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Autore: ridarosa    05/12/2013    4 recensioni
“Perché hai quel segno sul polso?” chiese Niall, accarezzandoglielo.
Era sdraiato sulle gambe di Zayn che era appoggiato al tronco di un albero. Le giornate stavano diventato decisamente troppo calde.
Zayn accarezzò i suoi capelli biondi, resi ancor più chiari dai raggi di sole che li colpivano.
Sapeva che era solo questione di tempo e che la sua natura sarebbe ritornata nella sua vita. C’erano troppe cose sulla sua pelle che potevano farla riemergere.
Quel simbolo era solo un piccolo segno della sua vera essenza.
“E’ un bel simbolo. È una lettera greca, giusto?”
[...]
Era impossibile svelargli la vera natura e il vero significato che quella lettera aveva. Non poteva mica rivelargli su due piedi la sua natura ultraterrena, aliena da qualsiasi cosa. Era troppo presto.
“E’ un simbolo arcaico, rappresenta l’origine di tutte le cose.” spiegò Zayn, guardandolo. “L'omega è il suo opposto. L'ultima lettera dell’alfabeto. La fine di ogni cosa. Eppure alfa e omega sono sempre collegate, nessun principio può esistere senza l’altro.”
Angel!Zayn
Ziall.
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Niall Horan, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Something Great

Something Great



Desclaimer. Ho scritto questa storia per il puro diletto personale di aprire il foglio di word e lasciar uscire la mia fantasia e senza scopo di lucro. I personaggi non mi appartengono, i caratteri qui descritti non rappresentano in alcun modo la realtà.Questa storia è stata scritta per il Zayn!Fest di Wanki!Fic



Un uomo era a braccia aperte, una toga bianca a sfiorare le nuvole più morbide, raggi solari che gli colpivano la schiena, illuminandolo.
I capelli e la barba che incorniciavano il volto erano candidi, di un candore simile a quello delle nuvole.
Gli occhi erano di mille colori pieni di pietà, di compassione e di infinito amore. La bocca sottile era leggermente aperta per permettere al suono, il suono del suo nome, di uscire.
Uno sbattere di ali candide riempiva l’aria, masse di angeli, toghe chiare e fluttuanti, capelli liberi e svolazzanti, si muovevano all’orizzonte.
“Zayn...” pronunciò l’uomo, debole e appassionato.
Gli angeli erano sempre più vicini, sempre più forte il rumore di ali sbattute, sempre più palpabile la loro curiosità.
“Io devo farlo, Signore.” una voce più giovane, più forte ma non meno appassionata rispose. La sicurezza mischiata alla consapevolezza.
L’uomo, il Signore come la voce lo aveva chiamato, chinò il capo, nascondendo una limpida lacrima di cristallo che stava scivolando sul suo volto, disteso come quello di un giovane, ma segnato da mille ricordi come quello di un anziano.
La lacrima scintillò nell’aria, scomparendo in uno strano bagliore.
“Vai… Amalo.” annuì dolcemente.
Il rumore degli angeli che sia avvicinavano era sempre più forte, sempre più vicino. Riusciva ad identificare alcuni volti, le ali si piegavano e quegli esseri poggiavano i piedi sulle nuvole, alle spalle del Signore. Riconobbe il volto giovane di Giuditta, i capelli neri che scintillavano e si muovevano leggeri, e il viso di Samuele, i capelli ricci e color sabbia. Lui si svegliò nella sua stanza, all’Università di Manchester.
Zayn Malik, rimase per un attimo immobile nel suo letto, le membra scosse da un tremito incomprensibile, le immagini del sogno ancora vivide nella sua mente.
Zayn Malik aveva vent’anni teoricamente da sempre, praticamente, però, lui non era mai nato. Il suo nome non compariva da nessuna parte. Non un certificato di nascita, nessuna carta d’identità, nessun attestato che provasse la sua esistenza.
Lui non era mai esistito, eppure era lì, in una stanza all’Università di Manchester, concreto e umano.
Sottili raggi di sole entravano dalla finestra chiusa, illuminando angoli della stanza senza mai colpire direttamente il suo volto. Gli davano fastidio.
Ricordava Dio come se non fosse mai scappato dal Paradiso, rinunciando a tutto quello che aveva lassù. Ricordava le lunghe discussioni che affrontavano, gli insegnamenti e quella conoscenza che lo aveva portato a compiere quella scelta.
Ricordava ancora il suo volto e quella ruga, la prima che aveva visto sulla sua pelle, quando pose quella domanda.
E ricordava anche la risposta mancata.
La sua memoria, i suoi ricordi erano congelati. Splendevano di verità e bruciavano come giaccio sulla pelle.

“Signore, perché provo così tanto dolore?” chiese un giorno.
“Perché sei un angelo, Zayn. È il dolore del mondo quello che senti.” rispose Dio, sorridendogli.
Erano seduti su una nuvola più grande e più dura delle altre, quasi fossero seduti sulla terra. Gli altri angeli volavano tra un edificio di cristallo e un altro, svolgendo le loro mansioni.
Loro due erano soli, al riparo persino dal sole tropo caldo e accecante.
“E questo? Questo cos’è?” chiese toccandosi il cuore.
“E’ amore. Bello, vero?” rise Dio, cogliendo la sorprese del sentimento così potente sul volto del suo giovane angelo.
Zayn rispose alla sua risata con un sorriso, le gote leggermente arrossate e gli occhi d’ambra luminosi di bontà.
Abbassò lo sguardo e accarezzò dolcemente la nuvola con movimenti circolari. E fu allora che lo vide per la prima volta.
“E lui chi è?” chiese indicando il volto che la nuvola mostrava, quasi si trattasse di una finestra su un mondo parallelo.
Il sole li colpì improvvisamente, brillando sui capelli neri di Zayn.
“Non è nessuno.” rispose, improvvisamente duro, scacciando l’immagine con un gesto secco della mano.
Il volto del ragazzino si disperse in piccole pagliuzze colorate sotto lo sguardo di Zayn, basito.
“Va’ da Samuele, ora.” comandò il Signore, mettendo fine alla loro discussione.
Zayn annuì, si alzò e spiegò le ali candide. Chiuse gli occhi e si librò nell’aria. Il vento gli accarezzava i capelli con prepotenza, era un volo nervoso il suo, l’immagine di quel ragazzino dagli occhi blu mare ancora nella mente.


