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Autore: Ranessa    11/11/2004    9 recensioni
Neville. Sua nonna. Harry, Ron, Hermione e Ginny. L' incontro casuale al San Mungo che l'unico figlio di due Auror un tempo famosi e rispettati non avrebbe voluto. Una delle scene a mio avviso più belle e significative dell'Ordine della Fenice vista con gli occhi di chi ne è, suo malgrado, protagonista e comparsa, regista e spettatore.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Neville Paciock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Nota: I dialoghi sono interamente ripresi dal libro.


[ Madness ]


Piangi, piangi quando c'è qualcosa per cui piangere.
Piangi, piangi ma non farti prendere dalla disperazione.
È pazzia.
Non chiedermi di spiegarla.
È impossibile salvarmi.
È pazzia.
[...] Rottura nella difesa, ci si sente così irreali.
Nessuno da incolpare per aver perso la fiamma.
Rottura nella difesa.
Perso nei campi della disperazione.
È pazzia.

“Madness”, The Rasmus


“Neville!”
Dio no.
“Siamo noi, Neville!”
E' Ron.
Harry, Hermione e... Ginny.
“Hai visto...? C'è Allock! Tu chi sei venuto a trovare?”
Perchè?
“Sono tuoi amici, Neville, caro?”


Lo sento distintamente, il rossore che mi fa avvampare violentemente.
Abbasso lo sguardo.
Come un cagnolino bastonato...
Non voglio guardarli.
Non voglio guardare niente...
“Ah, sì.”
La nonna avanza curiosa nella corsia stretta fino a raggiungerli.
Parla guardando Harry.
Gli tende la mano.
Preferirei stesse zitta.
“Sì, sì, so chi sei. Neville parla di te con grandissima ammirazione.”
Fisso le mie scarpe senza nemmeno ricordarmi che probabilmente dovrei sentirmi in imbarazzo per quello che la nonna ha appena detto.
“Ehm... grazie.”
Continuo a guardarmi le scarpe, vorrei tanto essere da un'altra parte.
“E voi due siete chiaramente dei Weasley.”
Qualunque altra parte.
“Conosco i vostri genitori... non bene, naturalmente... però è brava gente, davvero brava... e tu devi essere Hermione Granger, vero?”
Vorrei che la nonna fosse da un'altra parte.
“Sì, Neville mi ha raccontato tutto di voi.”
Qualunque altra parte.
“Lo avete aiutato in un paio di situazioni spinose, vero? È un bravo ragazzo” so che non riusciremo ad andare avanti ancora per molto senza... incidenti “ma non ha il talento di suo padre, temo.”
Ecco.
Fa un cenno verso le tendine a fiori.
Quelle stupide. Inutili. Orrende. Tendine a fiori.
“Che cosa? C'è tuo padre laggiù, Neville?”
Ron.
Probabilmente se non fossi intento ad evitare gli occhi della nonna gli sarei già saltato addosso come ho fatto a scuola con Malfoy.
“Che cosa significa?”
Più probabilmente Harry mi avrebbe fermato anche questa volta.
“Non hai raccontato dei tuoi genitori agli amici, Neville?”
Prendo fiato.
Scuoto la testa piano, guardando il soffitto.
La scuoto anche se conosco questo tono.
Anche se la nonna non lo usa spesso con me.
“Non c'è niente di cui vergognarsi! Tu dovresti essere orgoglioso, Neville, orgoglioso! Non hanno sacrificato la loro salute mentale perchè il loro unico figlio si debba vergognare di loro, sai!”
“Io non mi vergogno.”
E' solo un sussurro.
Ma non l'avrebbe capito neanche se lo avessi urlato con tutto il fiato che ho in gola.
In effetti non ho molto fiato ora, in gola.
“Be', hai uno strano modo di dimostrarlo! Mio figlio e sua moglie sono stati torturati fino alla pazzia dai seguaci di Voi-Sapete-Chi.”
Ron, che si era alzato sulle punte per tentare di vedere oltre le tendine a fiori, si impietrisce alle parole della nonna.
Abbassa lo sguardo con aria mortificata.
Abbassa lo sguardo come ho fatto io, ma le vedo lo stesso.
La compassione.
La pietà.
Ecco.
È per questo.
Io non mi vergogno.
Perchè non lo capisci, nonna, che io non mi vergogno?
Perchè non vuoi capirlo che io non mi vergogno??!
“Erano Auror, sapete, molto rispettati nella comunità dei maghi. Molto dotati entrambi. Io... sì, Alice cara, che cosa c'è?”
Mia madre si è avvicinata lentamente da dietro. Gli occhi enormi e le labbra strette.
Non l'ho mai sentita parlare.
Per questo si limita a fare piccoli e timidi gesti verso di me.
Perchè non parla.
“Ancora?” La voce della nonna suona stanca, ma non irritata, mentre osserva la mamma che tende un braccio verso di me. Qualcosa stretto ferocemente nella mano pallida. “Molto bene, Alice cara, molto bene... Prendilo, Neville, qualunque cosa sia.”
Ma so già cosa vuole regalarmi la mamma.
È la carta di una gomma Bolle Bollenti.
Me la mette in mano delicatamente.
“Molto gentile, tesoro.”
Senza sfiorarmi.
Non mi ha mai toccato.
“Grazie, mamma.”
Non mi ha mai riconosciuto.
“Be', sarà meglio andare.”
Li ho guardati appena ho avuto in mano l'incarto.
Magari il mio amico Ron aveva qualcos'altro da dire...
“Sono davvero lieta di avervi conosciuti. Neville, butta quella carta nel cestino, con tutte quelle che ti ha dato potresti tappezzarci la stanza.”
E' vero.
Potrei tappezzarci la stanza.
Così la infilo in tasca mentre ci allontaniamo, attento a non farmi vedere dalla nonna.
So cosa succederà ora, cosa sta già succedendo mentre noi lasciamo la stanza.
Loro cominciano a parlare dell'insospettata verità e mia madre torna a letto.
Si siede sul bordo incrociando le gambe, ginocchio su caviglia e caviglia su ginocchio.
Sul bordo quanto basta per non cadere dal letto.
Allunga una mano scheletrica verso il comodino mentre con la destra continua a portarsi i capelli un tempo rossi e lucenti dietro l'orecchio.
Prende uno di quei cosi babbani per disegnare, un pennarello viola.
Lo tiene dritto, con quella maniera un po' impacciata che hanno i bambini.
Si scopre il braccio destro e comincia a pasticciarlo, e intanto canta, perchè mia madre non parla, ma canta.
Con una vocina bassa e roca, come se non sapesse le parole.
Eppure canta sempre la stessa cosa.
È la filastrocca che mi intonava la nonna per farmi dormire quando ero piccolo.
Ma non mi piace quando è la mamma a cantarla.
Siamo quasi arrivati nell'atrio.
Come la prima volta in cui sono venuto a trovarla.
Quando il suo braccio era viola e papà dormiva sorridendo.
Siamo arrivati nell'atrio.
E quella voce sconosciuta era così angosciante e la mia filastrocca sembrava quasi una nenia di morte.
Usciamo nel freddo di Dicembre.
Che bello che è il Natale.
E la filastrocca era una nenia di morte.
Sì, è davvero bello il Natale.
Come se i muri fossero stati neri.

