Aprirono
la porta che cigolò, pacatamente, nel silenzio assordante della notte.
Il
rintocco calcato e sordo del campanile li fece sussultare, stringersi nei
cappotti, tremanti.
Nessuno
di quei quattro ragazzini aveva il coraggio di addentrarsi realmente in quella
casa, soprattutto per l’ora decisamente tarda. Il rintocco di poco prima, aveva
segnalato l’una di notte.
La mano
sinistra, candida, sbucò dalla manica del giubbotto pesante, andando a prendere
velocemente e nervosamente la torcia dimenticata nell’ampia tasca.
«perché
siamo dovuti venire qui a quest’ora?»
chiese
una voce infantile, tremolante per l’ansia dell’attesa e dal timore. Il ragazzo
affianco a colui che aveva parlato gli intimò di fare silenzio con un dito,
osservando la stanza che si presentava davanti agli occhi.
Una
camera buia se non tinteggiata dalla calda luce della torcia, completamente
spoglia di ogni rivestimento e, se c’era qualche soprammobile, era impolverato
e quasi del tutto mangiato dagli acari.
«ragazzi,
spiegatemi…»
La vocetta
stridula di poco prima di fermò repentinamente, trattenendo il respiro
rumorosamente, come se all’improvviso avesse capito.
Non esitò
più del solito ad addentrarsi in quelle spoglie stanze, inalando con un po’ di
disgusto l’aria consumata che v’era all’interno.
Infine, i
ragazzi si disposero a cerchio, sedendosi attentamente per terra, sopra i loro
giubbotti.
La torcia
illuminava ancora le pareti, assenti di colore e lugubri, con l’intonaco che
cadeva a pezzi.
«siamo
qui perché è il 7 maggio. Non vi ricorda nulla, questo?»
nessuno
rispose, ma era evidente che tutti sapevano la risposta.
«a parte
il fatto che è un ottimo posto per raccontare storie di paura, io ve ne
propongo una; quella popolare, no? Sapete che più di cent’anni fa, nel nostro
villaggio, si è consumato un evento fighissimo»
«dai,
Neji, non tirartela. Racconta e basta!»
strillò
una ragazzina seccata, tirando un’amichevole pacca sulla spalla del ragazzo che
aveva preso la parola, il quale, con un gesto scocciato, si accomodò meglio sul
pavimento.
«va
bene. allora comincerò a raccontare. Dovete avere presente che tutto questo ha
avuto origine dal Giappone, fino ad arrivare qui in Inghilterra. Si dice che
quest’evento accada bene o male ogni cent’anni, nello stesso giorno in cui è
avvenuto quello precedente. Ed il caso vuole, che debba accadere oggi»
tutti
trattennero il respiro, con fare curioso. Neji, rassicurato da tutta
quell’attenzione, continuò.
«la
storia che vi racconterò… ha a che fare coi vampiri…»
Vampire –
7th May
«complimenti, Ino! Bellissima festa!»
La voce risuonò atona e stridula, senza un particolare
tono contento, né uno orgoglioso, né uno tranquillo. Più che altro, sembrò
particolarmente ridicola, con quell’intonazione che voleva sembrare enfatica ma
che lo rendeva troppo pacchiano. Quante cose potevano nascondersi in una sola,
stupida, inutile frase.
Qualcosa che, se non si stava attenti, non si poteva
cogliere. E così accadde.
La ragazza, troppo presa dalla contentezza e
dall’eccessiva sicurezza in se stessa, volteggiò via, in modo talmente
aggraziato che sembrava stesse ballando, scotendo ebbra di felicità la lunga e
folta chioma dorata e sparendo nella folla, non premurandosi di indagare oltre.