Zayn scosse la testa e si stiracchiò, scendendo dal letto e raggiungendo il bagno.
I ricordi pesavano nella mente, pulsando vividi come ferite aperte.
Entrò nel box doccia e aprì il getto dell’acqua, inzuppando i capelli corvini e lasciano che piccole gocce scivolassero sulla sua pelle di caffellatte.
Poggiò la testa contro la parete ricoperta di piastrelle, chiudendo gli occhi e godendosi dell’assoluta oscurità, priva di colore.
Il ciuffo bagnato ricadeva sulla sua fronte, increspata dai troppi pensieri, le spalle curve per il peso di anni trascorsi in una realtà idilliaca.
Lasciò scivolare la schiuma dalla sua pelle, il getto dell’acqua più freddo.
La sua schiena era percorsa da sottili fiumi, che scorrevano veloci, consumandosi subito. Bagnavano l’attaccatura delle sue ali, senza mai sfiorare le piume.
Chiuse il getto dell’acqua e uscì dal box doccia, arrotolandosi un asciugamano in vita.
Allungò una mano ad accarezzarsi quelle due cicatrici che spezzavano verticalmente la linea morbida della sua colonna vertebrale.
Non spiegava le sue ali da troppo tempo. Gli sembrava quasi di averle perse, condannandolo a essere un angelo caduto. E invece erano ancora lì. Dentro la sua pelle, sotto l’epidermide, bagnate dal suo sangue trasparente e prezioso.
Fu un attimo.
Le sue ali si spiegarono prepotentemente, controllate solo dalla sua volontà. L’acqua le bagnava, inzuppandole e rendendole più pesanti.
Le piume fremevano dolcemente, quasi godessero di quella libertà, prive delle costrizione subita.
Zayn voltò il capo e osservò l’ala destra, accarezzando lievemente le piume più basse. Alzò lo sguardo e vide la sua immagine riflessa nello specchio.
L’asciugamano bianco, le ali così maestose e fiere lo facevano ancora sembrare un angelo, ma poi la visione era turbata da quelle macchie di nero che sembravano renderlo più umano di quando davvero fosse.
Il ciuffo corvino ricadeva umido sulla fronte, gli occhi erano decisamente più scuri di quanto fossero mai stati nel Paradiso, ma incredibilmente grandi, contornati da lunghe ciglia.
Le piume e i capelli sembravano attirare la luce naturale che entrava dalla piccola finestra. Zayn si ravvivò il ciuffo con una mano, mostrando quello che era il suo marchio, una piccola alfa sul polso.
Alfa, lettera greca, la prima di tutto l’alfabeto. Alfa la prima lettera della parola messaggero, in greco, poi mutato, grazie alla dominazione cristiana, in angelo.
Sulla sua pelle compariva il marchio della sua vera natura, quella alla quale non poteva rinunciare. Eppure lui era andato contro il suo Signore per trovarlo.
Uscì di casa con la borsa dei libri sulla spalla. La giacca di pelle nera brillava cupa, la maglia bianca aderiva al suo corpo, i jeans gli fasciavano le gambe magre e lunghe. Si diresse verso l’Università con passo veloce.
Due mesi dei dodici che il Signore gli aveva concesso erano volati e lui non si era nemmeno avvicinato al ragazzo, nemmeno lo aveva mai visto.
Si era ritrovato nell’Università di Manchester per puro caso, girovagando nella città. Si era iscritto per gioco, con la voglia di essere un semplice umano.
Si era seduto tra quei banchi e aveva ascoltato la lezione di letteratura inglese, la facoltà che aveva scelto di frequentare.
Lo aveva cercato a Manchester perché qualcosa gli diceva che era lì il giusto luogo in cui farlo. Ma non lo aveva trovato.
E non aveva di certo perso la speranza.
I giorni si seguivano sempre uguali, umani, rendendolo più uomo di quanto avesse mai sperato.
Lui studiava con diligenza i libri che gli assegnavano. Passava interi pomeriggi chiuso nella biblioteca, godendo di quel particolare odore, proprio solo dei libri.
Quel giorno, quando entrò nella grande aula, già piena per metà di studenti, un profumo diverso lo stordì.
Paradiso. Era il profumo che aveva sentito in Paradiso, quando lo aveva visto per la prima volta.
Lui era lì.
Sentì il cuore battere più velocemente non appena quella certezza si fece largo nella sua mente.
Cercò attentamente tra i volti degli studenti qualcosa che potesse ricondurlo a lui, un particolare, un colore. Ma nulla.
Si sedette nella fila più lontana dalla cattedra del docente, vicino a una ragazzo con degli strani capelli lilla.
Di nuovo quel profumo lo investì, più prepotente di prima. E lo stordì, più di prima. Lo cercò di nuovo, tra gli altri studenti, ma nulla spiccava tra quei volti.
“Scusa, sai se il docente è presente?” chiese il suo vicino. L’accento era particolare, diverso da quello inglese.
“No, mi spiace.” rispose voltandosi per guardarlo negli occhi.
Blu mare.
Carnagione chiara come quella di alcuni angeli.
Ma i capelli non erano biondi. Erano lilla.
“Oh questi?” chiese il ragazzo notando il suo sguardo perplesso. “Una scommessa. Domani ritorno biondo.” sorrise divertito.
Blu mare. Carnagione chiara come quella di alcuni angeli. Capelli biondi.
Era lui.
“Ehi.” esclamò sventolando una mano davanti alla sua espressione imbambolata.
“Oh, scusa… Stavo pensando.” sussurrò arrossendo sotto il suo sguardo. Per la prima volta.
Il ragazzo rise, divertito dal suo rossore. Aprì la bocca rossa per dire qualcosa ma fu interrotto.
“Niall?” lo chiamò qualcuno alle sue spalle.
Il ragazzo si voltò, salutò Zayn con un cenno del capo e raggiunse il suo amico. Il sorriso ancora sulle labbra.
La testa dell’anelo era riempita da un unico nome, musicale come la lira più dolce, unico come i suoi occhi.
Osservò la sua testa bizzarra allontanarsi sempre di più e per la prima volta sentì sulla sua pelle i brividi di amore.

