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Autore: RedLolly    08/05/2008    12 recensioni
La fine si avvicina per L. Lo sente nel suo cuore, sente che di lì a poco dovrà morire. Per questo si sente pronto a condividere con Light Yagami, la persona a cui tiene di più al mondo, migliore amico e forse peggior nemico, le oscure reliquie del suo passato...
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri personaggi, L, Light/Raito
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
Capitoli:
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† ReLiQuæ RoSæ †

Rieccomi qua con un nuovo capitolo! Cavolo, ha avuto successo quello precedente! Non me l’aspettavo proprio! Grazie infinite a tutte!!! Sono davvero commossa, ho una carica esplosiva dentro di me! Ho avuto qualche difficoltà a scrivere questo chap, scusate se non è venuto fantastico…

Siete così tanti a recensire, che se dovessi rispondere a tutti ci metterei davvero troppo, e ho voglia di aggiornare, quindi oggi vi nomino solamente nei ringraziamenti, scusate!

Ringrazio (E in rosa sta volta!XD):

 

Adaralbion

Hope87

Betta90

Jael (caraaaa! Sono felicissima di averti conosciuta!*_*)

Freija

Uriko (neee!<3)

hay_chan

L chan (ti prego contattami su msn, il mio indirizzo 2 capitoli più indietro!*___*)

Ardespuffy (Adoro le tue recensioniiiii!^__^)

cicoria

   

BACIIII by Lolly

 

 

ReLiQuæ RoSæ

 

 

Capitolo 10

 

Miss Lorna River trascinava per un braccio il bambino dai capelli neri fuori dall’istituto Saint Angel. Era un mattino di inizio febbraio piuttosto freddo, il sole stagliava timidi raggi nel cielo plumbeo che minacciava una nevicata da un momento all’altro.

La donna lo aveva infagottato in uno spesso cappotto beige e una sciarpa di lana nuovi di zecca. Era stata lei a comprarli il giorno prima apposta per proteggerlo dall’inverno gelido quando sarebbe uscito di lì.

Lei era raggiante. Lui era furioso.

Indispettito si lasciava andare all’indietro per farsi letteralmente trainare. L’insegnante faceva il doppio della fatica, eppure non accennava al rimprovero. Il bimbo era troppo arrabbiato con lei. Gli aveva annunciato con un gran sorriso stampato sul volto che avrebbe cambiato orfanotrofio. Non era quello che lui voleva! Gli orfanotrofi erano tutti uguali! Non gli interessava un’altra prigione piena di bambini perfidi come serpi e punizioni ingiuste. Questa volta si sarebbe fatto furbo. Appena ne avrebbe avuto l’occasione sarebbe scappato e avrebbe vissuto per la strada. Lo preferiva, non gli importava niente del resto.

“Vedrai che il posto dove andrai sarà perfetto per te!” esclamò lei gioiosa “Ti troverai a meraviglia.”

Certo, certo. Parole al vento, che si perdono nell’aria come le foglie secche. C’era troppa amarezza nel suo cuore per ascoltare tutte quelle menzogne.

Ad aspettarli in piedi fuori dal cancello c’era un uomo. Al bambino parve al primo impatto uno di quei vecchi borghesi rimbambiti che vegetavano per i quartieri alti di Londra. Era vestito come un pinguino, aveva dei baffi spessi, grigiastri, e lo sguardo austero ma mite dietro i piccoli occhialini rettangolari.

Miss River si richiuse il cigolante cancello alle spalle.

Quello che aveva attirato di più lo sguardo del ragazzino era la macchina dello sconosciuto. Puntava gli occhi su quel veicolo lungo e nero tirato a lucido accanto a lui. Non aveva mai visto un’automobile del genere.

La bile gli ribollì di nuovo nelle vene.

“Allora è questo il nostro nuovo ospite, Lorna?”

Aveva un tono di voce che cercava di essere amabile, e ciò gli risultava insopportabile. Avrebbe voluto tirargli un calcio negli stinchi e fuggire. Non capiva cosa lo stesse trattenendo dal farlo.

“Sì è lui.” Rispose lei “Ti assicuro che è davvero geniale, riesce a risolvere senza difficoltà equazioni di grado superiore senza che io gli abbia spiegato alcunché, e poi…”

“Lo so.” Interruppe la sua eccitazione, ma senza cattiveria “Ho visto i fogli che mi hai spedito dopo la chiacchierata dell’altro giorno. E’ a dir poco sorprendente. Un’intelligenza fuori dal comune. E’ davvero un peccato che non sia molto socievole, vero?”

Rivolse lo sguardo al bambino che lo sostenne per pochi secondi con quelle sue grandi pupille che sembravano macchie di inchiostro. Girò il capo altrove poco dopo, offeso.

“Pare proprio così… Ma non importa… Vedrai, Lorna, da noi si troverà a suo agio. Vedremo anche di capire se soffre di autismo vero e proprio, sindrome di Asperger,o  ancora se la sua è semplicemente ancora catalessi.”

