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Autore: Kaho    07/05/2008    13 recensioni
Ino sapeva cosa volesse.
Voleva vederla cadere ai suoi piedi, come tutte le ragazzine.
Voleva che lei gli andasse addosso, pregando per il tocco delle sue mani.
Voleva ed esigeva, Itachi Uchiha. Ma Ino Yamanaka non era da meno.
Quando non te ne accorgi, il gico si fa improvvisamente più duro.
[Itachi/Ino]
Genere: Generale, Dark, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Itachi, Altri, Ino Yamanaka
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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I’ll tell you now you can’t win this
You’re way too slow
I’ll tell you now I’m gonna take this
Did you come here to watch me, watch me burn?

Kiba si lasciò cadere su d’una poltrona girevole che, sotto spinta, prese a vorticare, mentre l’Inuzuka osservava passivo il soffitto ingrigito, da cui penzolava una lampadina accesa che fiocamente illuminava la stanza.

Il sentimento di noia e irritazione ben si addiceva al grigiume diffuso.

«Odio aspettare quelli lì per salire sul palco» Ringhiò, premendo i palmi contro gli occhi, stanchi e cerchiati da notti insonni. La maggior parte passate in compagnia.

Naruto Uzumaki, un amico di vecchia data, si unì alla causa con un sospiro annoiato.

«Perché noi dobbiamo esibirci dopo le due di notte? Così prendo sonno…» non ebbe finito di dirlo, che dovette coprirsi la bocca con la mano per nascondere uno sbadiglio.

«È facile, idiota» lo riprese secca l’unica ragazza presente, seduta sinuosamente davanti al piccolo specchio del camerino, intenta a passarsi l’eye-liner antracite sopra e sotto l’occhio. «Noi siamo ancora nella merda, loro sono giù famosi».

Kiba fermò violentemente il moto rotatorio della sedia, fissando con i piccoli occhi felini il viso pacifico di Ino Yamanaka, intenta a sfumare la matita scurissima.

«Famosi dove, poi?»

Dallo specchio Ino sorrise ad entrambi, quel sorriso lascivo e malizioso che metteva soggezione.

E – si ritrovo ad aggiungere mentalmente Kiba, squadrando senza troppi problemi il corpo magro semi-nascosto da pantaloni di pelle aderenti e una canotta nera – evocava pensieri che, se la serata fosse stata fortunata, forse sarebbe riuscito a saziare, se Ino ne avesse avuto voglia.

Tsk.

Miseramente aggiogato ai voleri di una donna, proprio lui che aveva giurato di non subire più tirannie femminili dopo una vita sotto le ali di sua madre e della sorella.

Eppure Kiba sapeva che nessun ragazzo avrebbe potuto sentirsi più di uno schiavetto, sotto le curate mani di Ino: quella donna era bile nelle parole quando con il linguaggio del corpo, incatenava lo sguardo e mandava in panne tutto ciò che poteva essere razionale, risvegliando gli istinti. Anche quando ti scherniva, beffarda, come se fosse superiore a tutti.

«Uh, vediamo, tutta Tokio?» lo derise la Yamanaka, riponendo nella borsetta scura i trucchi.

Kiba seguì i suoi movimenti con attenzione, serrando la mascella mascolina.

Naruto sbuffò, appoggiando stancamente il viso sulle nocche.

«Bah, a me non dispiacciono, ma credo che il loro successo sia dovuto solo all’Uchiha… che ci trovano le donne in lui?» sbottò rammaricato, ricordando il poster appeso sopra il letto di Sakura-chan. La sola idea che lei potesse venerare qualcun altro all’infuori di lui – come accadeva troppo spesso – lo fece inviperire.

Ino si girò, facendo fluttuare la lunga coda bionda nell’aria, e rise – per l’ennesima volta – loro in faccia.

«Quante volte ve l’avrò detto? Itachi Uchiha è un vero dio agli occhi delle ragazze, bello, misterioso e capo di una band Metal, ricco, famoso… ci farei perfino io un pensierino, se non fosse già occupato con quella moretta che gli è sempre appiccicata dopo i concerti!»

«Ino, tu ci hai già fatto un pensierino…» Kiba sogghignò, deciso a riscattarsi con una battuta ben più acida. «Magari anche due, conoscendoti» aggiunse, causando l’ilarità di Naruto e un piccolo broncio della Yamanaka che, tuttavia, non lo contraddisse, anzi, le labbra scarlatte da crucciate che erano si distesero in un sorriso flessuoso, accompagnate dalle lunghe ciglia tinte di mascara scuro, che si abbassarono, vibrando accattivanti.