“Perché?”
“Perché sei un angelo Zayn. Tu non puoi amare un umano, non nel modo in cui intendi tu. Noi li dobbiamo proteggere, dobbiamo sollevare i loro dolori, dobbiamo accudirli. Questo è l’amore che deve provare un angelo. Tu stai andando oltre tutto ciò.” spiegò Dio, semplice e autoritario.
“Ma Signore, tu dici di amare e che amare è bene. Questo è un limite all’amore.” ribatteva Zayn, serio.
“Ma tu sei un angelo, Zayn. Non puoi amare un umano. Non come si amano tra di loro. Sarebbe egoistico da parte tua.” Dio camminava in circolo, cercando di spiegare quella verità al suo adepto.
Zayn abbassò il capo e osservò le pieghe della sua tunica azzurro chiaro, come il cielo all’aurora.
Lo aveva rivisto. Lo aveva ricercato. Era bello e umano. Gli occhi sembrano ancora più blu, i capelli erano biondi, quasi accecanti, la carnagione diafana, come quella di alcuni angeli. Era bello. Bello come nessun’altro.
Zayn era un angelo. Lui aveva dentro di sé un amore enorme, illimitato. Ma quel ragazzo non risvegliava in lui quell’amore, no era diverso, bruciava, faceva fremere le piume più piccole, quelle più vicine all’attaccatura delle ali.
Era diverso, perché non era vergato da compassione o da bontà. Era un sentimento abbastanza egoista, strano per un angelo, eppure viveva nel suo cuore, riempiva il suo spirito, innalzava il suo animo.


La lezione era appena terminata. Il docente aveva lasciato l’aula da un lunghissimo lasso di tempo e i pochi ragazzi erano rimasti a parlare tra di loro, la maggior parte era scappata via, alla ricerca di un po’ di sana libertà.
Niall era in piedi, un cellulare tra le mani e una borsa piena per metà sul banco dinanzi a lui.
Di tanto in tanto sorrideva al display, regalando lampi di felicità a Zayn che lo osservava incantato.
“Liam non la smette di dare fastidio.” sussurrò divertito, senza rivolgersi a nessuno in particolare.
“Davvero?” rise Zayn, divertito.
Niall alzò il capo e lo guardò, accorgendosi solo allora della sua presenza.
“Si, è fastidioso a volte.” sorrise, abbassando il capo e mettendo il cellulare nella borsa. “Sai, stiamo organizzando di andare da qualche parte ‘sta sera e lui ha sempre questa mania di perfezionismo.”
Zayn rise e lo guardò.
“Ehi, perché non esci con noi, Zayn?” propose Niall, mettendo a posto gli appunti nella borsa.
“Cosa?”.
“Esci con noi, ‘sta sera. Me, Liam e Ashton. Li hai conosciuti settimane fa e sono ansiosi di uscire con te.” spiegò Niall, velocemente.
Erano passate quattro settimane dal loro primo, casuale incontro. Erano diventati amici, non troppo intimi ma neppure sconosciuti.
Il sole entrava dalle grandi vetrate nell’aula, illuminando i capelli, ritornati biondi, e i suoi occhi grandi e blu.
Era bello Niall, più bello che mai con il sole che lo illuminava naturalmente. Zayn sentì le guance arrossarsi e sperò che la sua carnagione nascondesse tutto.
“Okay, va bene.” annuì Zayn, sorridendo.
“Figo. Ti passo a prendere io, okay?” propose Niall, allegro.
“Okay, okay.” rise Zayn del suo entusiasmo.
Niall saltellò intorno a lui, come un cucciolo di cane felice e gli scoccò un bacio sulla guancia prima di scappare via dall’aula.
Qualcosa si agitava nella sua pancia.

“Farfalle nello stomaco.” disse, vedendo la sua mano poggiarsi sulla pancia.
“Cosa?”
“Sono farfalle nello stomaco quelle che senti, Zayn. Quando ti innamori, uno dei primi sintomi sono le farfalle nello stomaco. Oh, l’amore, non è meraviglioso?” chiese Giuditta, guardando oltre le nuvole.
Gli angelo donna erano tutte così romantiche, sognatrici. Si divertivano a seguire le vicende amorose degli uomini, cercando di consolare con i sogni le donne in lacrime.
Zayn annuì, conscio che lei non potesse guardarlo e abbassò lo sguardo, osservando il contrasto tra la sua mano e la nuvola.


