Dimmi che non hai paura
«Una caramellina... tienila, è buona buona...»
La
giovane donna tende una mano davanti a sé, ridacchiando,
mentre
l'imponente ragazzo sdraiato rigidamente sul lettino accanto a lei
fissa, assente, il muro colorato della stanza. Si tratta di un
intricato labirinto di variopinti ghirigori disposti senza alcun
senso, ma a lui piace studiarli attentamente, come se fosse in cerca
di un qualche segreto nascosto. Il più delle volte
però finisce col
ritrovarsi con un'ingiustificata rabbia per le mani, perché
la
verità è che non riesce mai a trovare un bel
niente di nascosto,
in quei labirinti ipnotici.
Un
mago vestito di stracci, dall'aria trascurata ed irrimediabilmente
persa, geme impercettibilmente, osservando la carta di caramella che
la ragazza le sta porgendo, sorridendo tristemente. L'altra aggrotta
le sopracciglia, accigliata, allungando con più insistenza
il
braccio nella sua direzione.
«Grazie, sei gentile...» sussurra appena il giovane, afferrando finalmente la finta caramella e carezzando dolcemente la guancia rosea ma scavata di quella che un tempo è stata una delle sue più care amiche. L'unica, assieme al ragazzo dall'aria torva accanto a lei, che gli è rimasta.
Alice ridacchia, rilassandosi contro la testiera in metallo del letto d'ospedale. Continua a esaminare il dimesso visitatore con malcelata impazienza, ed infine lui si porta la carta di caramella alla bocca, fingendo di gustarsela. Alice è soddisfatta, ma poi accade. Inizia a urlare, portandosi le mani alle orecchie e raggomitolandosi su sé stessa; c'è un acuto e continuo dolore pungente e indescrivibile che le brucia le ossa, di nuovo, ma è solo un momento prima che un Guaritore comparso all'improvviso le inietti la morfina dritta in vena. Anche Frank si sta agitando, adesso, ma lui lo fa silenziosamente, con quell'espressione tanto truce negli occhi spenti e opachi e la bocca storta in una smorfia di dolore. Sua moglie mugugna qualcosa nel sonno farmacologico in cui è sprofondata a forza, scacciando con le mani le mosche inesistenti che le ronzano attorno. Lui si appisola da sé, stringendo con forza tra le grandi mani callose un lembo di lenzuolo disgustosamente bianco, privo di qualsiasi ipnotizzante arabesco.
Remus
si lascia cadere su una seggiolina di plastica lì vicino,
portandosi
le ginocchia al petto e rannicchiandosi stretto anche in quello
spazio esiguo. Quand'era a Hogwarts era solito accoccolarsi dovunque,
anche nei posti più impensabili. James lo riprendeva spesso
per
questo, con quella sua aria falsamente severa che altro non faceva
che scatenare le risate di tutti, in quella Sala comune. E il
pensiero di come il suo migliore amico facesse ridere tutti gli
riporta alla mente i volti di altre quattro persone, di altri quattro
amici, le cui risate non potranno mai più essere udite...
Ha
seriamente pensato di lasciarsi completamente andare, Remus. Di farsi
dominare dalla parte meno umana del suo essere. E il lupo ha davvero
preso il sopravvento, per i primi mesi dopo la fine di tutto.
Ma poi Remus si è detto che lasciarsi semplicemente
consumare
dall'odio non l'avrebbe portato a niente, se non a una fine
miserevole e spaventosa. Così ha cercato di riprendersi,
visitando a
cadenze regolari la tomba di James e Lily a Godric's Hollow, e anche
quelle di Marlene e Mary. Non gli è rimasto nulla di Peter,
e si è
dovuto limitare a piangerlo in silenzio al buio della catapecchia che
con molta fatica gli tocca chiamare casa. Ma Remus
una casa
non ce l'ha, non più, non dopo tutto
quello che gli è
successo.
Casa
per lui erano i suoi amici, i Malandrini, e la sgangherata compagnia
che era andata formandosi durante quegli anni a Hogwarts. E adesso
non è rimasto niente. Niente.
Fissare
i volti inespressivi ma tormentati di Frank e Alice, vivi ma
distanti, gli sembra quasi un miracolo. Ma c'è
un'insistente,
inquietante vocina, dentro di lui, che gli dice che preferirebbe che
fossero morti tutti, lui compreso. Ma non Sirius, no. Lui merita di
vivere senza di loro, da solo. Quello che ha fatto,
tradire un
amico per salvarsi la pelle, è un qualcosa che...
Remus
non riesce a concludere i suoi pensieri, la mente gli si offusca e
tutto si fa all'improvviso fusco ed indistinto.
Che sia morto, finalmente?
***
Il licantropo si è assopito, e al suo risveglio Alice lo sta fissando intensamente, l'indice puntato contro di lui, sospettosa. Ha la fronte aggrottata, e la paura è chiaramente visibile nelle sue grandi iridi castane.
“E
tu chi sei?”, vorrebbe chiedergli, ma questo è uno
di quei momenti
in cui Alice si rifiuta di parlare.
