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Autore: Alex Wolf    07/12/2013    6 recensioni
Ultima parte della storia di LegolasxElxSauron. Ispirata al film "Il ritorno del re".
Dal 13° capitolo:
"Mi sono sempre chiesto perché amore e sangue avessero lo stesso colore: adesso lo so.
- Alessandro D'Avenia"
« Stai lontano! Stai lontano da me! » Gli ordinai, facendo un passo indietro. I suoi occhi celesti mi guardarono stupiti dal mio comportamento e le sue labbra si socchiusero un poco. « Non voglio farti del male, ti prego. » Lo implorai, e per la prima volta dopo tanto tempo mi sentii fragile, distrutta e vuota dentro, con le lacrime che minacciavano di scendere. Ma non volevo piangere, perché non volevo mostrarmi debole, non volevo essere debole.
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio, Sauron
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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You must go. ‘Cause it’s time to choose.
 


“ Io mi rialzo, sempre. Il problema non è quello. Il problema sono i pezzi di me che se ne vanno ogni volta in cui cado.  Il problema è quello che diventerò, pur di restare in piedi. ”
—           Susanna Casciani

 
 
 
 

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« Ehy. » La voce roca del signore di Mordor uscì dalle sue labbra come miele. Sbattei le palpebre e mi portai una mano alla fronte, cercando di capire come diavolo fossi finita li. Un conato di vomito minacciò di uscire dalla mia bocca, ma lo cacciai indietro e resistetti. L’aria zolfata di Mordor sembrava più forte delle altre volte in cui ci ero stata, e i rumori più alti. Forti grida si levavano dal basso facendomi accapponare la pelle, ma non era di quello che m’importava in quel momento. Adesso dove capire che era successo a Sauron, perché i suoi occhi erano così chiari, e non dello stesso colore del cielo di quella sera: rosso. « Tutto bene? »
« Mh… si. Si, sto bene. » Annuì con veemenza, ma non mi mossi e nemmeno lui lo fece. Restammo fermi nelle nostre posizioni ( schiena ritta, braccia lungo i fianchi, occhi negli occhi ) a fissarci. L’unico rumore nella stanza era quello del suo cuore, che batteva veloce come quello di un colibrì.
« Sei sicura? Sembri… sembri stupita di qualcosa. Diversa. » Sussurrò a un tratto, facendo un passo avanti. I capelli neri gli strusciarono sul mantello di pelo del medesimo colore e mi parve di vedere qualcosa strisciargli fra i piedi, ma fu un attimo e non ci feci molto caso. Mi passai una mano fra i capelli e l’elastico si ruppe cadendo a terra, con velocità la mia chioma bruna si sparse sulle mie spalle disordinatamente.
« Dannazione », borbottai senza dare retta alle sue parole. Una ventata d’aria calda m’investì e una mano calda mi fece alzare il viso. Sbarrai le palpebre e mi concedetti qualche minuto ad ammirarlo. Si, era cambiato rispetto a tutte le altre volte che l’avevo visto. I suoi tratti sembravano più seri del solito, i vestiti di un diverso colore: non più solo neri, ma anche verdi smeraldo; e gli occhi, i suoi occhi erano ghiacciai veri e propri, mi mettevano persino paura. Non infondevano calore come quando erano rossi, al contrario mi davano un senso di freddo e lontananza come se tutto stesse per prendere una piega diversa. Ma che piega poteva mai prendere il nostro tutto? E poi, noi avevamo realmente un “ nostro tutto ”? Insomma, io non sapevo nemmeno cosa realmente provavo per lui, e cosa lui provava per me.
« Eleonora », mi richiamò. Sbattei le palpebre e ripresi a respirare; fino ad allora non mi ero nemmeno accorta che avevo smesso.
« I-io… », poggiai una mano sul mio gomito e feci un passo indietro, mentre lui ne faceva uno in avanti. « Ho bisogno di chiederti delle cose, cose che necessitano di una risposta. » Si ghiacciò sul colpo. Le mani sui suoi fianchi si chiusero di scatto e la mascella s’irrigidì.
« Dimmi. » Rispose freddamente. Le cenere nel mio corpo parve rallentare e cristallizzarsi. Eravamo così diversi rispetto alle altre volte, così distaccati. Raccolsi tutto il coraggio che avevo e presi un bel respiro, se volevo avere delle risposte alle mie domande non dovevo tardare a chiedere. Qualche minuto e sarei potuta crollare, correre ad abbracciarlo e lasciare il mio guscio da  “perfetta stupida” lontano dal mio corpo. Ma, adesso il punto non era quello di lasciare il guscio da “perfetta stupida”, ora l’obiettivo era tirare fuori quello da “incazzata dell’anno”; perché dentro di me ero in fermento da quando  ero arrivata, sebbene avessi represso il sentimento e incanalato il tutto in altre cose, come la mano nei capelli o la rottura dell’elastico.
 