«Credimi Kiba se ti dico che non verrebbe a nuocere nemmeno a te, questo mio pensiero» cinguettò, sbattendo le ciglia.

L’Inuzuka strinse i pugni, ma non replicò nulla.

Ino osservò la sua reazione, incuriosita e genuinamente divertita; ma prima che potesse lavorare sul ferro caldo, Naruto cambiò bruscamente argomento, forse ingenuamente, forse perché aveva visto l’arrivo di un possibile ennesimo litigio tra i due.

Si era creata una sorta di ‘situazione traballante’ nel gruppo da quando Kiba era entrato nel circolo di ‘uomini’ di Ino Yamanaka, una ragazza che non poteva appartenere a nessuno, tranne che a se stessa, come gli aveva già espressamente dichiarato con un sottile (e crudele) rimprovero: “Cane e gatta non andranno mai d’accordo, Inuzuka.”

E, si sa, i gatti sono animali selvatici che bramano solo indipendenza e coccole.

«Ma Sasuke dove diavolo è?»

«A bruciare l’invidia con qualche ragazzina adorante» rispose secca Ino. «Sai che gli piace essere venerato, non sopporta essere inferiore al fratello» sbottò, irritata. «Piuttosto,» accavallò le gambe, scostandosi con un gesto nervoso una ciocca di capelli color paglia. «dove diavolo è Shikamaru?»

«Eccomi qui, seccatura».

Un ragazzo mediamente alto, con uno strano ciuffo ad ananas in testa, entrò nella stanza ed Ino sorrise, raggiante.

«Alla buon’ora Shika! Buone notizie?» domandò frenetica.

«Diciamo di sì…» commentò neutro il moro, appoggiandosi alla parete con la sigaretta in bocca, spenta.

«Allora?!» Intervenne Naruto, eccitato, alzandosi in piedi in attesa di maggiori informazioni da parte del manager della loro neo-band, nata da meno di un anno e già richiesti in un paio di locali abbastanza frequentati, anche se lavoravano per lo più ad orari improponibili.

Tuttavia, per farsi un nome, si accontentavano dell’orario di chiusura, nonostante la maggior parte dei clienti fossero troppo sbronzi per ricordare la loro musica il giorno dopo.

Le canzoni ‘indimenticabili’ erano quelle dell’Akatsuki, la band in cui militavano ragazzi già famosissimi all’università e al liceo, come Itachi Uchiha e Sasori Akasuna, e la loro rivale per due ragioni, principalmente: la naturale competizione tra Sasuke e il fratello, Itachi, e la natura altrettanto combattiva e ambiziosa di Naruto, Kiba ed Ino (ragazza orgogliosa).

Era stata lei a decidere e obbligare il vicino di casa – Shikamaru Nara – a far loro da manager, consapevole delle sue abilità di oratore. Ed ora attendeva il resoconto del colloquio con il proprietario del locale, impaziente, picchettando le lunghe unghie ovali smaltate di viola scuro contro il tavolino di alluminio.

«Aspettiamo domain mattina o ti sbrighi?» soffiò aggressiva, stringendo i grandi occhi cerulei da bambina.

Shikamaru fece una smorfia, portando la sigaretta intatta dietro l’orecchio destro, dove pendeva un semplice orecchino d’argento, identico a quello che portava Ino.

«E il vostro bassista e leader?» replicò, neutro.

Ino strinse le labbra, Kiba alzò gli occhi al cielo e Naruto scattò verso la porta, energicamente.

«Vado a prenderlo io, quel galletto di Sasuke!» si agitò, nascondendo malamente la soddisfazione di poterlo riprendere davanti a tutti. Ma non poté farlo, poiché Sasuke aprì in quel momento la porta, entrando indifferente nel camerino.

«Teme!» Naruto si fermò precipitosamente, rischiando di cadere contro il nuovo arrivato. «Sei in ritardo!»

«Avevamo concordato un orario?»

Il sarcasmo di Sasuke ebbe in risposta il ringhio di entrambi gli altri due componenti maschili della band e lo sbuffo irritato di Ino.

«Sasuke-kun sta zitto.» sibilò la ragazza, acida.

