Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Kastel    04/12/2013    1 recensioni
Ovvero, il percorso di Akashi e Kuroko che faranno insieme, tra insegnamenti vecchi e scoperte nuove.
Perché non è solo il passato, quello che conta.
E che spirito, si poteva osservare! Non solo così vanitoso da abbellirsi di kimoni di primissima qualità, ma anche così sottilmente furbo nel comprendere che basta l'etichetta per poter dimostrare la propria potenza! Così dannatamente attaccato ai giovani da rendere le vite di due di loro un mezzo inferno!
Né Akashi né Kuroko potevano comprendere, prima del loro incontro che è il punto di partenza di questa storia, quanti e quali danni avessero fatto due donne troppo simili nell'essere state cresciute come portatrici di una tradizione ferrea.

[Coppia: AkaKuro]
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Seijuro Akashi, Tetsuya Kuroko, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Quando pensiamo all'altrui felicità, affidiamo agli altri, e sogniamo a nostra insaputa, una nuova forma di realizzazione dei nostri desideri e ciò può renderci più egoisti di quando pensiamo alla nostra felicità personale.

Yukio Mishima, Colori Proibiti

 

 

Solo una volta ho potuto partecipare al gioco che mia madre mise in scena con la sua splendida bambola.
L'ho osservata mentre, in religioso silenzio, prendeva il mio più bel kimono (le si poteva rimproverare di essere una pessima fasulla madre se neanche possedeva un cambio d'abito adatto al suo balocco) e lo faceva indossare a Hibiki. Ancora oggi, nonostante gli anni passati, mi ricordo bene di cosa provai quando quella cerimonia bizzarra e quasi grottesca finì: solo una fastidiosa e orribile sensazione di trovarmi davanti a un bambino in tutto e per tutto uguale a me, come se quella perfetta riproduzione di infante fosse un mio fratello fatto di porcellana e plastica. Ma ben presto quei sentimenti mutarono in orgoglio non appena io stesso fui vestito, segno ben evidente che sarei stato partecipe dei loro divertimenti. E per la prima volta in tutta la mia vita mi sentì fiero di essere il figlio di quella donna dispotica ma al medesimo tempo meravigliosa, perché tali trastulli erano proibiti persino a mio padre.
Il gioco che mia madre prediligeva era il mettere in scena la cerimonia del tè. Portava Hibiki nella sala nel bel mezzo del giardino e fingevano di servirsi il tè a vicenda (anche se ovviamente per la bambola ciò era un gesto impossibile da compiere).
Solo che non potevo sapere che quel semplice diletto si sarebbe trasformato in una lezione di vita per me.
Per quanto dolorosa fosse.

 

 

