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Autore: sleepingwithghosts    06/12/2013    4 recensioni
(...) mi ripetete come, di preciso, riusciremo a scovare Jared, Shannon e Tomo?»
Una malsana idea nata subito dopo aver visto Artifact. Tre amiche che partono alla ricerca dei loro eroi, prendendo un volo last minute per Los Angeles e che finiranno per mangiare tante ciambelle, questo è sicuro. Ma li incontreranno? Ci riusciranno davvero? Che l'avventura abbia inizio.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Cos’è che ha capito precisamente, secondo voi?», chiede Rain.

«Vai a saperlo», risponde Francis. «Com’è che dice sempre Shannon? Se non fosse stato un attore e un cantante adesso sarebbe in un centro di infermità mentale».

«Mi immagino già Bart che si dibatte arrabbiato dentro la sua testa», dico scuotendo la mia.

«What are you three saying?», s’intromette Jared, fissandoci dritte negli occhi. Noi ci ammutoliamo sul momento. È la prima volta che ci rivolge la parola direttamente, per tutto il tragitto in metro è rimasto in silenzio – come anche Shannon – con il cappuccio in testa e gli occhiali da sole.

«Amh…». Purtroppo è tutto quello che esce dalla mia bocca. Dove sono finite tutte le mie capacità linguistiche? E questo non è un problema di inglese, le parole sono proprio bloccate da qualche parte nel mio cervello e non hanno nessuna intenzione di uscire. Gli ultimi due neuroni sopravissuti all’incontro dei fratelli Leto probabilmente sono in letargo. Non posso biasimarli.

«Stavamo parlando della città», esclama Rain con una voce a dir poco stridula. La guardo e sgrano gli occhi. Mi chiedo che cosa abbia intenzione di inventarsi.

«E cosa dicevate?».

«Che siamo contente di vederla, che è molto bella».

«Tutto qui?». Ahi, Rain non poteva essersi dimenticata che New York era il suo posto preferito nel mondo, giusto? «Solo molto bella? Questa città è perfetta».

«Vorrei farti notare che la metro è al chiuso».

«E quindi?», è confuso e le sue sopracciglia si avvicinano tra loro. Adorabile.

«E quindi non posso dire molto dato che quello che visto fino ad ora sono solo delle mura. È la nostra prima volta, qui nella Grande Mela», dice Rain esasperata.

«Touché», sorride Jared.

«Francese, ti pareva», mi dice Francis all’orecchio.

«Fissato», confermo annuendo. Mi guardo intorno, e solo voltando il busto completamente vedo Shannon, alcuni passi dietro di noi. «Hei, vecchietto, non riesci a tenere il nostro passo?», scherzo. Mi diverto troppo a farlo innervosire facendo frecciatine riguardo alla sua non più tenera età, non ci posso fare niente. La risposta pronta e seccata che di solito mi riserva, però, tarda ad arrivare. Nel suo viso invece si tratteggia una smorfia. Guardo Francis: anche lei è confusa quanto me. Ci avviciniamo un po’.

«Va tutto bene, Shan?», chiede la mia amica.

Lui annuisce. «Tutto bene, non preoccupatevi». Fa qualche passo verso di noi, ma la sua camminata e strascicata. Potrei giurare che un po’ zoppica.

«Non vorrei contraddirti…», comincio, ma lui alza gli occhi al cielo e mi blocca.

«Come non fai mai, certo…».

Lo guardo con uno sguardo di sfida e lui ammutolisce. «Stavo per dire che non mi sembra vada tutto bene. Tu zoppichi, Shannon».

«Non è niente», ripete, il tono fermo.

Mi volto verso Francis. «Io non ci credo», le dico in italiano. «Ha qualcosa che non va».

Lei mi guarda qualche secondo e poi gli si avvicina. Non so con che coraggio ma, dopo averlo fissato per qualche secondo, si inginocchia davanti a lui e comincia a toccargli la gamba destra. Sul volto di Shannon si dipinge una maschera di sorpresa e incredulità che credo sia specchio della mia.

Lo so che probabilmente è tutto frutto della mia mente malata, o forse è solo l’aria di New York che mi fa pensare a queste cose, ma, in un primo momento, mi chiedo se Francis non voglia farlo stare meglio utilizzando qualche tecnica censurata in Hurricane che non sto qui a specificare. Tossicchio fra me: mi faccio spavento, quando penso a queste cose. In un secondo momento penso invece che stia sfoderando il suo lato da medico. E ne ho la conferma quando la sento chiedere: «Qui ti fa male?».

Shannon sussulta. «Jesus».

«Non ho ancora iniziato a studiare, se non consideriamo i tomi di biologia e chimica per il test d’ammissione all’università, ma il tuo ginocchio destro è gonfio. Devi farti visitare da un medico, uno di quelli veri si intende», dice Francis alzandosi e rassettandosi i pantaloni.

Shannon si porta una mano sugli occhi e rimane in quella posizione per un tempo che mi sembra infinito. Mi si stringe il cuore. Conosco molte cose su di loro, ogni giorno scopro qualcosa di nuovo attraverso un’intervista, un servizio fotografico, un semplice tweet. Eppure mai avrei pensato di poter vedere sul serio la loro sofferenza. A volte tendiamo a dimenticarcelo che anche loro, le persone che seguiamo come se fossero dei messia, come se fossero degli dei – i nostri dei – sono umani, e provano dolore. A volte tendiamo a dimenticarcelo che le canzoni che noi ascoltiamo la mattina andando a scuola seduti sul sellino gelido di un autobus, sono spesso frutto di quel dolore che li trafigge e che noi non possiamo conoscere. Ci è off limits. E invece ora ce l’ho proprio davanti agli occhi, il suo star male.