Il bassista la degnò di un’occhiata neutra, non fredda né calorosa. Semplicemente senza espressioni.

«Yamanaka, non accetto ordini da nessuno.»

«Oh, lo ricordo bene, Sasuke-kun!» Ino rise, amaramente. «Lo dici anche quando sei a letto!»

Sasuke non rispose, preferendo sorvolare sul modo in cui aveva convinto Ino ad entrare nella band come cantante, e si concentrò su Shikamaru, il quale gli aveva rivolto un’occhiata indecifrabile, leggermente più teso.

«Ebbene Nara?»

Il moro si schiarì leggermente la voce.

«Hanno accettato di lasciarci esibire il venerdì sera…»

«Yatta

«’tebbayo

Ino si sciolse leggermente in un sorriso, osservando con sguardo divertito gli urli animaleschi di Kiba e Naruto impegnati stringersi le mani e batterle insieme, nel loro tipico modo di salutarsi.

Sasuke tuttavia era ancora impassibile.

«…c’è un ma, deduco dal tuo silenzio.»

Kiba e Naruto si fermarono, d’improvviso, e loro visi scattarono simultaneamente su Shikamaru.

Il manager obbligato sospirò, stancamente.

«Devono chiedere il permesso agli quelli dell’Akatsuki, prima di dare il sì definitivo.»

Sasuke si rabbuiò. «Bastardi

Naruto si grattò il capo biondo ingellato, per manifestare la sua perplessità. «e allora?»

«Allora?» ringhiò Sasuke, puntando gli occhi antracite contro Naruto. «Quello stronzo di mio fratello non ci lascerà mai far carriera!»

«Oh» Naruto abbassò gli occhi, moscio, e toccò con la punta della scarpa una macchia di unto sul pavimento.

«Che merda!» sbottò Kiba, buttando la testa all’indietro, in uno scarso tentativo per placarsi. Naruto si lanciò su una sedia, il braccio scompostamente appoggiato sullo schienale di plastica colorata e l’espressione intristita.

«Non puoi insistere Shika?» domandò il biondo, mogio.

Il ragazzo scosse la testa, dispiaciuto. «Mi spiace ragazzi.»

Sasuke non commentò, prese il pacchetto di sigarette e uscì dalla stanza. Naruto sospirò ed Ino si alzò, facendo svolazzare i lunghi capelli biondi attorno alle spalle.

«Grazie Shika.» disse al moro, passando accanto a lui. L’amico di limitò a ricambiare il suo sguardo deciso, perplesso.

Kiba inarcò le sopracciglia. «E dove vai ora?»

Ino non si degnò di rispondergli.

Ino mal sopportava decine e decine di cose.

Ad esempio, l’abitudine di Naruto di infastidire Sasuke-kun con quegli stupide sfide. O l’eccessiva sudorazione di Kiba. O, cosa che trovava decisamente più irritante, che la presenza del fratello di Sasuke si frapponesse fra lei e il successo tanto sudato.

Non era entrata solo nella band solo perché Sasuke l’aveva baciata – nonostante l’anno prima fosse cotta dell’Uchiha – ma per le potenzialità di successo che poteva presentare questa scelta. Aveva visto all’opera i suoi compagni prima di accettare, l’energia di Naruto alla batteria, l’abilità delle dita di Kiba alla chitarra e il tuono gutturale del basso di Sasuke. Erano bravi, terribilmente bravi. E con la sua voce erano un buon gruppo.

Si erano allenati per se mesi ininterrotti prima di approdare in un locale, con la loro musica punk rock, e le ci era voluto tutto il tempo delle prove per modulare la voce in modo da renderla più armoniosa possibile con la musica, a tratti dolce e ad altri spezzettata. E altrettanto per farsi un guardaroba decente, non troppo punk, né troppo pop (e doveva ammettere che gli piaceva, la tenuta aggressiva nera).

Camminava ora impettita verso le quinte del locale, perfettamente in equilibrio sui tacchi medio-alti, oggetto di domande di Naruto, che si chiedeva spesso come facesse a saltare con quei ‘cosi’ addosso. Eppure Ino non traballava, forse perché non aveva nessun dubbio: non sarebbe mai caduta, lei. Piuttosto, si sarebbe appoggiata su qualcuno e l’avrebbe fatto cadere sotto, come un cuscino attutente.

I fili dell’impianto elettrico serpeggiavano lungo le quinte, neri e grigio scuro, appena impolverati. Ino li scansò con una lunga falcata, appoggiandosi ad un tavolino, attendendo la fine della canzone.

