. Vi lessi la morte, in quel freddo, e tutta la rabbia che avevo covato per lui, tutto il rancore, svanirono. C'erano solo solidarietà, adesso, e... Bè, simpatia. Certo, avrei voluto conoscere mio padre nella sua forma più vivace, non in quella abbattuta e triste. Ma conoscerlo e basta, o conoscerlo anche in quel modo era già qualcosa.
Restammo ancora un po' in silenzio, perchè in imbarazzo o perchè troppo impegnati a studiarci l'un l'altro.
Approfitto di questa pausa per chiarire una cosetta.
Vi sarete accorti che mio padre, in questo racconto, non assomiglia per niente all'Ade di cui scrive mio cugino Percy, vero? Bè, questo nasce dal fatto che lui lo odia e io no. Ma questo è il problema dei racconti scritti in prima persona: non si sa mai di chi fidarsi.
Fate un po' voi, ma non lasciatevi influenzare troppo.
Comunque, torniamo alla sala del trono: silenzio.
Ad un tratto, però, mio padre ebbe la brillante idea di dire: -Parlami un po' di te.
E qui il dramma. Non che non avessi molto da dire, anzi, ma la mia breve vita era stato un continuo susseguirsi di casini, e perciò...
Ma glieli raccontai lo stesso. Era un dio, sì, ma era anche mio padre, e sentivo di volergli bene.
Ad un tratto, però, il mio brillante resoconto su una gita finita male al lago, che mio padre trovò a quanto pare molto divertente, -ora capivo da dove era spuntata quella grossa buca che aveva fatto rompere una caviglia a Georgina!- fu interrotto da una voce maschile che esclamò: -Padre, è vero che ho una sorella?!



Angolo Autrice
Ed ecco il famoso incontro con Ade!!
*rullo di tamburi*
Come vi sembra? Spero di non essere stata troppo OOC per quanto riguarda Ade, anche se Adel è sempre sua figlia, e non ha motivo di odiarla come odia Percy. AHAHAH tanto love.
Comunque, finalmente arriva NICO!! Il prossimo capitolo sarà tuuuutto dedicato a loro uhuhuhuh!
Ma purtroppo non potrò pubblicarlo veloce veloce come gli altri, perchè domani ricomincia la scuola T_T
Finita occupazione *trattiene le lacrime*
E la cosa peggiore è che domani le prime due ore sono d'inglese, e in teoria dovrei aver ripassato...
Ora, io mi chiedo: PERCHE' NON SPUNTA UN DIO DA UNA BUCA NEL TERRENO, MI RAPISCE E MI COSTRINGE A MANGIARE UN MELOGRANO? Ogni riferimento ad Ade è puramente casuale :')
Ma in effetti sarebbe moolto d'aiuto, come lo sarebbe un attacco alieno.

Zeus: Alieni, tsk! Non esistono.
Io: Zeus!
Zeus: Sì?
Io: No, io dicevo "Zeus!" come un'esclamazione, non come vocazione. Sa, no, quando si dice "Per Zeus!"
Zeus: Eh, dimmi!
Io: No... Forse mi sono spiegata male. Io intendevo sempre l'esclamazione "Per Zeus!"
Zeus: Cara fanciulla, continui a chiamarmi ma non mi dici quale sia il problema. Sicura di stare bene?
Fantasiiana: Perchè, lei sta bene?
Zeus: Ovvio che sì: sono un dio!
*Sbatte mano in fronte*
Fantasiiana *mormora*: Ecco da chi ha preso Apollo...
Apollo: Mi avete chiamato?
Io e Fantasiiana: NO!
Zeus: Figlio mio, quanto tempo! Sei bello come il sole!
Apollo: Padre mio! Voi siete bello come... come...
Fantasiiana: Una folgore?
Apollo: Una folgore!
Zeus: Ehm... Figliolo... Non credo che le folgori si possano giudicare "belle".
Apollo: Infatti intendevo potente. Potente come una folgore!
Zeus: Oh! In tal caso, grazie!
Ermes: A me dirai che sono bello e potente come un caduceo?
Apollo: Caro Ermes, ci sono dei che hanno ereditato la bellezza, chi la potenza, chi l'intelligenza... E poi ci sei tu.
Ermes: Che vorresti dire, fratello? Che non sono nè bello, nè potente, nè intelligente?
Apollo: Bè.... Sei stato tu a dirlo.
Ermes: Vuoi saggiare la mia potenza? *Alza caduceo*
Apollo: No! Non di nuovo!
Ermes: Troppo tardi.
*Io, Fantasiiana e Zeus mangiano pop-corn*
Io: Grande idea quella di avere tanti figli.
Zeus: Lo so, lo so.
Fantasiiana: Sa, Zeus. Dovrebbe invitare anche Ade e Poseidone qualche volta.
Zeus: Ci... Ci penserò. *Se ne va*
Io: Sai che gran casino...
Fantasiiana: Appunto!
Ermes: Cosa un gran casino?
Io: Far incontrare qui Ade, Poseidone e Zeus.
Ermes: Grande!! Quando?
Io: La prossima volta. Ora è tardi e qualcuno deve andare a dormire.
Ermes: Ma Apollo sta già dormendo.
Io: Ok, allora via con la festa!
*Comincia festa*
  
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