La donna annuì in silenzio ricacciando indietro le lacrime. Quello scricciolo che non parlava mai le sarebbe mancato tanto. Dopo anni e anni che sentiva di non avere niente per cui lottare in una vita terribilmente monotona nella quale non c’erano persone a cui voler bene, ecco che ora si era affezionata a lui, e aveva fatto di tutto quello che era in suo poter per renderlo felice. Era cosciente del fatto che cambiare istituto sarebbe stata la cosa migliore per lui, anche se non avrebbe più potuto vederlo.

Si morse un labbro squadrandolo da capo a piedi. Si rendeva conto di provare per lui un sentimento innaturale, forse addirittura malsano. Ammetteva che era come un figlio.

Distolse lo sguardo con un senso di colpevolezza che le attanagliava le viscere. Non avrebbe dovuto, non lei.

“Le sorelle non verranno a salutarlo.” Disse con un insolito tono neutro “E’ meglio se partite subito. 

Poi, con un mesto sorriso, si abbassò all’altezza del piccolo. Lui aggrottò le fini sopracciglia infastidito.

“Allora addio…” lo salutò prendendogli una manina fredda “Spero di rivederti un giorno. Quando sarai più grande ripassa da queste parti, così potremmo ritrovarci…”

Si aspettava un abbraccio, magari addirittura un bacio sulla guancia. Avrebbe potuto stupirla con un “Ti voglio bene!” parlando per la prima volta.

No, niente di tutto questo. L’unica cosa che fece fu voltarsi, aprire la portiera posteriore della macchina e inerpicarsi sui sedili troppo alti, per chiudersi la portiera alle spalle.

Le spezzò il cuore. Sarebbe corsa poco dopo a piangere nella cappella, in preda alla disperazione e alla consapevolezza di aver perso per sempre quel bambino.

Vedendo l’automobile allontanarsi le venne un groppo alla gola. Una lacrima scese giù per la sua guancia incipriata.

La vita sa essere ingiusta, e Lorna River lo sapeva fin troppo bene.

Il viaggio parve interminabile a quel piccolo genio che stava rannicchiato sul sedile posteriore della vettura di lusso.

Quel vecchio lo disprezzava ogni minuto di più. Se ne stava a guidare con un sorriso stupido stampato in faccia senza dire niente. Lo annoiava ed era detestabile nonostante lo conoscesse neanche mezz’ora. Era innato dentro di lui un certo senso di odio e sfiducia verso chi non conoscesse. Tutti ce l’avevano con lui, tutti erano cattivi.

“Il mio orfanotrofio è un posto speciale, sai?” gli rivolse la parola l’uomo tutto ad un tratto senza motivo “L’ho fondato apposta per ospitare gli orfani con grandi capacità come te.

Per tutta risposta il bambino sputò con rabbia sul sedile immacolato accanto a lui. Un chiaro atto di sfida, una provocazione astiosa.

Dai, arrabbiati,ti ho sporcato la tua bella macchinina! Scaraventami fuori dal finestrino a calci, vecchio bacucco…

L’uomo sospirò tristemente invece, di fronte a quella reazione estremamente ostile.

“Ci sarà molto da lavorare con te…” ammise amaramente.   

Quando arrivarono alla loro meta, aveva iniziato a nevicare. Un cancello proteggeva l’entrata nel nuovo orfanotrofio, un edificio maledettamente somigliante al suo vecchio istituto.

Una placca in ottone sporca di depositi di smog indicava a grandi lettere maiuscole la scritta “Whammy’s House”.

Da qualche parte un po’più distante, le campane di una chiesa emettevano i loro solenni rintocchi.

 

Non ho detto a Light il nome di quell’uomo, e non ho intenzione di farlo. Non gli ho detto che ora si fa chiamare Watari ed è il mio più fidato assistente, anche se un tipo sveglio come lui potrebbe già averlo capito.

Mi rigiro tra le mani una scarpina da bambino color avorio che ho appena tirato fuori dalla mia scatola segreta. La stessa sciarpa che miss River mi regalò il giorno che parti dal Saint Angel. Guardandola mi viene da sorridere pensando che avevo avuto un corpo così piccolo da farcela stare a pennello, ora con una cosa del genere addosso sarei più ridicolo di quel che appaio già.

Light-kun?”

“E’ proprio vero, Ryuzaki. Da bambino sei stato parecchio scortese con Watari.

Sorrido tra me e me. Quando fa così, mi pare così ovvio che lui sia Kira… E’ troppo, davvero troppo intelligente per non essere lui.

“L’hai capito da cosa?” chiedo giusto per accertami.