Batteva il piede ritmicamente sul pavimento, seguendo involontariamente la musica.

Cazzo, Ino si morse un labbro, sono fottutamente bravi.

«Un bicchiere d’acqua, acqua!»

La ragazza sorrise maliziosamente, prendendo una bottiglietta con le lunghe dita magre.

Dalla tenda della quinta uscì un biondino di media altezza, con un ciuffo a palma che saliva al cielo e lunghi capelli che gli coprivano l’occhio destro, similmente a lei, addosso un paio di jeans maltenuti e una maglietta nera spruzzata di colori.

Affascinante, sì. Ma io lo sono di più.

«Ehi Deidara-niichan!» squittì innocente, sventolando sopra la testa la bottiglietta d’acqua. «Ti ho preparato un bicchiere!»

Il ragazzo si fermò, istupidito. «Ino? Che ci fai qui?»

Lei sorrise, cominciando a versare nel piccolo contenitore di plastica il liquido.

«Non posso preoccuparmi del mio fratellone?»

Deidara alzò gli occhi al cielo e gli rubò sospettoso il bicchiere. «Di solito non lo fai mai…» commentò secco.

Ino alzò le spalle. «Oggi è una bella giornata, sono di buon umore!»

«Umph» il biondo ingoiò una discrete quantità di acqua. «Giornate che si contano sulle dita della mano…» bofonchiò, irritato.

«Non dovresti parlare così ad una signorina, Deidara.»

Gli occhi di Ino si illuminarono, vivaci. «Oh, Hidan, tu sì che mi capisci!»

Un ragazzo decisamente più alto le si avvicinò ridendo; i capelli biondo platino ingellati all’indietro non si muovevano di un centimetro – come la sua sicurezza, che pareva irremovibile – e le iridi violacee che la osservavano con un accenno di movimento.

«Ehi biondina come te la passi?» la salutò, passando un braccio attorno alle spalle esili della ragazza.

Ino sogghignò, compiaciuta.

«Abbastanza bene… mi rubate i fans, però!» si lagnò, crucciando le labbra pitturate di rosa antico.

Deidara sbuffò mentre Hidan, al contrario, rise ancora.

«Oh, qualcuno che ama un bel fiore come te c’è di sicuro…» insinuò, malizioso, accarezzandole con i polpastrelli delle dita la pelle nuda della spalla.

Deidara scostò lo sguardo,le guance imporporate. «Hidan, dai cazzo, è mia sorella…» il biondo cercò appoggio dietro di sé. «Sasori-danna…» piagnucolò, indicando con gli occhi (ed enfasi) l’uomo dire qualcosa ad Ino nell’orecchio, facendola ridere.

Sasori Akasuna li fissò senza emozioni e richiuse la zip della custodia morbida della sua chitarra.

«Hidan smettila.»

L’uomo grugnì e si stucco di malavoglia dalla spalla di Ino. «Lei mica si stava lamentando, porca puttana.»

Sasori lo immobilizzò con gli occhi da bambolotto, tondi e inumani.

Hidan alzò gli occhi al cielo. «Oh, vaffanculo, non sapete proprio come divertirvi voi!»

Ino ridacchiò e si appoggiò al muro, osservando l’Akatsuki riporre nelle custodie i loro strumenti. «Non faceva nulla di male» si permise di dire, subito fulminata da un’occhiataccia di Deidara.

«Tu, piccola t– »

«Non con te, Ino. Non con te.»

Ino rise. «Andiamo, mi conosci da quando aveva quattordici anni Sasori! Hai paura di me?»

«So come sei fatta, Ino.»

La risposta di Sasori, carica di diversi significati, le riecheggiò nelle orecchie, quasi fosse una maledizione, ricca di umori diversi e ombre che le parevano sempre più nere.

Che il rosso avesse capito dove volesse andare a parare?

Sbuffò, sperando di non far trapelare il suo nervosismo. «Non dipingermi come una stronza, Sasori. Limiti la mia personalità» ironizzò, scostando il ciuffo biondo dagli occhi da cerbiatta.

Dondolò un po’ avanti e indietro, infantilmente, guardandosi la punta squadrata degli stivali neri e la lucentezza dei pantaloni di pelle.

«Avete finite stasera?»

Deidara alzò gli occhi al cielo. «Va dai tuoi amichetti, ok Ino?»

