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Autore: Lownly    04/12/2013    7 recensioni
Jean Kirschtein è una matricola del college di Trost. Costretto a vivere con tre fastidiosi conquilini, incapace di stringere amicizia con chiunque a causa del suo carattere, la sua vita cambia quando per la prima volta incontra un dolce ragazzo con gli occhi nocciola...
"Ci siamo già visti da qualche parte?"
E potrebbe suonare ridicolo – prendetemi per il culo, provateci – ma..
Questa? Questa è la storia di come Marco Bodt ha offerto il proprio cuore...a me.

Traduzione. Seconda parte della serie 'Like a Drum'.
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Yuri | Personaggi: Jean Kirshtein, Marco Bodt, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Like a Drum'
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His Beating Heart
Lownly






When life leaves you high and dry
I'll be at your door tonight
If you need help, if you need help.
I'll shut down the city lights,
I'll lie, cheat, I'll beg and bribe
To make you well, to make you well.

When enemies are at your door
I'll carry you away from war
If you need help, if you need help.
Your hope dangling by a string
I'll share in your suffering
To make you well, to make you well.

Give me reasons to believe
That you would do the same for me.

-Phillip Phillips (Gone, Gone, Gone)



Non so neanche da dove cominciare.
Non esiste un metodo specifico per farlo.
Ma per noi, questa è la storia più importante che ci sia. Ci sono le migliori parti della nostra vita, proprio qui, in questa storia. È la storia di come mi sono pateticamente legato alla migliore persona che incontrerò mai, qualcuno di così prezioso per me che fa male.
E potrebbe suonare ridicolo – prendetemi per il culo, provateci – ma..
Questa? Questa è la storia di come Marco Bodt ha offerto il proprio cuore...a me.



Suppongo che il miglior modo per cominciare a parlarne – l'unico modo per cominciare a parlarne – sia dall'inizio. L'inizio è abbastanza esilarante, se volete saperlo. Non lo considero nemmeno un inizio, ma lui sì, ed è questo che importa.
Ero un primino
[1] alla Trost University, una matricola. Era l'inizio di un luminoso lunedì mattina, e l'afa di agosto si era calmata un po', ma nonostante l'umidità avevo comunque in mano una bollente tazza di caffè. Perchè, davvero, non volete incontrarmi prima che io abbia bevuto il mio caffè.
E sfortunatamente per
qualcuno, fu proprio quello che lui fece. Correre dritto verso di me, prima che io avessi avuto la possibilità di bere il mio caffè.
Stava camminando distratto, fogli di carta in entrambe le mani, senza nemmeno guardare dove stesse andando, quando mi venne addosso – proprio sulla spalla che era connessa al braccio che era connessa alla mano che teneva la tazza di caffè. Di importanza vitale, capitemi.
“Merda!” sibilai, alzando lo sguardo per guardarlo: alto, ma non molto più alto di me. Spalle larghe, lentiggini, mascella squadrata e corti capelli scuri, separati al centro. Anche i suoi occhi erano scuri, ma in quel momento erano spalancati e pieni d'ansia. “Sta attento!” borbottai, massaggiandomi la spalla con la mano libera. Squittì debolmente delle scuse; esilarante, dato che arrivavano da qualcuno di così alto e intimidatorio, ma ero troppo irritato per ridere.
Mormorai un basso “chi se ne frega” e continuai per la mia strada, e...ecco qui. Non davvero un inizio, vedete. Non ci pensai neanche più.



Il resto della settimana fu il delirio. Vivevo in Maria, uno dei dormitori più costosi, e di conseguenza mi toccava dividere la stanza con altre tre persone. Inizialmente erano solo due: un ragazzo basso coi capelli rasati di nome Connie, e un tizio grosso, muscoloso e biondo chiamato Reiner.



Dato che eravamo solo in tre, uno di noi avrebbe sarebbe stato in camera da solo (i dormitori comprendevano due camere separate, una cucina e un salottino). Speravo che sarei stato quella persona, ma saltò fuori che Reiner aveva un ragazzo, un alto, dinoccolato, eternamente nervoso ragazzo coi capelli scuri chiamato Bertholdt. Bertholdt non sarebbe nemmeno dovuto essere con noi, ma si era trasferito da un altro dormitorio. Di conseguenza, Reiner e Bertholdt si presero la loro stanza e io finii con Connie.


