His
Beating Heart
Lownly
When life leaves you high and dry
I'll
be at your door tonight
If you need help, if you
need help.
I'll shut down the city lights,
I'll
lie, cheat, I'll beg and bribe
To make you well,
to make you well.
When enemies are at your
door
I'll carry you away from war
If
you need help, if you need help.
Your hope
dangling by a string
I'll share in your
suffering
To make you well, to make you
well.
Give me reasons to believe
That
you would do the same for me.
-Phillip Phillips
(Gone, Gone, Gone)
Non
so neanche da dove cominciare.
Non esiste un metodo specifico per
farlo.
Ma per noi, questa è la storia più importante
che ci sia. Ci sono le migliori parti della nostra vita, proprio qui,
in questa storia. È la storia di come mi sono pateticamente
legato alla migliore persona che incontrerò mai, qualcuno di
così prezioso per me che fa male.
E potrebbe suonare
ridicolo – prendetemi per il culo, provateci –
ma..
Questa? Questa è la storia di come Marco Bodt ha
offerto il proprio cuore...a me.
Suppongo
che il miglior modo per cominciare a parlarne – l'unico
modo per cominciare a parlarne – sia dall'inizio. L'inizio è
abbastanza esilarante, se volete saperlo. Non lo considero nemmeno un
inizio, ma lui
sì, ed è questo che importa.
Ero un primino[1]
alla Trost University, una matricola. Era l'inizio di un luminoso
lunedì mattina, e l'afa di agosto si era calmata un po', ma
nonostante l'umidità avevo comunque in mano una bollente tazza
di caffè. Perchè, davvero, non volete incontrarmi prima
che io abbia bevuto il mio caffè.
E sfortunatamente per
qualcuno,
fu proprio quello che lui fece. Correre dritto verso di me, prima che
io avessi avuto la possibilità di bere il mio caffè.
Stava camminando distratto, fogli di carta in entrambe le mani,
senza nemmeno guardare dove stesse andando, quando mi venne addosso –
proprio sulla spalla che era connessa al braccio che era connessa
alla mano che teneva la tazza di caffè. Di importanza vitale,
capitemi.
“Merda!” sibilai, alzando lo sguardo per
guardarlo: alto, ma non molto più alto di me. Spalle larghe,
lentiggini, mascella squadrata e corti capelli scuri, separati al
centro. Anche i suoi occhi erano scuri, ma in quel momento erano
spalancati e pieni d'ansia. “Sta attento!” borbottai,
massaggiandomi la spalla con la mano libera. Squittì
debolmente delle scuse; esilarante, dato che arrivavano da qualcuno
di così alto e intimidatorio, ma ero troppo irritato per
ridere.
Mormorai un basso “chi se ne frega” e
continuai per la mia strada, e...ecco qui. Non davvero un inizio,
vedete. Non ci pensai neanche più.
Il resto della settimana fu il delirio. Vivevo in Maria, uno dei dormitori più costosi, e di conseguenza mi toccava dividere la stanza con altre tre persone. Inizialmente erano solo due: un ragazzo basso coi capelli rasati di nome Connie, e un tizio grosso, muscoloso e biondo chiamato Reiner.
Dato che eravamo solo in tre, uno di noi avrebbe sarebbe stato in camera da solo (i dormitori comprendevano due camere separate, una cucina e un salottino). Speravo che sarei stato quella persona, ma saltò fuori che Reiner aveva un ragazzo, un alto, dinoccolato, eternamente nervoso ragazzo coi capelli scuri chiamato Bertholdt. Bertholdt non sarebbe nemmeno dovuto essere con noi, ma si era trasferito da un altro dormitorio. Di conseguenza, Reiner e Bertholdt si presero la loro stanza e io finii con Connie.
Connie
era abbastanza a posto, quanto lo possono essere i conquilini, ed era
abbastanza divertente se ti girava bene, ma aveva anche la tendenza a
diventare noioso dopo un po'. Per non dire che non puliva mai. Ma non
era quella la parte brutta.
La parte brutta era questa:
I
muri tra la nostra stanza e quella di Reiner erano estremamente
sottili.
Sfortunatamente
per me e Connie, i due erano abbastanza rumorosi, e quando dico
“rumorosi” intendo RUMOROSI.