La bionda si staccò indolente dalla parete, muovendo la mano con non-chalance. «Ok, ok, vi lascio soli… so sei geloso sei tuoi amici, Deidara-chan» lo prese in giro, sbattendo le palpebre.

Il fratello maggiore addentò il labbro superiore, furente. Hidan tornò a ridere, dandole un bacio sulla nuca e un «A presto principessa!» come saluto quando gli passò vicino, come erano soliti fare da quando si conoscevano, mentre Sasori la degnò di un’occhiata indecifrabile.

Ino tentennò prima di uscire, posando gli occhi su Itachi Uchiha, rimasto in silenzio per tutto quel tempo ad osservare il basso – lo stesso strumento di Sasuke, la bravura raddoppiata tra quelle mani – senza guardarla nemmeno una volta.

«E tu non mi saluti, Uchiha?»

Lui nemmeno alzò il capo. Ino strinse le labbra, irritata.

Perché doveva far finta che lei non ci fosse? Perché, quando la guardava, era sempre dall’alto al basso, quasi fosse uno schifoso insetto?

Ino schiaffeggiò nell’aria la lunga coda bionda e marciò verso il camerino, umiliata.

Sapeva che ad Itachi piaceva vederla bruciare d’invidia e delusione.

Era proprio un gran bastardo.

So let me know just how to take this
You’re way to cold
Now show me how, before it breaks me,
Did you come here to watch me, watch me burn?

Dopo la lunga serata, tutti e quattro volevano solo tornare a casa.

Solo Naruto ritrovò l’energia uscendo dal locale quando vide Sakura Haruno attendere pazientemente Sasuke con in mano un cesto da cui proveniva un vago odore dolciastro.

«SAKURA-CHAAAN!»

La ragazza aprì gli occhi verde chiaro e si scostò impaurita, evitando l’abbraccio di Naruto.

«BAKA!» lo prese per il colletto del giubbetto di jeans logoro, alzandolo da terra, dove Naruto stava piagnucolando massaggiandosi la tempia contusa nell’impatto con il terreno. «Devi smetterla con quel –chan, non sono la tua ragazza, capito?!»

Gli occhi di Naruto si fecero comicamente umidi.

«Ma Sakura-chan… non comprendi il mio amore per te!»

«Io ti ucc– !» Sakura mollò d’improvviso la presa, facendo ricadere Naruto a terra, con un tonfo, e si mise a sorridere malamente, ridacchiando imbarazzata in direzione degli occhi d’opale di Sasuke. «Sasuke-kun ti ho portato dei biscotti… ho pensato che, forse, avevi fame dopo la performance… ne vuoi qualcuno?» chiese, esitando.

Sasuke la fissò lapidario.

«Non mi piacciono i dolci.»

«Oh» Sakura fece un sorriso tremulo. «Fa nulla, li butterò.»

«Dalli a me Sakura-chan!»

Un pugno colpì la zazzera bionda, seguito da un guaito di dolore.

«Nemmeno morta!»

Sasuke alzò gli occhi al cielo, cominciando a camminare verso casa. «Naruto, Sakura, andiamo…»

«Sì Sasuke-kun!»

«Umph, quante arie…»

Kiba scuoteva il capo, divertito.

«Ogni venerdì mattina, la solita scena…» commentò, trattenendo una risata, mentre si metteva il casco del motorino, posteggiato poco lontano. «Ehi Ino, vuoi un passaggio?»

Ino si passava la mano tra i capelli biondi, cercando di riordinarli.

«No, vai pure Kiba.»

«Sei sicura? Guarda che non mi faccio problemi a– »

«Sì, Kiba. Vai.»

Il moro tentò di non esternare la palese delusione e saltò sul motorino d’un assurdo color kaki.

«Fai un po’ come vuoi, strega» salutò, inacidito.

Ino gli sorrise, dolce come il miele. «Buonanotte.»

Kiba strinse i denti e accese il motore, sgommando via. In fondo, lo sapeva da sempre che non era Ino Yamanaka a venire catturata; poteva fingerlo di esserlo, ma lei era il ragno che intesseva la tela (e stringeva a sé i cuori).

I lampioni affogavano di luce giallognola la larga strada davanti al Mohito Cafè, dove avevano appena suonato.

Ino ascoltò in lontananza il rumore dello scooter accuratamente truccato di Kiba e strinse le dita sulla cinghia della lunga borsetta di stoffa lillà che pendeva alla sua destra, dondolante.