Abbandonando l’attenzione degli occhi color delle selve da
quella figura minuta che si allontanava da lei, spostò lo sguardo sul
pavimento, osservando apparentemente tranquilla i sandali okobo ai suoi piedi,
semi nascosti dallo sfarzoso vestito. Era elegante, quella sera. Una delle
geisha più belle in quella sala. Fasciata dal suo classico kimono raffinato
creato appositamente per le cerimonie importanti, stava in piedi immobile,
senza spostarsi dal centro della sala.
Era strano vedere come la geisha più bella che il Giappone
avesse mai potuto vantare di avere, fosse trastullata dall’eccitata felicità
del matrimonio. Una volta sposata, Ino Yamanaka avrebbe perso il titolo di
geisha. Avrebbe perso ogni diritto nella Okyta, e lì nessuno sarebbe più stato
ai suoi ordini. Essendo la più bella era stata la fortuna dell’Okyta di Kyoto e
quindi la meglio trattata, anche se in un certo periodo dovette combattere
contro nuova arrivata, per mantenere quel posto. Ovvero lei.
Una bambina di appena sei anni, venduta dalla sua famiglia
per poter avere un futuro migliore e divenuta all’istante una maiko di qualità.
Era una bambina particolare, per quei buffi quanto insoliti capelli rosa che,
prima visti come una stranezza, divennero una peculiarità assai ricercata. Una
bambina dal corpo esile, solo con qualche accenno di curve per poi maturare
improvvisamente, divenendo il secondo orgoglio di quell’Okyta.
Ino Yamanaka non l’aveva presa affatto bene.
Aveva strillato, pianto, rotto stoviglie e soprammobili.
Ai tempi era poco più che una ragazzina troppo viziata per comprendere invece
che lei, Sakura, l’esile bambina, voleva solo essere lasciata in pace.
E, il caso volle che, dopo qualche anno, le due
divenissero migliori amiche.
Sakura distolse lo sguardo dai suoi sandali, puntandolo
sull’ondata di calore che, improvvisamente, la colse. In quell’impeto di urla e
di movimenti, capì che si era dato il via alle danze. Non ci pensò su un
attimo, girando sui vertiginosi tacchi e allontanandosi il più velocemente
possibile dal centro della sala.
«Sakura-chan! Sakura-chan! Ma come, non balli?»
Ino Yamanaka comparve nuovamente al suo fianco, gli occhi
celesti ridenti e lo sguardo che rifuggiva quello dell’aspirante marito, con
eccessiva malizia. Come poteva essere il contrario? Ino aveva avuto l’onore di
essere stata scorta da Itachi Uchiha, uno degli uomini più belli della città.
Senza contare il vasto patrimonio della famiglia dalla quale proveniva.
«no, Ino, sono stanca. La festa mi piace, non fraintendere
– si affrettò ad aggiungere, premurosa – ma per ora non ho voglia di ballare.
Sai quanto sono imbranata con gli okobo ai piedi…» tentò di giustificarsi,
tirando un sorriso di scherno perentorio. Ino alzò gli occhi al cielo,
sbattendo le palpebre contrariata.
«non proverai nemmeno a cercare l’uomo della tua vita?»
domandò, falsamente innocente, tirando sulle labbra un sorriso complice. Fu il
turno di Sakura di alzare gli occhi al cielo, senza riuscire a trattenersi
dall’osservare bene l’amica.
Era pallida, quasi come un morto. A pensarci bene, era da
quando aveva iniziato a frequentare in maniera ufficiale Itachi, che era così
bianca. Cadaverica ma pur sempre bellissima.
«dai Ino, torna da Itachi, su. Non vorrai lasciarlo solo,
proprio in questo giorno? Il sette maggio è una data importante, ora» ammiccò,
tranquillamente, accennando con un fluido gesto del capo verso l’uomo in fondo
alla sala.
Ino ampliò il suo sorriso, osservando in modo pacato
Sakura.
«invece sì. Avanti, Sakura-chan… perché non andiamo a
ballare insieme, uhm? Tanto Itachi può aspettare… ho tutta una vita da passare
con lui!» esclamò piena di contentezza, una lieve risata posata trattenuta
dalla mano delicatamente poggiata sulle labbra rosse. Con un gesto repentino
afferrò la mano dell’amica, tirandola poco cortesemente verso il centro della
sala.