Che
cosa vuole da lei, quel ragazzo che non ha mai visto con tutti quei
tagli sulle guance e i vestiti stracciati? Vuole farle tornare gli
incubi, ecco cosa. Vuole farle rivedere quella bella ragazza bruna
che le danza attorno illuminando le pareti di casa sua con le sue
lucine verdi e gialle, sorridendole dolcemente ma infliggendole
quella cosa che Alice non sa spiegarsi, ma che le fa sempre tanto
tanto male...
Poi
Alice alza le spalle, noncurante, sporgendosi verso il letto di quel
giovane bello e scontroso e iniziando a strattonare le lenzuola che
lo coprono a malapena. Lui si riscuote dal suo sonnellino,
guardandola torvo. La curva delle labbra di Alice si inclina
all'ingiù, e lei si sente repentinamente spaventata e
offesa. Non
gli ha fatto niente! Lui è cattivo!
Remus la sente improvvisamente, la morsa letale che gli artiglia lo stomaco. Rimane senza fiato, mentre lacrime irrefrenabili rigano il suo volto.
Alice
lo guarda di nuovo. “Cosa fai, piangi?”, domanda,
ma sono i suoi
occhi a parlare. Remus fa per risponderle, poi Alice si distrae con
la macchiolina verde che c'è sulle sue lenzuola, iniziando a
strofinare forte e alla fine arrendendosi, perché quella
macchiolina
verde a forma si saetta non le piace ma non vuole andare via. Frank
l'ha lasciata perdere, preferendo concentrarsi di nuovo sui suoi
disegni alle pareti. Non sa perché lo costringano a passare
tutto il
suo tempo con quella ragazza bionda e strana, non lo sa proprio.
Il pianto di Remus si è fatto troppo forte, ora, e una schiera di Medimaghi irrompono all'istante nella stanza e lo trascinano fuori. Una vecchia strega prende il suo posto come balia, sorridendogli in un modo che gli ricorda terribilmente il vecchio Frank, ma Remus non vuole ricordare.
C'è
un bambino, accanto alla vecchia, un bimbo piccolo e paffuto che si
regge un po' a fatica in piedi sulle gambette grassocce ed è
spaventato dalla giovane ventiduenne che, dall'alto del suo letto, lo
sta guardando con aria estremamente inquisitoria, gli occhi
cioccolato sgranati all'inverosimile.
Alice
si è accorta che quel bambino è strano,
perché i suoi occhi sono
esattamente uguali ai suoi, come lo sono anche i capelli arruffati.
Il modo di sorridere, invece, è simile a quello del suo
compagno di
stanza, ne è certa. Le fa paura!
Alice
strilla qualcosa al vuoto ma poi, dopo qualche istante, si calma,
aiutata dalle dolci parole della gentile vecchina che è
venuta a
trovarla dopo quello strano ragazzo. Alice si sente rintronata, e
dopo un po' si allunga verso l'anonimo comodino ingombro di cartacce,
afferra un'altra delle sue carte colorate e allunga, titubante, una
mano in direzione del piccolo.
«Una
caramellina... tienila, è buona buona...»
***
nda:
probabilmente starete insultando la mia schifosa
superficialità. So
di non aver approfondito molto le reazioni di Remus, però il
mio
intento era di concentrarmi su quelle di Alice.
È
molto breve e incompleta, me ne rendo conto. Però non sapevo
cos'altro scrivere, davvero, qualsiasi parola in
più mi
sembrava di troppo e allora l'ho lasciata così.
Inizialmente
c'era Emmeline Vance, anzichè Remus, ma forse è
più vicino alla
storia di Zia Row che sia lui ad andare a trovare Alice e Frank
Paciock... Di Emmeline non si sa poi molto, in fin dei conti. Non so
se Remus li abbia realmente conosciuti, ma a me piace pensare che i
Malandrini, Lily, Mary MacDonald, Marlene McKinnon, i coniugi Paciock
e, appunto, Emmeline Vance, formassero
un'allegra famigliola, ai loro tempi a Hogwarts. Leggete RESISTANCE
e capirete cosa intendo *pubblicità occulta* ;)
L'ho
collocata relativamente poco dopo la morte di James e
Lily,
indicativamente nel maggio/giugno dell'82, ecco.
Mi
sto appassionando a questo genere, e per la pazzia di Alice ho preso
ispirazione da un personaggio della saga 'The Hunger Games' della
Collins, Annie
Cresta,
che reagisce in modo simile alla mia Alice a determinate situazioni,
coprendosi le orecchie con le mani e tutto il resto.
Poi,
be', non potevo non inserire Augusta e, soprattutto, il povero
piccolo Neville. Piango sempre un sacco, quando penso a lui e ai suoi
genitori. A dirla tutta, e sono sincerissima, ho pianto anche
scrivendo questa minuscola storia priva di pretese.
Mi
sto dilungando come al mio solito e, accidenti!,
sto diventando una sottospecie di psicologa con tutte queste
delucidazioni. Me ne vado... baci!
Ovviamente,
spero vi piaccia <3