Forse, un giorno, mi lascerai stare Kiba. Non sono la donna per te.

Dei passi, inudibili se non fosse stato per il silenzio improvviso che aveva fagocitato la via deserta, la fecero scattare indietro.

All’apparenza non vi era nessuno, ma Ino sapeva che lui era lì, proprio come continuava da due settimane, ogni sera che aveva un concerto, ogni qualvolta lui avesse voglia di sbatterla, contro un muro, su d’un letto, in macchina: le importava davvero poco, in realtà.

Ciò che Ino bramava era incatenarlo a lei. E superare l’ostacolo che il contrasto perenne con Sasuke rappresentava.

Non lo vide finché non fu lui ad uscire dal buio di un angolo, camminando lentamente verso di lei; il nero antracite dei suoi capelli ingoiava la luce, rendendola nulla, le occhiaie sottolineavano le iridi scure, inzaccherate di un’inquietante tonalità vermiglia.

La sigaretta, come sempre, pendeva dalle labbra sottili e il fumo grigio si dissolveva nell’aria fredda della sera. Ino rabbrividì e strinse ancora più la morsa sulla borsa.

Io sono più brava. Lo conduco io, il gioco.

«Itachi» il tono era divertito, contornato da un sorriso da gatta. «Come stai?»

L’Uchiha non le rispose – ma Ino nemmeno se l’aspettava, una risposta.

Si appoggiò, invece, contro il muro del locale chiuso, fumando placidamente e continuando solo a fissarla con gli occhi ossidiana: e Ino sapeva cosa volesse.

Voleva vederla cadere ai suoi piedi, come tutte le ragazzine.

Voleva che lei gli andasse addosso, pregando per il tocco delle sue mani.

Voleva ed esigeva, Itachi Uchiha. Ma Ino Yamanaka non era da meno.

«Ho capito» disse, piuttosto seccata. «Vengo io da te.»

In pochi passi fu davanti a lui, braccia strette al petto, mento in alto, codino biondo che fluttuava sulla spalla coperta da un giubbotto di jeans sgualcito.

Le dita di Ino si strinsero attorno alla sigaretta di Itachi, rubandogliela e portandosela alla bocca, in un gesto volutamente lento.

Spirali grigie, sul volto macchiato di eyeliner nero, sbavato.

Alzò le sopracciglia, invitando Itachi a fare la sua mossa; ma lui rimase immobile, le mani nelle tasche dei jeans, attendendo la sua, di mossa.

Ino cominciò a picchiettare nervosamente lo stivale sull’asfalto, frenando a malapena l’impetuosità.

Odiava quel silenzio. Odiava perdere tempo.

Ma non avrebbe piegato nessuno, con la fretta.

«Allora» cominciò, espirando una boccata di fumo. «Dove andiamo, stasera?»

Itachi, allora, sorrise.

Ed Ino si ritrovò a rabbrividire, ancora.

Alle volte si chiedeva se l’Uchiha non fosse un pezzo di ghiaccio che, appoggiato sul suo corpo, le infondesse la sua algidità.

«Non dovresti dettare tu le regole Yamanaka? Scegli tu.»

Ino si portò su dita sul mento, mentre con l’altra mano faceva cadere la cenere sul pavimento.

«Hai la macchina?» domandò, cauta.

Itachi annuì e portò le mani a coprirgli il viso, per impedire al vento di smorzare la fiamma dell’accendino. Ino sorrise largamente.

«La vista panoramica va più che bene.»

Il capezzolo del seno nudo era ancora turgido.

Ino prendeva grandi boccate d’aria, cercando di ricomporsi nel minor tempo possibile.

Di tempo da perdere certo non ne aveva, lei.

Lei non perdeva nulla.

Osservò di sottecchi Itachi, la fronte madida di sudore liscia e pallida, il collo teso mentre affondava dentro di lei, con vigore.

Poteva vedere dal basso quel minuscolo sorriso soddisfatto, la luce languida dei suoi occhi antracite, la tensione dei muscoli sopra di lei.

Bastardo.

Non avrebbe voluto lasciarsi andare all’orgasmo per prima, ma non aveva potuto evitarlo. Era fottutamente bravo, il fratello di Sasuke, molto più di quanto non volesse ammettere.

Ma era plasmabile.

Vinceva sempre, Ino. Anche quando perdeva, ci guadagnava qualcosa.

