Crossover
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Autore: Dark00    07/05/2008    1 recensioni
In viaggio verso Ovest il gruppo di Sanzo viene costretto ad unirsi ad un oscuro personaggio, Dark Schneider, il quale li accompagnerà durante la ricerca dei sutra dell'origine celeste. Perchè i Sanbutsushin hanno deciso di affiancare lo stregone al già strampalato gruppo di Sanzo? E soprattutto come si potrà fa fronte al sempre più imminenete risveglio di Gyuma-o? Lo scoprirete leggendo questa mio crossover tra Saiyuki, Bastard!! e Evangelion.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Cap 4

Cap 4


Il ticchettio della pioggia contro le grandi finestre si fece via via più insistente, un continuo crescendo in quella cacofonia di suoni che faceva da sottofondo alla cena dei viaggiatori. Quella che un’ora prima era sembrata una normale pioggerellina, per quanto possa esser normale sul limitare di una zona desertica, si trasformò in un violento acquazzone. Nessuno dei pochi avventori, che stavano consumando il pasto nel piccolo ristorante, tuttavia mostrò d’esser più di tanto sorpreso, vuoi perché abituato a queste continue bizzarrie climatiche provocate dal grande cataclisma di diciassette anni prima, vuoi perché troppo impegnato a mangiare. Specialmente uno. Subito dopo aver sterminato quasi la totalità della tribù degli Hbadrish, Sanzo e compagni si erano rimessi immediatamente in viaggio, senza prestare la minima attenzione a quei pochi superstiti che, alla loro vista, cercarono di mettersi al riparo nelle profondità del deserto. Ovviamente se ancora rimanevano loro gambe per correr via. Trascurando il fatto che Hakkai stesse guidando ad un’andatura particolarmente sostenuta, suscitando le ire di Gojyo e Goku che non gradivano affatto le botte e gli scossoni che stavano subendo di continuo nel retro della jeep, nessun evento notevole accadde durante quelle sei ore che ancora li separavano dal punto di ristoro cui erano giunti verso le 21.30. Sanzo, per la prima volta in quella convulsa giornata aveva consumato uno dei panini, l’ultimo, sotto gli occhi affamati di Goku che a stento riuscì a trattenere le lacrime, mentre Gojyo ed Hakkai discutevano se a quella folle velocità sarebbero comunque riusciti a giungere in una locanda prima che calasse la notte. Gojyo non aveva alcuna intenzione di rischiare la vita su una strada ancora coperta di sabbia, per poi passare l’ennesima notte all’addiaccio. In seguito i fatti diedero ragione al pilota. Dark Schneider, da ultimo, sé ne stava placidamente rincantucciato, lavorando instancabilmente, con una palese espressione di soddisfazione sul volto. Quella che i suoi compagni scambiarono per soddisfazione dovuta alla rapida vittoria sui demoni cannibali, era in realtà causata dal suo lavoro, in via di conclusione. Altre cento o duecento righe di codice, che avrebbe ultimato quella sera stessa, e poi finalmente Misato avrebbe avuto quei pochi listati mancanti, e che tutti alla Nerv speravano di non dover mai usare. “Strano – pensò – lavorare tanto ad un progetto, impegnare risorse immense per la sua realizzazione e poi sperare che non ci sia mai bisogno di esso. Curioso.”

Quando giunsero alla taverna, o meglio quello che loro pensavano esser una taverna, il cielo aveva già iniziato a sgocciolare da qualche decina di minuti. Il paesaggio era iniziato a cambiare: le distese di sabbia ai lati della strada avevano iniziato a cedere il passo e formazioni rocciose di medie dimensioni. Collinette sempre più grandi iniziarono ad offrire una dimora a piccole lucertole ed a timidi arbusti, mentre piccole grotte e grandi macigni rendevano il paesaggio simile ad un grande giardino zen. Un altro degli scherzi e delle bizzarrie orogenetiche post second impact. Il cielo aveva iniziato ad oscurarsi, più per le grosse nubi, nere e cariche di pioggia, che per la sera imminente, e come per il più perfetto sincronismo, anche il volto e l’umore di Sanzo, già non dei migliori, si rabbuiarono. I suoi tre amici lo sapevano bene, ed infatti nessuno di essi si azzardò a rivolgergli la parola; fu Gojyo, con un muto messaggio degli occhi a far capire a Dark Schneider, che il bonzo e la pioggia non andavano troppo d’accordo. Lo stregone annuì, mentre riponeva il suo pc, che non aveva maggiore affinità di Sanzo con l’acqua che già iniziava a cadergli sopra.

