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Autore: ViolaNera    07/12/2013    4 recensioni
Una situazione di stallo può essere sbloccata con l'inserimento di un elemento esterno. Basta capire di essere gelosi e mandare all'aria ogni facciata.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nitori Aiichirou, Rin Matsuoka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando Rin apre gli occhi, ha la consapevolezza precisa di avere un peso premuto sul petto. E non solamente lì, ma lungo tutto il corpo fino alle gambe, intrappolate dal lenzuolo e da altre gambe.

La spiegazione è molto semplice e non deve controllare per capire cosa stia occupando parte del suo spazio.

Prende un respiro e dà un leggero colpo di reni per voltarsi sul fianco, portando le braccia attorno al corpo caldo che gli dorme sopra per accompagnarlo di lato.

Stende Aiichirō di schiena e il ragazzo non emette il più minimo mugolio, profondamente addormentato com'è. Rin sghignazza senza fare rumore e si concentra sul piccolo e grazioso neo poco sotto l'occhio destro.

Si avvicina e ci posa le labbra. È una delle parti più belle di lui, lo trova incredibilmente sexy e l'unica volta in cui è riuscito a confidargli quel pensiero per poco il ragazzo non si è fatto venire un colpo.

Ridicolo che non riesca ancora a guardarsi allo specchio e riconoscere la sua stessa bellezza.

Non è essere appariscenti, ma armoniosi.

È quello che Rin cerca di fargli capire quando gli scosta i capelli dalla fronte, talmente lisci da sembrare finti, e rivela completamente il suo sguardo limpido, chiaro come un cielo primaverile ma più ricco di sfumature e dettagli.

Si gode il rossore, in quei momenti, e i tentativi che fa per non sfuggirgli, per restare fermo a guardarlo a sua volta. Poi però a Rin tocca bussargli leggermente sul petto con l'altra mano, per ricordargli che deve far andare i polmoni e non soltanto limitarsi a sostenere la vicinanza.

Lo respira mentre tiene le labbra incollate al neo, gli occhi socchiusi, ricordando la prima volta che l'ha sentito davvero suo, anche se è già cambiata una stagione intera, da allora.


Seduti attorno a quel tavolo chiassoso e affollato (troppo, per i suoi gusti), Rin non riesce a staccare gli occhi dal profilo della ragazza dalle lunghissime ciglia viola che si appoggia con il seno al braccio di un Nitori profondamente imbarazzato e balbettante.

Non importa che lui stesso sia chiuso, ai lati, da due amiche di quella seduttrice da strapazzo, e sia -teoricamente- impegnato a rispondere alle loro domande.

Sa di avere successo con le ragazze e non è così egocentrico dal ritenere impossibile che possano interessarsi anche ad altri all'infuori di lui, ma... seriamente? È finito in mezzo a quella combriccola allegra per assicurare la presenza di Nitori alla biondina (ha qualcosa di suo, almeno? Sembra completamente finta, dalle unghie al colore della pelle) che è pazza di lui da quando hanno partecipato all'ultima competizione.

Ah, lui è carino. Ha un faccino che ha presa facile e una dolcezza disarmante, non è impossibile che possa piacere. Infatti non lo irrita che lei gli stia morendo dietro, appoggiandosi continuamente e ridendo ad ogni frase che dice, facendolo a poco a poco uscire dalla sua corazza intimidita.

Lo fa semplicemente incazzare che a Nitori possa interessare quella...

La sta fissando in cerca di un termine non troppo volgare (gli sovvengono solo pesanti parolacce in inglese), quando la ragazza alla sua destra gli prende il mento tra le dita e lo fa girare nella sua direzione, vicina e ammiccante.

«Come sei silenzioso, Rin-chan», cinguetta, e dal modo in cui sta sorridendo sembra essere pronta a infilargli una mano tra le gambe, cosa che lo infastidirebbe così tanto da darle una testata istintiva.

Lei probabilmente non è sciocca come sembra e smette di sfiorargli il viso, intravedendo un luccichio mortale.

Quando si dice che gli occhi sono lo specchio dell'anima. Mica puttanate.

«Vado un attimo... uhm... alla toilette», li informa Nitori, prendendo un bel respiro e sparendo dalla tavolata alla velocità della luce.