Avrei potuto alzare il volume del mio iPod al massimo e piazzarmi le
cuffie nelle orecchie e li avrei comunque
sentiti.
E per quello che riuscivamo a sentire, ti saresti
sorpreso del fatto che ci fosse un solo pezzo di mobilio ancora in
piedi, eppure tutte le mattine eccolo lì, intero e tutto a
posto.
Non credo ci fosse bisogno di far notare che la vita
sessuale di quei due divenne presto motivo di insonnia per me e
Connie.
Come se la situazione non fosse già abbastanza complicata, dato che condividevamo la stessa stanza ci toccava condividere anche lo stesso bagno. Pensereste che con il fatto che fossimo tutti ragazzi, quello non sarebbe dovuto essere un problema. Ma lo era, e le mattine erano un inferno. Connie ci metteva delle cazzo di ore a fare la doccia, e Reiner aveva qualche problema di movimento intestinale e stava un sacco sul gabinetto – non ci tenevo a sapere, non ci tenevo a chiedere.
Ed è così che passai le prime settimane. A pregare di poter dormire, fare la doccia e usare il bagno coi miei tre conquilini, e a pensarci bene non era così male...ma nulla a che vedere con chi avrei incontrato molto presto.
Passato un mese, mi ero completamente immerso nella noiosa routine del college. Non uscivo molto, non ero entrato in nessun club o confraternita, e sicuro come l'inferno che non mi sarei impicciato negli affari delle sette religiose. Non sarei riuscito ad andare molto d'accordo con gli altri in ogni caso, quindi il rimanere per i fatti miei non mi pesava. Passavo la maggior parte del tempo a studiare e dormire, o mangiare, a lezione o coi miei conquilini.
Credo
che una delle cose peggiori che abbia mai provato è il
sentirmi tanto solo, nonostante vivessi con altre tre persone. Ma non
sentivo di poter parlare molto con loro. Non sentivo che mi sarei
connesso con qualcuno di loro...
A dire la verità, avevo
trascorso gran parte della mia vita sentendomi come se stessi
camminando su un piano differente da quello di chiunque altro... come
se tutti fossero sintonizzati su una frequenza FM, e io su una AM. E
chi diavolo sarebbe riuscito a “connettersi” con qualcuno
che stava in un posto completamente diverso da quello degli
altri?
Scelsi di annegare quella sensazione nel sonno e nella
scuola. Non funzionava granchè, ma non sapevo cos'altro avrei
potuto fare.
Ma dormire portava solo altri problemi...il genere
di problemi che non desideravo condividere con gli altri.
Arrivato
a 9 anni avevo smesso di parlare ai miei genitori degli incubi, ma
non avevo smesso di averli. Incubi terribili... che mi lasciavano con
strane sensazioni addosso. Sensazioni di vuoto, disperazione e, più
di tutti gli altri, un intensa sensazione di perdita. Ma cosa avessi
perso, di quello non avevo idea.
E
a proposito di strane sensazioni, lasciate che vi racconti di
astronomia.
Avevo questa materia quattro giorni a settimana, dal
lunedì al giovedì e, cosa parecchio inquietante, ogni
volta che avevo quella dannata lezione venivo accompagnato da questa
strano brivido...
Strano, ma mi sentivo come se qualcuno
mi stesse guardando.
Più
di una volta mi guardai attorno, ma non riuscii ad individuare niente
fuori dall'ordinario; sono un sacco di studenti del college che
prendevano appunto, dormivano sui propri cellulari o cazzeggiavano
sui propri portatili.
Non avrei scoperto da dove veniva quella
sensazione o chi me la procurava per un po' di tempo ancora.
Andiamo
avanti, comunque. La mia vita pre-Marco andò avanti così
per un po'.
Credo sia ora di approfondire quello che mi piace
definire “Il Vero Inizio”.
Come ogni studente del college potrebbe confermarvi, l'influenza si contagia fagilmente all'università. Ci volle la prima settimana di ottobre prima che mi ritrovassi tanto malato e debole fisicamente da perdermi il weekend e due giorni di lezione. Passai quei giorni avvolto nelle coperte a tremare senza controllo, e durante quei tremiti incontrollabile ero estremamente grato di avere Reiner con me; mi preparava un sacco di zuppa e controllava che prendessi le medicine. Era una madre migliore di quanto la mia fosse mai stata.