Connie era abbastanza a posto, quanto lo possono essere i conquilini, ed era abbastanza divertente se ti girava bene, ma aveva anche la tendenza a diventare noioso dopo un po'. Per non dire che non puliva mai. Ma non era quella la parte brutta.
La parte brutta era questa:
I muri tra la nostra stanza e quella di Reiner erano estremamente sottili.



Sfortunatamente per me e Connie, i due erano abbastanza rumorosi, e quando dico “rumorosi” intendo RUMOROSI. Avrei potuto alzare il volume del mio iPod al massimo e piazzarmi le cuffie nelle orecchie e li avrei comunque sentiti.
E per quello che riuscivamo a sentire, ti saresti sorpreso del fatto che ci fosse un solo pezzo di mobilio ancora in piedi, eppure tutte le mattine eccolo lì, intero e tutto a posto.
Non credo ci fosse bisogno di far notare che la vita sessuale di quei due divenne presto motivo di insonnia per me e Connie.



Come se la situazione non fosse già abbastanza complicata, dato che condividevamo la stessa stanza ci toccava condividere anche lo stesso bagno. Pensereste che con il fatto che fossimo tutti ragazzi, quello non sarebbe dovuto essere un problema. Ma lo era, e le mattine erano un inferno. Connie ci metteva delle cazzo di ore a fare la doccia, e Reiner aveva qualche problema di movimento intestinale e stava un sacco sul gabinetto – non ci tenevo a sapere, non ci tenevo a chiedere.



Ed è così che passai le prime settimane. A pregare di poter dormire, fare la doccia e usare il bagno coi miei tre conquilini, e a pensarci bene non era così male...ma nulla a che vedere con chi avrei incontrato molto presto.



Passato un mese, mi ero completamente immerso nella noiosa routine del college. Non uscivo molto, non ero entrato in nessun club o confraternita, e sicuro come l'inferno che non mi sarei impicciato negli affari delle sette religiose. Non sarei riuscito ad andare molto d'accordo con gli altri in ogni caso, quindi il rimanere per i fatti miei non mi pesava. Passavo la maggior parte del tempo a studiare e dormire, o mangiare, a lezione o coi miei conquilini.



Credo che una delle cose peggiori che abbia mai provato è il sentirmi tanto solo, nonostante vivessi con altre tre persone. Ma non sentivo di poter parlare molto con loro. Non sentivo che mi sarei connesso con qualcuno di loro...
A dire la verità, avevo trascorso gran parte della mia vita sentendomi come se stessi camminando su un piano differente da quello di chiunque altro... come se tutti fossero sintonizzati su una frequenza FM, e io su una AM. E chi diavolo sarebbe riuscito a “connettersi” con qualcuno che stava in un posto completamente diverso da quello degli altri?
Scelsi di annegare quella sensazione nel sonno e nella scuola. Non funzionava granchè, ma non sapevo cos'altro avrei potuto fare.
Ma dormire portava solo altri problemi...il genere di problemi che non desideravo condividere con gli altri.
Arrivato a 9 anni avevo smesso di parlare ai miei genitori degli incubi, ma non avevo smesso di averli. Incubi terribili... che mi lasciavano con strane sensazioni addosso. Sensazioni di vuoto, disperazione e, più di tutti gli altri, un intensa sensazione di perdita. Ma cosa avessi perso, di quello non avevo idea.



E a proposito di strane sensazioni, lasciate che vi racconti di astronomia.
Avevo questa materia quattro giorni a settimana, dal lunedì al giovedì e, cosa parecchio inquietante, ogni volta che avevo quella dannata lezione venivo accompagnato da questa strano brivido...
Strano, ma mi sentivo come se
qualcuno mi stesse guardando.
Più di una volta mi guardai attorno, ma non riuscii ad individuare niente fuori dall'ordinario; sono un sacco di studenti del college che prendevano appunto, dormivano sui propri cellulari o cazzeggiavano sui propri portatili.
Non avrei scoperto da dove veniva quella sensazione o chi me la procurava per un po' di tempo ancora.