L’Haruno tentò di ritrarsi, invano, osservandosi
imbarazzata intorno.
«Ino, ti prego, non sono d’aria! E poi, sta per iniziare
il primo ballo, e sai a chi tocca l’onore di aprire le danze ufficialmente,
vero?!» domandò retorica, sicura di avere ragione.
Ino inarcò le sopracciglia dorate, trattenendo a stento
uno sbuffo. Era evidente che fosse contrariata e che non avesse nessuna
intenzione di abbandonare la sua impresa. Troppo abituata ad avere tutto quello
che voleva nell’istante in cui lo chiedeva, viziata in larga misura dall’Oka-san,
la direttrice della casa per geisha in cui era stata istruita, portò scocciata
le mani sui fianchi sinuosi.
«…a me. Lo so, però quando si concluderà quel ballo, toccherà a te mia cara! Così mi assicuro che tu ti diverta… sempre che poi tu sia libera…» lasciò intendere la fine della frase, sorridendo con fare malizioso e complice, com’era solita fare.
«sì, certo Ino, hai vinto tu. Come al solito, Ino-chan»
sussurrò Sakura sincera, cercando di aprire le labbra in un sorriso. La
Yamanaka parve soddisfatta da quella risposta, e decise di puntellarsi sulle
punte dei piedi, perdendo già il precario equilibrio causato dai sandali troppo
alti. In quel lasso di tempo passato per guardare oltre le spalle di Sakura –
sulle quali si stava poggiando – adocchiò in men che non si dica qualche
ragazzo elegante di belle sembianze.
«oddio Sakura! – avvicinò le morbide labbra all’orecchio
dell’amica che, incuriosita, si lasciò tenere per le spalle – guarda chi c’è!
Quello lì infondo, che sta venendo qui, è il fratello di Itachi!» civettò
allegra, puntando l’indice della mano destra contro un giovane che,
pacatamente, si stava avvicinando a loro. Quando fu ad una distanza piuttosto
ravvicinata, si inchinò lievemente, sfiorando con la propria, la mano di
entrambe.
«buonasera, Ino-san. Sei bellissima, questa sera» mormorò
in poco più che un sussurro, misurando la voce piatta e roca. Ino sorrise
civettuola, ritraendo la mano accanto a quella di colui che doveva essere
l’Uchiha minore. Sventolò vicino al naso di questi la mano, soprattutto
l’anello che portava al dito.
«sono impegnata, ora, Sasuke-kun! Se lo sapesse tuo
fratello…» il ragazzo si strinse nelle spalle, tirando sulle labbra pallide un
sorriso falsamente modesto.
«testavo se saresti rimasta fedele a lui» mentì
tranquillamente, socchiudendo gli occhi e rivolgendo solo in quel momento
l’attenzione sulla figura accanto alla Yamanaka.
«beh, certo. Comunque lei è Sakura, la mia migliore
amica!» presentò allegramente la bionda, portando la mano che poco prima aveva
avuto quasi un diretto contatto con il viso di Sasuke, verso di lei. L’Haruno
trattenne uno sbuffo, lanciando un’occhiata di rimprovero all’amica che la
ignorò palesemente. Infine, dovette inchinarsi quel poco che bastava per portar
rispetto.
«Conbanwà, Sasuke-san» sibilò Sakura a denti stretti,
chiaramente irritata.
«Haai» borbottò di tutta risposta il giovane uomo, troppo
impegnata nello scrutarla interessato. Ino sorrise, passandosi la mano fra la
folta zazzera bionda.
«beh. Io vado altrimenti ad Itachi toccherà ballare da
solo! Conoscetevi meglio!» strillò prima di scappare via, quanto gli okobo
glielo permettessero.