La taverna in cui trovarono rifugio era un vecchio motel, principalmente usato da autotrasportatori nei primi anni di ripresa post-impact, quando molte grandi vie di comunicazione terrestri furono ripristinate, mentre i collegamenti aerei venivano adibiti quasi esclusivamente ad uso militare. In seguito, ripristinati anche i voli civili e trasporto merci non belliche, non furono più molti ad azzardarsi ad attraversare il deserto, complici anche le incursioni degli Hbadrish, che da qualche anno erano diventati sempre più aggressivi. Ma grazie a pochi coraggiosi, o pazzi, e soprattutto al cambiamento del motel in albergo a ore, l’attività aveva evitato il fallimento, aprendo addirittura in alcune stanze un piccolo ristorante. La struttura era piuttosto rozza: un unico piano realizzato in fibroplastica, che veniva coltivata in zone limitrofe in grandi piantagioni, e lamine di opaco vetro rinforzato, che come una cornice quadrata al suo interno poteva accogliere i veicoli degli avventori in un parcheggio che ormai era diventato troppo grande. Quella sera erano posteggiati solo tre camion e qualche auto, oltre ad Haku-Ryu, che tuttavia ritornò in forma di drago, per godere anch’esso del meritato riposo. Appena arrivati Sanzo si diresse subito verso la stanza che condivideva con Hakkai lasciando gli altri a consumare il pasto. Ovviamente Goku non ebbe bisogno di farselo dire due volte, ed immediatamente ordinò e consumò cibo per più di dieci persone. Hakkai, palesemente imbarazzato, dopo una piccola ciotola di soba, stava sorbendo sakè di scarsa qualità, mentre Gojyo, che neppure finì ciò che aveva chiesto, iniziò a fare il cascamorto con l’avvenente cameriera, l’unica presente nel locale, ormai da tempo avvezza agli apprezzamenti che i rudi ospiti facevano in continuazione sulle sue procaci forme. Visto che erano capitati in un posto del genere, era destino che dovesse approfittarne. Lo stregone consumò un’omelette alle verdure, la peggiore che avesse mai mangiato, e si allontanò dal tavolo, sostenendo di dover terminare al più presto quel poco di lavoro che gli mancava. Quella notte avrebbe diviso la stanza con Goku e Gojyo, e per quanto fosse contrario all’idea di dormire insieme a due demoni, preferì evitare la compagnia del bonzo: passare un’intera notte con un religioso di cattivo umore e che per di più, da quando era iniziato a piovere, fumava come una ciminiera non lo allettava di certo. Per questo non protestò quando furono formati i due gruppi.

Una volta rimasti in due a tavola, Goku, immancabilmente con la bocca piena, esordì, sputacchiando qualche pezzettino di carne: “Almeno non sé ne è andato via senza dire niente.”

“Che intendi dire, Goku?”, rispose Hakkai dopo aver staccato le labbra dal piccolo bicchiere.

“Si sta aprendo…..Beh….quando ci siamo incontrati per la prima volta non ci ha rivolto la parola…..non ci ha neanche degnati di uno sguardo.”

“A me non era sembrato tanto infastidito dalla nostra presenza, quanto disgustato. Ho avuto l’impressione che ci avrebbe volentieri fatto fuori sul posto. Io mi sono irritato parecchio, anche se sono rimasto piuttosto stupito per Gojyo. Pensavo che gli avrebbe rotto la faccia a pugni. Senza dubbio è cresciuto parecchio.”