La musica rimbombava nel locale, troppo forte. Le persone ballavano le une sopra le altre. L’odore di sudore era intenso, pungente. Le luci erano cupe, il blu e il viola deformavano i volti, rendendoli grotteschi.
Zayn, Niall, Liam e Ashton erano appena entrati. I due amici di Niall si persero subito nella folla che si muoveva a ritmo di quella assurda canzone, troppi rumori e pochi accordi melodiosi.
“Vieni a prendere da bere?” propose Niall, indicando il bar.
Zayn annuì e lo seguì. Le luci psichedeliche a illuminare di mille colori i loro capelli.
Il bar era pieno di gente. Molte ragazze erano sedute su lunghi sgabelli e chiacchieravano voluttuosamente con altrettanti ragazzi.
Niall si fece largo tra i ragazzi, cercando di essere il più educato possibile visto che molti tra quei giovani erano di gran lunga più muscolosi e massicci di lui.
Ordinò due birre, urlando sopra la musica che rimbombava troppo forte, e ritornò da Zayn che aveva precedentemente lasciato vicino all’unico sgabello libero.
“Tieni. Offre la casa, a quanto pare.” disse, porgendogli la bottiglia.
Zayn rise perché era davvero troppo banale e scontata come battuta.
“Ehi, ti ho mai chiesto se ti sei fatto male?” chiese Niall all’improvviso, dopo un lungo silenzio, rotto dalla musica e dalle urla degli improvvisati ballerini.
“Cosa?” fece Zayn non capendo.
“Ti sei fatto male?” urlò Niall.
“Quando?”
“Cadendo dal paradiso.” concluse Niall, scoppiando a ridere subito dopo.
Zayn sentì le piume fremere sotto pelle, quasi animate da quella parola uscita dalla sua bocca.
Il suono della parola paradiso sembrava essere un fiore sbocciato su quelle labbra rosso ciliegia. Sembrava quasi fosse stata creata per essere pronunciata da quella bocca. Suono forte e armonioso, musica soave e divina che sembrava vincere su tutti gli altri rumori, dominando su quella cacofonia che li circondava.
Ed era assurdo pensare che Niall aveva più che ragione sulla sua provenienza.
“No, non mi sono fatto male. Le mie ali mi hanno salvato.” rispose, più veritiero di quanto Niall potesse mai pensare.
“Oh, le ali.” rise, facendo scorrere una mani sulla schiena di Zayn e soffermandosi proprio sulle due cicatrici verticali che segnavano la pelle, l’attaccatura delle ali.
La schiena dell’angelo fu scossa da un brivido. Gli sembrava quasi che Niall stesse toccando la sua parte più intima, quasi stesse toccando le sue ali.
Zayn ricambiò il suo sorriso e bevve qualche sorso della birra.
“Avrei dovuto pensarci prima.” ammise, scuotendo la testa con fare giocoso.
“Già, avresti dovuto. Non sai proprio nulla sugli angeli.” lo canzonò Zayn.
“Perdonami se sono solo un umano, angelo!” rispose ammiccando Niall.
“E comunque era una frase scontata, irlandese!” rise guardando la sua espressione fintamente ferita.
“Scusi principino, la prossima volta cercherò di stupirlo.” disse, facendo un goffo e ridicolo inchino.
Si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere.
“Ehi, biondo!” lo chiamò una voce femminile.
“Ehi Barbara!” rispose Niall, girandosi e sorridendo alla ragazza alta e mora, bellissima e magrissima, che lo aveva chiamato.
La ragazza si avvicinò, le gambe lunghissime lasciate scoperte dalla gonna corta.
Si avvicinò e lasciò un bacio sulla pelle diafana di Niall.
“Barbara lui è Zayn. Zayn lei è Barbara.” li presentò.
L’angelo le sorrise freddo sentendo qualcosa nel suo stomaco e non ascoltando le parole che uscivano dalle labbra rosse dell’altro.

Samuele rise.
“Gli umani sono così divertenti.”
“Perché?” chiese Zayn curioso, alzando la testa dal libro che stava leggendo.
“Guardala.” disse indicando la finestra angelica che mostrava il volto di una giovane donna. “Riesci a percepire quella strana sensazione allo stomaco? Come se avessi una morsa ti che stritolasse le budella? Un mostro che distrugge il tuo equilibrio interiore?”
“Si, lo avverto.” rispose Zayn, gli occhi chiusi e una mano sullo stomaco. “Oh, è doloroso, troppo forte.”
“E’ gelosia. L’amore umano è così egoista da creare mostri del genere.” spiegò Samuele, saggio. “Si condannano a soffrire da soli. E piangono per il loro amore così egoista.
L’amore angelico è diverso, è libero. Non è egoista come quello umano. Noi doniamo amore, elargiamo affetto. Non pretendiamo che loro facciano lo stesso con noi. Non siamo invidiosi se donano il loro affetto ad altri.” continuò gesticolando dolcemente con la mano e osservandolo.
Zayn rifletté su quelle parole e vide una lacrima scorrere sul volto di quella ragazza, subito asciugata con un gesto di stizza.


Il sole era tiepido in quel giorno di metà aprile riscaldava i loro visi. Zayn e Niall camminavano vicini per le strade di Manchester, godendosi i giorni di libertà che avevano avuto.
Erano diventati compagni di studi all’università, uscivano sempre assieme e si divertivano.
Erano diventati molto più stretti di quanto Zayn avesse mai sperato. Ogni giorno si sentiva fortunato ad aver avuto la possibilità di amarlo.
Eppure erano ancora semplici amici. Zayn non si rimproverava di quell’affetto più amichevole che amante che avevano. Sentiva l’esigenza fisica di stargli vicino, e di essere la causa principale del suo sorriso.
“Ti và di prendere un gelato?” chiese Niall, adocchiando una gelateria.
“Mmh, okay.” annuì Zayn sorridendogli.
Niall batté le mani entusiasta e accelerò il passo per raggiungere per primo la gelateria.
Zayn lo seguì divertito.
Niall aveva insistito per offrire il gelato a Zayn e alla fine l’angelo aveva ceduto.
I gelati si stavano già sciogliendo sui loro coni, sporcando le loro mani. Il sole non era troppo caldo eppure il gelato colava lentamente sui coni, creando piccoli fiumi di sostanza colorata –cioccolato per Zayn e crema per Niall rendendo appiccicoso tutto.
Si sedettero su una panchina in un’isola verde e risero delle macchie di crema sulla maglia di Niall.
Zayn allungò una mano e sporcò la guancia di Niall con il cioccolato, scatenando un gemito di protesta da parte dell’altro.
Niall tentò di fare lo stesso, ma si ritrovò con la maglia sporca del suo stesso gelato.
“E tu saresti quello che non ha bisogno di un bavaglino?” chiese Zayn, canzonandolo.
“Non sono stato io a cominciare questa guerra!” protestò ridendo.
“No, hai ragione. È stato quel piccolo piccione lassù.” disse Zayn, indicando un uccello che stava volando in lontananza.
“Ehi!” sibilò Niall, donandogli un piccolo schiaffo sulla spalla. “Non prendermi in giro!”
Zayn lo guardò e scoppiò a ridere, mentre Niall faceva un adorabile broncio.
“Un piccolo bimbo.”
“Ehi, sono una persona matura io!” protestò, ridendo.
“Si, matura.” Zayn si sporse per pulirgli la guancia sporca di crema.
Niall si immobilizzò e arrossì.
I loro occhi s’incrociarono e le loro labbra si schiusero.
L’angelo si avvicinò impercettibilmente, annullando quella minima distanza che li separava. Le loro labbra s’incorarono, dolci e lente.
Si modellarono le une sopra le altre, annullando e compensando ogni difetto, compatibili. Le lingue si toccarono, dapprima timide e incerte, poi più sicure.
Le mani di Zayn accarezzavano delicatamente il suo collo, le dita di Niall intrecciate tra i suoi capelli neri.
Ad occhi chiusi le sensazioni sembravano triplicate.