“Akashi-kun, sei sicuro di sentirti bene?”
Seduto sulla panchina al fianco del vice-capitano Kuroko gli osservò il viso, studiandolo con estrema attenzione.
Bene non era propriamente il termine che si accalcava nella sua mente per essere usufruito in quel contesto. Se avesse dovuto utilizzare una parola che potesse descrivere il volto mortalmente pallido del ragazzo (messo in risalto dagli appariscenti capelli color rosso incendio) sarebbe stato dolore. Sofferenza era invece ciò che gli occhi trasmettevano, perché dolore non riusciva a trasmettere con sufficiente impatto quella sfumatura che serviva per comprendere gli occhi spenti e distanti del ragazzo, quasi fosse così preso dai suoi pensieri da rendersi assente a chiunque, compreso se stesso.
“Non preoccuparti Kuroko, sto bene.”
Eppure ancora negava, tentando di nascondersi agli altri. Come se ciò fosse minimamente possibile. Ma non poteva di certo cavargli di bocca quello che voleva sentirsi dire. Si limitò quindi a restare in silenzio, preferendo concentrare la sua attenzione su altro.
Ad esempio, dove diavolo era finito il capitano? Oramai la partita sarebbe iniziata a breve... Non poteva mancare proprio il perno della squadra.
“Ehi ragazzi, guardate chi ho trovato!”
Come quasi avesse letto nel pensiero tutti quanti Nijimura si fece avanti sorridendo soddisfatto, quasi fosse successo qualcosa di spettacolare durante la sua assenza. E probabilmente era il qualcuno che si stava trascinando dietro al pari di un sacco di patate, con la particolarità che portava i colori della Teikou.
“Avanti, saluta tutti.”
Gli bastò semplicemente alzare il braccio per mostrare chi diavolo fosse quel povero disgraziato che aveva avuto la sfortuna di far arrabbiare il capitano. Il nome che uscì fuori fu pronunciato con una nota di stupore e preoccupazione, perché quel ragazzo era ridotto alla stregua di un punchball, il volto pieno di pugni e sberle.
“H-Haizaki... Ma che diavolo ti è successo?!”
A rispondere fu Nijimura, che per narrare quello che era accaduto usò un tono particolarmente allegro e spensierato, scelto proprio per sottintendere che non si sarebbe fatto nessuno scrupolo nel ripetere il gesto finché non fosse entrato bene in testa a tutti quanti in squadra un semplice ed elementare concetto.
Fate delle cazzate? Tranquilli, non accadrà ancora a lungo.
“Sapete, dei ragazzi della seconda squadra l'hanno trovato in una sala giochi qui vicino, quindi ho deciso di farci un salto.”
Se il risultato di “fare un salto” voleva dire trovarsi ad un passo dalla morte allora davvero era meglio non correre troppi rischi. Del resto bastava solo una persona come ammonimento, poiché nessuno di loro era così stupido come Haizaki. Neppure il coach ebbe pietà per il ragazzo, che fu subito messo come titolare per quella prima parte di partita.
“Tu invece giocherai nel secondo tempo. Hai capito, Kuroko?”
Gli bastò annuire una sola volta per far intendere che aveva compreso, poi rivolse l'attenzione sulla partita appena iniziata.

 

 

Partita che rappresentava il limite delle matricole.
Non ci voleva di certo un osservatore particolarmente sagace per rendersi conto di come fossero stanchi: bastava guardare i loro movimenti, scoordinati e privi dell'energia che li aveva caratterizzati nella sfida precedente. Nessuno di loro riusciva ad impegnarsi a dovere, facendo anche degli errori abbastanza dozzinali e che non rispecchiavano assolutamente le loro abilità reali. L'esempio più palese fu Aomine, che non riuscì a centrare un canestro praticamente a portata di mano. Tutti osservarono il pallone che oscillò per alcuni secondi tra l'anello di metallo e la libertà, scegliendo infine di fuggire e di non accontentare il ragazzo.
“Merda!”
Non si risparmiò nemmeno il pubblico nel sottolineare il calo di prestazioni della squadra formata solo da matricole.
“Ma cosa diavolo è preso alla Teikou? Sembrano spenti!”
“Semplicemente sono stanchi. Alla fine la loro resistenza non è ancora sufficiente.”
Nijimura pronunciò quella frase quasi come avesse voluto rispondere al pubblico e non solamente esprimere la sua opinione sulla scena a cui stava assistendo.
“Però per Haizaki questa è la prima partita... Perché diavolo sta giocando in maniera così penosa?”
Ovviamente non ascoltò la vocina saggia del compagno di squadra che si domandava, giustamente, se non fosse stata la punizione di Nijimura a dimezzare le sue abilità.
Anche il coach osservava. Osservava che sapeva bene che in un torneo normale mai sarebbero stati costretti a giocare due partite di seguito. Eppure non era una buona motivazione per non essere perfetti. Non importava la stanchezza, il non aver ancora sviluppato abbastanza resistenza o la mancanza totale di essa. Loro non erano una squadra qualsiasi: loro erano la Teikou, dove ogni battaglia doveva equivalere ad una vittoria. Il loro motto non era mica una mera frase creata per accontentare i palati più fini ed esigenti, era una dichiarazione d'intenti. E chi non la rispettava meritava solo la retrocessione, poco importava quanto talento e abilità Dio avesse donato a tale persona. Nessuno poteva sporcare quella volontà che li animava, per quanto crudele e controproducente potesse essere, visto che si parlava di ragazzini.
Girò lo sguardo verso Kuroko, lo specifico caso che rappresentava il frutto perfetto delle sue riflessioni. Uno stile così imprevedibile ma imperfetto, un'arma vincente se calibrata nella maniera corretta e un peso se si faceva un minimo errore di calcolo. Un ponte sospeso, che poteva rappresentare solo due cose.
La salvezza o la morte.
E per il bene di Kuroko doveva essere la prima.
Assolutamente.

