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Autore: Megan Alomon    04/12/2013    1 recensioni
“Cos’hai stasera Megan?”
“Cos’hai tu. Sei smielato e dolce da far schifo.”
“È la birra.”
“È l’amore.”
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ovunque, il vuoto
È il vuoto.
E il vuoto spaventa.
Soprattutto me.
 
Seduti sui gradini di casa tua, ci stringiamo nei nostri cappotti.
Fa freddo.
Mi parli di lei, della tua bella, non dici quasi mai il suo nome. È strano, non parli mai così tanto; credo sia colpa delle birre che hai bevuto.
“E sai una cosa? Ha degli occhi stupendi; anche se si mette la matita scura un po’ storta, alcune volte.  Ma mica le si può fare una colpa, insomma, a tutte capita di truccarsi un po’ male. Ah, e i suoi capelli… un giorno, un giorno è venuta a scuola che non li aveva piastrati. Alcuni hanno riso di ciò ma io no, sai, era bella anche così. E poi, mica è una qualunquista di merda come me, lei si informa, si informa su ogni cosa e…”
Smetto di ascoltarti.
Fisso la siepe oltre il muretto di cemento, qualche passero ci avrà fatto il nido, in mezzo a quell’intricato intreccio di rami. E ora magari ci dorme accoccolato dentro, a quel nido e si sente a casa.  Magari mamma uccello sta proteggendo con il suo corpo i piccoli dal freddo. O magari no, non mi intendo di volatili.
Accendo una sigaretta, aspiro e butto fuori il fumo.
Tu continui a parlare, io sono altrove.
 
Sono alla fermata della corriera, lui al mio fianco, mi abbraccia e mi rendo conto che quel gesto non sa più di niente.
Non sono né felice, ne triste.
È tornato ad essere uno sconosciuto, è tornato ad essere una delle tante facce nella folla, un paio di occhi azzurri a caso.
 
E io che credevo di aver riacquistato la capacità di farmi piacere qualcuno.
E io che pensavo di non essere ancora completamente vuota.
 
“…e invece a te come sta andando con lui?”
Mi volto a guardarti: hai il naso e le guance arrossate, i capelli un po’ scompigliati, come al solito.
“Non sta andando.”
 
Eravamo soli, alla fermata, poteva accadere qualsiasi cosa.
Ma c’era il vuoto, il niente, il nulla.
Nella mia testa,
nel mio stomaco,
nelle mie ossa.
 
Corrughi la fronte, inclini la testa, prendi fiato.
“In che senso ‘non sta andando’?”
“Non sono fatta per queste cose, lo sai. Quindi non va. Punto.”
“E le farfalle nello stomaco? Non ci sono più?” Ridi. Sei ubriaco, rideresti per qualsiasi cosa.
Torno a guardare la siepe, ho visto un movimento tra i rami. Forse ci abita davvero qualche animale lì in mezzo.
“Le farfalle sono morte.” Sbotto io improvvisamente.
Sospiri.
“Cos’hai stasera Megan?”
“Cos’hai tu. Sei smielato e dolce da far schifo.”
“È la birra.”
“È l’amore.”
Ridi, ti pieghi in due e ridi forte.
“Che hai da ridere?”
Prendi fiato, mi fai segno di non parlare, poi sospiri. “Quello che hai detto. Fa ridere.”
“Cosa? ‘amore’?”
“Sì!”
Scuoto la testa; devi essere proprio ubriaco.
“Sento freddo. Tu no? Tu che senti?”
 
Niente.
Non sento niente.
Sono bloccata, come la mia caldaia che ogni tanto va in blocco e non scalda più.
Se ne sta lì, vuota e fredda, in stand by senza riuscire a prelevare l’acqua dalle tubature e portarla a temperatura.
Sono bloccata nel niente.
 
“Il vuoto. Sento quello.”
Appoggi la testa sulla mia spalla, mi volto leggermente per guardarti.
“Il vuoto…” sussurri.
“Già.”
Ti stacchi dalla mia spalla, mi prendi il viso fra le mani.
Ok, sei ubriaco, non faresti mai una cosa del genere da sobrio.
Mi baci.

Per un secondo, il vuoto si riempie.
Di paura.
 
Ti stacchi dalle mie labbra.
Sorridi.
Mi alzo, getto via il mozzicone di sigaretta.
“Vado a casa. Ci vediamo domani alle cinque per provare. Dormi che ti passa la sbornia.”
Scendo tre gradini.
 “Oh, Megan.”
Mi volto, sei in piedi, mi guardi.
“Dimmi.”
Esiti, ti accarezzi la nuca.
“Mi spiace.”
“Per cosa?”
Scuoti la testa, schiocchi le labbra.
“Per il vuoto e… e, cazzo, mi viene da vomitare.”
“Vai a dormire. Sei ubriaco e innamorato. Che combinazione di merda.”
Sorridi.
Mi volto e scendo tutte le scale, due minuti e sono a casa.
 
È di nuovo il vuoto.
E il vuoto si riempie di lacrime vuote, che riempiono occhi vuoti, che stanno in orbite vuote di un cranio vuoto, in un corpo vuoto.
 
Non provo niente.
 
Non sento niente.
 
Ripenso ai suoi occhi chiari, alle sue mani perfette.
Eravamo così terribilmente vicini.
Qualsiasi cosa sarebbe potuta accadere.
Se non ci fosse stato il mio niente.
 
E anche ora, è il vuoto.
Nel mio fegato,
nei miei polmoni,
sulle mie labbra secche.
 
 
 
 
  
  
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