L’atmosfera si gelò all’istante, e a Sakura parve di
affogare in quell’assordante silenzio che era sceso fra loro. Sasuke Uchiha era
bello almeno quanto il fratello maggiore; era difficile stabilire quale dei due
fosse maggiormente affascinante. A suo modo pareva sensuale in ogni gesto che
faceva, come i capelli d’ebano che gli ricadevano morbidi sulle spalle,
sfiorandole appena. Gli occhi richiamavano alla perfezione il colore scuro dei
ciuffi corvini, spiccando provocantemente sulla carnagione troppo pallida. Era
di statura media, e dalla corporatura esile. Ma impeccabile.
Al contrario lei, lei Sakura, era piuttosto bassa. Dalla
sua postazione gli arrivava non sopra della spalla, e questo la irritava. Più
che altro la irritava la consapevolezza di non essere bella e sfacciata con gli
uomini come Ino. Nonostante i numerosi anni passati a fare la geisha, le
risultava ancora difficile mostrarsi davanti ad un uomo, parlargli normalmente.
Era bassa, sebbene avesse un fisico normalmente invidiato,
ed i suoi capelli erano di un insolito color rosa chiaro, lunghi fino alla
vita. Quella sera li aveva raccolti in un’elegante crocchia, anche se le
sembravano sempre troppo pacchiani e assolutamente inadatti per qualsiasi
vestito indossasse. L’unico cosa di cui poteva vantarsi apertamente era il
colore degli occhi, verde come le selve e dal taglio raffinatamente a mandorla.
Risaltavano notevolmente sul viso dalla pelle candida, spesso truccato dal
pesante cerone bianco da geisha. Fortunatamente, quella sera, il trucco era
solamente velato, per lasciar spazio all’attenzione del color rosso fuoco del
rossetto sulle labbra.
«choshi wa do’?» chiese timidamente Sakura, maledicendo
mentalmente Ino. L’Uchiha non rispose subito, ma si limitò a fissarla con aria
assente. La ragazza si schiarì la voce, abbassando lo sguardo sul vestito
elegante del giovane che aveva di fronte.
«non c’è bisogno che tu sia formale con me, Sakura» disse
improvvisamente il moro, pacato nelle sue movenze. Sakura sussultò, senza
sentire alcun suffisso al suo nome, e sentì le guance ardere dal rossore.
Decise di spostare lo sguardo, di non guardarlo.
«…comunque va bene, grazie. Questa festa è noiosa»
espresse in tono solenne Sasuke, percependo il tentativo della ragazza di
rifuggire il suo sguardo. Stette al gioco, voltandosi per osservare la gente
che si affrettava ad allontanarsi dal centro della sala per lasciar posto ai
promessi sposi. La geisha arricciò l’angolo sinistro della bocca in un lieve
ghigno.
«hai ragione. Ma purtroppo non possiamo sottrarci. È
nostro dovere, dopotutto Itachi è tuo fratello e Ino la mia migliore amica…»
rivelò con un misto di tristezza e stizza nel tono. L’Uchiha non sembrò toccato
da quelle parole e preferì rimanere in silenzio, come Sakura capì
istantaneamente. Non poteva tentare con un approccio palato; lo annoiava.
«sai Sakura… tu mi sembri una persona affidabile. Una
geisha… molto particolare» sibilò poco tempo dopo Sasuke, lo sguardo mantenuto
lontano da lei.
«voglio che tu canti per me. Andiamo fuori» disse infine,
facendo rimaner perplessa la giovane. Prima che potesse ribattere un qualcosa,
Sasuke si era già voltato ed incamminato verso l’uscita, intimandola
velatamente di seguirlo. Sakura si morse il labbro rosso, indecisa.
«lo sai che dovrai pagarmi, vero?» sbottò seccata,
affrettandosi a stargli dietro.
«voglio che tu canti per me»
con queste parole, capì che il discorso era finito. E non
aveva possibilità di ribattere.