“Un bacio è importante per una relazione, Zayn.” spiegò Giuditta, seria. “Noi non riusciamo a capirlo perché non amiamo come gli uomini, ma per loro un bacio è un grande tesoro e ha un grande valore. È importante per gli uomini, per questo molti stentano a donarlo. Loro sanno che con un bacio possono promettere molto. È un giramento implicito, tre i due. Non hanno bisogno di parole e eppure promettono di amarsi, si stare vicini, di sostenersi a vicenda. Ecco perché è il bacio a suggellare la promessa matrimoniale.”
“E se l’amore non dovesse durare?” chiese Zayn, attento.
“E’ una promessa infranta. L’amore non è fatto di cose eterne e perfette, perché chi ama non è perfetto. Gli umani non sono perfetti, le loro promesse anche. Un bacio non è mai perfetto, Zayn, è la volontà a renderlo perfetto. Se il desiderio è quello di condividere una vita con una persona, allora farai di tutto per riuscirci. Gli umani hanno una grande forza di volontà ecco perché continuiamo ad aiutarli.” Giuditta lo guardò, tra le ciglia. “Zayn gli uomini non hanno paura di amare. Ecco perché gli amo così tanto. Eppure il loro amore è la loro più grande debolezza.”
“Samuele non li ama?”
“Samuele ama il loro coraggio ma disprezza terribilmente le loro debolezze. Ma li ama, perché è un angelo e questo è il suo dovere. Zayn tu devi scegliere come amare.” Giuditta spiegò le ali e spiccò il volo, lasciando l’angelo con quella risposta sibillina.


Stavano ufficialmente insieme. Tutto grazie a quel bacio che sapeva di crema e di cioccolato.
Camminavano mano nella mano quando erano insieme, all’Università si sedevano sempre insieme.
Sembrava davvero il culmine della felicità per Zayn. Non c’era nulla che fosse imperfetto, nulla che non avesse desiderato da tanto. E sembrava davvero un qualunque semplice umano, amava come un umano, viveva come un umano.
Non aveva più spiegato le ali quando era da solo e non le aveva contemplate allo specchio, quasi evitando di scontrarsi con la realtà che lo vedeva angelo.
Essere uomo significava poter amare Niall, che era davvero tutto quello che voleva. Essere uomo significava essere vulnerabile ed essere privo di tutti i suoi poteri, quelli che prima aveva. Eppure aveva rinchiuso quella verità, al sua natura, nell’angolo più oscuro della sua mente, volendo vivere a pieno le sue esperienze da uomo.
“Perché hai quel segno sul polso?” chiese Niall, accarezzandoglielo.
Era sdraiato sulle gambe di Zayn che era appoggiato al tronco di un albero. Le giornate stavano diventato decisamente troppo calde.
Zayn accarezzò i suoi capelli biondi, resi ancor più chiari dai raggi di sole che li colpivano. Sapeva che era solo questione di tempo e che la sua natura sarebbe ritornata nella sua vita. C’erano troppe cose sulla sua pelle che potevano farla riemergere.
Quel simbolo era solo un piccolo segno della sua vera essenza.
“E’ un bel simbolo. È una lettera greca, giusto?”
“Si.”
“I telefilm ambientati nei college americani servono a qualcosa.” rise Niall, chiudendo gli occhi.
“Si, servono a qualcosa.” affermò annuendo.
Era impossibile svelargli la vera natura e il vero significato che quella lettera aveva. Non poteva mica rivelargli su due piedi la sua natura ultraterrena, aliena da qualsiasi cosa. Era troppo presto.
“E’ un simbolo arcaico, rappresenta l’origine di tutte le cose.” spiegò Zayn, guardandolo. “L'omega è il suo opposto. L'ultima lettera dell’alfabeto. La fine di ogni cosa. Eppure alfa e omega sono sempre collegate, nessun principio può esistere senza l’altro.”
Un delicato silenzio scese sulle sue parole. Il vento frusciava tra i rami degli alberi creando una piacevole e pacifica armonia.
“Grazie per la lezione di filosofia, amore.” Niall arcuò la schiena e gli diede un veloce bacio sulle labbra.
“Tutto per il mio piccolo.” rispose Zayn, accarezzando le guance tonde e morbide.
“Omega appartiene e dipende da alfa.” sussurrò Niall, accarezzandosi il polso sinistro.
Zayn li lasciò un bacio tra i capelli e rifletté sulla piccola bugia che gli aveva raccontato, temendo il giorno in cui avrebbe saputo tutta la verità.
“Zayn?” domandò Niall, aprendo gli occhi e cercando i suoi d’ambra.
“Si, Niall?” Ambra dentro il mare.
“Ti amo.” sussurrò prima di baciarlo appassionatamente.

