Due destini in gioco
I nostri pensieri danno forma a
Ciò che noi supponiamo
sia la realtà.
Isabel Allende
1.
Era giorno.
Ormai il pericolo era passato.
Per ora.
Leslie, questo il nome
del nostro protagonista, era fermo in un terreno aperto, dove non c’era molto
movimento di persone, un luogo tranquillo si sarebbe potuto dire, almeno a
prima vista. Respirava a fatica, stanco per il correre e per la paura di essere
trovato, quel silenzio quieto e le sue sensazioni gli dicevano chiaramente che
poteva star tranquillo al momento. Trovava sorprendente quello che gli appariva
alla vista, e sinceramente provava anche una strana sorta di paura, quella che
si prova di fronte a qualcosa a noi sconosciuto. Poteva finalmente vedere il
Cielo, dopo anni di buio e solitudine, quel manto azzurro e cangiante che mai
si era immaginato. Era di un celeste pallido in questo momento il Cielo, così
tanto simile agli occhi di Leslie, che ora bruciavano a causa dei forti raggi
del Sole, a cui la sua vista non era abituata. Guardandosi indietro nei
ricordi, non rammentava che una stanza priva di luce e voci di persone che non
era mai riuscito a vedere chiaramente, e acqua che lo circondava. Non sapeva
niente del proprio passato e nemmeno del Mondo, eppure dentro se stesso era
convinto di essere vivo, e sapeva che questo, era anche il suo di Mondo. Leslie
non conosceva neppure la propria età, e sapeva poco degli altri come lui che
vivevano in questo strano Mondo, portava per vestito dei brandelli logori che
lasciavano scoperta gran parte della sua pelle chiara, quasi color latte. Non
era neanche a conoscenza che quello era l’anno millenovecentottantasei.
Continuava a fissare quel Cielo affascinato, perfino il dolore alla caviglia
destra, che sanguinava sembrava meno importante. Scese a sfiorare l’erba
morbida con le mani, aveva tutta l’aria di un bambino che scopriva qualcosa di
nuovo, le sue mani affondavano nella terra deformabile.
Sopra la sua testa
volavano grandi uccelli bianchi e neri, Leslie ne era meravigliato, allungò il
braccio nel tentativo di prenderli, ma questo non era lontanamente possibile.
Come in ritardo, i suoi sensi si accorsero delle macchine che sfrecciavano
sulla strada statale, aggredendo violentemente quella strana quiete. A un tratto si mise a girare in cerchio Leslie,
stupito del nuovo ambiente in cui si era venuto a trovare. Si sentiva
stranamente eccitato da questa situazione nuova, l’euforia era alta ma il suo
istinto gli suggeriva di stare in guardia. Questo luogo era pieno di pericoli,
concluse mentalmente, e si accorse di essere solo.
Poco tempo dopo, capendo
di essere in uno spazio aperto, dunque pericoloso, si incamminò verso un gruppo
di costruzioni malferme alle sue spalle. Gli uomini che lo seguivano, non lo
avrebbero trovato qui, pregava Leslie di no, quella persone erano cattive. Lui
non sapeva con certezza cosa quelli volessero, probabilmente nulla di buono.
Prima gli erano sembrati aggressivi, gli sparavano contro, non erano ben intenzionati.
Gli avrebbero fatto del
male.
Ma ora era libero.
E non so nemmeno chi sono.
Se solo ricordassi meglio.
Forse capirei.
Ma non ci riesco.
Non riesco a trovare me stesso.
E’ tutto così indistinto.
Sento di aver perso qualcosa di importante.
Vorrei sapere.
Si mise a guardare un punto fisso, i pensieri scorrevano per conto loro, solo brutti ricordi, avrebbe avuto altri incubi la notte, ma anche il giorno, per lui non c’era differenza, il suo passato oscuro non l’avrebbe lasciato mai.
Passarono delle ore, i
raggi caldi del Sole si erano ritirati in un angolo stretto e Leslie non si era
mosso di un millimetro.
Si trovava in uno dei
vecchi magazzini di carta in disuso, ma questo Leslie non lo sapeva. Stava
seduto in un angolo pieno di vecchi cartoni impolverati, stringeva le ginocchia
al petto, mentre frange castane gli ricadevano sulle palpebre socchiuse. Fuori
l’erba ondeggiava ad una leggera brezza serale, l’aria era calda.