Oggi ero di nuovo qui.
Quanto mi piace il Natale...
“Neville!” Dio no. “Siamo noi, Neville!” E' Ron. Harry, Hermione e... Ginny. “Hai visto...? C'è Allock! Tu chi sei venuto a trovare?” Perchè? “Sono tuoi amici, Neville, caro?”
È sempre stato davvero bello il Natale.
Fra poco però tornerò a scuola.
Incontrerò Ron, Harry, Hermione e Ginny.
Ron, Harry, Hermione e Ginny ovunque.
In Sala Grande, con la compassione negli occhi.
Nei corridoi, con la pietà negli occhi.
A lezione, con i loro occhi, inevitabilmente, sulla nuca.
In Sala Comune, quando invece non avranno più il coraggio di guardarmi ma faranno domande silenziose.
Mi chiederanno come sto.
Se oggi è un giorno più felice degli altri o no.
Se anche oggi continuo a pensare che non ho mai sentito la voce di mia madre chiamarmi per nome.
Che non ho mai sentito la stretta protettiva di mio padre sulle spalle.
Mi chiederanno se piango mai. Se possono farlo con me.
Piango, piango quando c'è qualcosa per cui piangere.
Piango, piango ma non mi faccio prendere dalla disperazione.
È pazzia.
Domandatemi ciò che volete.
Ma non chiedetemi di spiegarla.
È impossibile salvarsi.
È pazzia.
È una rottura nelle difese...
...ci si sente così irreali...
Tre uomini e una donna da incolpare per aver perso la fiamma.
Rottura nelle difese.
È pazzia.
Ci si perde nei campi della disperazione.
E' pazzia.
Non chiedetemi di spiegarla.
È impossibile salvarsi.
È pazzia.

   
 
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