“E’ la frase che ogni uomo si vuol sentir dire. È molto di più di due parole messe in fila. Ha un significato maggiore di qualsiasi altro verbo, altra frase, altro concetto. È amore quello che si esprime, non un senso di sazietà, non un senso di freddo. Amore puro e semplice. Molti non riescono mai a dirlo in tutta la loro vita. Hanno troppa paura di cadere e farsi male. Ma chi lo dice, lo fa per una ragione precisa. Non è una frase che dicono a caso, Zayn. Loro la dicono perché sono consapevoli di provare quel sentimento. Non è una bugia. Non è un giuramento. È solo la constatazione più bella che possa esistere.” Disse Dio, guardandolo. “Gli angeli non dicono ‘ti amo’ perché non ne hanno bisogno. Gli uomini hanno bisogno di rendere reale una situazione per rendersene conto. Per loro amare è un grande dono, per noi è pura natura, è il nostro dovere.”
“Amore.”
“E’ una parola antica, Zayn, perché l’amore è antico. È giusto amare. È naturale farlo. È un bisogno fisico. È pura linfa vitale. È di miele e fiele. L’amore tocca tutti, Zayn.”


Quel bacio era più passionale degli altri. Le loro lingue si muovevano con più decisione, le mani scorrevano più sicure sui loro corpi.
Caddero sul divano nel salotto della casa di Niall, quella che aveva preso in affitto a Manchester per poter studiare.
Ricaddero pesantemente sul divano, alle loro spalle, il corpo di Zayn su quello di Niall. Le mani di Niall s’infilarono leggere e fresche sotto la maglia dell’altro, sfiorando per la seconda volta l’attaccatura delle sue ali.
La bocca di Zayn scivolò dolce sul suo collo niveo, marciando quella pelle immacolata. Niall gemette con gli occhi chiusi, godendosi delle sue attenzioni.
Era qualcosa di meraviglioso quello che avevano. Sembrava che tutto si fosse fermato, che tutto si fosse assicurato che quell’incontro avvenisse.
“Zayn, voglio fare l’amore con te.” sussurrò Niall, alzandosi sui gomiti e abbracciandolo, inspirando il profumo dei suoi capelli.
Zayn alzò il capo che aveva appoggiato alla spalla del suo ragazzo e lo guardò sorpreso. “Niall…” sospirò sulla sua pelle.
Gli occhi del suo ragazzo erano più scuri del naturale, un blu notte che sembrava pieno di minuscole pagliuzze dorate che brillavano come stelle. Erano grandi e rotondi, espressivi come quelli di un bambino, le sue emozioni trasparivano vivide e sincere.
Le sue gote erano rosse e le labbra color ciliegia, sottili e umide di saliva.
“Ti amo, Niall.” affermò prima di baciarlo di nuovo.
Le loro labbra si fusero in maniera diversa. La consapevolezza di quel sentimento che entrambi provavano divenne più forte.
“Fai l’amore con me?” chiese Zayn sottovoce, sicuro della sua volontà.
Niall lo guardò con i suoi occhi blu e gli accarezzò una guancia, le dita fresche che scivolavano leggere sulla sua pelle caffelatte.
Annuì semplicemente e si stese meglio sul divano.
Lesse il panico negli occhi di Zayn e lo tranquillizzò con un sorriso.
“Andrà bene.”
L’angelo si posizionò meglio tra le sue gambe aperte e lo ribaciò.
Le braccia di Niall circondarono il suo busto, trascinandolo completamente su di lui e facendo toccare i due petti.
Le magliette e i pantaloni furono ben presto gettati in qualche angolo del salotto. La loro pelle era piena di brividi di freddo mischiato a piacere.
I loro membri riempivano i boxer, le loro carnagioni sembravano risplendere e il contrasto tra esse era più evidente che mai.
“Amami.” sospirò Niall, prima di chiudere gli occhi per godersi delle labbra di Zayn sul suo sterno. E poi più giù, sempre più giù.
I loro corpi si fusero in una strana armonia di colori di carnagioni diverse e con un lieve sottofondo dei loro gemiti all’unisono.

“Il rapporto fisico in una relazione è la coronazione di un percorso. Il rapporto carnale non è male, non è peccato. È solo un tipo diverso di amore.” disse Dio.
Era stata una domanda di Zayn a portare a quella risposta. L’amore aveva davvero mille sfaccettature. Ed era proprio questo quello che affascinava l’angelo.
“Ma…” iniziò Zayn.
“Si, ci sono persone che vendono rapporti fisici. Ma quello non è amore, Zayn, è sesso.”
“E il sesso è male?”
“Zayn il bene e il male sono sempre presenti all’interno di un qualcosa, che sia una relazione o un semplice affare. È impossibile pensare al bene come a un’entità divisa e aliena dal male perché non è così. All’interno di una relazione è presente il bene così come è presente il male. Nel sesso è lo stesso. Tutto è bene fino a che non si oltrepassa quella linea invisibile che rende le cose negative.” spiegò, bonario.
Zayn scosse la testa e rifletté su quelle parole.
“L'amore carnale è tra i più grandi doni che si possono fare al proprio compagno. Si cerca il piacere comune e non quello personale. È un’azione generosa. L’amore è diverso dal sesso per questo motivo. Il sesso è vuoto, non ha sentimenti ma solo piacere, l’amore è qualcosa che eleva lo spirito, che trasforma l’essere con le emozioni e le sensazioni. L'amore si fa sempre in duo, con la volontà dell’altro, con la presenza fisica e spirituale dell’altro. Il sesso no. Il sesso richiede solo la presenza fisica, non quella spirituale.” continuò “Gratifica entrambi senza indebolire.”