Andiamo avanti, comunque. La mia vita pre-Marco andò avanti così per un po'.
Credo sia ora di approfondire quello che mi piace definire “Il Vero Inizio”.


Come ogni studente del college potrebbe confermarvi, l'influenza si contagia fagilmente all'università. Ci volle la prima settimana di ottobre prima che mi ritrovassi tanto malato e debole fisicamente da perdermi il weekend e due giorni di lezione. Passai quei giorni avvolto nelle coperte a tremare senza controllo, e durante quei tremiti incontrollabile ero estremamente grato di avere Reiner con me; mi preparava un sacco di zuppa e controllava che prendessi le medicine. Era una madre migliore di quanto la mia fosse mai stata.



In ogni caso, dopo essermi perso tutte le lezioni del lunedì e del martedì decisi che ne avevo abbastanza, e mi avventurai nel crudele mondo esterno, ancora non del tutto ripreso.
Lasciate che vi dica una cosa: la lezione di astronomia fu
uno schifo. Mi lasciò confuso, gli occhi continuavano a lacrimarmi, staruntii e tossii da far paura e non riuscii a scrollarmi di dosso quell'inquietante sensazione di essere osservato.
A metà lezione decisi di lasciar perdere gli appunti e di recuperare quelli dei giorni passati da qualcun altro. Sapevo che Connie era da qualche parte nell'aula, ma sapevo anche perfettamente che non prendeva appunti e che quando lo faceva facevano cagare. Connie non sarebbe stato d'aiuto.
Verso la fine della lezione mi voltai per cercare disperatamente qualcuno che conoscessi e che avrebbe potuto aiutarmi, e... Beh. Difficile da spiegare.
Quando i miei occhi si posarono sul ragazzo nella fila dietro la mia, due posti a destra, fui assalito da un opprimente senso di familiarità proveniente da lui. Una sensazione di calore si propagò nel mio petto, e sapevo,
sapevo di averlo già visto da qualche parte.
Realizzai anche che si trattava dello stesso tizio a cui ero finito addosso il primo giorno di lezione, ma non era quello l'importante, perchè lo avevo già visto da qualche altra parte.



Ma chi cazzo era? Non riuscivo neanche a ricordare come si chiamasse. Sapevo il suo nome? Come diavolo facevo a conoscerlo, innanzitutto?
Quel tizio mi stava facendo impazzire.
Ma, ehi- se sapessi chi fosse, potresti vedere i suoi appunti, giusto?
Quello era il problema principale al momento, e decisi di concentrarmi su quello.



Quando la lezione finì infilai le cose nel mio zaino, infilai la tracolla sotto il braccio e mi alzai, rivolto alla fila dietro la mia. Lasciai che gli altri studenti mi superassero mentre osservavo il ragazzo lentigginoso sistemare penne e quaderni nella sua borsa. Poi lui alzò lo sguardo. E si bloccò.
Ci fissammo per un paio di minuti e più lo guardavo più il senso di familiarità cresceva, e non potei esimermi dal
chiederlo.
“Ci siamo già visti da qualche parte?”



Lui si irrigidì visibilmente – si strinse nelle spalle e spalancò gli occhi...credo non stesse nemmeno respirando. Poi però si tranquillizzò, sorrise innocentemente nella mia direzione come se niente fosse e disse, “Eh, sì, più o meno... Ci siamo scontrati il primo giorno di scuola.”. Evitando il contatto visivo, aggiungerei.




No, intendo prima di quello.” dissi, schiarendomi la gola e tirando su col naso.
Esitò ancora, il volto una maschera di confusione e preoccupazione –
dio, questo tizio è un libro aperto, “Credo di no...”



Strizzai di nuovo gli occhi per osservarlo, cercando di ricordare come facessi a conoscerlo (perchè sapevo di conoscerlo), ma alla fine mi arresi semplicemente. Che memoria del cazzo.
Scusa allora,” si scusò, “Sembravi solo molto familiare.”
“Oh, nessun problema! Mi succede spesso,” disse, il che mi fece sentire un poco meglio.
Starnutii e, sentendomi poco più di un imbranato mi strofinai il naso.
“Stavo quasi sperando che ci conoscessimo già... se fosse stato così non sarebbe stato così strano per me chiederti se posso vedere i tuoi appunti dei due giorni scorsi.”