 

 

“Nel secondo tempo Kuroko sostituirà Haizaki. A parte ciò non ho altre direttive. Perché sapete cosa fare.”
Ed infine il tempo di attraversare il ponte era giunto.
Kuroko annuì alle parole del coach, chiudendo poi gli occhi per concentrarsi.
“Su, matricole, non potete permettervi di sbagliare. Sapete bene quale sarebbe lo scotto da pagare.”
Non c'era bisogno di sentirsi dire da Nijimura cosa sarebbe successo se avessero perso: tutti loro non avrebbero visto le divise da titolari per parecchio tempo. Per lui sarebbe significato non poterla mai più indossare, poiché quella era la sua unica ed ultima possibilità. Fallire lì significava perdere tutto, essere tagliato fuori da qualsiasi possibilità di dimostrare le sue abilità.
Doveva mettercela tutta, al fine di poter vincere o anche solo dire, nella peggiore delle ipotesi, “Ci ho provato”. Ma era escluso ciò.
“Sono contento che tornerai di nuovo in campo, Kuroko.”
Aprì piano gli occhi, mettendo poi a fuoco il viso di Akashi. Lo analizzò rapidamente, notando come finalmente stesse tornando ad essere il volto di un vivo e non di un morto, non più pallido come la neve ma accaldato dalla lunga fatica. Non gli suscitava né doloresofferenza: era di nuovo Akashi, per quanto nessuno avesse notato che lui era sparito. Socchiuse gli occhi sentendo quasi... Un moto di tristezza nei confronti del ragazzo.
Possibile che nessuno riusciva ad osservarlo senza fermarsi al solo guardarlo?
Possibile che fosse così bravo a nascondersi?
Possibile...
“Kuroko? Mi ascolti?”
Spalancò gli occhi, accorgendosi che Akashi, nel frattempo che lui si era chiuso all'interno dei propri pensieri, gli stava parlando di qualcosa, probabilmente della strategia da adottare.
“Scusami. Stavi dicendo?”
Il ragazzo lo guardò un poco in viso senza direi niente. Solo dopo quello che parve un tempo infinito (che Akashi si concesse per poter comprendere se Kuroko aveva intenzione di stargli dietro o meno) ripeté la frase che Kuroko aveva lasciato cadere fra i vari pensieri che preferiva lasciare da parte per il momento.
“Che se farai come la partita di prima non cambierà niente. Devi essere tu a modificarti in base a noi.”
“Che intendi?”
“Devi aggiustare la forza dei tuoi passaggi. È vero che lo stress ha inciso di parecchio nella prima partita -com'è evidente dalla rovinosa caduta che hai fatto-, ma è anche vero che tu hai sempre sincronizzato i tuoi passaggi per i movimenti della seconda e terza squadra. La prima, invece, si muove parecchio più velocemente. Se non ci raggiungerai sbaglierai.”
Kuroko lo fissò attento, considerando come Akashi fosse un passo avanti a lui. Gli era bastato davvero così poco per analizzare e comprendere il suo errore?
“Un'altra cosa ancora. Tu lo sai chi possiede una forte presenza?”
Kuroko si ritrovò ad aggrottare le sopracciglia, perplesso. Non che fosse la prima volta che Akashi fosse criptico ma non gli sembrava il caso di comportarsi così ora, non prima di un secondo tempo così decisivo.
“Forse... Un persona con una personalità gioiosa?”
“Forse. Ma premetto una cosa: ciò che sto per dirti non è facile da spiegare, per cui cerca di seguirmi.”
Aspettò che Kuroko annuisse per continuare il suo discorso.
“Vedi, le persone con una forte personalità sono espressive, dimostrano facilmente e volentieri le loro emozioni. E tu non puoi permetterti ciò.”
Allungò un dito per toccargli il petto, alzando lo sguardo per poter fissare meglio quello di Kuroko. Dal canto suo Kuroko lo osservò, stupendosi per qualcosa che non aveva mai notato prima.
I suoi occhi sono del colore del tramonto.
“La misdirection funziona come finta solo se ad essa viene associata la mancanza di presenza. Quindi... Smetti di esistere. Smettila di mostrare ciò che provi. Devi essere solamente una macchina che punta ad ingannare i propri avversari. Solo così potrai vincere. Hai capito?”
Bastò un battito di ciglia.
Bastò solo che Murasakibara si girasse e lo fissasse, strofinandosi gli occhi e senza comprendere cosa stesse accadendo (perché qualcosa stava succedendo).
Bastò un sospiro per concentrarsi e diventare niente.
Bastò solo quello e Kuroko smise di essere ciò che era sempre stato.
Semplicemente svanì, esattamente come se non avesse più consistenza.
“Si, Akashi-kun.”