 


°    °
 
 



Sauron attese che lei facesse qualche passo verso di lui, ma Eleonora rimase ferma al suo posto senza muoversi. I capelli castani erano come una folta chioma leonina e le conferivano un aspetto feroce e al contempo dolce. Era strano vederla così, si disse l’oscuro signore, ma le piaceva. Pareva un cucciolo in cerca di attenzioni, sfide. La sentì respirare più profondamente e poi accadde.
« Mi spieghi che diavolo ti è preso? Perché hai fatto del male a Pipino?! » Sbraitò. Sauron fece un passo indietro colto alla sprovvista. Lei fece un passo avanti e continuò imperterrita. Nei suoi occhi castani cominciavano a vedersi venature rosso sangue, ma appena accennate segno che tentava di controllarsi.
« Non l’ho fatta apposta, ok? » Rispose prontamente l’oscuro signore, riprendendosi dal suo stato di shock iniziale. « Quel… Quell’Hobbit non avrebbe dovuto prendere la sfera, va bene? Era destinata a te, dovevi prenderla tu. Ma stranamente non ne sei stata attratta, mentre lui si. »
« Mi avresti fatto del male? » Sbraitò lei. Si portò le mani al volto e coprì un ringhio soffuso. Sauron la fissò dargli le spalle e prendere a camminare per l’intera stanza del trono a grandi passi, mentre nella sua testa cominciava a domandarsi se le domande necessitavano realmente di una risposta o se quello fosse solamente un modo per sfogarsi riguardo tutto quello che le era accaduto in quei mesi. Da quando l’aveva “scoperta” e osservata non l’aveva mai vista gridare per sfogarsi, o tanto meno fare come stava facendo ora: addossare le colpe a lui pur di alleggerirsi il carico di stress che teneva sulle spalle.
« Oddio, no. Certo che no. »
« Però hai detto che quella… quella cosa era destinata a me. E se non l’ho presa io, perché mi sembrava di andare a fuoco? » Domandò acidamente, voltandosi. I suoi occhi persistevano a venarsi di rosso, ma era come se non solo riuscisse a controllare quello che le accadeva dentro, bensì non volesse uscisse. Era come se avesse paura di fargli del male, di ferirlo sebbene lui fosse più forte, alto e veloce di lei. Come se si preoccupasse per lui. Ma tutto ciò non importava al signore oscuro, in quell’istante la domanda che gli aveva posto superava persino l’apprensione camuffata di lei nei suoi confronti.
« Cosa significa che ti sembrava di andare a fuoco? » Con grandi falcate le era davanti, e aspettava una risposta. Sbatté le palpebre e attese.
Lei si abbracciò il corpo per un attimo e poi borbottò: « Significa che stavo, o almeno mi pareva di, andare a fuoco. Se Legolas non fosse intervenuto credo che… » si bloccò all’improvviso, portandosi una mano a coprire le labbra. « Oh mamma mia. » Prese a dire, aggirando il corpo dell’oscuro fino a dirigersi ai troni. Si sedette su quello d’ossidiana, come Sauron aveva previsto e rimase immobile con le mani sulle labbra.
 