Quando alzai lo sguardo nella sua direzione, mi stava fissando con gli occhi enormi spalancati. Mi sentii un idiota, ma poi lui ridacchiò, mormorando, “Se è tutto qui, allora sì, puoi prenderli.”.
Lo fissai di rimando. “Davvero? Neanche mi conosci...” Se fossi stato al suo posto, non avrei passato i miei appunti al primo tizio strambo che diceva di conoscermi già e voleva vederli. Sarei stato molto più scettico di quanto non lo fosse
quel tizio e ha già tirato fuori il quaderno dallo zaino, porca troia chi si comporterebbe così?
“Devo per forza conoscerti?” chiese.

Chi diavolo è così cordiale? Pensai.
“Sei davvero un tipo così gentile?”, risposi.
“Cerco di esserlo.”
Non potei evitare di alzare un sopracciglio di fronte a quella risposta. “
Sembri un gran sempliciotto.”
“Beh, grazie,” rispose, la voce infarcita di sarcasmo, “Ora ho
davvero voglia di farti vedere i miei appunti.”
“Ah! Sto solo dicendo che lo sembri, non che lo sei.”, gli risposi.
“Uh-uh.”, mormorò, sfogliando le pagine del suo quaderno. Si bloccò subito dopo.



Oh, cazzo, ci sta ripensando, temetti, il terrore che si impossessava della mia mente. Forse dopo tutto aveva un po' di buonsenso in testa. Buon per lui, male per me.



Cosa c'è?” chiesi.
“È che...eugh. Un sacco di questa roba richiede un bel po' di spiegazioni...” guardò verso di me e mi chiese “Quando hai la prossima lezione?”
“Non prima delle 14.30,”
Gettò di nuovo un'occhiata al quaderno e strinse lievemente gli enormi occhi marroni prima di dire, “Hai piani per pranzo?”


Wow, altrochè, non è solo gentile, è super gentile. Questo è il tipo di gentile e altruistico modo di fare che non riuscirò mai a capire, figuriamoci emulare.
Invece di dire questo, però, sorrisi ironico e mi limitai a un ““Ti piace metterci proprio tutto l'impegno che puoi, eh?”



Vuoi che ti mostri i miei appunti o no?” sbuffò, probabilmente nel tentativo di sembrare annoiato, ma venne tradito da un sorrisetto.

Sì, sì” risposi, facendomi strada tra le sedie dell'aula ormai completamente vuota.
Il ragazzo lentigginoso raccolse la borsa e mi seguì fuori, e fu mentre camminavamo che realizzai che ancora continuavo a non avere idea di come cazzo si chiamasse.
Una volta usciti dall'aula, mi voltai per chiederglielo. “Come ti chiami, comunque?”
“Oh, sì...Sono Marco. E tu?”
“Mi chiamo Jean.”, risposi.
“Jsh-ahn,” lo sentii ripetere, e qualcosa nel modo in cui pronunciava il mio nome mi provocò un intenso solore al petto. Fui assalito dalla sensazione che, ovunque avessi conosciuto questo tizio, aveva a che fare con qualcosa di brutto. “Francese?” chiese.
...allo stesso momento, il modo in cui pronunciava il mio nome mi piaceva. Alcune persone lo prounciavano “John”, con la J troppo dura, e alcuni, specialmente gli insegnanti durante l'appello, mi chiamavano “Jeen”, e cazzo se era una rottura, ma quando Marco lo pronunciava...era bello.
Per quanto potesse suonare strano, volevo lo pronunciasse di nuovo.
Mi donava un'inspiegabile sensazione di conforto.



Sì...”, risposi finalmente. “C-comunque, dove vuoi mangiare? Di solito vado in una delle sale da pranzo.”
“Anch'io.” mormorò, “Immagino che allora sia già deciso, eh?” Mi passò il suo quadernetto nero e mi superò, aspettando che lo seguissi fuori dall'edificio, nell'accecante luce del giorno.
Doveva esserci più o meno una cazzo di tonnellata di gente lì fuori, e fui estremamente grato del fatto che Marco fosse così alto e grosso, o mi sarei perso del tutto. Quando raggiungemmo una parte del campus meno affollata, afferrai al volo l'occasione di dare un occhio al quaderno di Marco e trovai rapidamente gli appunti lunedì.
E lo ammetterò: mi sentii come se stessi cercando di leggere latino.
Solo che non era latino, ma greco. Letteralmente.
“Che cazzo sono queste lettere greche?” mi chiesi ad alta voce.
“Ci sono delle traduzioni e qualche formula nell'angolo destro,” replicò Marco. Non lo guardai, incantato a fissare quelle traduzioni.