“Non mi hai voluto dire il suo nome, e data la tua solita prudenza e diffidenza verso di me ho pensato che doveva essere qualcuno che quindi conosco. Per altre persone mi hai detto senza problemi il loro nome, tipo miss River, perché sei sicuro che io non l’abbia mai vista. E dalla descrizione, beh, l’unica persona che entrambi conosciamo e che corrisponde alla fisionomia che hai spiegato è Watari, quindi…”

“Lo sapevo che avresti capito, ne ero sicuro al 99,9%. Sei brillante come al solito. Come Kira…”

“Adesso non ricominciare!” urla nuovamente alterato.

Ho sempre la parola “Kira” in bocca, lo ammetto, è un’ossessione. Chiunque al posto di Light si sarebbe già suicidato dall’angoscia che gli metto addosso continuamente in modo opprimente. La mia è una tortura psicologica che infliggo ferocemente, anche se si tratta del mio migliore amico, anche se gli voglio bene, anche se prima... Sì, tra di noi c’è stato qualcosa.

E’ talmente evidente che perfino un bambino lo capirebbe. Light ambisce il mio corpo come trofeo di caccia. Io voglio soddisfare un ultimo desiderio, la sigaretta del condannato a morte. I nostri appetiti l’uno dell’altro sono conciliabili.

Mi guarda indispettito Light, mi fissa con un’espressione severa di dissidio.    

Con un sospiro, mi rialzo senza dire nulla e mi dirigo con passo strascicato per la seconda volta nella cucina. Ho di nuovo fame, e il resto della crostata non aspetta nessun’altro oltre a me.

Mi fermo davanti al frigorifero con la mano tesa verso la maniglia.

Non faccio in tempo ad aprire.

Un’altra mano, una mano con delle dita ben curate e fredde mi afferra saldamente il polso e mi volta spingendomi con la schiena contro l’anta del frigorifero.

Light-kun… I tuoi occhi… i tuoi splendidi occhi…

Le sue pupille sono quasi serpentine. Il suo viso, così pericolosamente vicino al mio, sa di buono, eppure mi intimidisce.

Lo sa che sono suo, lo sa bene che di me può fare quello che vuole. Sta giocando, gioca come fa il gatto col topo prima di ucciderlo. E’ un divertimento crudele e appagante per lui. 

Mi accorgo che entrambi i miei polsi sono bloccati nella sua stretta. Li porta ai lati della mia testa, sorridendo. Il suo è un sorriso maligno, spaventoso. Sono schiacciato tra di lui e il frigorifero, mi manca il respiro.

Chiudo gli occhi, mentre mi pervade ancora quella strana, intensa sensazione di calore, il mio bacino premuto contro il suo, le nostre intimità in fermento in contatto che si irrigidiscono.

Le sue labbra premono contro il mio collo, appena sotto l’orecchio. Un brivido mi percorre la schiena, sento il mio stesso sangue pulsare. In quel punto che Light sta baciando posso percepirne lo scorrere ritmico. Quelle labbra mi stanno facendo impazzire, sfiorandomi in un punto così delicato.

Ad un certo punto sono costretto a gemere. Una punta di dolore, come una piccola spina infilata nella mia pelle morbida. Mi ha mordicchiato leggermente, come farebbe un vampiro.

Sono in suo potere, non c’è nulla da fare, le sue passioni malsane e morbose lo trascinano, e io lo lascio fare, lo lascio mordermi e baciarmi, consumo il nostro peccato beandomi.

Light è un diavolo con le fattezze di un angelo.

La sua bocca risale fino ad arrivare alla mia, che la cerca disperatamente. I nostri baci sono bollenti di passione, non abbiamo freni inibitori, niente ci perturba. Lui mi morde le labbra non contento, quasi non soddisfatto, come se da me volesse davvero di più. Ormai non cerco più nemmeno di liberarmi i polsi, li artiglia talmente forte che mi fanno male.

Lo fai per punirmi, Light-kun? Solo perché ti ho ripetuto che sei Kira? Questa non è altro che l’ennesima prova della tua colpevolezza. Kira è una bestia, e anche tu ti comporti come tale…

Light è affamato, affamato di me. Vuole divorarmi.

Quando si stacca da me, fissandomi con aria seria, sento le mie labbra doloranti e umide di saliva. Immagino siano arrossate, lucide e gonfie. Cerco di ribaciarlo, ma lui tira indietro la testa.

Certo, capisco. E’ lui a decidere cosa fare, è troppo superbo per concedermi il lusso di prendere l’iniziativa.

Mi lascia andare i polsi, ma le sue mani si posano subito sulle mie spalle. Indietreggia per lasciarmi spazio.

Non comprendo subito cosa stia cercando di fare, o forse, chissà, mi sto solo rifiutando di capire.

Mi spinge verso i basso, costringendomi ad inginocchiarmi.

Forse è la prima volta che avere davanti a me Light Yagami mi terrorizza apertamente.

 

 

Ringrazio ancora Jael e Adaralbion per l’aiuto che mi hanno dato per scrivere questo capitolo, anche se sinceramente, non so se mi sia venuto bene…

Sorry!

 

 

 

  
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