 



°   °
 
 



O mamma mia, o mamma mia, o mamma mia…
Poggiai i gomiti sulle ginocchia, ignorando il bon-ton dell’epoca e serrai le palpebre. I suoni mi arrivavano ovattati alle orecchie e l’istinto omicida dentro di me andava pian piano a dissolversi, fino a sparire del tutto. Ora che avevo gridato contro l’oscuro signore mi sentivo molto meglio: ero più leggera, come se un peso si fosse tolto dalle mie spalle. Ma un altro se n’era aggiunto.
« Cosa? Cosa c’è? Che ti prende, ora? » Intravidi l’ombra di Sauron e poi sentii il calore delle sue mani sulle mie spalle. Bruciavano più mai, o almeno così mi pareva e io non potei fare a meno che mordermi le guance per non gridare. Avevo già fatto la figura della stupida ragazzina a gridargli contro, se mai gli avessi detto che mi faceva del male solo toccandomi come sarei apparsa? « Eleonora che ti succede? »
« Devo dirti una cosa  importante. » Affermai, levando le mani dal volto e alzandolo verso il suo. Gli occhi di ghiaccio a me estranei mi osservarono. « Forse è meglio che ti siedi. » Le sopracciglia s’inarcarono ma fece come gli avevo detto e si sporse verso di me dal bracciolo del suo trono. Se avessi avuto un cuore ora sarebbe esploso dalla vergogna. « Io credo di sapere perché mi sentivo bruciare. »
« Allora, dimmi. »
« Io… io penso che. Oddio, come te lo posso dire? » Le mie guance s’imporporarono, e i miei occhi presero a pizzicare tremendamente.
« Mi devi dire qualcosa di brutto? Eleonora, cosa c’è che non va? »
I suoi occhi. Erano così limpidi e ignari di tutto, per la prima volta ci potevo leggere l’anima.  Ebbi l’impulso di prendergli la mano, ma come sfiorai la sua pelle mi parve di bruciare. Ritrassi le dita e poggiai la mano destra sulla pancia coperta dal vestito bianco che mi ero dimenticata di star indossando. Non mi ero cambiata, dopo la festa ero crollata fra le braccia di Legolas come un bradipo. Le iridi del signore oscuro seguirono i miei movimenti finché non si fermarono sul mio palmo. Strinsi leggermente la stoffa, sotto pressione e poggiai la schiena allo schienale di ossidiana. L’ombra delle corna del cervo si proiettò sulla mia figura.
« Penso che… che il bambino dentro di me soffrisse nel vederti, come Pipino quando ha tenuto in mano la sfera. Perché loro sono luce, e noi ombra. » Con lentezza la figura del signore di Mordor si poggiò allo schienale del suo trono e le braccia vennero disposte sui braccioli di pietra ruvida e smussata. Il volto diretto verso l’entrata in fondo alla stanza, vuota. Le tende si chiusero all’improvviso da sole, gettando l’enorme sala nella penombra, colorando tutto di rosso con la luce che le penetrava da fuori. Un tuono profondo rimbombò all’esterno, scuotendo le mura della torre che tremò. Strinsi le labbra e attesi che tutto si calmasse.
Non fare la bambina, sii forte. Non crollare, sii forte. Se ti urla contro, sii forte. Se ti caccia, sii forte. Se ti dice che dovrai combatterlo, sii forte. Se ti getta a terra, sii forte. Sii forte, sei sempre riuscita a cavartela da sola e rialzarti.
Un altro tuono, più forte questa volta, scosse le pareti che si venarono profondamente. Mossi la testa a destra e a sinistra per osservare il disfacimento di Mordor e poi tornai all’elfo seduto al mio fianco. I suoi occhi azzurri si stavano venando di arancione, poi divennero rossi rubino e infine porpora.
« Sauron », sussurrai appena, attendendo un suo movimento, anche il più piccolo. Invece lui non mi guardò, si alzò in piedi e si allontanò fino a raggiungere il centro della sala del trono. Gridò. Socchiusi le labbra e tappai le orecchie con le mani, perché quello non era un urlo normale: era potente e forte, ma al contempo sembrava talmente alto da farmi star male. Il pavimento sotto i miei piedi tremò con tanta forza che i teschi cedettero e caddero a terra distruggendosi, li evitai per un soffio saltando in avanti, oltre gli scalini. Inciampai sul mio vestito e caddi a terra, attutendo la caduta con le braccia. Il pavimento freddo era diventato ruvido e ricco di venature a causa del terremoto che scuoteva le mura di Mordor. Mi fece male, graffiò la mia pelle come gli artigli di un gatto. Feci una smorfia e mi alzai in piedi, maledicendo tutti i