Aiutavano, certo...ma non proprio. Mi sentivo un idiota.
“Cazzo, non scherzavi... Non ci capisco comunque niente,” dissi più a me stesso che a Marco.
Lui rispose con un “Te l'ho detto.”



Ero ancora immerso nell'alfabeto greco e nei numeri e nella calligrafia di Marco quando sentii, “Ehi! Jean, da questa parte!”
Alzai lo sguardo e vidi che Marco era un bel po' dietro di me, e che aveva girato a sinistra senza che me accorgessi. Non avrei dovuto essere così imbarazzato, ma comunque...
A disagio, feci scivolare il quaderno sotto il braccio e seguii Marco da più vicino.






... e ricorda, devi trovare la variazione nella lunghezza d'onda prima.”
“E quello è il delta lambda?”
“Sì!”
Mi abbassai rivolto al mio foglio, terminando rapidamente l'equazione, sfiorando la calcolatrice mentre cercavo di decifrare gli strani simboli e formule.
“Oh, aspetta...”, Marco si alzò a correggermi. “Una volta che hai trovato la velocità radiale, dividi per la velocità della luce, ricordi?” si sporse per indicare qualcosa sul foglio e mi concentrai sul punto dove si era appoggiato il suo indice.
“Quella è la c nella formula...” osservai.
“Sì! Eeeee... hai finito!” mi rivolse un sorriso incoraggiante, e la sensazione di calore potè solo rinforzarsi. Sperai di poterlo vedere sorridere in quel modo più spesso.
Mi voltai, appoggiandomi allo schienale della sedia e massaggiandomi le tempie. “La velocità radiale fa schifo” borbottai, e lui rise – una risata calda che sembrava arrivare dal profondo della sua anima e che mi fece venire voglia di sorridere, orgoglioso.
“Non me lo dire.” concordò.

Avevo davvero dubitato dell'intelligenza e della sincerità di Marco, e cominciavo a sentirmi a disagio per averlo fatto... Marco mi piaceva davvero, strano senso di calore e familiarità a parte. Andavamo d'accordo. Andavamo molto d'accordo, più di quanto io andassi d'accordo con chiunque altro.

Sospirai, e decisi e che come minimo meritava di sapere quanto il suo aiuto fosse stato apprezzato.

Hey, Marco.”
“Mmmh?”
“Grazie... Sarei stato completamente nella merda senza il tuo aiuto.”
“Nessun problema”, disse, e senza farci caso tirai fuori il cellulare per fare qualche foto ai suoi appunti.
“Solo che...”, cominciò, ma poi la sua voce si spense e dovetti incoraggiarlo a continuare.
“Cosa?” rimisi il cellulare in tasca.
“Avresti potuto saltare un altro giorno di lezione. Stai da cani.”, disse.
Tempismo perfetto, l'influenza decisa che quello sarebbe stato proprio il momento giusto per provare a uccidermi...a forza di colpi di tosse.

Tossii per almeno due minuti finchè Marco non corse finalmente a prendermi un bicchiere d'acqua, dio lo benedica, a quel punto del mio attacco di tosse ero a pochi passi dalla morte, e lui mi sembrò Gesù...Gesù con le lentiggini[2]. Buttai giù quella roba come se la mia vita ne dipendesse-cosa che, al momento, era abbastanza corretta.
“Uh-uh”, riuscii finalmente a rispondere “Non posso perdermi altre lezioni, ho avuto già abbastanza tempo per rimettermi. Sono già abbastanza perso dopo due soli giorni di lezione!”
Inclinò la testa con aria accusatoria, e realizzando ciò che stava implicando mi corressi.
Ero già abbastanza perso dopo due soli giorni”
“Okay, vero,” ammise, “Ma stai solo facendo sì che l'influenza si sparga ad andartene in giro così.”
Scossi la testa. “Non sto abbastanza vicino alla gente perchè possa passargli l'influenza” spiegai.
A quel punto alzò le sopracciglia, e realizzai che proprio in quel momento Marco stesso stava rischiando di beccarsi questa dannata influenza.
“Io...merda. Se ti ammali a causa mia, te la farò pagare, lo giuro.”
Rise – una dolce, confortante risata - e disse soltanto, “Non preoccuparti, ho un sistema immunitario davvero forte, dubito che mi ammalerò.”
Non ne ero così sicuro, ma mi limitai a fissarlo, ingoiando il resto dell'acqua.