Rin ne approfitta per disapprovare il capitano, il braccio all'indietro per inglobare la quarta ragazza, entusiasta di avere accanto un tale belloccio che è pure simpatico e ci sa fare.

«Mollusco», sibila, desideroso che possa sentirlo.

È colpa sua se sono in quella situazione disastrosa e a niente è valso il suo continuo dichiarare di detestare quei tipi di incontri.

«Nitori ha bisogno di una fidanzata e a Junko-chan lui piace tantissimo!» -ha detto- «Diamogli una mano, Matsuoka! Magari è la volta buona che ti sistemi anche tu?»

Tutte scuse per cercare di passare sopra il più recente due di picche della sorella, che a quanto pare ha gli stessi ottimi gusti di famiglia ed entra di diritto tra le persone più intelligenti del globo.

«Vado anch'io», esclama, alzandosi con una manata sul tavolo. Scavalca la ragazza meno esuberante di tutte, che al momento sta ridacchiando per i sospiri amorosi di Junko.

Beh, che sospiri quanto le pare, Nitori non potrebbe mai uscire con una specie di bambola confezionata male.

Tira un calcio alla porta a battente e fa fare un salto di un metro al povero kohai, intento a passare le dita sotto il getto dell'acqua.

«S-senpai, mi hai spaventato.»

«You don't say», borbotta infastidito, affiancandolo e lavandosi le mani a sua volta per fare qualcosa.

Rimane a testa china a incenerire lo scarico del lavandino, quindi alza gli occhi allo specchio e coglie Nitori a spalle basse, le guance lievemente colorite. Non regge bene l'alcol e gli altri non avrebbero dovuto costringerlo a bere quel mezzo bicchiere di birra, ma più si convince che il rossore sia dato da quello, più teme che in realtà la causa sia la ragazza.

Chiude il rubinetto con un colpo secco del palmo e afferra la carta, incazzato anche con la ditta fornitrice del sapone, ma maggiormente con se stesso per irritarsi con tanta facilità.

«Tutto bene?»

La sua voce è così graffiante che fa fatica a tenerla salda, ma Nitori è abituato ai suoi scatti d'ira, perciò si limita a fare un mezzo cenno d'assenso e lo affianca per asciugarsi le mani.

«È strano, vero? Che io piaccia tanto a quella bella ragazza.»

Rin storce la bocca con sdegno alla vista del suo genuino stupore. E poi cosa significa “bella ragazza”? Quel cesso con i tacchi?

«Ma se fa schifo!», se ne esce con grande finezza mandando la carta appallottolata in canestro.

«Non è vero, senpai, non dire queste cattiverie», bofonchia. «Dice cose intelligenti e ha molti hobby che non sapevo nemmeno esistessero. Ha anche uno stile tutto suo e un buon profumo.»

Nitori si sfiora la guancia e fa un piccolo sorriso, lanciandogli un'occhiata dal basso.

«Al senpai piace qualche ragazza?»

«Lascia perdere!», sbraita, prendendolo per il polso e scuotendolo appena. «Piuttosto, perché dovrebbe essere strano che tu le piaccia?»

Nitori apre la bocca e sembra andare nel panico più completo. Forse perché sono troppo vicini o forse perché Rin lo sta toccando, ma reagisce voltandosi verso lo specchio in tutta fretta.

«Tra me e te è chiaro chi dovrebbe piacere.»

Sì, sono molto diversi. Lui è decisamente più femmineo, il classico ragazzo che viene preso in giro perché ha tratti delicati e con una parrucca potrebbe essere scambiato per una donna. Non ha una muscolatura evidente e non è tanto alto, ma... possibile che non lo veda? Possibile che non si veda? Possibile che non capisca che è dannatamente bello?

«Riesci sempre a farmi incazzare.»

Lo tira avanti e gli si porta alle spalle per metterlo davanti allo specchio. Mani salde sui suoi gomiti, gli impedisce di scappare e si china all'orecchio.

«Guardati: cosa c'è che non va? Guarda il colore dei tuoi occhi. Guarda i capelli. E guarda qui», sussurra, portando una mano al suo petto all'altezza del cuore.