“Senti Hakkai” mentre il nome Gojyo gli fece venire in mente che il kappa non aveva finito di cenare,e fondandosi sui suoi avanzi, “tu pensi che sia cattivo?”

“…cattivo?”

“Intendo un uomo malvagio, cattivo appunto. A me è parso solo molto depresso. Però…..non lo capisco. L’ho guardato lavorare con quel suo strano aggeggio e mi è sembrato o completamente perso, o sul punto di mettersi a piangere, anche se mi sembra strano, ma mai arrabbiato. Tu che ne dici?”

“Sei sicuro di quello che mi stai dicendo?”

“Si,…. cioè No. Ho avuto come una sensazione, però……”

“A livello di istinto fra noi quattro sei tu quello più dotato, in genere hai ragione. Però non posso neanche negare di aver avuto l’impressione che, dopo aver sterminato tutti quei demoni, stesse provando una sorta di compiacimento morboso, diverso dalla gioia per aver vinto una battaglia…”

“Scusa, cosa vuol dire morboso?”

Hakkai sorrise, provando improvvisamente tenerezza per Goku. Sebbene avesse più di cinquecento anni sembrava proprio un ragazzino. Dopo aver passato mezzo millennio imprigionato dentro una grotta fredda e buia, senza saperne il motivo, l’infanzia passata in un tempio buddista, circondato da monaci che lo guardavano come la peggiore delle pestilenze e lo trattavano come un animale, era normale che volesse conoscere gente nuova. Del resto quello strano personaggio non aveva mai fatto loro del male ed aveva reagito verbalmente solo se provocato. Non capiva però questo ribrezzo quasi ossessivo verso loro demoni. Probabilmente non era la prima volta che ci aveva avuto a che fare.

“Niente, lascia perdere.”

“E poi é molto forte. Secondo te come ha fatto?”

“Non ne ho la più pallida idea. Non sapevo di esseri umani che potessero padroneggiare arti magiche, specie in quella maniera. Del resto abbiamo la certezza che non sia un demone. Non so…., in fondo neanch’io posso usare la magia, però posso garantirti che ha fatto una bella confusione. Avendo espanso il mio Ki al massimo, per sostenere la barriera, ho percepito terrificanti perturbazioni nei vari flussi di energia, e devo dire che è stata un’esperienza straordinaria. Mi sono sentito veramente inebriato. Evidentemente non era la prima volta che lo faceva: anche il minimo errore nel controllo delle energie ci avrebbe vaporizzati tutti all’istante!”

“Hakkai, a parte che non ho capito niente di quello che hai detto, che vuol dire inebriato?”

“….hai presente come ti senti quando hai appena finito di mangiare?”

“Siiiiiii! …Affamato!!!”

“………” T___T

“Che c’è?”

“Lascia perdere. Ti dico solo di fare attenzione. Se ti sbagliassi potresti rimanerne ferito. O piuttosto potresti aver ragione, e magari anche lui, come Sanzo… Ehi, dove vai?”

“A portare qualcosa da mangiare a Sanzo. Oggi ha mangiato solo un panino e non mi piace che fumi tutta quella robaccia senza mangiare un po’.”

“Ok, ma non insistere troppo. Sai bene come diventa con la pioggia.”

Come risposta alle sue parole giunse un sorriso, un sorriso innocente, e tutto ciò che poté fare fu ricominciare a bere sakè, guardando la cameriera che aveva appena mollato a Gojyo un vassoiata in piena faccia. Evidentemente non aveva gradito troppo quell’ultimo commento sul suo seno enorme.



Più tardi, tornato in camera, Goku trovò il kappa che allo specchio si massaggiava il volto dolorante, imprecando parole che era troppo innocente per capire, e lo stregone al telefono.

“……meglio, grazie. Dammi ancora una o due orette e ti invio gli ultimi spezzoni di codice. Ci sentiamo.”