Una risata improvvisa da dietro Marco lo fece sobbalzare, goffo e tenero, ma poi riconobbi le voci al tavolo...
“Faranno vedere 'L'Evocazione' stasera al cinema del campus, amico, devi andarci!” urlò qualcuno al tavolo. Suonava sospettosamente simile alla voce di Connie, e anche Reiner sembrava nella mischia...
Gettai un'occhiata oltre Marco, e Eren era lì con loro.
Mi risistemai rapido nella sedia e appoggiai il mento tra le mani, poggiando i gomiti sul tavolo e cercando di nascondere il mio disgusto per Jaeger.

È la stagione di Halloween effettivamente,” esclamò Marco. “Pensi di andare a vedere qualche film di paura questo mese?”
Scossi la testa con veemenza. “Cazzo, no.”
“Non sei un fan dei film dell'orrore?” sogghignò, e se non lo avessi conosciuto avrei pensato che lo stesse facendo apposta per darmi fastidio. Ma Marco era troppo buono di cuore per una cosa del genere, sicuramente.

Non lo sai?” disse Connie, dall'altro tavolo. “Jean odia i film dell'orrore! Si piscia addosso e urla come una bimba piccola.”

CONNIE!” urlai, iniziando a incazzarmi; non volevo che Marco lo sapesse! Non è che mi pisciassi letteralmente addosso, e urlavo come un uomo, grazie.
Connie lasciò il suo tavolo per venire al nostro, per migliorare o peggiorare la situazione, chi lo sa.
Sembrava improvvisamente interessato a Marco, quindi forse per peggiorarla.
“Ah, ehi!” gli disse. “Quindi hai conosciuto Jean.”
Li fissai entrambi, immaginandomi che razza di congiura stessero architettando. “Voi due vi conoscete?”
“No,” rispose Connie. “Beh, più o meno. Stavamo parlando ieri di come siamo sopravvissuti all'epidemia di influenza fino ad ora. Non tutti possono dirsi così fortunati, eh?”
“Sta zitto,” sospirai, soffocando uno starnuto tirando su col naso.
Connie si voltò verso Marco. “Non so neanche come ti chiami, amico.”
“Sono Marco.”
“Ok, Marco, sono Connie. Sei invitato a unirti a
noi per 'L'Evocazione' stasera, dato che Jean sicuramente non verrà” gli offrì.
Marco rise, e in quel momento, considerato che stava ridendo per Connie invece che per me, non mi sembrò la risata calda di poco prima. Mi stava abbastanza sulle palle a dire il vero, e volevo solo che Connie se ne andasse.
“Grazie, ma va bene così. Ho un sacco di compiti da fare.” disse, e mi sentii un po' meglio a sapere che preferiva fare i compiti che uscire con Connie o Jaeger o chiunque altro.

Ok.” disse Connie. “Beh, se cambi idea, siamo tutti al cinema del campus stasera! Ci vediamo dopo.” e finalmente se ne andò. Marco gli rivolse un cenno di saluto, e io potrei aver sospirato dal dispiacere...non ricordo molto bene.

Tuoi amici?” chiese.
“Più o meno...è uno dei miei compagni di stanza.”
Si accigliò. “Non ti piace?”
“Huh?” Che strana domanda...perchè dovrebbe pensare una cosa del genere?
“No. È a posto.” continuai, “Cioè, ha i suoi momenti no, sì, ed è difficile prenderlo sul serio a volte, ma andiamo d'accordo...che è più di quanto io possa dire per tanta gente. Perchè?”
“Um, nulla.” tirò fuori il cellulare per controllare l'ora. “Oh!”
“Che c'è?” chiesi.
“Ho lezione tra quindici minuti. Devo andare.”