vestiti possibili e improbabili. « Sauron! » Strillai, cercando di attirare la sua attenzione. Ma lui non si mosse, rimase a gridare e a far smuovere il vento con forza, rendendo l’aria elettrica e facendo echeggiare tuoni potenti al di la delle tende rosse. Sapevo che tutto quel trambusto era dovuto a lui, al suo malcontento e non potevo dargliene torto. Io ne ero la causa. La mia poca coerenza la era, e mi odiavo per questo. Poco dietro di me un pezzo di muro cadde, imprigionando la fine del mio vestito sotto di esso. « Sauron! » Gridai ancora, incapace di liberarmi. Tirai con tutte le forze la stoffa bianca, ma questa sembrava fatta di ferro. Avevo le guance  in fiamme e il mio corpo non era più abbastanza  forte da reggere tutto quello. La morte di Isil, quella di Titano, il bambino: tutto mi aveva indebolita. « Sauron ti prego, fermati! » L’agghiacciante suono di un ennesima venatura mi fece alzare la testa. Proprio sopra di me un pezzo di soffitto si stava sgretolando, pronto a cadere. Tentai di fermare il respiro, lasciarlo stabile, controllato ma tutto era inutile. Il panico s’impossessò di me per un istante e feci quello che non avrei mai creduto possibile: puntai il palmo verso l’oscuro signore e lo sentii bruciare. Qualche istante dopo un intensa fiammata arancione e rossa ne scaturì fuori, si diresse verso Sauron e lo gettò contro la parete d’entrata. Tutto cessò e ogni cosa tornò ferma, come se nulla si fosse mai mosso. Il pavimento non tremava più, le venature non si creavano più, i tuoni e il vento erano scomparsi. Era tutto in stallo. Chiusi gli occhi e abbassai la mano, m’inginocchiai a terra e respirai il più lentamente possibile. Quando rialzai il viso dalle mani trovai il suo a fissarmi: gli occhi d’oro sembravano liquidi e carichi d’odio e disperazione. « Mi dispiace. »  Fu l’unica cosa che dissi.
« T-ti dispiace? » Strillò lui, poggiando la schiena contro il muro non in grado di alzarsi. « Ti dispiace?! » Gridò ancora, questa volta creandosi attorno un’aura nera come la pece.
« Sauron, ti prego calmati », sussurrai senza più voce in gola. Ero stanca, e stressata, e soprattutto arrabbiata con me stessa: perché in quel momento sembravo una ragazzina piagnucolosa; e avevo poche forze.  
« Come può dispiacerti una cosa del genere, Eleonora? Come puoi chiedermi di calmarmi?! » Barcollando si alzò in piedi e mi fulminò con lo sguardo. « Stai aspettando un figlio da un uomo che io detesto! Non posso calmarmi perché io ti amo! »
« E io amo lui! »  Strinsi una mano alla pancia e continuai a fissarlo. I tratti del suo volto erano così seri, addolorati, delusi. « Ma amo anche te. E non sono dispiaciuta di essere incinta. Non vedo l’ora che nasca questo bambino, ma tu… tu devi smetterla di intrometterti nella mia vita come hai fatto questa notte. Hai fatto del male ad un mio amico, e per poco non uccidevi mio figlio e me. » Tossii leggermente, e poggiai la mano libera alla gola. « Sauron, dei stare… » Ogni parola era pesante quanto un macigno. Ogni virgola, punto, pausa sembrava un burrone sotto i miei piedi. « Lontano da me. »
L’oscuro signore socchiuse le labbra e poi gridò ancora, si voltò verso la parete e sferrò un pugno talmente forte da sgretolarne un punto. Dalle sue nocche usciva sangue rosso che gocciolava sul pavimento. Ingoiai un fiotto di saliva e mi alzai cominciando a tirare in avanti il vestito. Un profondo strappo si aprì sopra le gambe: lo strappai. Percorrendo il pavimento disseminato di pezzi di muro raggiunsi Sauron, gli voltai le spalle e presi la sua mano nella mia. Il fluido caldo scese fra le mie dita inumidendole e colorandole di rosso. Con cautela avvicinai la mia mano destra alla sua guancia e c’è la poggiai sopra; bruciava la mia pelle, ma ignorai il dolore. I suoi occhi rossi, tanto famigliari, rimasero freddamente nei miei.
« Smettila, non servirà a nulla fare così. »
« Ti ho persa. » Mormorò, con la voce che saliva e scendeva come in un singhiozzo continuo.
« No, no, no, no. Non mi hai persa, ok? Si tratta solo di un po’ di tempo. » Mentre lo dicevo sapevo di mentire; quel poco tempo sarebbe dovuto essere almeno per sempre. Poggiai la fronte sulla sua e sussurrai ancora: « solo un po’ di tempo. »
 
