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Autore: MileyDestinyCyrus99    04/12/2013    1 recensioni
Lessi la scritta.
“Se non vivi per qualcosa,morirai per niente ” dissi io
“Si, mi sembra la cosa più vera che io abbia mai sentito.” disse lui fiero.
“E’ una bellissima frase.” dissi io continuando a guardare il carattere in cui era stato scritto il tatuaggio.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi girai velocemente verso l’uomo che mi aveva presentato e allungai la mano.
Lui mi guardò e tirò fuori dalla tasca una mazzetta di soldi.
Io me la misi in una tasca e passai di nuovo tra la folla, mi chiusi dietro il pesante portone, mi tolsi la maschera e mi slegai i capelli.
Mi accovacciai per terra e piansi,ma subito dopo sentii bussare al portone, così mi rialzai e mi legai i capelli neri in una coda veloce e poi ci misi sopra la maschera.
Aprì il portone.
Non c’era nessuno,così richiusi la porta.
Ero stanca, il mio corpo era ormai abituato a prendersi delle botte,ma ogni volta sentivo che qualcosa, anche solo una piccola parte di me non sarebbe mai riuscita ad abituarsi.
Mi tolsi la tuta e mi misi dei jeans e una maglia nera.
Mi levai la maschera e la buttai di lato, ero disgustata da quella maschera.
Mi rifeci una coda di cavallo alta.
Presi una borsa di pelle nera con delle borchie e buttai tutto dentro, mi misi i miei stivali di cuoio e uscì dalla finestra.
Mi ritrovai nelle strade della periferia di Madrid.
Era l’anno 2037, e Madrid dopo una guerra civile interna si era divisa in due parti.
La parte più bella era la parte della città verso nord, il resto era considerato un obbrobrio, una cosa non voluta da Dio.
Il resto di Madrid, era inquinato, sporco, abitato per lo più da barboni e persone senza casa, senza più neanche un soldo dopo che la guerra civile aveva prosciugato tutti i fondi e i risparmi delle persone.
Dopo che lo Stato, aveva rubato soldi dalle tasche delle povere persone per tenerseli per sé.
Io vivevo nella periferia a Est di Madrid, vivevo lottando ed ero “schiava” di una padrona.
Questo era il futuro, tutti quanti speravano che qualcosa fosse cambiato dopo la crisi economica che aveva coinvolto il mondo nel primo e secondo decennio del 2000, ma non era così.
La crisi c’era e per sopravvivere la gente aveva avuto la necessità di arrangiarsi.
Tutti si sarebbero immaginati un futuro diverso, pieno di tecnologia, di cose nuove, di cose più funzionali e c’erano, ma c’erano solo per le persone di alto rango.
Per il resto della gente, sembrava di vivere nel medioevo o nel passato.
Arrivai davanti alla porta di legno con scritto “ Madame Dorothea”, spinsi la porta e abbassai la testa per entrare.
La stanza era sempre ricca di gingilli, tende colorate con appesi ciondoli che facevano rumore, carte da gioco, tarocchi.
Tutto quello che serviva a Madame Dorothea per farsi passare per un’indovina.
“Sei arrivata, porca miseria dove eri finita!!” mi urlò con tutta la rabbia che aveva in corpo entrando dalla cucina.
“Avevo da fare!” dissi io.
“Ti ricordo mocciosa che io ti ho adottato e che tu mi devi ubbidire, se non fosse stato per me tu saresti per strada chissà dove.” disse avvicinandosi a me e tirandomi uno schiaffo sulla guancia.
 Rigirai la testa verso di lei e mi toccai la guancia diventata rossa abbassando lo sguardo.
“Si, Madame Dorothea, mi dispiace.” dissi io.
“Brava ora vai in cucina a pulire.” disse lei.
Io mi diressi in cucina, mi misi il grembiule e posai la borsa sul tavolo.
Mi inginocchiai e presi la spugna e il secchio con l’acqua.
Iniziai a pulire per terra.
Se solo lei sapesse quanto io vorrei essere in un posto diverso, lontano da lei, lontano dalla periferia, lontano da questo mondo che non faceva altro che risucchiare ciò che c’era di buono in me.