Quello non può vederlo direttamente, ma sanno entrambi com'è fatto dentro. Nitori deve sapere di essere gentile, premuroso e pronto a dare una mano, anche se non sempre si apprezza o comprende che quelli sono pregi e non limiti. Lavora sodo, si impegna, lotta per imporsi e dire la cosa giusta.

«Perché non dovresti piacerle?», continua, scivolando con la mano alla gola e sfiorandogli il mento col pollice.

Non ha bevuto un goccio, eppure ha la testa fuori fase. Parla e si muove come in sogno, assistendo alla perdita di controllo con una certa euforia interiore. E non importa se Nitori guarda dappertutto con occhi disperati e ha il viso che da giglio è passato a garofano, l'importante è che non gridi e non cerchi di sotterrarsi perché Rin lo sta toccando davvero troppo.

Si porta avanti e gli sfiora la guancia con la punta del naso, gli occhi allo specchio.

«Quanto puoi essere cieco», sibila, rendendo più presente la presa alla gola e accompagnandolo con un unico movimento contro al muro piastrellato accanto ai lavandini.

Trattengono il respiro entrambi e Rin non sa cosa stia pensando o come se la stia passando l'altro, ma al momento ha un certo problemino col proprio apparato cardiovascolare.

«Ma lei ti piace? Vuoi davvero accettare il suo corteggiamento, chiederle il numero e portarla fuori?»

Credeva di piacergli. Credeva di aver colto dei segnali anche abbastanza importanti sui sentimenti del compagno di stanza. Credeva gli morisse dietro e pendesse dalle sue labbra, dai suoi desideri e capricci. E anche se lui non gli ha mai dato nulla, né una parola né un gesto eloquente, si è convinto che Nitori sarebbe stato lì, a ricoprirlo di disinteressati atti di adorazione.

Immaginare che arrivi un individuo qualsiasi, non importa di quale sesso, a portarglielo via è... infernale.

«Mi piace... solo una persona», butta fuori il ragazzo, esitante, lo sguardo ostinatamente basso.

«Sono io?»

Rin ha paura delle emozioni, non di essere diretto. Non lo imbarazza fare una domanda del genere, ma lo ucciderebbe rispondere.

È per questo che lo chiede subito, non gli lascia quasi il tempo di finire la sua frase prima di parlare. Incalzante, affamato di certezze.

«Sarà meglio che sia io», continua, approfittando della mancanza di reazioni immediate nell'altro, ridotto a una figura appoggiata al muro e sovrastata da un viso talmente scocciato che solo a vederlo farebbe venir voglia di chiedere scusa, pur non avendo fatto nulla.

«Sarà meglio che sia io perché sto per baciarti.»

Nitori alza il volto di scatto, gli occhi grandi. Le sue labbra vengono tappate con forza, come se Rin dovesse interrompere sul nascere ogni parola inutile.


Nel letto, si rilassa con la testa sul cuscino e lo stringe stando attento a non svegliarlo, non ancora. Adocchia il neo e di nuovo non riesce a trattenersi, andando a posarci la bocca, distorta da un piccolo sorriso.

Dopo quel bacio -una semplice e decisa pressione di labbra, ma abbastanza lunga da fargli venire un mancamento- Ai si è lasciato scivolare contro il muro e si è accoccolato in una pallina, mettendosi a singhiozzare così rumorosamente da farlo sentire una merda.

Cos'aveva fatto? Aveva davvero assalito il suo compagno? Aveva costretto un ragazzo che lo rispettava e ammirava a subire una violenza sessuale?

Impacciato, aveva gesticolato senza sapere cosa dire, ma quando si era accovacciato per controllare quanto fosse sconvolto, Ai era scoppiato a ridere e aveva alzato la testa, mostrandogli rossore, lacrime a fiumi e isteria.

«Sono così felice!», aveva urlato. «Sono così felice!»

Rin aveva tirato giù mezzo rotolo di carta e gli aveva nascosto la faccia là dentro. Alla fine era una mummia singhiozzante e gioiosa, ma quel piccolo neo spuntava da sotto la carta tutta raccolta tra occhi e naso.

Si era chinato e lo aveva baciato. Era salato di lacrime e freddo, così lo aveva scaldato con le proprie labbra, nonostante la vergogna, la rabbia che ancora aleggiava dentro di lui, il batticuore.

«Ai», sussurra, quasi senza rendersene conto.