Francis gli si avvicina e, come se fosse la cosa più giusta da fare, lo abbraccia. In un primo momento vedo Shannon irrigidirsi. Poi, come se improvvisamente avesse capito che quello era esattamente quello di cui aveva bisogno, la stringe a sé. «Appena torniamo a casa ci vado», lo sento dire.

«Domani, devi andarci domani. Quel ginocchio ti serve».

Lui scioglie l’abbraccio e la guarda, e guarda anche me. Tace per qualche secondo, si sistema la custodia con la chitarra sulla spalla, poi prende un grosso respiro. «Ho paura. Come dici tu, quel fottuto ginocchio mi serve. Come diavolo suono Christine, altrimenti?». Una parte di me non ci crede, ma ho appena sentito dire a Shannon Leto che ha paura. L’ha detto a noi, delle ragazze che fondamentalmente lo tormentano da giorni.

Una forza che proviene da dentro mi spinge ad avvicinarmi a loro. «Lo so che fa paura, le novità spaventano sempre, ma tu devi andare dal medico. Possiamo venire con te, se vuoi. Sicuramente Jared lo farà, se gli spieghi la situazione».

«Che cos’è che deve spiegarmi?». La voce di Jared suona alle mie spalle, ed è proprio lì che lo trovo quando mi volto, intento ad osservare me, suo fratello e Francis. Dev’essere sicuramente stato attratto dall’abbraccio della mia amica, per aver abbandonato l’animata conversazione che stava facendo con Rain.

Guardo Shannon e gli sorrido. Se potessi gli stringerei la mano, per dirgli che io e i milioni di echelon ancora ignari del suo ginocchio, sono con lui, pronto a sostenerlo in qualsiasi momento. Lui annuisce a me e Francis e prende un respiro. «Sto diventando vecchio, Jared, ecco cosa c’è».

 

«No warning sign, no alibi, we’re fading faster than the speed of light». Jared canta con gli occhi chiusi, la chitarra posizionata stancamente sulla gamba. È seduto su una fontana al centro di una piccola piazza che, a giudicare del via vai di gente, deve essere abbastanza in centro. «Took our chance, crashed and burned, no we’ll never ever learn». Shannon affianco a lui lo accompagna, suonando delle note delicate che rendono la situazione irreale. Ci sono loro, io e le mie amiche, e un piccolo gruppo di persone alle nostre spalle. «I fell apart, but got back up again». Apro gli occhi nell’esatto istante in cui Jared e Shannon si guardano e poi, come se fossero chiusi in una bolla e non con decine di persone davanti, si sorridono. Mi scende una lacrima, e non solo perché quella canzone per me ha fatto tanto, perché mi ha insegnato a non arrendermi, a rialzarmi e andare avanti nonostante tutto, ma perché so che loro due ci saranno sempre: l’uno per l’altro, per me, per le persone alle mie spalle. So che saranno sempre sinceri, so che mi insegneranno ancora molto.

Sento che Francis alla mia destra mi stringe la mano, così mi volto a guardarla: piange anche lei. Le sorrido, la scavalco con lo sguardo, e faccio lo stesso con Rain. È un sogno?, lo so che lo stanno pensando anche loro, quindi scuoto la testa. «Non è un sogno. Siamo qui, stiamo ascoltando Alibi», dico a me stessa e a loro.

«…the battle is the only way we feel alive», continua Jared. Quanto abbiamo combattuto noi, nelle nostre vite? Quante battaglie abbiamo superato?, non senza cicatrici, certo, ma le abbiamo superate. Quante dovremmo combatterne, in futuro? Chi lo sa. Intanto ci rimangono i sogni, ci rimangono gli amici, ci rimane la speranza, ci rimane l’amore, ci rimane la fortuna, ci rimane quel desiderio di essere sempre migliori, di reinventarci, di cambiare e di amare, di essere amati, di scoprire e viaggiare e imparare.

Il mio sguardo incrocia quello di Jared, e non lo so perché lo faccio, non so nemmeno se quello che faccio abbia un senso, se lui lo capirà, ma sussurro un «Grazie» e lui alza gli angoli delle labbra. Magari quando saremo tornate a casa lui si sarò scordato dei nostri nomi, ma io non dimenticherò mai che cosa mi ha detto con quel sorriso. Mi ha detto che sì, posso farcela. Che sì, devo continuarci a crederci. Nei miei sogni, in me stessa, in lui. Perché sa cosa significa soffrire, sa cosa significa piangere di notte e farlo così tanto da non riuscirci più dopo un po’, sa cosa significa volere bene alle persone ma non riuscire a comunicarlo. Lui sa, sa chi si sono e che cosa provo, ma sì, mi ha detto che sì, non sono da sola.

Sorrido, ancora. Ringrazierò per sempre Dio, o chi per lui, per avermi fatto sentire le parole «sapevamo che avresti detto sì, quindi i soldi del biglietto li abbiamo anticipati noi», per avermi fatto accettare quel pazzo viaggio dall’altra parte del mondo.

 

 

È terribile, nel mio modesto parere. E sono pure in un ritardo imperdonabile. Ma voi perdonatemi lo stesso, vi prego. E lo so che questa è nata come una storia comica, ma la vita non lo è quindi sì, ogni tanto mi va di inserirci delle cose tristi/lacrimose, spero piacciano anche a voi. A presto, Deb.

  
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