Avevo uno strano nodo allo stomaco, ma ignorai quella strana sensazione e feci scivolare il quaderno nella sua direzione. Lo ripose nella borsa e fece scivolare la tracolla sulla spalla e...non si alzò.

Mi incupii, cercando di capire cosa stesse pensando ora, ma senza riuscire a chiederglielo.
Non aveva bisogno che glielo chiedessi, a quanto pare.

Ehi, Jean?”
Sobbalzai al suono della sua voce. “Sì?”
“Ti dispiacerebbe se ti chiedessi il numero?”
Sì, certo, ti prego prendi il mio numero. “Certo.”
“D-davvero?”
Sì, davvero- ti prego, sii mio amico.“Sì, perchè no?”

Alzò le spalle, e ci scambiammo rapidamente i numeri, mentre cercavo di non sembrare troppo eccitato – non che fossi eccitato di avere il numero di quel ragazzo, sarebbe stato strano e gay, e non ero nessuna delle due cose. Lo rispettavo e desideravo la sua amicizia, ecco tutto.

Mi lasciò lì seduto al tavolo, e me ne andai presto... gli occupanti del tavolo di Connie sembravano molto più rompicazzo senza Marco tra me e loro.





Più tardi quella sera, dopo essere riuscito ad arrivare alla fine della mia giornata di lezioni, mi gettai sul letto, ripensando agli eventi della giornata.
Il pranzo con Marco era stato sicuramente il momento migliore.
Di solito le persone non si interessavano a me come aveva fatto Marco. Marco era intelligente, e simpatico, e altrusta, e aveva una personalità completamente opposta alla mia, e tuttavia... andavamo un sacco d'accordo. Lasciando perdere la strana sensazione di calore e l'inquietante familiarità, a parte quello, Marco mi piaceva davvero. E...probabilmente qui stavo esagerando, ma...
Sentivo di potermi connettere con lui in qualche modo.
Non avevamo ancora “connesso”.
Ma sapevo che avremmo potuto.
Mi sentivo che se ci fosse stato qualcuno in grado di raggiungere il mio piano di esistenza e trovarmi, sarebbe stato Marco.
Per niente al mondo mi sarei lasciato sfuggire l'occasione di stringere un'amicizia del genere.

Fissando il mio cellulare, sospirai. Dovetti resistere alla tentazione di mandargli subito un messaggio.
Sperai di avere presto l'occasione di parlargli.






L'occasione si presentò da sola, la mattina seguente. Chi lo avrebbe immaginto.
Arrivai a lezione quindici minuti prima del solito, sentendo di essermi ripreso del tutto dall'influenza e pieno di energia, pronto ad affrontare la giornata. Appena la lezione iniziò, mi voltai a cercare Marco-
Ma lui non c'era.
Controllai in tutta la stanza, cercando disperatamente, chiedendomi cosa diavolo gli fosse successo, anche se sapevo che se si fosse seduto in un posto diverso dal solito sarebbe comunque stato nominato all'appello. Non c'era e basta.
E poi capii.
Cazzo, stai scherzando...
Ignorando la lezione, tirai fuori il cellulare e gli mandai rapido un sms.


A: Marco
Nn dirmi ke

La sua risposta arrivò dopo soli due minuti.


Da: Marco
Come hai potuto farmi questo, Jean?

Ovviamente la sua grammatica e la sua punteggiatura erano impeccabili- gli si addiceva. Ma piuttosto...


A: Marco
“sistema immunitario davvero forte” 1 cazzo

Da: Marco
Già... che schifo. :(

Sospirai pesantemente, fissando colpevole quella faccina triste. Sapevo come si sentiva...quell'influenza era una puttana.


A: Marco
Czz amico, mi dispiace. Cosa pss fare x rimediare?

Da: Marco
Zuppa e un film.


Guardai scettico quel messaggio. Era una richiesta stranamente specifica...


A: Marco
zuppa E UN film?

Da: Marco
Ho già qui il film, devi solo vederlo con me. Ma un po' di zuppa sarebbe carina... non me la sento di uscire a prenderla. :(

Ah. Ora aveva senso. E vedere un film con Marco suonava come una cazzo di idea terribile, non avrei potuto dire di sì più velocemente.