Il ragazzo al suo fianco emette un mugolio profondo dalla gola, quindi schiude lentamente le palpebre e cerca di metterlo a fuoco.

«Senpai?»

Rin si acciglia, ma non in modo brutto. Anzi, ha un'espressione buffa mentre sfiora il neo con le labbra e gli dice «È Rin, scemo.»

Aiichirō lancia un mugolio più vigile e rumoroso. Allunga le braccia e lo stringe, cominciando a sfregare il viso contro il suo e Rin sa che sta sorridendo, soddisfatto e commosso come ogni mattina che possono dormire fino a tardi e lui lo sveglia così, con piccoli baci a fior di pelle.

Alza una mano e gliela preme sulla schiena. Un momento solo, per toccarlo e sentire il calore accumulato sulla maglietta, poi lo abbraccia forte e chiude completamente gli occhi affondando il naso nel collo del fidanzato.

«Ti ricordi la prima volta che ti ho baciato?»

Lui è scosso da una piccola risata. Sì, ha fatto una domanda cretina, ma non c'è bisogno che rida.

«Non posso dimenticarlo, Rin.»

Anche se lo fa contento con quel nome, senza ulteriori suffissi, si sente che fa fatica. Non perché non voglia chiamarlo così, ma perché è troppo, ancora, e la sua voce trema su quelle poche lettere.

«Non posso, è successo praticamente ieri.»

Rin affonda i denti sulla sua spalla nuda, approfittando della maglietta troppo larga che l'ha scoperta scivolando in basso. È una delle sue e non capisce perché il ragazzo debba rubargliela per dormire (tanto più che se ne stanno sempre appiccicati, quando nessuno può vederli), ma ha finito con l'essere permissivo e non commentare ogni sua stranezza.

I denti lo fanno rabbrividire, lo sente mentre lo stringe contro il suo corpo.

«Ieri», ripete Ai, la voce un po' roca e sensuale e a lui gira la testa perché ha di nuovo voglia di nasconderlo sotto le coperte e fargli cose indicibili.

Accarezza la pelle con la lingua, all'interno della bocca chiusa su di lui, e si ritrova a fargli un succhiotto. Un po' per vendetta -così impara, anche nei suoi ricordi, a farlo infuriare- e un po' perché ha un sapore buono e rassicurante.

Quando si stacca c'è una macchia rosso scuro e le sogghigna sopra. Solleva la mano a coppa e riprende ad essere dolce da dove ha abbandonato, passando le dita tra i capelli grigi.

«Sono trascorsi cinque mesi, non è proprio ieri», risponde alla fine.

Ai si accoccola e affonda sotto le coperte, le gambe incastrate con le sue e non intenzionate a muoversi da quella posizione.

«Lo so», lo rassicura, mentre il suo tono di voce subisce ancora una volta quel cambiamento e si tinge di sfumature commosse. «È che è stato un momento così tanto bello che non posso proprio smettere di portarmelo dentro ogni istante.»

Sparisce tutto sotto le coperte, tanto che deve tuffarsi e recuperarlo, impedirgli di scappare (ha le orecchie rosse, fa sul serio? Ma sa di essere troppo carino? Lo fa apposta, vero?) e riportarselo contro il petto, sul fianco. Si fissano e Aiichirō ha le sopracciglia tutte scombinate, spettinate e buffe. Gliele rimette a posto con i pollici, serio e sulle spine.

«Sei sicuro? Avrei potuto fare di meglio. Non è stato molto...»

Quello che vorrebbe dire è romantico, ma gli possono anche passare sopra con un rullo compressore e non lo direbbe. A tutto c'è un limite, ora che è cresciuto.

«Era perfetto», sbotta, stringendogli la canotta e annuendo. «Mi hai colto alla sprovvista e poi sei rimasto lì a farmi riprendere e farmi capire che era tutto vero!»

Solo per questo? Lo ha emozionato perché lo ha baciato all'improvviso, perché già Rin gli piaceva ed è stato proprio lui a iniziare, ma il bacio, in sé, non è stato per niente memorabile.

Il luogo, prima di tutto: la toilette di un ristorante.

L'umore: la rabbia che aveva dentro e che lo ha reso insopportabilmente acido per tutto il tempo.