 

 

E così accadde.
Esattamente come nel test la palla era diventata viva, sgusciava via da qualsiasi traiettoria e tattica. Nessuno riusciva a capirne la ragione. Ma, molto semplicemente, Kuroko aveva smesso di esistere. Respirava e si muoveva, ma nessuno lo percepiva. Era un spettro che con la mano socchiusa e gli occhi impassibili donava al pallone quello a cui lui aveva rinunciato spontaneamente: il pubblico e il suo stupore. Il tramite di tale privilegio per la palla fu Akashi: era suo il compito di far filtrare i passaggi e passarli ai compagni, semplicemente perché ogni azione era incentrata su di lui, il playmaker. E ciascuno poteva notare cosa comportava la buona riuscita del lavoro faticoso di Kuroko.
C'era chi, come Murasakibara, si ritrovava a chiedersi cosa stesse succedendo, anche se finalmente riuscì a vedere un'utilità in Kuroko (rendendogli finalmente palese la presenza di una schiappa come il ragazzo). Altri, come Midorima, rimase stupito dell'enorme differenza tra uno stile strano arrancante e invece uno stile particolare vincente. E invece altri ancora, come Haizaki, si stupivano e basta, incapaci di distogliere lo sguardo da quei passaggi così studiati e contorti.
E sotto lo sguardo soddisfatto di Aomine ed Akashi, sotto le frasi concise e stupefatte di spettatori privi di comprensione e di avversari incapaci di reagire iniziò a girare una voce.
Un giocatore che aveva la capacità di sparire e ricomparire come e quando pareva a lui. Che poteva mettere in crisi qualunque squadra.
Un vero e proprio fantasma.

 

 

“Sapevo non vi sareste lasciati battere così facilmente.”
Nijimura stava parlando a tutti le matricole mentre si stavano finendo di prepararsi per tornare a casa, negli spogliatoi.
“È ovvio che non sarebbe successo. Nessuno desidera perdere.”
Akashi sorrise piano, allacciandosi nel mentre la scarpa destra. Tutti gli sguardi si spostarono su di lui, ascoltando il suo discorso.
“Cento battaglie, cento vittorie. Noi dobbiamo rispecchiarci in ciò, a qualsiasi costo e a qualsiasi sacrificio.”
Tutti rimasero in silenzio, lasciando che quella schiacciante verità rimanesse nell'aria, a pressarli con il suo peso. L'unico che commentò fu Nijimura, sbuffando e facendo
una smorfia contrariata.