Le mani candide di poggiarono sulle spalle, percorrendo
docilmente la stoffa del kimono maschile fino a cingersi dietro al collo. Le
dita dalle unghie curante si sfiorarono, e le labbra colorate dal rossetto si
piegarono in un sorriso felice.
Le mani cadaveriche si toccarono dietro la schiena,
scorrendo lungo il tessuto pregiato di quel kimono elegante e sfarzoso. La
pelle venne solleticata dai lunghissimi fili biondi, ma non si ritrasse.
Piuttosto, preferì saggiare il corpo di colei che sarebbe presto divenuta sua
moglie.
Itachi Uchiha strinse a sé Ino Yamanaka, guidando i primi
passi del ballo popolare in cui si sarebbero dovuti dilettare come voleva la
tradizione.
«attento a non pestarmi i piedi» sussurrò provocante la
bionda all’orecchio dell’uomo, movendosi sinuosamente. Itachi alzò gli occhi al
cielo, schioccando silenziosamente la lingua.
«stai tranquilla, non credo sia possibile coi massi che
porti ai piedi» sussurrò tranquillo, prendendo la guida del ballo. Ino si
lasciò portare, confondendo con il suo, il respiro di lui. Lo sentiva battere
sulle sue labbra, attraente ed elettrizzante come mai era stato. Percepiva i
loro corpi che si scontravano, sfioravano sensuali.
«sai una cosa Itachi?» con le mani Ino carezzò di nascosto
i lunghi capelli neri dell’uomo, facendoli passare fra le dita. Li annusò,
portandoli lentamente sotto il naso.
«amo ogni cosa di te» rivelò arrossendo appena, mantenendo
comunque il suo portamento altezzoso e fiero. Itachi la strinse maggiormente a
sé, facendo aderire completamente i loro corpi. Per Ino, fu una risposta più
che esauriente che di mille altre parole melense.
Non sapeva cosa bene l’avesse spinta a seguirlo fuori dal
palazzo che ospitava la festa. Non sapeva nemmeno il motivo per il quale aveva
assecondato le sue richieste, visto che inizialmente non aveva la più pallida
intenzione di esibirsi. Davanti a lui però, per la prima volta, si sentì a suo
agio. Ed improvvisamente si era ritrovata fra le sue braccia, avvinghiata al suo
corpo caldo, desiderando la felicità che coglieva Ino ogni volta che vedeva
Itachi.
Le labbra bollenti passarono sul suo viso, assaporando
l’acre sapore del trucco, fino ad arrivare alla meta ambita; le labbra, ormai
stinte dal rossetto e desiderose solo del suo tocco. Sasuke le sciolse la
crocchia nella quale erano legati i capelli, respirando sulla sua bocca, carico
di eccitazione. Fece scorrere i fili rosati fra le dita di una mano, mentre
l’altra teneva stretta Sakura per i fianchi al suo corpo.
«che giorno è, oggi, Sakura?» domandò l’Uchiha, ripresosi
momentaneamente da quell’impeto di passione che lo aveva colto, a contatto con
la pelle di lei, allontanandosi dalle sue labbra. Si poggiò stancamente sulla
ringhiera del terrazzo nel quale si erano rifugiati, lontani dalle urla
fastidiose dei partecipanti alla festa. Sakura si ricompose, deglutendo
rumorosamente e battendo ciglio. Fece scivolare le sue mani sulle spalle del
ragazzo, sfiorando in un tocco delicato il collo niveo dalla pelle tenera. Sorrise,
nel sentirlo rabbrividire.
«oggi è il sette maggio» sussurrò, pericolosamente vicina
alle sue labbra, andando poi a cercarle, ancora, ancora e ancora, fino a
sentirsi completamente ebbra del suo profumo.
Non si pentì di averlo seguito, né di seguirlo in una
stanza buia del palazzo e amarlo, amarlo per quei pochi minuti concessi a loro
disposizione, prima che qualcuno se ne accorgesse.
