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Autore: MartaFix    05/12/2013    4 recensioni
"Caro Mika,
il mio nome è Irene.
Il nome Irene deriva dalla parola "pace", in greco "eirene".
Ma nel mio piccolo, inutile, stupido cuore di ragazzina, di pace non ce n'è.
Tranne per quelle note che mi scaldano dentro, quando ho così freddo, non ho niente a cui aggrapparmi.
Tranne per quelle parole, non ho niente che mi consoli.
Sei l'unico che mi sta salvando da questo oblio, Mika.
Continuo ad aggrapparmi alla tua mano, al tuo braccio forte, mentre scivolo nel baratro, giù, giù, sempre più giù.
Ho paura, Mika.
Ho tanta paura, che prima o poi sarò troppo stanca, non riuscirò più a stringere la tua stretta, e cadrò, per sempre.
Tienimi stretta, ti prego, ti prego.
Ti abbraccio forte.
Irene"
Genere: Commedia, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2 – PERCHE'?

 

 

Why pretend to be so jaded

it's so easy just to hate it

everyone can love you for a dollar

 

 

Sono coricata a pancia in su sul letto, gli occhi rivolti al soffitto, illuminato dai raggi di sole che passando attraverso alla tenda della mia finestra vi riflettono una fantasia a fiorellini.

Ho le gambe accavallate, e il mio piede batte in aria i tempi di Lola.

Non penso a niente.

Ho la mente totalmente vuota, piena soltanto della sua voce, delle sue note.

E sorrido, di un sorriso puro, sincero.

Capita così raramente, ormai, che dovrei festeggiarlo.

Mi riscuote da quel paradisiaco stato di trance l'odiosissimo trillo del telefono fisso.

Devo ricordarmi di dire a papà di cambiarlo.

E' insopportabilmente molesto.

Con malavoglia tolgo le cuffiette, e zampetto in salotto a piedi nudi.

Alzo il cordless.

- Pronto?

- Pronto, sto cercando Irene Marchetti – mi risponde dall'altro capo una voce maschile e palesemente svogliata e annoiata.

Già soltanto il tono mi irrita.

Potevi evitare di chiamare e interrompere i miei passatempi se ti importa così poco di parlarmi!

Diamine.

- Sì, sono io – rispondo freddamente.

Oggi proprio non è giornata.

Silenzio.

Sto quasi per riagganciare, quando sento ancora la voce.

- E' lei? Irene Marchetti?

Il tono adesso è alquanto stupito.

- Sì, sono io – ripeto.

- Lei frequenta il liceo classico, vero?

- Sì.

- Vive in Piemonte?

- Sì.

Idiota.

Il mio numero di telefono l'avrai pur trovato seguendo un elenco, no?

L'uomo fa un sonoro sospiro di sollievo.

Inizio ad irritarmi seriamente.

- Ha bisogno di qualcosa? - chiedo, acida.

- No, no! Grazie, è tutto a posto!

Entusiasmo.

Ok, non capisco.

Questo tipo si è fumato il cervello.

- Arrivederci!

E, prima che possa ribattere, chiude la chiamata.

Non ho parole.

 

 

 

La sera stessa

 

Vedo Gaia, la mia migliore amica, che mi aspetta di fronte all'ingresso del cinema.

Cammino in fretta verso di lei, nell'aria gelida che sembra graffiarmi le guance.

Potrebbe sembrare cattiva, quest'aria fredda, ma in realtà mi piace.

Mi piace perchè è dura, fuori, ma dolce all'interno.

Dolce, perchè dietro questo gelo si nascondono coperte morbide, cioccolate calde, salette di bar colme di amici, film romantici, dolci e fiocchi di neve.

Deve sentirsi solo, l'inverno.

Tutti lo odiano, tutti cercano di allontanarsi da lui il più velocemente possibile, tutti lo evitano e parlano male di lui alle sue spalle.

Ci sono io per te, inverno.

Non essere triste, io ti voglio bene.

I sabato sera invernali è ormai convenzionale per tutti noi trovarci in sala cinematografica.

Tutti i miei amici abitano nello stesso quartiere di Torino, dove c'è un grazioso cinema che si affaccia su un parco, e nonostante ciò neanche troppo distante dagli altri locali del centro.