All’improvviso un gatto
sbucò da dietro uno degli scatoloni, gonfiandosi e soffiandogli minaccioso,
Leslie corse via con sgomento, mentre cercava di capire cosa fosse
quell’animale,lui non ne aveva mai visto uno.
Gli batteva forte il cuore mentre guardava nella direzione dell’animale
dallo sguardo selvaggio, che si muoveva furtivo. Leslie decise di rimanere
fermo in quell’angolo, ma sapeva che doveva fare qualcosa per sopravvivere.
Doveva procurarsi cibo, coprirsi, tutte queste cose basilari erano scritte
dentro di lui, le sapeva e basta.
Tempo dopo, forse minuti,
dei passi lo fecero ridestare dal suo stato di dormiveglia. Un’ombra entrò
prepotente nella fioca luce del Sole. Leslie vide che era un uomo, proprio come
lui, solo che quello aveva dei vestiti decenti addosso, probabilmente sporchi,
e c’era qualcosa di strano in lui, e di negativo. Barcollava come se fosse
ferito e parlava da solo. Se Leslie conoscesse il senso dell’umorismo, ci
avrebbe riso, l’istinto comunque gli diceva che quella persona aveva qualcosa
che non andava. C’era un pericolo che non vedeva. Non era uguale agli uomini
che ore fa lo inseguivano, doveva starne alla larga, si disse Leslie.
Era a tre passi da lui.
Biascicava.
La sua barba era incolta
ed emanava un forte odore di alcool. Leslie automaticamente, fece una smorfia di disgusto, il suo braccio
venne afferrato in una stretta assai malferma. Leslie si liberò senza fatica
con uno strattone deciso e corse fuori da quel posto angusto. Sentì l’uomo
imprecare e lamentarsi, non si voltò indietro.
Dunque gli erano tutti
nemici in questo posto caotico che tutti chiamavano casa, non faceva altro che
scappare ma non voleva questo. Si domandava per quale motivo quegli uomini
volevano riportarlo quel posto.
Se adesso era libero, e
non conosceva ancora questa parola, si chiedeva a quale prezzo. Non aveva una
casa dove andare, non aveva niente. All’improvviso un senso di vuoto assoluto
lo prese, stringendogli le viscere in una fredda morsa. Sentiva che doveva
ricordare qualcosa di importante, ma gli sfuggiva, tutto gli sfuggiva.
Leslie camminava per le
vie ora buie di San Francisco, senza una meta. Non gli piaceva quel buio, gli
faceva venire alla mente di una stanza, quella che aveva sempre odiato. La
gente gli passava accanto all’oscuro di tutto. Faceva freddo ora che era
cosciente, e non sapeva dove stava andando, né che fine avrebbe fatto.
Non sapeva che
nome avessero le stelle nel cielo notturno.
Non le vedeva.
La Notte gli
scivolava addosso.
Lenta.
Fredda.
Non voglio questa vita.
Fa male.
Se solo avesse
ricordato cosa gli era successo, forse avrebbe trovato una soluzione, ma ogni
volta tutto svaniva in un vortice nero. Non ricordava nemmeno come piangere.
C’erano solo immagini incomprensibili per lui, e sogni, strani sogni. La chiara
voce di una donna, e un altro giovane come lui, con i suoi stessi occhi. Un
brivido pervase il suo intero corpo, guardandosi le braccia notò delle
cicatrici bianche, chiuse gli occhi. Non voleva tornare la, ma poi si chiese se
non sbagliasse a fuggire, in fondo qui fuori non era meglio. Leslie, continuava a ripetere questo nome
a bassa voce, scandendo bene le lettere, un nome dal suo passato misterioso.
Il mio nome.
Sapeva che quella
era la sua identità, lui era Leslie, questo era l’unico fatto di cui era
assolutamente sicuro.
Capitolo
01 – End
*
Me: questa storia è venuta fuori da non so
dove, ho preso carta e penna ed ho iniziato a scrivere quello che mi veniva.
Veramente è partito tutto da un mio precedente racconto, su una fandom un po’
insolita, mi sono ispirata a due personaggi in particolare, ora non vi dico
quali, ma la storia non sarà proprio uguale alla loro. Diciamo che il tutto è
un misto di avventura, mistero e angst, cosa che non guasta mai in nessun
racconto.
Ringrazio coloro
che leggeranno.
Aggiornerò presto.
Per ora ciao!