«lo so» bisbigliò Sasuke sul suo collo, leccandolo
placidamente e assaporando il profumo della sua pelle, inebriandosi di quella
momentanea beatitudine che Sakura gli stava donando.
Accadde poi, in un solo momento.
Un battito di ciglia e una distrazione.
Sasuke baciò la pelle tenera della gola di Sakura,
leccandone il lieve sudore accumulato nell’incavo del collo dopo il rapporto
avuto, annusando l’odore dolce di cui era imbevuto.
E lì, vi affondò i denti.
Tutto ciò che accadde dopo rimase sfuocato dal dolore,
dalla bruciante sofferenza dell’animo e del cuore che, in quell’istante, smise
di battere.
*
«accidenti!
Tu si che sai la storia nei minimi dettagli, Neji!»
esclamò
un ragazzino esagitato, asciugandosi con la manica della giacca il sudore sulla
fronte.
Neji
sorrise sprizzando fierezza da ogni poro della pelle, sorridendo ambiguo. La
sua storia aveva sortito l’effetto desiderato; quasi tutti tremavano.
«io non
capisco cosa ci sia di spaventoso»
tuonò la
voce femminile con evidente rammarico, imbronciandosi.
«di
spaventoso, Tenten, c’è che questa storia è vera. Questa è la leggenda
proveniente dal Giappone, che poi si è andata a spostare in molti altri paesi
del mondo. Anche qui. Questo prova che i vampiri esistono realmente»
sogghignò
tranquillo davanti all’espressione diffidente della ragazza.
«ah si? E
che fine hanno fatto, questi Sasuke e Sakura? E Itachi ed Ino?»
domandò
stizzita Tenten, per nulla impressionata dalla storia raccontata dall’amico.
«Itachi
aveva trasformato Ino molto tempo prima di quella sera. Per questo Sakura la
vedeva terribilmente pallida. Mentre Sasuke non uccise Sakura, bensì la designò
come sua compagna. La differenza fra Itachi e Sasuke, è che Ino era consapevole
della natura di Itachi. Mentre Sakura non sapeva nulla. Per questo è più famosa
la loro, di leggenda»
spiegò
posato Neji, inarcando delicatamente entrambe le sopracciglia, attento alle
parole della ragazza.
«…e
questo accadrebbe ogni sette maggio, dopo cent’anni, né? A me sembra più
un’assurdità…»
gongolò
maliziosa la giovane ragazzina, troppo spavalda per i gusti di Neji.
«accade
ogni sette maggio di ogni cent’anni, sì, ma solo con le persone che si chiamano
“Sakura” e “Sasuke”. Altrimenti non sarebbe la loro leggenda, testona»
«e questi
nomi dove li trovi, se non in Giappone?»
Neji
sbuffò, frustrato dall’insistenza della ragazza. Alzò le mani in segno di resa,
stizzito.
*
Francia.
Una ragazza dalla corta chioma bionda racchiusa in quattro
code poste ai lati della testa osservò con un impercettibile ghigno sulle
labbra lo specchio di fronte a sé. Prese dalla borsetta il rossetto rosso
fuoco, passandolo diligentemente sulle labbra carnose, dandole un tocco
decisamente provocante. Un’altra ragazza, seduta sui lavandini del bagno del
locale, l’osservava dallo specchio con un’espressione esasperata.
«dai Tem. Sei perfetta così, non c’è bisogno di ulteriore
trucco. E poi non vorrai tradire Shikamaru, né?» domandò frivola, scendendo
agilmente dai lavandini e raggiungendo l’amica.
«macché! È per lui che mi sto truccando. Se si azzarda a
dirmi che non sto bene lo prendo botte.
Anzi, lo appendo vicino al ventaglio che mi ha regalato Gaara» minacciò
tranquillamente la bionda, chiamata Temari. L’amica sorrise divertita.