Contemporaneamente le due lunghe chiome si voltarono verso Goku, che aveva dipinta sul volto un’espressione triste, tipica del cucciolo bastonato.

“Che hai fatto?” domandò il kappa

“Sanzo”

“Mh?”

“Gli ho portato qualcosa da mangiare – piagnucolò - era a digiuno da stamattina, non ha fatto altro che fumare, e…”

“Ti ha cacciato via in malo modo, senza neanche degnarti di uno sguardo. Fammi indovinare: sé ne stava appoggiato al letto con tutte le luci spente guardando fuori dalla finestra con aria trasognata, giusto?”

“Si.”

“E tu avrai insistito come tuo solito, non è vero?”

“Beh, ecco, io…. Ero preoccupato per lui. Perché mi tratta così ogni volta. Lo faccio solo per il suo bene, non voglio che….”

“Basta così. Te lo ripeto per l’ennesima volta: non è un bambino, sa badare a se stesso, quindi smetti di preoccuparti. Quando avrà abbastanza fame si alzerà ed andrà a mangiare. Sai com’è fatto. Adesso vatti a letto, che se domani spiove partiamo presto.”

“Va bene.”, rispose, per nulla convinto.

Accingendosi a spogliarsi si avvicinò a Dark Schneider.

“Che fai di bello?”

“Di bello niente. Sto, anzi stavo, finendo questo maledetto sistema. Se tutto va bene fra un’oretta ho concluso.”

Incoraggiato dall’insolita loquacità e dall’immediatezza con cui era giunta la risposta gli si avvicinò ulteriormente. Probabilmente sarebbero potuti diventare amici. Non fece in tempo a finire di pensarlo che lo stregone si voltò verso di lui:

“Ricordi cosa ti ho detto, vero? Non toccarmi o ti strappo le mani.”

Il tono però era cambiato: non era furioso come al solito, ma solo molto molto stanco



Le ore successive videro solamente un intensificarsi della già notevole precipitazione. All’esterno la sabbia che copriva l’asfalto del parcheggio si era trasformata in una sorta di fanghiglia rossiccia, mentre le rocce tutt’intorno all’ albergo erano rese lucide dai rivoletti d’acqua che vi scorrevano sopra e che avrebbero garantito nuova sopravvivenza agli arbusti che, sparuti, vi crescevano. Sicuramente non sarebbero ripartiti quella mattina.