“Grazie, ma avrei preferito dirlo io. Sai, ancora resto il capitano, qui.”
Akashi si girò, con già la borsa a tracolla sulla spalla. Fissò il ragazzo negli occhi, inizialmente senza dire una parola. Trascorsero alcuni secondi di assoluto silenzio in cui i due ragazzi si confrontarono silenziosamente, salvo poi poter osservare la sconfitta di Akashi quando il ragazzo distolse lo sguardo per fissare gli armadietti.
“Hai ragione.”
Furono le sue uniche parole prima di uscire, lasciando intendere che aveva intenzionalmente lasciato cadere la cosa perché rispettava Nijimura come persona superiore a lui. L'unico motivo per cui poteva considerare accettabile una perdita era dover lottare contro qualcuno che non considerava come pari ma di un livello diverso dal suo. E questo tutti l'avevano capito, Nijimura in primis. E comprendeva benissimo che il loro equilibrio si basava anche su questo compromesso. Non era un rapporto burrascoso ma allo stesso tempo era proprio quello a rendere il tutto equilibrato. Senza tale presupposto, probabilmente, Akashi non si sarebbe fatto nessun problema a sollevare, in modo cortese, qualche obiezione. Nijimura sospirò, incitando tutti a muovere “i loro belli culetti”.
Solo Kuroko, solo lui, si accorse che nel comportamento di Akashi c'era qualcosa di strano, di stonato. Finì di vestirsi e andò a vedere cosa stesse facendo il ragazzo nell'attesa.
La prima cosa che lo colpì fu che Akashi aveva gettato tutto il peso del suo corpo sul muro, reggendosi ad esso. Era come se fosse troppo stanco o stravolto per riuscire a stare in piedi, trasformandosi in una foglia accartocciata che cercava di ritrovare il proprio equilibrio durante una caduta incerta. Lo raggiunse subito, toccandogli una spalla come segno di aiuto. Ciò che ottene in risposta fu un respiro troncato, come se fosse stato colto in flagrante nel fare qualcosa di scorretto.
“Akashi-kun...?”
Kuroko si ritrovò a fissare gli occhi rossi del ragazzo, quel rosso che tanto gli ricordava un tramonto morente. Erano stanchi e arrossati, né doloranti sofferenti.
Solamente stanchi e anche un pelo assonati.
“Sto bene. Veramente. Non sono abituato a due partite di seguito, tutto qui. Non ancora almeno.”
Si tirò su a fatica, rimettendosi in piedi. C'era ancora la strada di casa da fare e nessuno lo avrebbe portato in spalla, poco ma sicuro.
“Mi stavi cercando per una motivazione specifica, Kuroko?”
Cambiò subito argomento, ritrovando la forza per fissare il ragazzo negli occhi e sostenere il suo sguardo, sforzandosi di ignorare ogni minimo segnale che riguardasse la
sua salute.

“Volevo solo dirti grazie.”
Akashi lo guardò senza controbattere, aspettando il resto del discorso.
“Probabilmente a quest'ora sarei stato retrocesso se tu non mi avessi fatto notare i miei errori. Quindi grazie.”
Fece un piccolo inchino di ringraziamento, quasi si fosse trattato di qualcosa che riguardava la sua stessa vita. Akashi, per tutta risposta, allungò una mano per sfiorare una ciocca di Kuroko, fissandolo negli occhi con uno sguardo indecifrabile. Kuroko socchiuse un poco la bocca sorpreso, senza riuscire a comprendere.
“Fortunatamente ho avuto una seconda possibilità di farlo.”
Kuroko lo guardò in maniera interrogativa, senza assolutamente raccapezzarsi di fronte alla frase del compagno di squadra.
“Cosa intendi...”
“TETSU! ANDIAMO!”
La voce forte e profonda di Aomine congelò ogni loro discorsi, così come il braccio che rapì letteralmente il ragazzo coi capelli azzurri bruciò ogni possibilità di chiarimento. Akashi rimase solo, la mano lasciata a mezz'aria come se stesse aspettando il ritorno di Kuroko. Cosa che non avvenne.
Fortuna che ti è riconoscente, eh.
Chiuse il pugno con forza, evitando di ascoltare, per la prima volta nella sua esistenza, la sua voce ridergli nella testa, divertita come non mai.

 

 

 


Note.

Pfuaaaaaa!
Scusate, ma finalmente questo capitolo è finito. FINITO! Potrei ballare dalla gioia.
Ho provato a variare un poco anche le relazioni fra i personaggi, ovviamente non solo fra Akashi e Kuroko ma anche tra Akashi e Nijimura. Se è OOC come idea non esitate a dirmelo.
Chiedo anche perdono per il ritardo (MOSTRUOSO) ma purtroppo ero a corto di idee e mi dispiace.
Con questo è tutto. Al prossimo capitolo.

   
 
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