 
 
La luce del sole mi colpì gli occhi facendomi gemere di fastidio. Allungai un braccio avanti a me e coprii i raggi con la mano, aprii le palpebre e vidi Legolas seduto davanti a me a gambe incrociate. Sbattei le palpebre mentre mi tiravo su; il sogno che avevo fatto la sera prima era stato devastante. Chi l’avrebbe mai detto che una finzione della mente potesse rendermi ancora più stanca di quanto non fossi? E chi l’avrebbe mai detto che un sogno potesse sembrare così reale?
« Buon…buongiorno », biascicai ancora mezza addormentata. Lui mi trafisse con i suoi occhi azzurri, freddi come ghiaccio e continuò a lucidare il piccolo pugnale che si portava sempre dietro.
« Allora, com’è andata? » Domandò bruscamente.
« Com’è andata cosa? » Mi rigettai a pancia all’aria sul telo che fungeva da materasso. Non capivo che voleva intendere Legolas con quella frase. Come sarebbe andata cosa?
« La visita a Mordor. »
Il mio corpo si congelò, prima che rizzassi la schiena. Una fitta alla pancia mi fece portare le mani su di essa e stringere la stoffa del vestito. Stranamente il tessuto mi pizzicò solo le cosce. Allora capii, gettando un’occhiata a me stessa vidi il danno: le ferite alle gambe e ai gomiti, il vestito strappato sopra le ginocchia, le dita sporche di sangue. E chiusi gli occhi, maledicendomi. Avevo perso Sauron, e stavo per perdere Legolas.
 
 
Holaaa peipe.
Che capitolo osceno XD. Scusssate tessori, ma proprio sono rincoglionita ultimamente - se poi aggiungiamo che il computer non mi ha salvato il capitolo le prime 2 volte, e l’ho dovuto riscrivere ogni singola volta, mi è anche passata la voglia.- Anyway, come vi sembra questo confronto Ele/Sauron? Sinceramente, orrendo? Che ne dite del vostro Sauron dagli occhi azzurri? ( si capirà più avanti il discorso degli occhi azzurri, tranquille.) E di Legolas, che ne pensate?

Ora godetevi il trailer :3

https://www.youtube.com/watch?v=yhfePjQaTzA
  
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