Saluto la mia amica abbracciandola, ed entriamo.

In sala incontriamo un gruppo di vecchie conoscenze che non vedevo da un pezzo.

Decidiamo di sederci con loro.

Io sono proprio accanto a Enrico, un biondo dal fisico scolpito.

E si inizia a parlare, a scherzare, a ridere.

Lui mi lancia occhiate eloquenti di tanto in tanto.

Dopo un po' inizio a ricambiare gli sguardi, i sorrisi.

Durante il film la sua mano si posa sulla mia coscia.

Mi sento il viso accaldato, ma fortunatamente la sala è buia e nessuno lo nota.

Cosa devo fare?

Respingerlo?

Qual è la cosa giusta da fare?

Io non so mai qual è la cosa giusta da fare.

Decido di stare al gioco.

In fondo lui mi piace, no?

E ci conosciamo da tempo, è un tipo affidabile.

Dopo il film si esce a fare un giro.

Mentre passeggiamo allegramente per le vie pedonali di Torino, sento qualcosa toccarmi il sedere.

Mi volto di scatto, e trovo il biondo che mi guarda maliziosamente.

Distolgo lo sguardo, e la sua mano esita ancora parecchio prima di tornare al suo posto.

Diamine, Irene, ma che stai facendo?

O ci stai o non ci stai.

Perchè fai così?

Oh, dei del cielo, non capisco più niente.

Perchè mai farsi tanti problemi, poi?

Non ho niente da perdere.

Quando nessuno sembra badare molto a noi due, siccome si sta accendendo un'animata discussione tra un paio di amici, Enrico mi afferra per il polso e mi trascina in un vicolo adiacente alla via principale.

Senza che possa capire cosa sta succedendo, mi ritrovo spinta con le spalle al muro e il corpo di lui attaccato al mio.

E non ragiono più.

Lui si avvicina, spingendo con forza le labbra sulle mie, mentre le sue mani vagano in modo troppo confidenziale sul mio corpo.

Un campanello d'allarme suona da qualche parte, nel fondo della mia testolina.

Prima che si spinga troppo in là poggio le mani sul suo petto e lo spingo indietro.

- Che c'è? - mi chiede, freddo.

Quelle parole, dette così seccamente, come se gli avessi appena messo in pausa il suo videogioco preferito, mi impietriscono.

- Perchè? - sono le uniche parole che riesco a sussurrare.

- Cosa vuol dire perchè? - sbotta lui.

Sto in silenzio, incapace di dare un senso a tutto questo.

- Eddai, Ire... - dice, attirandomi a se con violenza e cercando di catturare la mia bocca.

- Smettila! - urlo io.

Lo spingo indietro e raggiungo gli altri correndo.

- Gaia, non mi sento bene, vado a casa – dico velocemente alla mia amica.

Mi volto, e cammino spedita verso casa, trattenendo le mie gambe dal scappare in una corsa impaurita.

Arrivata al mio palazzo, salgo i piani raggiungendo il mio appartamento, e farnetico con la serratura, cercando di contenere senza grandi risultati il tremito delle mie mani.

Non accendo le luci, per non svegliare i miei genitori.

Mi fiondo in camera mia, mi levo in fretta giacca e sciarpa e mi rannicchio sul mio letto.

Mi stringo le ginocchia al petto, mentre le lacrime mi invadono gli occhi.

Perchè non faccio mai la cosa giusta?

Perchè commetto sempre degli errori?

Perchè non c'è nessuno che mi voglia per il mio cuore, non per le mie labbra?

Perchè non c'è mai nessuno a difendermi?

PERCHE'?!?!?

Singhiozzo sommessamente, per non fare rumore.

Soffiandomi il naso, mi siedo alla scrivania.

Prendo la carta da lettere, e inizio a scrivere, implorando aiuto al mio eroe.






Ciaaaaaaao lettori :3
Sono stata davvero molto sorpresa di tutte le vostre recensioni!
Non mi aspettavo affatto di riscuotere il benchè minimo successo.
Questo capitolo è un po' discostato dal tema Mika, ma spero lo apprezziate comunque.
Spero di non deludervi nel corso della storia :)
Un bacio a tutti! 

Marta

 

   
 
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