A: Marco
Cpt. Mi prenoti anke x un film? Dovrei essere in debito cn te + spesso. Ti porto la zuppa stase allora. Ti va bn x le 19.30?

Da: Marco
Mi va benissimo!
Oh… Jean?

Provai davvero a non immaginarmelo a dire il mio nome. Provai e fallii.

A: Marco
Sì?

Da: Marco
È un film horror. :)



Fissai quell'sms per dieci secondi buoni, assolutamente sconcertato. Quindi era perfettamente capace di essere uno stronzo.
Gesù con le lentiggini? CAZZATE!


A: Marco
MA SEI SERIO

Da: Marco
Hehe.


Quasi ringhiai allo schermo del mio telefono. Dovetti sforzarmi di ricordare che era solo un oggetto inanimato.


A: Marco
non mi fare 'hehe', stronzetto! Nn mi hai neanke chiesto se mi sta bn, porca troia!

Adoravo l'idea di stare con Marco e guardare un film con lui, davvero, ma non volevo che vedesse come mi riducevo durante un film horror e che pensasse che fossi una fichetta. Molto semplice.

Da: Marco
Ma Jean! Sei in debito con me! Mi sento uno schifo e sarebbe fantastico avere un po' di compagnia... :( per favore?

A: Marco
non ti basta la zuppa?

Da: Marco
No. :(
:(
:(
:(

Dannazione, quelle emoticon sarebbero state la mia rovina. Beh...ero io quello che l'aveva fatto ammalare, effettivamente. Ed ero in debito con lui. E mi faceva pena...
Merda.
Sospirai.


A: Marco
VA BENE

Da: Marco
Yeeeeh! Ci vediamo alle 19.30. Vivo a Wall Sina 323 :)


In che cazzo di guaio mi stavo mettendo?!

A: Marco
FANCULO





Note di Lownly:

Sono morta, ragazzi. Sono morta e scrivere mi ha dato il colpo di grazia.
Sì, ora sono e le 5.30 del mattino e e potrei rischiare la sindrome del tunnel carpale e perchè pensavo che sedermi a scrivere tutto di botto sarebbe stata una bella idea?
Sapete cosa vuol dire, ragazzi?
Significa che ho scritto più di 8000 parole in una sola sessione, con il pov di Jean e Marco combinati.
Aiutatemi.

Bla bla bla, comunque, grazie per aver letto finora! Scrivere di Jean è un sacco di divertente, anche se non mi viene molto naturale. È una fatica...
Non abbiate paura di commentare, criticare, dirmi se ho fatto errori, ecc. Amerò qualsiasi feedback vogliate darmi. :)
(VI PREGO di farmi notare gli errori – ho scritto tutto questo in mattinata, quindi sono sicura che ce ne siano un sacco, non importa quante volte l'abbia riguardato)

...forse dovrei provare a dormire ora...il capitolo 2 può aspettare, giusto?
<3






Note di Joice:

Io mi sento più morta di Lownly, ma dovevo assolutamente finire di tradurre questo capitolo, nonostante la febbre – e il fatto che sono in classe proprio ora, coff coff -, e mi dispiace di averci messo tanto.
Ed esattamente come Lownly vi chiedo di recensire, commentare, teorizzare, fangirlare e farmi notare le centinaia di errori che avrò sicuramente fatto. Tradurre i capitoli di Jean è un parto, dato che devo saltare tra una traduzione e l'altra per copiare le battute, ma...ehi, posso farcela <3
Con un po' di impegno.
E un po' di caffè.
UN BEL PO' DI CAFFE'.
Alla prossima!
P.S.: RICORDATEVI CHE IL PROSSIMO CAPITOLO CRONOLOGICAMENTE SARA' IL CAPITOLO 2 DI MY BEATING HEART!

[1]: nel testo originale indicava come 'freshman', ma dato che non potevo ripetere 'matricola' ho deciso di inserire 'primino', che ha più o meno lo stesso valore :)

[2]: credo lo sappiate ma lo dirò comunque: 'freckled jesus' è il soprannome che il fandom ha appioppato al personaggio di Marco. Tradurlo 'Gesù con le lentiggin' è stato MMMMEEEEH, ma immagino che sia giusto così u.u

  
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