“Perché hai quelle due cicatrici sulla schiena?” chiese Niall, toccandole.
Era una domenica mattina, il giorno del Signore, del mese di settembre.
Stavano insieme da sei mesi. E mancavano tre giorni allo scadere dell’anno di tempo che Zayn aveva avuto per amare Niall. E lui c’era riuscito davvero.
Erano stesi sul letto nella camera da letto di Niall, che era diventata di entrambi. Erano nudi, coperti solo dal lenzuolo bianco.
Avevano appena finito di fare l’amore e Zayn aveva dato le spalle a Niall per essere abbracciato da lui.
La stanza profumava ancora di loro, di quell’armonia che erano riusciti a creare quasi con la magia.
Quella domanda giunse come un fulmine a ciel sereno e fece irrigidire Zayn.
Le dita di Niall percorrevano la lunghezza delle due cicatrici lentamente, amando dolcemente quella pelle.
Zayn si girò e lo guardò negli occhi, aprì le braccia e invitò Niall ad appoggiare la testa sul suo petto, iniziando a giocare con i suoi capelli.
“Vuoi sapere cosa sono quelle cicatrici, Niall?” chiese, guardando il soffitto ed evitando il suo sguardo.
“Si.” rispose l’altro, baciandogli la porzione di pelle appena superiore al capezzolo sinistro.
“E’ l’attaccatura delle mie ali.” disse semplicemente, continuando ad accarezzare i capelli biondi dell’altro.
“Oh, è divertente, Zayn. Davvero.” rise Niall scuotendo il corpo di Zayn con le sue risa.
“E’ la verità, Niall. Ti ricordi la battuta al nostro primo appuntamento? Quella sugli angeli caduti dal paradiso? Ecco, io sono esattamente questo, un angelo.”
“E sei anche modesto.” continuò Niall, ridendo apertamente.
“No, Niall, non è uno scherzo. Io sono un angelo.” affermò Zayn con forza.
“Non è più divertente, Zayn.”
“Non lo è mai stato, Ni’.” sospirò, mettendosi a sedere. “Ti mostro una cosa.”
Scese dal letto, lasciando Niall perso tra le lenzuola e si alzò in piedi, posizionandosi davanti alla finestra. La luce solare filtrava dalle tende color panna.
Zayn chiuse gli occhi e spiegò le ali.
Bianche, maestose, fiere e imponenti, sembravano vibrare, le piume più piccole, quelle più candide fremevano dal piacer di essere state liberate.
Aprì gli occhi e vide Niall con gli occhi blu pieni di terrore e di malcelato stupore.
“Cosa sei?” chiese con le voce tremante.
“Un angelo.” sospirò ancora una volta.
“Non è possibile. Gli angeli non esistono e, se pur dovessero esistere, starebbero in Paradiso, non sulla terra.” continuò incerto, alzandosi dal letto.
“Niall…” iniziò.
“No, Niall niente. Io ti ho amato. Ho affidato me stesso a te. E cosa scopro? Che non sei mai stato chi hai detto di essere.” Quasi urlo, sedendosi sul bordo del materasso.
Si prese il volto tra le mani e iniziò a piangere rabbiosamente. Zayn gli si avvicinò e tese una mano per toccarlo. Ma non ci riuscì perché aveva troppa paura di una sua reazione. Le lacrima bruciavano i suoi occhi, ma si trattenne dal versarle.
Niall si calmò dopo, dopo, asciugandosi la guance con gesti di stizza e mostrando al suo ragazzo gli occhi rossi e le labbra martoriate dai denti.
Zayn lasciò che la calma scendesse totalmente nella stanza e poi parlò.
“Vuoi conoscere la verità?” chiese l’angelo sedendosi sul bordo del letto, lontano da lui. “Si.” annuì Niall , tenendo le distanze.
Il fascino delle ali era difficile da contrastare, Niall si avvicinò lentamente, facendo frusciare le lenzuola.
“Posso toccarle?” chiese, tendendo la mano.
“Si. Puoi anche prendere una piuma.” acconsentì Zayn, voltandosi per guardarlo e per sorridergli.
“Non ti farei male?” chiese, sfiorando le piume più basse.
Zayn gemette di piacere a quel tocco, come se una la sua mano gli accarezzasse l’anima.
“No.”
“Raccontami la storia.” pregò Niall, toccando le piume con più decisione e delicatezza.
“Io sono un angelo. Ma non sono un angelo caduto. Ti ho visto per la prima volta in Paradiso. Tu avevi solo tredici o quattordici anni, io ero con Dio. Gli angeli non sono fatti per amare gli uomini, non come voi intendete l’amore. noi amiamo gli uomini, gli stiamo vicini e asciughiamo le loro lacrime. Vi proteggiamo, in qualche modo.” iniziò, guardando le mani incrociate in grembo.
“Angeli custodi?” chiese Niall.
“Non esistono gli angeli custodi, è solo una vostra invenzione. Così come non esistono i putti. Ma gli Arcangeli si, loro esistono. Gli angeli non hanno una funzione specifica, né veniamo divisi per le nostre doti. Noi siamo tutti messaggeri divini, in primo luogo, poi siamo protettori degli uomini.”
“Beh, questo è curioso.” disse Niall.
“Si, lo è.” sorrise Zayn.
Tese un braccio perché il suo ragazzo potesse appoggiare la testa sulla sua spalla, sentì la sua pelle liscia sulla sua e si sentì a casa.
“Dio non mi disse cos’era la sensazione che provai la prima volta che ti vidi. Lasciò cadere il discorso. Ma io ti rividi, per mio volere contro il suo. E di nuovo provai quella sensazione. Ma nessuno mi spiegò nulla. Quando capì che quello che io provavo nei tuoi confronti non era semplice amore angelico, ma qualcosa di decisamente più forte, Dio mi spiegò che non era possibile un amore tra angelo e uomo, non un amore così forte. Io tentai in tutti i modi di incanalare il mio troppo amore nei tuoi confronti verso altri uomini, ma non ci sono riuscito. Ho implorato Dio affinché mi mandasse qui, sulla terra, per amarti. E lui mi ha concesso un anno di tempo.” spiegò Zayn, posando la testa sulla sua.