I miei genitori erano morti in un incendio durante la guerra.
Noi vivevamo vicino a Madame Dorothea, quando sia noi che lei avevamo ancora l’appartamento nella zona residenziale della città.
Quando tutto andava ancora bene.
Quel giorno, il giorno dell’incendio fu Madame Dorothea a salvarmi mi ricordo solo questo.
Ero troppo piccola, Madame Dorothea mi aveva allevata per essere la sua schiava.
Picchiandomi, se non facevo la cosa giusta.
Chiudendomi in cantina al buio, se facevo la cattiva.
Dicendomi ripetutamente che ero un’imbecille e un’incapace.
E ora a diciassette anni, non avevo mai frequentato una scuola, non avevo mai avuto degli amici.
Avevo ancora un solo anno da passare con lei, fino ai diciotto anni.
Volevo andarmene da lei con tutta la mia forza.
“Esco, devo andare da un cliente. Tu continua a pulire quando ritorno voglio specchiarmi nel pavimento hai capito??” disse entrando in cucina e prendendomi per i capelli, facendomi alzare il viso verso di lei.
“Si..” dissi io.
Lei mi mollò e uscì sbattendo la porta di legno.
Io feci una smorfia e tirai la spugna contro il muro.
Mi alzai, sentivo che la mia pazienza si stava esaurendo.
Dovevo andarmene da lì, non dovevo mai più presentarmi a casa di Madame Dorothea.
Andai in camera con la mia borsa di cuoio, che fortunatamente era molto grande.
Ci misi dentro altri vestiti e un altro paio di pantaloni, mi misi una felpa e a grandi passi tornai di là in salotto.
Guardai ancora una volta quella casa.
Non avevo altro, se non una foto dei miei genitori che tenevo sempre in tasca, ma dentro quella casa dopo averci vissuto ben 13 anni non avevo niente che mi appartenesse, niente che facesse vedere che c’ero stata anche io.
C’era solo il mio dolore in quella casa e quello ero decisa a mollarlo lì.
Uscii di casa sbattendo la porta.
Mi diressi a destra uscendo dal vicolo in cui abitavamo.
Superai due barboni che mi chiesero dei soldi, ma io non mi fermai, i soldi che avevo guadagnato ero decisa a tenermeli per me.
In fondo alla via vidi una persone famigliare, una donna grassa piena di nastri colorati avvolti addosso.
Era Madame Dorothea, che tornava indietro.
Doveva aver sicuramente dimenticato qualche cosa a casa.
Mi guardò sgranando gli occhi e poi quando mi riconobbe.
“Mocciosa..!!! Dove credi di andare??!!” disse avvicinandosi  a me a grandi passi, non avevo mai visto Madame Dorothea correre.
In quel momento la mia mente si bloccò.
Fu la paura a bloccarmi.
Fu la paura di non sapere dove sarei andata, fu la paura di non sapere per quanto questi pochi soldi mi sarebbero durati.
Eppure una parte di me , mi diceva di girarmi dal lato opposto e correre via, il più lontano possibile.
E fu quello che feci.
Mi girai e per ultima cosa dissi.
“Non mi dispiace Dorothea!!” le urlai.
Poi cominciai a correre, non sapevo verso dove, io correvo e basta, attraversai la strada e rischiai anche di essere investita da una macchina.
Come ultima parola la voce di Dorothea chiamò il mio nome, che lei non usava mai.
“Arianne!!!” urlò.
Io continuai a correre all’impazzata, senza meta.




Note dell'autrice: 
Salve mondo, ringrazio chi ha recensito il capitolo precedente,dandomi degli ottimi consigli.
Spero che abbiate capito che "Arena" o (il suo vero nome) "Arianne" è una ragazza che ha dovuto subire molto nella vita e ha deciso di scappare accompagnata lo stesso dalla paura e dal dubbio.
Riuscirà a trovare un posto dove dormire?
Chi incotrerà nel corso delle storia?
Boh, non dico altro.
RECENSITE.
Grazie mille.
xoxo#me
  
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