In
ogni caso, dopo essermi perso tutte le lezioni del lunedì e
del martedì decisi che ne avevo abbastanza, e mi avventurai
nel crudele mondo esterno, ancora non del tutto ripreso.
Lasciate
che vi dica una cosa: la lezione di astronomia fu
uno schifo.
Mi lasciò confuso, gli occhi continuavano a lacrimarmi,
staruntii e tossii da far paura e non riuscii a scrollarmi di dosso
quell'inquietante sensazione di essere osservato.
A metà
lezione decisi di lasciar perdere gli appunti e di recuperare quelli
dei giorni passati da qualcun altro. Sapevo che Connie era da qualche
parte nell'aula, ma sapevo anche perfettamente che non prendeva
appunti e che quando lo faceva facevano cagare. Connie non sarebbe
stato d'aiuto.
Verso la fine della lezione mi voltai per cercare
disperatamente qualcuno che conoscessi e che avrebbe potuto aiutarmi,
e... Beh. Difficile da spiegare.
Quando i miei occhi si posarono
sul ragazzo nella fila dietro la mia, due posti a destra, fui
assalito da un opprimente senso di familiarità proveniente da
lui. Una sensazione di calore si propagò nel mio petto, e
sapevo, sapevo
di averlo già visto da qualche parte.
Realizzai anche che
si trattava dello stesso tizio a cui ero finito addosso il primo
giorno di lezione, ma non era quello l'importante, perchè lo
avevo già visto da qualche altra parte.
Ma
chi cazzo era? Non riuscivo neanche a ricordare come si chiamasse.
Sapevo il suo nome? Come diavolo facevo a conoscerlo,
innanzitutto?
Quel tizio mi stava facendo impazzire.
Ma,
ehi- se sapessi chi fosse, potresti vedere i suoi appunti,
giusto?
Quello
era il problema principale al momento, e decisi di concentrarmi su
quello.
Quando
la lezione finì infilai le cose nel mio zaino, infilai la
tracolla sotto il braccio e mi alzai, rivolto alla fila dietro la
mia. Lasciai che gli altri studenti mi superassero mentre osservavo
il ragazzo lentigginoso sistemare penne e quaderni nella sua borsa.
Poi lui alzò lo sguardo. E si bloccò.
Ci fissammo
per un paio di minuti e più lo guardavo più il senso di
familiarità cresceva, e non potei esimermi dal chiederlo.
“Ci
siamo già visti da qualche parte?”
Lui si irrigidì visibilmente – si strinse nelle spalle e spalancò gli occhi...credo non stesse nemmeno respirando. Poi però si tranquillizzò, sorrise innocentemente nella mia direzione come se niente fosse e disse, “Eh, sì, più o meno... Ci siamo scontrati il primo giorno di scuola.”. Evitando il contatto visivo, aggiungerei.
“No,
intendo prima di quello.” dissi, schiarendomi la gola e tirando
su col naso.
Esitò ancora, il volto una maschera di
confusione e preoccupazione – dio,
questo tizio è un libro aperto, “Credo di no...”
Strizzai
di nuovo gli occhi per osservarlo, cercando di ricordare come facessi
a conoscerlo (perchè sapevo
di
conoscerlo),
ma alla fine mi arresi semplicemente. Che memoria del cazzo.
“Scusa
allora,” si scusò, “Sembravi solo molto
familiare.”
“Oh, nessun problema! Mi succede spesso,”
disse, il che mi fece sentire un poco meglio.
Starnutii e,
sentendomi poco più di un imbranato mi strofinai il
naso.
“Stavo quasi sperando che ci conoscessimo già...
se fosse stato così non sarebbe stato così strano per
me chiederti se posso vedere i tuoi appunti dei due giorni scorsi.”
Quando
alzai lo sguardo nella sua direzione, mi stava fissando con gli occhi
enormi spalancati. Mi sentii un idiota, ma poi lui ridacchiò,
mormorando, “Se è tutto qui, allora sì, puoi
prenderli.”.
Lo fissai di rimando. “Davvero? Neanche
mi conosci...” Se fossi stato al suo posto, non avrei passato i
miei appunti al primo tizio strambo che diceva di conoscermi già
e voleva vederli. Sarei stato molto più scettico di quanto non
lo fosse
quel
tizio e ha
già tirato fuori il quaderno dallo zaino, porca troia chi si
comporterebbe così?