«Non pensavo che al mio senpai importasse tanto», sorride, e si vede che gli fa piacere, perché smette di vermeggiare via e gli appoggia le mani sul viso, finalmente rilassato. «Quelli dopo hanno compensato, Rin. Tutti quelli che sono venuti dopo sono stati...»

Ai gli posa le labbra sul naso. Lui socchiude gli occhi e si imbroncia, ma cerca di capire quello che gli sta dicendo e si trova d'accordo.

Anche se non lo ha portato, ancora, in qualche posto bello, come al mare o in gita in qualche città carina dove fare incetta di specialità.

Anche se lo costringe a rimanere quasi sempre ficcato lì dentro, perché solo nell'intimità riesce a essere dolce e con lui sente che vuole esserlo davvero.

I baci che sono seguiti quel primo hanno rimediato. Qualcuno ha detto che non importa il primo ma l'ultimo? Persona intelligente, deve aver sicuramente pensato a gente incapace di creare l'atmosfera come lui.

«Il bacio mi è piaciuto, ma quello che mi ha fatto impazzire è stato vedere il senpai geloso di me», continua, spingendo involontariamente al limite la sua scarsa pazienza.

Ricordargli quanto fosse imbestialito per quella ragazza che gli si strusciava contro non aiuta l'umore; per fortuna che non smette di baciarlo su tutto il viso, tenero e lento, provocando e allo stesso tempo assorbendo ogni stortura del suo animo.

«Non avresti preferito accadesse in un altro posto? Perfino in questa stanza sarebbe stato meglio», insiste, corrugando la fronte e posandogli le mani sui fianchi. Infila le dita al di sotto dei pantaloni morbidi che usa per dormire e le scalda a contatto della sua pelle.

Farlo rabbrividire ancora è solo un bonus che incrementa la sua soddisfazione.

«Non è il posto, sei tu. Finché bacio te e tu baci me, il mondo intorno non esiste neppure.»

Ai muove appena la testa e inclina il viso, tornando all'attacco e facendo colazione con le sue labbra per rafforzare quel concetto.

La faccia di Rin è completamente devastata dal rossore, perché lui sì che è romantico e riesce a versargli addosso, di tanto in tanto, sentenze del genere, per poi mordicchiargli la bocca come se nulla fosse.

Si arrende alle sue coccole che arrivano sempre in abbondanza quando comincia a essere più sveglio, perché prendono entrambi l'iniziativa e sono sullo stesso livello, in quella relazione, ma niente gli piace di più che lasciarsi viziare, abbandonandosi sul materasso e facendosi fare mille carezze senza fine.

Non importa il posto, importa che siano le sue mani.

Adesso è tutto chiaro.








-Angolo Autrice-


Ed eccomi qui con la mia prima (ufficialmente) RinTori o NitoRin che dir si voglia! Sono molto contenta del risultato, ve lo dico a prescindere da cosa pensiate su quello che avete appena letto, perché era mia idea quella di portare su “carta” un Rin geloso, un Rin che si rende conto di provare dei sentimenti per Ai e va in bestia se arriva qualcuno a tentare di separarli.

Perché dev'essere sempre Ai quello innamorato che segamentalizza?

Chiedo scusa a quella povera creatura di Junko (anche se è inventata di sana pianta dalla sottoscritta), vorrei precisare che non volevo infierire su di lei in quanto donna (ci mancherebbe!), è che Rin è GELOSO da morire e pensa di lei cose davvero ingiuste. Lo avrebbe fatto con chiunque, anche con un gatto, quindi non odiatelo per le cattiverie.

Ma siamo stati tutti gelosi e questo non devo spiegarlo, giusto?

Per finire una piccola precisazione, prima che mi arrivi un pomodoro in faccia: shippo mortalmente il capitano Mikoshiba con Gou (spero di pubblicare cose belle anche su di loro, prossimamente) e la scena in cui lui si svacca addosso alla ragazza facendo il cretino è tutta una strategia per non far capire a Rin che in realtà... lui e Gou stanno insieme.

Rin, ci caschi come un pollo. E io amo tutti, indistintamente.


Se siete arrivati fin qui grazie, spero davvero vi sia piaciuta almeno quanto per me è stato liberatorio scriverla.

   
 
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