E – questo lo pensò mentre Itachi scivolava un’ultima volta dentro di lei – se aveva perso nella BMW di Itachi, avrebbe vinto al Mohito Cafè quell’esibizione ad un orario decente.

Itachi non le collassò addosso, a differenza di molti uomini con cui era andata a letto, né le accarezzò i capelli. Si leccò appena le labbra pallide – e Ino lo fissava, decisamente troppo – e prese piccoli respiri, per calmare il corpo ancora un po’ scosso da violenti moti di piacere.

Ino se ne stava ferma, scomodamente infilata tra i sedili dell’auto, in attesa che si mettesse boxer e jeans e se ne andasse a fumare, come sempre.

E così Itachi fece, uscendo dalla BMW, concedendole una sigaretta per sistemarsi.

Ino soffiò il ciuffo ribelle biondo che le cadeva davanti agli occhi si lato e cercò i suoi vestiti, appositamente lasciati sotto il suo sedile, in modo che non perdesse tempo a cercarli.

(Il tempo era troppo poco, per lei.)

Si agganciò il reggiseno, infilò il tanga scuro, ma ebbe ben più difficoltà con i pantaloni, aderentissimi. Stava ancora litigando con la zip, inarcando la schiena contro il sedile per aiutarsi nell’impresa, quando Itachi rientrò, chiudendo la portiera senza tanti accorgimenti.

«Ti riporto a casa.»

«Ehi! Devo ancora– !» inutile protesta, la sua, dato che l’Uchiha aveva preso a guidare verso casa, imperturbato in volto.

Stizzita lasciò perdere la chiusura dei pantaloni e si infilò la canotta veloce, il giubbetto, e ebbe una mezza crisi isterica per allacciare gli stivali, che proprio non volevano collaborare.

Stronzi, stronzi!

«Arrivati.»

«Uh?» Ino also lo sguardo, e vide la sua piccolo villetta di media-borghesia. Illuminata.

Spaventata guardò l’orologio della farmacia vicino a casa, e lesse l’ora: le cinque di mattina. Suo padre doveva essere preoccupato.

Schioccò la lingua sul palato per esprimere tutta la sua disapprovazione e decise di rimandare la chiusura degli stivali a dopo.

«Arrivederci, Uchiha» sbottò, appoggiando la mano anelata sulla maniglia della portiera. Fu fermata dalla mano di Itachi, infilatasi nei pantaloni di pelle non ancora chiusi.

Un soffio tra i capelli, appena sotto l’orecchio, una delle zone più sensibili del suo corpo.

Come faceva già a conoscerla, prima che lei scoprisse tutti i suoi punti deboli?

«Vedi di sistemarti, brava ragazza» sogghignò nel suo orecchio, muovendo pigramente i polpastrelli sullo stomaco piatto. Ino emise un suono indistinto, un gemito strozzato.

«Sei l’ultimo che mi deve dare consigli!» fu la risposta carica di alterigia, rancore, e qualcosa di indefinibile.

Avvertì il fantasma di due labbra contro la pelle, già arrossata.

«Addio, Yamanaka.»

«Non ci contare, non ti liberi così facilmente di me!»

Si concesse un sorriso trionfante, prima di uscire dall’auto. Camminò tranquilla per la strada, a piedi nudi, scollando la chioma bionda, sicura – sicurissima – di essersi guadagnata quella serata al Mohito Cafè e – ma questo lo sapeva solo il suo subconscio – una nottata con quel bastardo dell’Uchiha.

I’ll let it show that
I’m not always hiding
Come all the way down
And watch me burn
I won’t let it show that
I’m not always flying
So on the way down
I’ll watch you burn


«Cosa?!»

Ino sbarrò gli occhi, che improvvisamente avevano cominciato a pizzicarle.

«Niente serata?!»

Shikamaru scosse la testa, leggermente a disagio.

«Pare che gli Akatsuki non vogliano cedervi nemmeno un’ora… io… mi dispiace, ragazzi.»

«Non ci credo! Che bastardi!» inveì Naruto, prendendo a calci la porta.

Kiba si era lasciato andare sul divano, con un gemito frustrato. Sasuke, semplicemente, fumava serrando tanto le labbra da farle diventare bianche.

Ed Ino?

Ino scappò dal camerino e sfrecciò verso le quinte del locale, la vista così appannata che faceva quasi fatica a mantenere il suo innato equilibrio sui tacchi.