“Devo
per forza conoscerti?” chiese.
Chi
diavolo è così cordiale? Pensai.
“Sei davvero
un tipo così gentile?”, risposi.
“Cerco di
esserlo.”
Non potei evitare di alzare un sopracciglio di
fronte a quella risposta. “Sembri
un gran sempliciotto.”
“Beh, grazie,” rispose,
la voce infarcita di sarcasmo, “Ora ho davvero
voglia di farti vedere i miei appunti.”
“Ah! Sto solo
dicendo che lo sembri, non che lo sei.”, gli risposi.
“Uh-uh.”,
mormorò, sfogliando le pagine del suo quaderno. Si bloccò
subito dopo.
Oh, cazzo, ci sta ripensando, temetti, il terrore che si impossessava della mia mente. Forse dopo tutto aveva un po' di buonsenso in testa. Buon per lui, male per me.
“Cosa
c'è?” chiesi.
“È che...eugh. Un sacco di
questa roba richiede un bel po' di spiegazioni...” guardò
verso di me e mi chiese “Quando hai la prossima lezione?”
“Non prima delle 14.30,”
Gettò di nuovo
un'occhiata al quaderno e strinse lievemente gli enormi occhi marroni
prima di dire, “Hai piani per pranzo?”
Wow,
altrochè, non è solo gentile, è super gentile.
Questo è il tipo di gentile e altruistico modo di fare che non
riuscirò mai a capire, figuriamoci emulare.
Invece di dire
questo, però, sorrisi ironico e mi limitai a un ““Ti
piace metterci proprio tutto l'impegno che puoi, eh?”
“Vuoi che ti mostri i miei appunti o no?” sbuffò, probabilmente nel tentativo di sembrare annoiato, ma venne tradito da un sorrisetto.
“Sì,
sì” risposi, facendomi strada tra le sedie dell'aula
ormai completamente vuota.
Il ragazzo lentigginoso raccolse la
borsa e mi seguì fuori, e fu mentre camminavamo che realizzai
che ancora continuavo a non avere idea di come cazzo si
chiamasse.
Una volta usciti dall'aula, mi voltai per
chiederglielo. “Come ti chiami, comunque?”
“Oh,
sì...Sono Marco. E tu?”
“Mi chiamo Jean.”,
risposi.
“Jsh-ahn,” lo sentii ripetere, e qualcosa nel
modo in cui pronunciava il mio nome mi provocò un intenso
solore al petto. Fui assalito dalla sensazione che, ovunque avessi
conosciuto questo tizio, aveva a che fare con qualcosa di brutto.
“Francese?” chiese.
...allo stesso momento, il modo in
cui pronunciava il mio nome mi piaceva. Alcune persone lo
prounciavano “John”, con la J troppo dura, e alcuni,
specialmente gli insegnanti durante l'appello, mi chiamavano “Jeen”,
e cazzo se era una rottura, ma quando Marco lo pronunciava...era
bello.
Per quanto potesse suonare strano, volevo lo pronunciasse
di nuovo.
Mi donava un'inspiegabile sensazione di conforto.
“Sì...”,
risposi finalmente. “C-comunque, dove vuoi mangiare? Di solito
vado in una delle sale da pranzo.”
“Anch'io.”
mormorò, “Immagino che allora sia già deciso,
eh?” Mi passò il suo quadernetto nero e mi superò,
aspettando che lo seguissi fuori dall'edificio, nell'accecante luce
del giorno.
Doveva esserci più o meno una cazzo di
tonnellata di gente lì fuori, e fui estremamente grato del
fatto che Marco fosse così alto e grosso, o mi sarei perso del
tutto. Quando raggiungemmo una parte del campus meno affollata,
afferrai al volo l'occasione di dare un occhio al quaderno di Marco e
trovai rapidamente gli appunti lunedì.
E lo ammetterò:
mi sentii come se stessi cercando di leggere latino.
Solo che non
era latino, ma greco. Letteralmente.
“Che cazzo sono queste
lettere greche?” mi chiesi ad alta voce.
“Ci sono
delle traduzioni e qualche formula nell'angolo destro,” replicò
Marco. Non lo guardai, incantato a fissare quelle traduzioni.