“Signore, il mio è amore. Io lo amo. Io ho bisogno di lui.” lo fronteggiò Zayn, gli occhi infuocati di coraggio e il mento alto.
In tutto il Paradiso non si faceva altro che mormorare quella verità, quell’amore assurdo di un angelo per un umano.
Tutti sapevano che era Zayn, tutti lo biasimavano. Nessuno lo capiva.
E lui aveva deciso di mutare tutto. Ed era andato a parlare con Dio.
Si trovava proprio di fronte a lui, i pugni stretti ai lati del corpo, le ali piegate, la tunica che si muoveva lentamente spinta da un lieve vento.
Il Signore lo guardò seduto sul suo trono. In silenzio.
Zayn sembrava uno di quei bambini che affrontano i propri genitori per qualche assurdo capriccio.
“Tu non sai quello di cui stai parlando.” affermò Dio, serio.
“Si che lo so. Io so cosa si prova quando si ama. Io lo sento ogni giorno. Sento gli uomini che amano. Sento il loro cuore che batte velocemente vicino alla persona amata. Sento ogni giorno le loro lacrime di dolore per un amore non ricambiato. Sento ogni giorno l’esplosione di emozioni che invade i loro animi quando si baciano. Sento tutte queste cose, ascolto i loro desideri sussurrati, vedo i loro sorrisi. E, ogni giorno, mi rendo conto che quello che provo per lui non è solo un banalissimo amore angelico. No, io lo amo come un umano. Lui mi rende umano. Lui mi fa amare in modo diverso. Lui mi trasforma. Mi migliora e mi indebolisce.” disse Zayn, appassionato.
Il Signore lo guardò da sopra le dita intrecciate, osservano attentamente quell’anima che era invasa da qualcosa di decisamente particolare.
“Io… Io sono disposto a rinunciare alle mie ali per lui.” concluse con il capo, le mani strette tra di loro.
“Arriva fino a tanto il tuo amore, dunque?” chiese lentamente Dio, stupito da tale dichiarazione.
“Si, sono disposto a farlo solo per amarlo.” annuì, lo sguardo di nuovo alto, a cercare gli occhi dalle mille sfumature.
“Io ho mandato il mio unico figlio, una parte di me, sulla terra per poter salvare gli umani. Ho fatto si che il suo sangue potesse liberare gli uomini. Ho deciso di mandare un segno della mia presenza, tanto era lo sconforto che aveva conquistato il mondo. E’ stata la più grande dimostrazione di affetto e di amore da parte mia. So cosa significhi amare. Io sono stato il creatore dell’amore. Io sono stato colui che ha costruito un intero mondo su questa convinzione e ho mandato questo comandamento sulla terra.” parlò Dio, lentamente.
Zayn ascoltava ogni sua parole, nonostante conoscesse la storia.
“Ti concedo un anno di tempo. Potrai trovarlo e amarlo. Poi deciderai.” concluse.
Zayn si inginocchiò ai suoi piedi e gli abbracciò le ginocchia, come ringraziamento. Dio gli accarezzò i capelli corvini, benevolo.


Niall gli baciò la spalla.
“Il tuo tatuaggio?”
“Non è un tatuaggio. È un marchio angelico. È la prima lettera della parola messaggero in greco.”
Niall annuì. “Quanto tempo hai ancora?”
“Tre giorni.” rispose, con lo sguardo basso.
“E cosa farai? Tornerai in Paradiso?” chiese cercando il suo sguardo.
“Se dovessi tornare ti lascerei qui, a invecchiare e morire senza di me. Se dovessi rimanere qui mi verrebbero strappate le ali e diventerei immortale, vivendo come un comune uomo.” disse Zayn.
“Allora ritorna in Paradiso. Non rinunciare a te stesso per me.”
“Niall, tu non capisci. Io sono diventato uomo per te. Ho amato come un uomo, mi sono reso più umano possibile per te. Ho fatto l’amore con te e sono definitivamente diventato uomo. Perdere le ali sarebbe solo l’azione successiva e quella finale.”br> “Io non posso permettere che l’amore comprometta la tua natura. Tu sei un angelo. Hai idea di quante vita possano dipendere da te? Di quante persone abbiano bisogno del tuo conforto? Di quante lacrime debbano essere asciugate?”
“Io non posso tornare in Paradiso per seguire altri umani. Io non voglio vederti morire. Io voglio morire con te. Voglio vivere con te il tuo ultimo respiro, voglio vivere con te la vecchiaia. Voglio tenerti la mano se dovessi mai andare da un dottore.”
Niall gli baciò la mascella dritta.
“Abbiamo ancora tre giorni per decidere.” sussurrò sulla sua pelle.
“E io voglio amarti al pieno delle mie forze in questi tre giorni.” concluse Zayn, prima di baciarlo.







NdR: note della Ridarosa

Questa os è stata un tour de force, una vera lotta contro il tempo. Ho scritto di continuo, durante le ore scolastiche, durante il pomeriggio. Devo dire che sono stata molto fortunata perchè i miei professori hanno deciso di assentasi tutti insieme, lasciandomi scrivere liberamente (love u).
Devo dire che il prompt che ho scelto, Angel!Zayn, è stato molto interessante da sviluppare e ho cercato di scrivere una storia che non somigliasse per nulla alla saga di Fallen, cambiando ambientazione e plot.
Forse mi starete odiando per la pesantezza dell'argomento un po' troppo filosofico, ma mi sono lasciata prendere la mano e la filosofa (Ippazia si sta rivoltando nella tomba, assieme agli altri. lmao) è uscita. A mio discapito posso dire che il mio professore di filosofia sostiene che siamo tutti un po' filosofi.
Per quanto riguarda il finale aperto, la scelta è stata presa per non cadere nel banale. E per lasciare a voi lettori la possibilità di immaginare il finale più giusto. Tra il far tornare Zayn in Paradiso o il lasciarlo stare sulla terra, io ho scelto la via di mezzo, il compromesso. Diplomaticamente. lol
Spero di non avervi ucciso con il troppo romanticismo, ma tutti i rumors che girano attorno a Niall in questi giorni mi hanno portato alla ricerca di dolcezza Ziall e questo è stato il risultato.
Mi auguro che vogliate lasciarmi una recensione, magari scrivendomi come avreste voluto il finale. Segnalatemi gli eventuali errori, per favore.
Grazie per aver letto queste note sciocche e insulse.
Baci,
Giulia

  
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