Era uscito da solo, per un bicchiere d’acqua. Se ne stava appartato nel suo angolo, bevendo una bottiglia di birra fresca. Al buio, la sua collocazione naturale.

Fu così che lo trovò Ino: stava sorseggiando l’alcolico leggero sereno come se nulla potesse farlo cadere. Ma aveva giocato con la ragazza sbagliata.

Ino non cadeva mai, mai. Proprio mai.

«Bastardo schifoso di un Uchiha!»

Itachi alzò gli occhi su di lei, senza essersi scomposto più di tanto.

«Ciao Yamanaka. Vuoi sfogare le tue frustrazioni con una scopata?»

Ino lo prese per il colletto del giubbotto di pelle, ignorando la naturale differenza d’altezza tra lei e Itachi, e avvicinò il piccolo naso dritto a quello di lui, digrignando appena i denti.

Non le importava che vedesse che stesse piangendo.

Voleva solo ferirlo, ripagarlo con la stessa moneta. Voleva picchiarlo, tanto era denso l’odio che provava per lui in quel momento.

«Sei un figlio di puttana Itachi Uchiha! Io ti rovinerò, stanne certo!» gli ululò in faccia, la voce estremamente stabile nonostante il viso macchiato da righe nere.

Itachi le sorrise, sadico.

«In queste condizioni faresti ben poco… e poi ti rovinerò sempre, Yamanaka.»

La mano di Ino si alzò, aperta.

«Bastardo!»

Una stretta su entrambi i polsi fermò il suo schiaffo, e in un attimo Itachi portò i polsi sopra la testa, un luccichio insano negli occhi antracite.

E Ino tremò appena, notandolo.

(Prima non vi aveva mai fatto caso.)

«Tutti questi insulti… ti laverò la bocca…»

Le labbra di Itachi si impossessarono con violenza delle sue, mentre lei si dibatteva con un animale, muovendo il capo a destra e a sinistra.

Avvertì la presa sui polsi farsi più forte, più feroce, e il cuore si fermò di un battito.

«’Sta ferma, micina» le sussurrò Itachi all’orecchio, falsamente gentile. «Vuoi quella fottuta serata per il concerto, no?»

Lei non gli rispose, ma lo sfidò con gli occhi azzurri infuocati.

Itachi la derise.

«Allora devi stare alla mie regole, micina… bisogna chinarsi, alle volte, per ottenere le cose, non lo sai?»

Ino non rispose, continuando a tenere il viso alto e orgoglioso.

«Itachi?!»

Il ragazzo imprecò e la lasciò andare, prendendo l’ultimo sorso di birra. Ino lo osservò, crudele e minacciosa, massaggiandosi i polsi arrossati. Itachi ricambiò lo sguardo, più rilassato.

Le prese il mento tra indice e pollice e l’alzò alla luce, orgoglioso.

«Sei la cosa più bella che mi sia mai capitata tra tutte le puttane che ho avuto» le sorrise, raggelante. «Ino»

«Itachi?!»

«Arrivo Deidara!»

Le baciò leggermente le labbra. «A presto, Ino»

Quando lui se ne fu andato, Ino si lasciò cadere a terra, singhiozzando,

Te lo dirò adesso che non puoi vincere

sei troppo lento

ti dirò adesso che ce la farò

sei venuto qui per vedermi, per vedermi bruciare?

Così lascia che capisca come resistere

sei troppo freddo

ora mostrami, prima che mi distrugga,

come sei venuto per vedermi, per vedermi bruciare?

Lascerò che si veda che

Non sempre mi nascondo

Vieni qui sotto

A vedermi bruciare

Non lascerò che si veda

Che non volo sempre

Così qui sotto

Ti vedrò bruciare

Burn, Three Days Grace

Lo so, Ino rocker è strana, pensatela un po’ Avril Lavigne (Rò… XD)

Spero vi sia piaciuta… scusate se non faccio troppi commenti, ma ho il cervello che canta ‘Arma virumque cano…’ e non è bello. =_=

E adesso, per favore, un commentino. Anche se è malato, insano, osceno, e solo sesso. ù//ù Ma d’altronde non sempre Ino può avere ciò che vuole, giusto? la vita ti sfugge di mano. e anche i secondi, scorrono veloci.

*fugge a scrivere Welcome, che attende da troppo tempo*

Bye,

Kaho

  
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