Aiutavano,
certo...ma non proprio. Mi sentivo un idiota.
“Cazzo, non
scherzavi... Non ci capisco comunque niente,” dissi più
a me stesso che a Marco.
Lui rispose con un “Te l'ho
detto.”
Ero
ancora immerso nell'alfabeto greco e nei numeri e nella calligrafia
di Marco quando sentii, “Ehi! Jean, da questa parte!”
Alzai
lo sguardo e vidi che Marco era un bel po' dietro di me, e che aveva
girato a sinistra senza che me accorgessi. Non avrei dovuto essere
così imbarazzato, ma comunque...
A disagio, feci scivolare
il quaderno sotto il braccio e seguii Marco da più vicino.
“...
e ricorda, devi trovare la variazione nella lunghezza d'onda
prima.”
“E quello è il delta lambda?”
“Sì!”
Mi
abbassai rivolto al mio foglio, terminando rapidamente l'equazione,
sfiorando la calcolatrice mentre cercavo di decifrare gli strani
simboli e formule.
“Oh, aspetta...”, Marco
si alzò a correggermi. “Una volta che hai trovato la
velocità radiale, dividi per la velocità della luce,
ricordi?” si sporse per indicare qualcosa sul foglio e mi
concentrai sul punto dove si era appoggiato il suo indice.
“Quella
è la c nella formula...” osservai.
“Sì!
Eeeee... hai finito!” mi rivolse un sorriso incoraggiante, e la
sensazione di calore potè solo rinforzarsi. Sperai di poterlo
vedere sorridere in quel modo più spesso.
Mi voltai,
appoggiandomi allo schienale della sedia e massaggiandomi le tempie.
“La velocità radiale fa schifo” borbottai, e lui
rise – una risata calda che sembrava arrivare dal profondo
della sua anima e che mi fece venire voglia di sorridere, orgoglioso.
“Non me lo dire.” concordò.
Avevo davvero dubitato dell'intelligenza e della sincerità di Marco, e cominciavo a sentirmi a disagio per averlo fatto... Marco mi piaceva davvero, strano senso di calore e familiarità a parte. Andavamo d'accordo. Andavamo molto d'accordo, più di quanto io andassi d'accordo con chiunque altro.
Sospirai, e decisi e che come minimo meritava di sapere quanto il suo aiuto fosse stato apprezzato.
“Hey,
Marco.”
“Mmmh?”
“Grazie... Sarei stato
completamente nella merda senza il tuo aiuto.”
“Nessun
problema”, disse, e senza farci caso tirai fuori il cellulare
per fare qualche foto ai suoi appunti.
“Solo che...”,
cominciò, ma poi la sua voce si spense e dovetti incoraggiarlo
a continuare.
“Cosa?” rimisi il cellulare in
tasca.
“Avresti potuto saltare un altro giorno di lezione.
Stai da cani.”, disse.
Tempismo perfetto, l'influenza decisa
che quello sarebbe stato proprio il momento giusto per provare a
uccidermi...a forza di colpi di tosse.
Tossii
per almeno due minuti finchè Marco non corse finalmente a
prendermi un bicchiere d'acqua, dio lo benedica, a quel punto del mio
attacco di tosse ero a pochi passi dalla morte, e lui mi sembrò
Gesù...Gesù con le lentiggini[2].
Buttai giù quella roba come se la mia vita ne dipendesse-cosa
che, al momento, era abbastanza corretta.
“Uh-uh”,
riuscii finalmente a rispondere “Non posso perdermi altre
lezioni, ho avuto già abbastanza tempo per rimettermi. Sono
già abbastanza perso dopo due soli giorni di lezione!”
Inclinò
la testa con aria accusatoria, e realizzando ciò che stava
implicando mi corressi.
“Ero
già abbastanza perso dopo due soli giorni”
“Okay,
vero,” ammise, “Ma stai solo facendo sì che
l'influenza si sparga ad andartene in giro così.”
Scossi
la testa. “Non sto abbastanza vicino alla gente perchè
possa passargli l'influenza” spiegai.
A quel punto alzò
le sopracciglia, e realizzai che proprio in quel momento Marco stesso
stava rischiando di beccarsi questa dannata influenza.
“Io...merda.
Se ti ammali a causa mia, te la farò pagare, lo giuro.”