«almeno appendilo vicino alla finestra!» esclamò
seriamente compiaciuta dalla diabolicità della bionda, ravvivandosi con le mani
i capelli di un particolare color rosso. Talmente chiaro, da essere rosa. O
almeno, così giustificava quel colore tanto insolito di capelli naturali.
«o magari lo defenestro direttamente» aggiunse Temari,
rimettendo il rossetto nella borsa e afferrando senza preavviso per il polso la
ragazza che l’aveva accompagnata nel bagno della discoteca.
«andiamo, Sakura» mormorò, aprendo distrattamente la porta
e lasciando l’amica libera da quella presa. Si diresse senza scomporsi dal suo
ragazzo che sorseggiava in assoluta tranquillità un drink. Sakura l’osservò da
lontano, vedendola poggiare le mani sui fianchi e prendere per l’orecchio
Shikamaru, pensò che diavolo avesse combinato lui.
Si mosse, per raggiungerli, quando, improvvisamente andò a sbattere contro qualcuno.
«scusa, colpa mia! Non sto mai attenta…» si giustificò
seduta stante, osservando il ragazzo che aveva travolto. Guardò i suoi capelli
neri, colore richiamato dagli occhi profondi e dalla carnagione pallida. Per un
attimo le sembrò di vedere un luccichio rossastro in quelle iridi d’ebano.
«di niente. Ma sta’ più attenta…?» il giovane uomo batté
ciglio, attendendo.
«…oh! Sakura!
Piacere!» la ragazza alzò prontamente e stupidamente la mano, affrettandosi a
mordersi il labbro e abbassare lo sguardo, intimorita da quello di lui. Le strinse
la mano, carezzandole con il pollice il dorso. Per quell’istante, sentì un
brivido dietro la schiena.
«io mi chiamo Sasuke. Ed il piacere è tutto mio»
Nella discoteca, il DJ annunciò la mezzanotte. Il sette
Maggio di cent’anni dopo, era arrivato.
*
«c’è
sempre qualcuno che si chiama “Sakura” o “Sasuke”, anche non in Giappone. E
stai tranquilla; la storia si ripeterà anche quest’anno. Ne sono passati
esattamente cento, dall’ultima volta»
Neji ne
sembrò veramente sicuro, ed evitò qualsiasi altra domanda di Tenten tappandole
la bocca con un lieve ma dolce bacio.
Note:
Geisha: in poche parole e, in spiegazione molto
ristretta, le geisha sono nate nel Giappone e sono delle artiste. Studiano
canto, ballo (quello dei ventagli è uno dei più famosi) e anche suonare degli
strumenti. Il loro compito è intrattenere chiunque le paghi con le loro
prestazioni (quelle elencate sopra).
Okyta: è la casa in cui vengono istruite le geishe.
Okobo: sono alti sandali infradito che vengono spesso
utilizzati dalle geishe.
Conbanwà: buonasera.
Haai: ciao.
Choshi wa do’?: come va?
Ahem. Fanfic strana, lo so. Avviso che ho mischiato
“memorie di una Geisha” con “Twilight” ed è uscita questa cosa. Assai contorta,
ma spero che vi sia piaciuta. Non credo ci sia nient’altro da dire…spero solo
che vi sia piaciuta ^^” e recensite! *-*
Dedicata a: Fire91 o più comunemente
detta Giò o NEE-CHAN *-*! Perché oggi compie gli anni ed ha pure avuto un
compito di matematica come regalo XD. Scherzi a parte, spero ti sia piaciuta e
che sia stata all’altezza di ciò che ti aspettavi da me -///- e pensa che metà
del regalo te l’ho fatto ieri notte/questa mattina rimanendo sveglia fino a
mezzanotte per strillarti “auguri!” XD. Comunque, te lo ripeto: AUGURI! E
ricorda: insultando si libera lo stress! (e sai a cosa mi riferisco XD) Ti
voglio bene! *-*
Rory.