Era notte fonda quando Goku si alzò, intontito ed assonnato, per andarsi a liberare la vescica. Dirigendosi verso l’agognato bagno notò che Dark Schneider si era addormentato seduto alla piccola scrivania, con la testa poggiata sulle braccia conserte. Lo screen-saver del computer emanava una tenue luce azzurrata, che rendeva ancor più chiari e belli i suoi lunghi capelli, ma d’altro canto il ronzio della ventola di raffreddamento riportò alla realtà il demone scimmia, ricordandogli il motivo per cui si era alzato. Espletando le sue fisiologiche funzioni iniziò a provare brividi di freddo (effettivamente nel deserto l’escursione termica tra giorno e notte è notevole ed egli indossava unicamente boxer e maglietta), e si domandò se anche lo stregone non sentisse i morsi del gelo. Tornato in camera da letto disfò quello destinato a Dark Schneider e ne trasse la coperta più pesante, cercando di fare il minor rumore possibile, per poi avvicinarsi a quell’azzurra figura dormiente. Goku lo fisso curioso: nel sonno il suo volto appariva per la prima volta sereno, il suo respiro era regolare e silenzioso, i bianchissimi denti lasciavano trasparire tenui bagliori dalle perfette labbra socchiuse. Il demone ebbe la certezza che le sue sensazioni fossero esatte:un uomo che dormiva con un’espressione del genere non poteva esser cattivo, cattivo come quei monaci che da piccolo l’avevano tormentato in mille modi, fisicamente e psicologicamente. Ciò che però più lo colpì furono le lunghe ciglia, ancor umide di lacrime, e le scie, brillanti in quell’atmosfera surreale, che queste avevano lasciato, seccandosi, sulle sue guance. Non avrebbe mai pensato di poter vedere quell’uomo, che gli era sembrato tanto freddo e determinato, versare anche una sola lacrima. Un sorriso gli si dipinse sul volto. Tutto ad un tratto, accingendosi ad appoggiargli sulle spalle la coperta che stringeva in mano, si accorse che teneva qualcosa, un pezzo di carta, tra il pollice e l’indice della destra; la tenue luce non gli permise di riconoscere in quella che lui pensò esser una fotografia, altra forma che quella di un ragazzino, affiancato a qualcosa di cui non riuscì a determinare l’origine. Terminato di coprirlo cercò di distinguere cosa raffigurasse quella foto, sicuro che rappresentasse qualcosa di importante per lo stregone, magari la foto di alcuni amici o parenti che aveva lasciato per unirsi al loro viaggio. Cercò di sfilarla dolcemente dalle dita del dormiente, dimentico delle varie minacce che quello gli aveva rivolto, quando all’improvviso un tremendo colpo al costato lo spinse via mandandolo a sbattere contro la spalliera del letto. Il dolore fu tanto forte da togliergli il fiato, tanto da impedirgli di urlare, anche se avrebbe voluto farlo con tutto sé stesso; le orecchie gli ronzavano e l’unica cosa che riuscì a sentire fu il sapore del sangue, che caldo gli stava fuoriuscendo dalla bocca. Faceva fatica a respirare per le fitte intercostali e si sentiva dei crampi terribili lungo tutto il lato sinistro della cassa toracica. Lo stregone si era già alzato, coprendo con le schiena l’unica fonte luminosa in quella stanza: l’ultima cosa che voleva era che si accorgessero che aveva appena versato lacrime. Il kappa, svegliato dal baccano prodotto da Goku che si schiantava contro al letto, assonnato vide L’oscura figura che incombeva sul suo piccolo amico.

“Che cavolo stavi facendo, schifoso essere? Allora? – non si accorse di stare urlando – Non provarti mai più a toccare me o le mie cose con le tue luride mani! Bestia! Bestie!! Cosa volete ancora? Insudiciare anche i ricordi della gente? Parla, rifiuto!!!”

L’unica risposta che da Goku fu un colpo di tosse, accompagnato da uno sbocco di caldo plasma. In preda alla rabbia più cieca Dark Schneider lo prese per il collo, lo tirò su in piedi, pronto a colpirlo di nuovo, senza che Gojyo, troppo sconvolto per reagire, osasse frapporsi fra i due.

“Allora, COSA VOLETE ANCORA DA ME?!!”, gridò con voce malferma a pochi centimetri dal volto del demone: gli era così vicino da poter percepire l’odore del suo respiro, l’odore del suo sangue.

Poi ad un tratto lasciò la presa.

Con la sua vista magica, avvezza a distinguere ogni minimo particolare sia nella luce più abbagliante, come nella tenebra più profonda, non aveva visto traccia di paura negli occhi di Goku, ma dolore, dolore misto rabbia, che rapidamente stava sciogliendosi nelle grosse lacrime che si stavano formando ai bordi dei suoi occhi gonfi. Un senso di nausea, misto a sensazioni non provate più da tempo, lo impietrì, lasciandolo a bocca aperta: un turbine di emozioni si riversò in lui, come una raffica di pallottole roventi gli avesse prima morso, e poi dilaniato la carne. Abbassando lo sguardo distinse la coperta che giaceva ai suoi piedi, ed accanto ad essa il corpo raggomitolato a terra di Goku, mentre si rialzava a fatica. Senza neanche mettersi le scarpe, il piccolo demone scappò via barcollando dalla stanza, sotto la pioggia, sentendosi umiliato, ma soprattutto tradito: come con Sanzo aveva cercato di rendersi utile e servizievole, ed era stato insultato e scacciato, così ora aveva rischiato di venir massacrato.

Tutto in una sola notte era davvero troppo.

  
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