Rise
– una dolce, confortante risata - e disse soltanto, “Non
preoccuparti, ho un sistema immunitario davvero forte, dubito che mi
ammalerò.”
Non ne ero così sicuro, ma mi
limitai a fissarlo, ingoiando il resto dell'acqua.
Una
risata improvvisa da dietro Marco lo fece sobbalzare, goffo e tenero,
ma poi riconobbi le voci al tavolo...
“Faranno vedere
'L'Evocazione' stasera al cinema del campus, amico, devi
andarci!” urlò qualcuno al tavolo. Suonava
sospettosamente simile alla voce di Connie, e anche Reiner sembrava
nella mischia...
Gettai un'occhiata oltre Marco, e Eren era lì
con loro.
Mi risistemai rapido nella sedia e appoggiai il mento
tra le mani, poggiando i gomiti sul tavolo e cercando di nascondere
il mio disgusto per Jaeger.
“È
la stagione di Halloween effettivamente,” esclamò
Marco. “Pensi di andare a vedere qualche film di paura questo
mese?”
Scossi la testa con veemenza. “Cazzo, no.”
“Non
sei un fan dei film dell'orrore?” sogghignò, e se non lo
avessi conosciuto avrei pensato che lo stesse facendo apposta per
darmi fastidio. Ma Marco era troppo buono di cuore per una cosa del
genere, sicuramente.
“Non lo sai?” disse Connie, dall'altro tavolo. “Jean odia i film dell'orrore! Si piscia addosso e urla come una bimba piccola.”
“CONNIE!”
urlai, iniziando a incazzarmi; non volevo che Marco lo sapesse! Non è
che mi pisciassi letteralmente
addosso,
e urlavo come un uomo,
grazie.
Connie lasciò il suo tavolo per venire al nostro,
per migliorare o peggiorare la situazione, chi lo sa.
Sembrava
improvvisamente interessato a Marco, quindi forse per
peggiorarla.
“Ah, ehi!” gli disse. “Quindi hai
conosciuto Jean.”
Li fissai entrambi, immaginandomi che
razza di congiura stessero architettando. “Voi due vi
conoscete?”
“No,” rispose Connie. “Beh,
più o meno. Stavamo parlando ieri di come siamo sopravvissuti
all'epidemia di influenza fino ad ora. Non tutti possono dirsi così
fortunati, eh?”
“Sta zitto,” sospirai,
soffocando uno starnuto tirando su col naso.
Connie si voltò
verso Marco. “Non so neanche come ti chiami, amico.”
“Sono
Marco.”
“Ok, Marco, sono Connie. Sei invitato a unirti
a noi
per 'L'Evocazione' stasera, dato che Jean sicuramente non verrà”
gli offrì.
Marco rise, e in quel momento, considerato che
stava ridendo per Connie invece che per me, non mi sembrò la
risata calda di poco prima. Mi stava abbastanza sulle palle a dire il
vero, e volevo solo che Connie se ne andasse.
“Grazie, ma va
bene così. Ho un sacco di compiti da fare.” disse, e mi
sentii un po' meglio a sapere che preferiva fare i compiti che uscire
con Connie o Jaeger o chiunque altro.
“Ok.” disse Connie. “Beh, se cambi idea, siamo tutti al cinema del campus stasera! Ci vediamo dopo.” e finalmente se ne andò. Marco gli rivolse un cenno di saluto, e io potrei aver sospirato dal dispiacere...non ricordo molto bene.
“Tuoi
amici?” chiese.
“Più o meno...è uno dei
miei compagni di stanza.”
Si accigliò. “Non ti
piace?”
“Huh?” Che strana domanda...perchè
dovrebbe pensare una cosa del genere?
“No. È a
posto.” continuai, “Cioè, ha i suoi momenti no,
sì, ed è difficile prenderlo sul serio a volte, ma
andiamo d'accordo...che è più di quanto io possa dire
per tanta gente. Perchè?”
“Um, nulla.”
tirò fuori il cellulare per controllare l'ora. “Oh!”
“Che c'è?” chiesi.
“Ho lezione tra
quindici minuti. Devo andare.”
Avevo uno strano nodo allo stomaco, ma ignorai quella strana sensazione e feci scivolare il quaderno nella sua direzione. Lo ripose nella borsa e fece scivolare la tracolla sulla spalla e...non si alzò.
Mi
incupii, cercando di capire cosa stesse pensando ora, ma senza
riuscire a chiederglielo.
Non aveva bisogno che glielo chiedessi,
a quanto pare.
“Ehi,
Jean?”
Sobbalzai al suono della sua voce. “Sì?”
“Ti
dispiacerebbe se ti chiedessi il numero?”
Sì,
certo, ti prego prendi il mio numero. “Certo.”
“D-davvero?”
Sì,
davvero- ti prego, sii mio amico.“Sì, perchè
no?”
Alzò le spalle, e ci scambiammo rapidamente i numeri, mentre cercavo di non sembrare troppo eccitato – non che fossi eccitato di avere il numero di quel ragazzo, sarebbe stato strano e gay, e non ero nessuna delle due cose. Lo rispettavo e desideravo la sua amicizia, ecco tutto.
Mi
lasciò lì seduto al tavolo, e me ne andai presto... gli
occupanti del tavolo di Connie sembravano molto più rompicazzo
senza Marco tra me e loro.
Più
tardi quella sera, dopo essere riuscito ad arrivare alla fine della
mia giornata di lezioni, mi gettai sul letto, ripensando agli eventi
della giornata.
Il pranzo con Marco era stato sicuramente il
momento migliore.
Di solito le persone non si interessavano a me
come aveva fatto Marco. Marco era intelligente, e simpatico, e
altrusta, e aveva una personalità completamente opposta alla
mia, e tuttavia... andavamo un sacco d'accordo. Lasciando perdere la
strana sensazione di calore e l'inquietante familiarità, a
parte quello, Marco mi piaceva davvero. E...probabilmente qui stavo
esagerando, ma...
Sentivo di potermi connettere con lui in qualche
modo.
Non avevamo ancora “connesso”.
Ma sapevo che
avremmo potuto.
Mi sentivo che se ci fosse stato qualcuno in grado
di raggiungere il mio piano di esistenza e trovarmi, sarebbe stato
Marco.
Per niente al mondo mi sarei lasciato sfuggire l'occasione
di stringere un'amicizia del genere.
Fissando
il mio cellulare, sospirai. Dovetti resistere alla tentazione di
mandargli subito un messaggio.
Sperai di avere presto l'occasione
di parlargli.
L'occasione
si presentò da sola, la mattina seguente. Chi lo avrebbe
immaginto.
Arrivai a lezione quindici minuti prima del solito,
sentendo di essermi ripreso del tutto dall'influenza e pieno di
energia, pronto ad affrontare la giornata. Appena la lezione iniziò,
mi voltai a cercare Marco-
Ma lui non c'era.
Controllai in
tutta la stanza, cercando disperatamente, chiedendomi cosa diavolo
gli fosse successo, anche se sapevo che se si fosse seduto in un
posto diverso dal solito sarebbe comunque stato nominato all'appello.
Non c'era e basta.
E poi capii.
Cazzo, stai
scherzando...
Ignorando la lezione, tirai fuori il cellulare e gli
mandai rapido un sms.
A:
Marco
Nn
dirmi ke
La sua risposta arrivò dopo soli due minuti.
Da:
Marco
Come
hai potuto farmi questo, Jean?
Ovviamente la sua grammatica e la sua punteggiatura erano impeccabili- gli si addiceva. Ma piuttosto...
A:
Marco
“sistema
immunitario davvero forte” 1 cazzo
Da:
Marco
Già...
che schifo. :(
Sospirai pesantemente, fissando colpevole quella faccina triste. Sapevo come si sentiva...quell'influenza era una puttana.
A:
Marco
Czz
amico, mi dispiace. Cosa pss fare x rimediare?
Da:
Marco
Zuppa
e un film.
Guardai scettico quel messaggio. Era una richiesta stranamente specifica...
A:
Marco
zuppa
E UN film?
Da:
Marco
Ho
già qui il film, devi solo vederlo con me. Ma un po' di zuppa
sarebbe carina... non me la sento di uscire a prenderla. :(
Ah. Ora aveva senso. E vedere un film con Marco suonava come una cazzo di idea terribile, non avrei potuto dire di sì più velocemente.
A:
Marco
Cpt.
Mi prenoti anke x un film? Dovrei essere in debito cn te + spesso. Ti
porto la zuppa stase allora. Ti va bn x le 19.30?
Da:
Marco
Mi
va benissimo!
Oh…
Jean?
Provai
davvero a non immaginarmelo a dire il mio nome. Provai e fallii.
A:
Marco
Sì?
Da:
Marco
È
un film horror. :)
Fissai
quell'sms per dieci secondi buoni, assolutamente sconcertato. Quindi
era
perfettamente capace di essere uno stronzo.
Gesù
con le lentiggini? CAZZATE!
A:
Marco
MA
SEI SERIO
Da:
Marco
Hehe.
Quasi ringhiai allo schermo del mio telefono. Dovetti sforzarmi di ricordare che era solo un oggetto inanimato.
A:
Marco
non
mi fare 'hehe', stronzetto! Nn mi hai neanke chiesto se mi sta bn,
porca troia!
Adoravo
l'idea di stare con Marco e guardare un film con lui, davvero, ma non
volevo che vedesse come mi riducevo durante un film horror e che
pensasse che fossi una fichetta. Molto semplice.
Da:
Marco
Ma
Jean! Sei in debito con me! Mi sento uno schifo e sarebbe fantastico
avere un po' di compagnia... :( per favore?
A:
Marco
non
ti basta la zuppa?
Da:
Marco
No.
:(
:(
:(
:(
Dannazione,
quelle emoticon sarebbero state la mia rovina. Beh...ero
io
quello che l'aveva fatto ammalare, effettivamente. Ed ero
in
debito con lui. E mi faceva pena...
Merda.
Sospirai.
A:
Marco
VA
BENE
Da:
Marco
Yeeeeh!
Ci vediamo alle 19.30. Vivo a Wall Sina 323 :)
In
che cazzo di guaio mi stavo mettendo?!
A:
Marco
FANCULO
Note di Lownly:
Sono
morta, ragazzi. Sono morta e scrivere mi ha dato il colpo di
grazia.
Sì, ora sono e le 5.30 del mattino e e potrei
rischiare la sindrome del tunnel carpale e perchè pensavo
che sedermi a scrivere tutto di botto sarebbe stata una bella
idea?
Sapete cosa vuol dire, ragazzi?
Significa che ho
scritto più di 8000 parole in una sola sessione, con il pov
di Jean e Marco combinati.
Aiutatemi.
Bla
bla bla, comunque, grazie per aver letto finora! Scrivere di Jean è
un sacco di divertente, anche se non mi viene molto naturale. È
una fatica...
Non abbiate paura di commentare, criticare, dirmi
se ho fatto errori, ecc. Amerò qualsiasi feedback vogliate
darmi. :)
(VI PREGO di farmi notare gli errori – ho
scritto tutto questo in mattinata, quindi sono sicura che ce ne
siano un sacco, non importa quante volte l'abbia riguardato)
...forse
dovrei provare a dormire ora...il capitolo 2 può aspettare,
giusto?
<3
Note di Joice:
Io mi sento più morta di Lownly, ma dovevo assolutamente finire di tradurre questo capitolo, nonostante la febbre – e il fatto che sono in classe proprio ora, coff coff -, e mi dispiace di averci messo tanto.
Ed esattamente come Lownly vi chiedo di recensire, commentare, teorizzare, fangirlare e farmi notare le centinaia di errori che avrò sicuramente fatto. Tradurre i capitoli di Jean è un parto, dato che devo saltare tra una traduzione e l'altra per copiare le battute, ma...ehi, posso farcela <3
Con un po' di impegno.
E un po' di caffè.
UN BEL PO' DI CAFFE'.
Alla prossima!
P.S.: RICORDATEVI CHE IL PROSSIMO CAPITOLO CRONOLOGICAMENTE SARA' IL CAPITOLO 2 DI MY BEATING HEART!
[1]: nel testo originale indicava come 'freshman', ma dato che non potevo ripetere 'matricola' ho deciso di inserire 'primino', che ha più o meno lo stesso valore :)
[2]: credo lo sappiate ma lo dirò comunque: 'freckled jesus' è il soprannome che il fandom ha appioppato al personaggio di Marco. Tradurlo 'Gesù con le lentiggin' è stato MMMMEEEEH, ma immagino che sia giusto così u.u